giuliano

mercoledì 24 giugno 2015

IL TEMPO E LA MEMORIA (la memoria) (23)




































Precedente capitolo:

Il Tempo e la Memoria (22)

Prosegue in:

Il Tempo e la Memoria (24)













....Dove la nuova Inquisizione costruì rapporti di collaborazione coi poteri politici…
…Dietro il funzionamento della nuova macchina politica, infatti, si staglia la presenza dell’uomo al quale Ferdinando il Cattolico si affidò per questa impresa: il domenicano Tomàs de Torquemada nipote di Juan de Torquemada (un illustre ‘converso’ diventato cardinale e autore di una importante ‘Summa de Ecclesia’). Fu Torquemada a scegliere le persone da nominare nelle varie sedi; e si dovette a lui la stesura delle istruzioni per il funzionamento del nuovo tribunale.
Quest’uomo doveva lasciare sulla storia dell’Inquisizione di Spagna il marchio del suo nome. Della sua realtà umana e delle sue idee sappiamo abbastanza poco, come se l’impresa a cui si dedicò lo avesse assorbito completamente. E, pur avendo anch’egli in famiglia ascendenze di ebrei convertiti, non esitò a chiedere al papa Alessandro VI nel 1496 uno statuto di ‘esclusione dei conversi’ dal convento domenicano di San Tommaso d’Aquino da lui fondato ad Avila. La sua dura convinzione della necessità di un rigoroso sistema di sorveglianza antiereticale trovò espressione nelle norme elaborate per il funzionamento della macchina inquisitoriale; norme dettagliate, messe a punto in una serie di riunioni e diventate il codice dell’intera Inquisizione (e non solo…) specchio di un Impero e di una intera civiltà…. su cui si riflettevano i cardini del potere e la successiva ricchezza.
(A. Prosperi, Il seme dell’intolleranza)




Un problema di non poco conto è l’interpretazione del concetto di ‘Infallibilità’,  frammento di singola parola, che in realtà nel suo insieme raccoglie e sottintende molto di più di quanto noi, nello sforzo di voler interpretare, possiamo sperare di raggiungere dall’essenza del suo opposto donde sappiamo provenire. In quanto l’intera evoluzione è costruita nel principio opposto, quindi l’immagine di un più certo e probabile Dio, è il riflesso di una progressiva evoluzione, la quale come sappiamo, per raggiungere il suo grado di presunta perfezione dall’imperfezione nata, contraria all’infallibile ingegno, ha impiegato milioni di ère.
Le quali, in questa contraddizione rilevata, in pochi decenni che raggiungono un secolo pari ad un Secondo di vita, ‘siamo o meglio sono riusciti’ in ciò che un probabile Creatore ha impiegato in milioni di anni scritti nell’errore giammai nella perfezione dell’Opera scaturita. Da ciò tante correnti di pensiero filosofiche e teologiche circa il motivo della Vita, l’Orrore e l’Errore nella prigionia di una materia imperfetta, opposta ad uno Spirito o Anima eterna e vera immagine di Dio. Quanto Colui e come Colui prigioniero e Straniero nei termini di una vita o peggio di una esistenza inconciliabili con la Prima Perfezione divina ed immateriale discesa nel mondo materiale e sacrificata dall’imperfezione umana al Teschio della Vita donata….   
Il dogma dell’‘Infallibilità’ è degno di nota perché con esso la Chiesa ha gestito e continua a gestire il principio stesso della fede. Ciò che, per taluni profani, o non addetti ai lavori, può apparire banale, in realtà per altri, è cosa assai importante. Per questo motivo a taluni l’- ‘inconsistente’ parola eretica appare ed apparve così infernale e sempre tracciata nella ‘nullità’ soggetta all’eterno ‘errore’, quanto alla giustificata persecuzione consolidata nei secoli fino ad approdare a quelle forme di vero e proprio genocidio non solo culturale, ma anche  legato alla razza e sangue di appartenenza. Successivamente alla estrazione ‘etnica’ quale animale indigeno privo di umanità in quanto non soggetto alla subordinazione cristiana della fede nella quale il battesimo è espressione di una Infallibilità di cui la Cristianità con la Chiesa si fa testimone.




Circa ciò conosciamo testimonianze legate all’Errore e l’Orrore nella stessa impostazione del Rito, nei corretti termini di interpretazione e applicazione del Rito cui ognuno quale credente è soggetto. L’infallibilità aveva tracciato in questo singolo evento, come in altri, i tratti che porteranno ad una giustificata premessa di genocidio, quando in verità sappiamo l’evento stesso raccolto in una forma sacramentale che evidenzia un Rito frutto di un processo storico evolutivo e sociale non riconducibile alla mancanza del libero arbitrio ma semmai al suo opposto, il libero arbitrio consolida la scelta del rito quale legame ad una fede o ad una setta. Tutto ciò è riconducibile al mito, l’acqua quale mezzo di purificazione.
Giacché nella interpretazione e successiva esposizione teologica, il ‘Frammento’ il ‘Verbo’ il ‘rito’ che evidenzia  consolida e l’aveva originata (l’infallibilità), è pietra angolare di un intero edificio teologico. E con esso un intera cultura che si snoda nell'arco di secoli.
Diversa visione d’insieme appare ed apparve l’Eresia in ogni tempo e luogo dove il dissenso manifesta un diverso principio ordinatore, o al contrario, ristabilisce l’antico principio trasmutato o peggio inquisito e perseguitato, quindi sempre classificata ai margini di una socialità da emarginare, in quanto non apportatrice di valori comuni alla mensa dell’‘infallibile’ parola e verità detta propagata e predicata quale sola ed unica certezza legittimata a sindacare l’altrui motivo o principio: bestemmia punibile con la peggiore sentenza.
In tal concetto o insieme che la parola ‘Infallibilità’ racchiude è quindi sottointesa anche la volontà manifesta di intendere e spiegare i termini non solo Divini, la Natura e l’essenza di quanto adorato e venerato, ma anche le probabili condizioni dell’Opera pregata osservata ammirata e edificata. E di cui, ancora, i riflessi sono ben presenti sia nel nostro ordinamento civile, sia nella nostra comune visione di intendere o (peggio) interpretare le cose.
In realtà, dobbiamo partire dalla premessa indispensabile che la tradizione orale è cardine e principio di ogni civiltà. Poi è apparsa la scrittura. All'inizio della civiltà, tutto ciò che era fondamento di una vasta comunità era affidato al compito della memoria orale. Poi venne appresa e consolidata la capacità e l’abitudine della scrittura. Soprattutto per esigenze pratiche. Quello che separa o divide, ai giorni nostri due differenti ‘mondi’ apparentemente distanti fra loro, come la cultura ‘uso stampa’ (letteratura e altro), e la cultura del vasto mondo di ‘Internet’, per sollecitare un esempio calzante che si modella al nostro caso. Stessa evoluzione che si conosce fra la memoria orale (fatti, avvenimenti, miti, detti, leggende, principi, preghiere, canzoni, cronache, racconti e via dicendo) e lo ‘scriba’, il ‘copista’, e successivamente il torchio uso stampa.
Dalla stampa, al variegato mondo informatizzato della cultura della ‘rete’. Tutti passaggi che suscitano ed hanno suscitato un confronto fra ortodossi ed eterodossi, non solo del pensiero teologico, ma anche del mondo culturale  dove si riconosce una evoluzione. Il Cristianesimo appare a tutti gli effetti una lenta e graduale evoluzione dettata da principi e necessità spirituali, e oserei dire, storiche, il quale ha costruito le sue innumerevoli vicissitudini sociali e teologiche su delle premesse e fonti che con i secoli hanno perso o mutato del tutto il loro vigore scritto nella memoria della ‘Prima Parola’, proprio per il motivo della trasposizione orale. Ragione per cui la vera natura si è andata sminuendo, perché persa o confusa nella storia stessa che con difficoltà riesce a risalire, se non addirittura rintracciare ed interpretare la stessa sua origine; culminando nel paradosso di eresia (da Lui stesso predicata) o pericolosità insita nel pensiero di un profeta più o meno annunciato del quale la Memoria ha successivamente ricordato interpretato… e concordato (quanto i canoni di una tradizione evoluta nel tempo con tutte le sue regole discipline nell’ordine dell’ortodossa ed Eretica parola di un Dio padre interpretata) quanto da Lui donato (i Vangeli sono la testimonianza concordata e certificata, ma vi sono anche quelli eretici con cui stabilire la certezza della verità dalla storicità indagata….).
Ove risieda la via, l’Ortodossa e Eterodossa verità?




E’ un limite di enunciazione chiuso nel Tempio limite  della Parola espressione della Memoria che Godel saprebbe sicuramente svelare ed enunciare nel limite stesso che indaghiamo con la stessa predisposizione d’animo di una Fisica pari l’intero Creato così evoluto e pregato, venerato, oppure al contrario, eternamente mortificato ed umiliato  (che potrebbe contraddire quella famosa infallibilità o se non altro concederne diversa visione).
Ecco, così, che il Frammento acquista in ogni epoca cui rivolgiamo la nostra attenzione, molta importanza, perché su di esso possiamo rintracciare l’origine di un’intero codice genetico di credenze, intuizioni, pensieri..., divenuti simboli, geroglifici, scritture. Questa fonte potrebbe nei secoli e millenni aver mutato del tutto la sua vera natura. Influssi e contaminazioni hanno indebolito rafforzato o svelito il pensiero originario, fino a perdere ogni vigore. E ogni possibile verità cancellata a beneficio di un’altra, che per esigenze storiche e successivo adattamento ‘sociale’ ha mutato le proprie caratteristiche, pur mantenendo nel proprio affinità e connessioni, che, per quanto stentiamo a riconoscere, in realtà sono ben evidenti. Del resto, come nel vasto dibattito del mondo evolutivo che difficilmente in talune culture è riuscito a compiere i suoi passi nella verità più consona alla Terra e di conseguenza all'Universo abitato. Infatti con miopia riusciremmo a trovare congiunzioni fra il vasto mondo acquatico e le successive mutazioni che ha conosciuto quel primo essere vivente uscito dal suo originale insediamento.
Così, per concludere, ‘Infallibilità’ rappresenta sempre un Orrore innanzitutto in seno a qualsivoglia interpretazione, il concetto stesso di vita o semplicemente di luce nasce dal moto opposto ed è più consono ad una casualità di duplici eventi (onda e particella, con la Meccanica quantistica siamo evoluti fino ad un nesso scritto in una cognizione di causa dove la fisica raggiunge la metafisica). Infallibile può essere il pensiero Primo, casuale, ciò che si è originato successivamente non ad un intento manifesto di creazione volontaria, intesa come gesto pensato, così come l'infallibilità di quel Dio immaginato ed interpretato, ma invece come conseguenza propria di una duplicità fra materia e spirito, fra anima e creato, fra infinito e finito. Fra ciò che è materia e il suo opposto (donde sappiamo provenire).
Forse per millenni abbiamo avvertito Dio, e la sua esigenza, come il frutto di qualcosa originato innanzitutto dalla conflittualità fra materia e spirito, e questa certo, non può che fruttare e motivare pensieri inerenti alla sua specifica natura, con la presunzione di definire interpretare e riportare la Sua volontà, o ancor peggior bestemmia, elevandoci noi a sua immagine e somiglianza per decretare una improbabile infallibilità. Noi quali esseri viventi, pur volgendo verso una possibile perfezione, proveniamo e siamo, una continua imperfezione in seno alla natura. Forse la natura in questo ci è maestra. Ma anche qui, l’errata interpretazione ha fatto sì che l’abbiamo ridotta ad un sottoprodotto delle nostre esigenze, piegandola al nostro volere accompagnato all’insaziabile ed ingordo bisogno di deciderne e controllarne gli eventi, e quindi sottometterla ai nostri ‘eterni’ bisogni…
(Curatore del blog)



  

...Ebbene, quando si parla di Inquisizione (spagnola) del XV secolo, il nome che su tutti gli altri emerge nella memoria è quello di Tomas de Torquemada, giunto ad incarnare, dell'Inquisizione, l'aspetto più orrendo e devastante. Ed in effetti, Torquemada incarnò per vari anni l'essenza stessa dell'Inquisizione: almeno da quando il papa gli conferì, nel 1483, la qualifica di Inquisitore generale per tutto il regno di Castiglia.
Fray Tomas, aveva allora 62 anni. Discendente del cardinale Juan, famoso per aver difeso strenuamente la tesi dell’infallibilità del papa, Tomas è un personaggio la cui memoria galleggia tra storia e mito; in realtà, pochissima la storia. Probabilmente nato ad Avila, attorno al 1420, giovanissimo, si era fatto frate predicatore nel convento domenicano di San Paolo in Valladolid, col nome di Tommaso, in onore del santo domenicano e filosofo, d'Aquino; da subito aveva abbracciato la riforma rigida dell'Ordine, sulle orme del padre generale Alfonso de San Cebrian: questa scelta testimonia a favore dell'immagine ascetica dell'uomo.
La sua carriera era stata folgorante: priore del convento di Santa Cruz, a Segovia; confessore e confidente del tesoriere di Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia; infine consigliere della stessa Isabella. La nomina ad inquisitore del regno era stata la degna conclusione di un percorso di onori e di amicizie che, se non aveva pari, era certamente invidiabile. Chi ne tesseva gli elogi, non mancava di sottolineare come non mangiasse mai carne, non facesse mai uso di lino nel proprio letto, non favorisse neppure i parenti più prossimi con benefici e regalie.  Uomo di eloquenza potente, capace di suggestionare chiunque con la predicazione, Tomas era la perfetta incarnazione dell'uomo di fede desideroso di difendere la fede.
Fin qui la storia….
Dove risieda la verità posta fra storia e mito resta un mistero: come sempre è l'anima dell’uomo a custodirla; in questo caso, l'anima del giudice (ma per sottolineare lo spirito dell'uomo di fede riflesso nello specchio del suo tempo, mi è parso importante riportare per intero quelle che furono talune importanti disposizioni da lui emanate, che forse ci fanno meglio capire l'animo dell'uomo nei confronti della fede stessa da lui promossa e dibattuta, ‘consegnata’ ai suoi fedeli e difesa dal pericolo di ogni diversa ortodossia o eresia. Vedremo come in contraddizione con le enunciazioni del ‘principio’ cristiano, la solidarietà, l'amore fraterno, la tolleranza, e molti altri comandamenti svilissero la loro originaria natura  per reprimere e forse neppure prevenire qualsiasi dissenso dinnanzi ad un solo ‘infallibile principio’.
Per concludere, leggiamo le ‘disposizioni’, da quelle ci facciamo un'idea precisa del personaggio, come dire, e tradotto nella odierna democrazia riflessa nei suoi mezzi: ascoltiamo le sue chiacchiere, voci, grida, sussurri, parole, invettive, e perché no, pettegolezzi sermoni, e lettere; fuori e dentro la Chiesa. Sì perché la Chiesa era il principale centro di potere e culto che ha caratterizzato e modellato per secoli le civiltà.


  

Divenuto Inquisitore generale, Torquemada si prefigge uno scopo ben preciso, che non è quello di aumentare la rigorosità delle persecuzioni, bensì quello di regolamentare l’attività inquisitoriale. Lo scopo è ‘nobile’ e perfettamente conseguente alle motivazioni che hanno prodotto la sua nomina (sulle parole dell’autore cui faccio riferimento in questa parentesi, trovo del chiaro umorismo storico, cioè non si vuol affermare che Tomas è meglio di altri, suoi consimili, ma solo che nei quasi 400 anni dopo analoghe persecuzioni, il tono è stato regolamentato; di fatto rimane pur sempre un documento raccapricciante per qualsivoglia libertà di pensiero e culto... Una chiara ‘fotografia storica’ che svela ancor di più il ‘fotogramma’ da cui siamo partiti dall'evoluzione del Tempo e la Memoria qui riconsegnata alla libertà della Storia imprigionata, pur sempre una evoluzione  intesa come miglioramento all’interno, si faccia attenzione, dell’intolleranza...). 
















lunedì 22 giugno 2015

IL TEMPO E LA MEMORIA (l'invisibile impero) (21)

































Precedente capitolo:

Il Tempo e la Memoria (20/1)

Prosegue in:

Il Tempo e la Memoria (22)













Quando alla fine del XV secolo l'Europa si accinse a espandersi oltre i propri confini, era un continente assai diversificato.
L'Italia stava vivendo allora il suo Rinascimento, ma non fu questo paese il punto di partenza per le grandi esplorazioni geografiche. Gli stati che si affacciavano sull'Atlantico e che avrebbero presto fondato imperi oltremare godevano solo in minima parte dello splendore artistico e della vivacità culturale dell'Italia. La Spagna e il Portogallo erano profondamente radicati nelle istituzioni e nella cultura feudali. La monarchia francese era appena uscita vittoriosa da lunghi ed estenuanti conflitti con il regno inglese e il ducato di Borgogna, mentre in Inghilterra i Tudor avevano appena iniziato la ricostruzione sulle rovine che avevano ereditato dalla Guerra delle Due Rose.
Sebbene oggi si riescano a scorgere in quel periodo i primi germi dell'epoca moderna, i popoli dell'Europa occidentali destinati a divenire grandi potenze conoscevano solo il passato da cui provenivano, fatto di ideali, comportamenti e aspettative ancora sostanzialmente feudali. Quando gli Europei diedero inizio ai loro mirabili viaggi di esplorazione verso ‘nuovi’ favolosi mondi, non potevano che esportare l'unico bagaglio culturale di cui erano in possesso, gli strumenti culturali di cui impastata la loro cultura fin dal Medioevo, e quando sbarcarono con successo applicarono questi stessi principi approfittando della superiorità tecnologica data loro dalle navi e dalle armi da fuoco, per poi imporre alle società dei popoli indigeni i modelli che lasceranno una impronta indelebile nella cultura stratigrafica di un intero mondo conquistato e soggiogato.
I teologi medievali avevano insegnato che il risultato di una conquista poteva essere legittimato solo nel caso in cui la guerra vinta sul campo fosse stata una guerra giusta. Per gli ambiziosi signori e condottieri feudali poteva essere talvolta difficile adattare alle opportunità contingenti le condizioni che definivano una giusta guerra, ma si preferiva evitare di contravvenire troppo apertamente a questa dottrina per non dare alcun vantaggio al nemico. Le difficoltà aumentavano quando candidati alla sottomissione erano dei popoli che abitavano dalla parte opposta del globo. Non era facile dichiarare una guerra giusta e difensiva contro un nemico che non si era mai avvicinato a meno di mille miglia dai propri confini. Fortunatamente vi era un precedente a favore: le Crociate avevano infatti chiaramente affermato il principio secondo cui una guerra condotta nell'interesse della Santa Chiesa era di per sé giusta.




Tale principio era ancora estremamente attuale agli estremi confini dell'Europa sotto il dominio dell'Islam. Quando nel 1453 la conquista ottomana di Costantinopoli minacciò l'invasione mussulmana di tutti i Balcani e diede ai Turchi la supremazia navale in grado di attaccare tutto il Mediterraneo cristiano, il Portogallo e la Spagna lanciarono la controffensiva. Due anni dopo la caduta di Costantinopoli papa Nicola V concesse al re del Portogallo di sottomettere come schiavi e di confiscare le terre e le proprietà di ‘tutti i Saraceni e i pagani di ogni specie, e tutti gli altri avversari di Cristo, dovunque essi si trovino’. I Portoghesi si appellarono alle direttive di Nicola V per giustificare le spedizioni contro i mussulmani sulla costa africana del Mediterraneo, ma il Portogallo aveva cominciato a interessarsi anche alle coste atlantiche africane e la terminologia della bolla papale (‘di ogni specie, dovunque essi si trovino’) serviva a legittimare spedizioni schiaviste un po’ dappertutto.
Regni ed individui che mai avevano minacciato il Portogallo - sconosciuti anzi, a tutta l'Europa - diventavano così legittima terra di conquista. La dottrina nata per santificare la conquista della Terra Santa estendeva la sua applicazione sino a giustificare la conquista del mondo intero. Alle sante missioni dei Portoghesi si aggiunsero ben presto altri pretendenti ad analoghe opere di carità e di saccheggio.
Nel 1493 Rodrigo Borgia, eletto papa Alessandro VI, concesse ai sovrani spagnoli il dominio su tutti i continenti non ancora sottomessi da nazioni cristiane, per indurre i pagani derelitti ‘ad abbracciare la fede cattolica e a vivere  secondo la sua morale’. Borgia era stato portato a questo passo ‘esclusivamente dalla nostra generosità e dalla sicura coscienza nella pienezza della nostra autorità apostolica e in nome di Dio Onnipotente’. Per escludere ogni dubbio sulle sue intenzioni egli definì il suo documento: ‘nostra esortazione, richiesta, donazione, concessione, assegnazione, investitura, contratto, costituzione, delega, mandato, inibizione, indulto, estensione, ampliamento, volontà e decreto’.
I trasgressori di tutto ciò sarebbero incorsi nelle minacce dell’‘ira divina’, ma anche, con singolare caduta di tono, dei santi Pietro e Paolo. La guerra di conquista come estensione delle Crociate rimaneva indiscutibilmente un concetto feudale; sicuramente non era un concetto cristiano, estraneo a ogni insegnamento del primo Maestro, fonte del cristianesimo. La mentalità della Crociata si era formata sotto la spinta militarista dei signori feudali; essa offrì a sua volta la base per razionalizzare i motivi della conquista e lasciò il segno su tutte le future azioni dei conquistatori e su tutte le successive trasformazioni del suo ruolo.
Questi invasori di continenti sconosciuti presupponevano una loro superiorità innata e assoluta su tutti gli altri popoli, sancita per diritto divino; le generazioni successive avrebbero poi laicizzato la giustificazione del loro diritto trasferendolo da Dio alla Natura, ma senza mutarne il carattere innato e assoluto. Gli Europei promotori della conquista del Nuovo Mondo si professavano perlopiù di religione cristiana, ed erano generosamente di ceppo indo-europeo. Quando più tardi si affermò quale principio dominante della conquista europea il razzismo, esso si sviluppò per naturale progressione dalle basi della religiosità feudale.
I conquistatori del continente americano glorificarono le devastazioni da essi compiute dando loro un’aura di sacralità, che anche i loro discendenti si sono dimostrati alquanto restii a demistificare. Forse non accade più a uomini bianchi di una certa cultura di abbracciare entusiasticamente illusioni di grandezza, ma i miti creati dall'ideologia della conquista perdurano ancora in molteplici forme così da mascherare la terribile tragedia che si cela dietro i fasti europei. Anche se gli ideologi della conquista non possono più scatenare entusiasmi per guerre sante o per i principi della biologia razziale, possono ancora contare su un vasto e influente complesso di miti, secondo cui i popoli indo-europei cristianizzati non sono solamente bianchi ed eletti ma anche civilizzati, a differenza dei pagani di colore abitanti in terre lontane, i quali non sono solo idolatri e di pelle scura ma in primo luogo selvaggi. In questo modo si mantengono intatti i principi cardine di preda e predatore e il grande mito nato dalle invasioni e dai massacri preserva il proprio sanguinario splendore.
(F. Jennings, L'invasione dell'America)



  
La sera del lunedì successivo, alle otto precise, arrivai al 198 di Whitehall Street…

(...Place, io vi arrivai prima di questo post, alle otto di questa mattina, su una piazza del tutto simile, e all’apparenza normale dopo i tumulti di una notte ...da KKK appunto. Ma in un ambiente del tutto uguale, cioè dal sapore e odore non troppo dissimile da quello che provo qui ad accennare in questo breve post….

Che gli zelanti Kavalieri del KKK (e non), non si offendano di queste parole a loro dedicate, per l’attenzione a loro riposta, ricordando loro, anzi raccomandando loro, dopo aver descritto le prassi d’iscrizione quali ‘maestri d’azione’, quale ruolo, pur l’apparenza, a lor conviene.
Che i zelanti progressisti e valenti fotografi non si offendano per questo umile consiglio, dopo una notte da KKK, convien loro, dopo il servizio offerto, una celere adesione.
Non si offendano le forze dell'ordine, e zelanti graduati e segreti ciarlatani, che abdicano il dovere al mattino, il lavoro di prevenzione che dovrebbero svolgere in ogni ora della giornata e della notte. Costringendo interi quartieri a notti da KKK, oggi come ieri.
E non parlo solo del bianco cavaliere!
Non si offenda il Klan dal rito scozzese o meno, il loro ruolo è già scritto nel libro, io qui ne traccio breve memoria, cara ai roghi della storia.
Non si offenda il bottegaio se ora lo nominiamo, lui che preferisce il giovane ragazzino male-istruito, con l’urlo e il motorino, che al libro ha abdicato il gioco dell’aguzzino quale futuro paladino del razzismo padano ora incrociato con il sud normanno e anche un poco squilibrato.
Non si offendano neppure gli zelanti protettori, che fan del loro rito del giorno e del mattino, il gran quattrino del becchino che si chiama ugualmente… aguzzino.
Non si offendano i ben-pensanti, quelli che la sera chiudono bene le imposte, ed al mattino ciarlano per una cacata fuori le loro porte.
Non si offenda la scopetta del mattino, che ben lucida lo zerbino, se la notte urla il grido forte del Klan e tutta la sua corte, lei li voterà di sicuro,.... in nome del Dio quattrino.
Non si offendano i medici dei pazzi, se anche noi urliamo fuori dalle loro porte, perché i camici di quel Klan ha lo stesso loro colore, allor preferiam esser pazzi e mai loro pazienti, che affiliati e vivere vestiti come deficienti.
Quel colore, solo a loro si addice, noi poveri Eretici, urliamo come sempre contro gli stenti dei nostri umili patimenti, senza neppur esser negri. 
Non si offendano dunque i religiosi, accompagnati dai pennivendoli, se il post o libro non è piaciuto, c’è sempre il Klan che urla il disappunto venduto ad un fanciullo arguto.
Loro son solo bravi ed onesti Cavalieri accompagnati sempre da nuovi fidi scudieri al seggio del loro eterno sterco, che poi sian anche progressisti o inquisitori, l’abito li unisce nell'urlo saputo. Non v’è gran differenza nella casta, loro grande sostanza, lor non nominano le storie per ingannar la gente, perché noi sappiamo per il vero il loro antico mestiere!
Se poi son dentro anche nei tribunali, quali alti e protetti magistrati o illustri avvocati, Dio ci protegga da li inganni di codesti ciarlatani, perché hanno sbagliato mestiere: l’innocente non va contro la legge, ma spesso chi di legge si intende, trae vantaggio dal proprio et (non) umile mestiere. E noi speriam che non sia quello l’antico dovere che più si addice ad un giovane coglione con la divisa pulita a dovere...
E al posto del cappello uno strano cappuccio, così han catturato il vero et antico cappuccino: l’Eretico ed il negro, dell’intera storia qui narrata e come un Tempo braccata... Che il loro Dio non ce ne voglia in questa bella giornata, dopo una nottata dedicata ai KKK della strada...
Se poi voglion conoscere i motivi di questa strofa, si accomodino pure che a loro sarà servita la verità dell’intiera rima (se non l’hanno già rubata come sono soliti nella strana loro poesia….!), sempre che non l’abbian già barattata con un altro piatto della panza così ben nutrita..., solo per confondere l’intera ciurma ben digerita E’ questa la sostanza della loro onesta e devota disciplina e che Dio ci Benedica...
Noi siam fiduciosi della nostra umile creanza, e quando sarà l’ora, mentre loro s’affannano sulla (antica) storia, noi pubblicheremo l'intera rima... con il nostro bel nome, sperando che qualcuno non si senta come quel tale, che non nomino per ‘lo vero nome’, ma gridava: ‘son io e solo io, il vero Napoleone, tutti gli altri non son nessuno, perché io son il medico e tutti gli altri han taciuto...., chiamandolo per nome: Salutiamo a te… solo e vero Imperatore’.
E che Dio ci accompagni, perché mai nominammo il suo nome!
Lui con il mio si sente un Dio.
Povero Dio sei morto due volte, e certo non per mano mia che conosco il tuo pensiero e mai l’ho offeso... in questa lunga litania, e che Dio ci benedica!)
(L’Eretico braccato e torturato)



  
Una grossa baracca di legno dove la Kavern n. 1 teneva abitualmente le sue riunioni. C’erano sulla porta una mezza dozzina di persone.
‘Cerco degli Americani mancini’ dissi avvicinandomi e tenendo la mano sinistra. ‘Allora il posto è questo’ mi rispose un grosso uomo che stava di guardia all’ingresso e che riconobbi subito, era il Falco Notturno. ‘Sali pure’. Mi arrampicai sulla scala e arrivai in un’ampia stanza dove c’erano una cinquantina di persone. In fondo alla camera una porta chiusa, e dopo pochi minuti comparve di nuovo il Falco Notturno. ‘Klansmen’, disse. ‘Venite qui che vi insegno la Regola della Kaverna’. Si mise a sedere al centro della stanza e noi ci radunammo intorno a lui.
‘Per prima cosa’, continuò ‘ora che siete diventati cittadini dell'Invisibile Impero, dovete imparare il nostro linguaggio. In genere la terminologia del Klan deriva dalla sostituzione della lettera ‘c’ con la lettera ‘k’. Per esempio, noi non diciamo caverna, ma Kaverna. Avete capito?’. (Allora da domani tutte le lettere vengano immediatamente soppresse e sostituite...) Assentimmo tutti in coro (e tutti rimanemmo in un impietrito silenzio) e subito Falco Notturno ricominciò a parlare. Il nostro nome deriva dalla parola greca ‘kuklos’ che significa circolo (in effetti girano costantemente in circolo, come sono solito fare i deficienti ed i malati psichici, non nominando gli ossessivi e gli idioti; che poi si intendano anche di filosofia conserviamo seri ed onesti dubbi....). Nel periodo successivo alla Guerra Civile, le prime società segrete vennero chiamate ‘Circoli Bianchi’ e solo nel 1865, nel Tennessee, venne fondato il Klan dal generale Forrest che ne fu il primo affiliato.  ‘E la parola Klan da che cosa deriva?’, domandai io. ‘Dai clan scozzesi’, replicò Falco Notturno. ‘Questi usavano mandare in giro dei cavalieri con croci illuminate per invitare alla guerra i loro membri’ (…Ma soprattutto, colmo della beffa, inneggiano anche alla libertà di parola, prima e dopo il rito della storia...).
‘Sono stato costretto a combattere contro Hitler’ dichiarò un giovane con amarezza ‘ma se scoppia la guerra delle razze, sarò uno dei primi ad arruolarmi volontario’. ‘Bravo!’ approvò Falco Notturno. ‘Ma ora, prima di proseguire, devo dirvi qualcosa sui nomi dei funzionari del Klan e su altre questioni che possono interessarvi’. Prese dalla tasca un libriccino azzurro piuttosto consunto del quale, trovandomi in prima fila, scorsi il titolo. In copertina a grossi caratteri c'era scritto: ‘Il Korano: Carattere Onore e Dovere’. Mentre Carter lo sfogliava, lessi anche questa frase:  ‘ATTENZIONE! Il Korano è il Libro del Klan ed è perciò un testo sacro il cui contenuto DEVE essere rigidamente tenuto segreto. Una grave pena sarà inflitta a chi violasse questa legge’.











   




lunedì 15 giugno 2015

SECONDA LETTERA (un veliero) (4)



































Precedente capitolo:

Prima Lettera (3/1)













Nella geografia esplorata e navigata, giammai regna nelle fondamenta della comune mappa studiata. Terra incisa dalla dura crosta della sofferenza privata dall’antica solidarietà di questa immutata geologia al piatto mare della vita. Stratigrafia di una strana geografia con cui studiare l’evoluzione antica, con cui condividere la Verità regno della Memoria scritta e pregata, rotta della comune Parola con cui combattete il pregiudizio: grammatica e verità predicata e sconfitta: confine con cui difendete ed ornate la (vostra e nostra) Terra dall’esilio di codesta vita. Giacché, questa, parmi contraddizione alquanto antica, falsità della Materia che per il vero governa e nutre il regno nell’ortodossia nominata vita. 
Elemento che gonfia la vela nell’antico ed immutato Veliero mosso dal comune Vento visibile elemento, da chi, pur pregando ugual Dio, in ogni confine e geografia di codesta Terra, detta la rotta e costruisce la geografia in difesa della ricchezza. Dimenticando la Parola che segna il motto di ugual dimora, dimenticando la carità antica, dimenticando la saggezza condivisa in ugual crosta di Terra. Ed io, mosso da un vento certamente più antico (invisibile al Secondo Dio) e saggio, all’ombra di Dio, posso dire l’Universo condiviso diverso dall’equazione del Tempo dal genio costruita. Con la quale spiegare e comprendere lo spazio della comune Memoria studiata alla luce velocità della materia così cresciuta ed evoluta.
E se codesto navigare non mi concede nessuna ricchezza né certezza, perché privato e condannato a soffrire un nulla di invisibile materia, mi sia concessa parola e rotta, … nell’invisibile ora di un Tempo al remo di un Primo Dio, affinché in quella ricetta della vostra ricca dimora, si presti orecchio non solo alla coscienza, comune via di codesta strana materia, ma affinché l’inganno della rotta nel Secondo della vita, possa svelare la Storia che ciclica compie il cerchio nell’ora imperfetta e forse anche maledetta. Da umil Perfetto quale io sono, con codesto privilegio da Poeta mi sia concessa Parola, in compagnia di pochi o tanti illustri antenati che nella stiva mi fanno compagnia, mentre in coperta regna un antica sofferenza scolpita nella rotta di una diversa via agitata al mare della vita. Via e mare che in ugual ora concede un poco della sua immensa saggezza, Oceano di vita donde la via sembra smarrita nella bufera ove tuona uno strano ed antico elemento.
Nessuno gradisce il nostro ardire.
Nessuno, al porto ove il Ciclope antico pone il faro del suo occhio risoluto, perché mi pare presto detto, in quanto la notizia che un Tempo era ed è eresia, la Grande Notizia che scrive la rotta onde approdiamo all’odissea della vita, parla chiaro circa il privilegio con cui difende il diritto alla terra smarrita. Lo Straniero eretico di antica e nobile simmetria accompagnato dallo straniero di ugual via, giammai è gradito alla mensa della ricca baronia porto e rotta di ogni via. Europa che inganni la Memoria difendi ogni porto dallo Straniero di ogni rima, affinché la ricchezza o altra merce non palesi l’antica malattia nominata talvolta eresia dall’intollerante bussola della rotta antica nel piatto mare della vita.
Quali topi della stiva potrebbero appestare la vostra ricca via?
Quali mali da questo vascello trasportato potrebbero oltraggiare la vostra ora?
Quando vi affannate nel privilegio della certezza nominata evoluzione scritta nel progresso frutto di una scienza antica che da un mare è progredito per una diversa rima. E’ evoluta a miglior vita per riscrivere l’intolleranza antica che non fa rima con nessuna rotta ma sinonimo di piatta terra con la quale condividere la superbia inestinta figlia di un privilegio altrettanto antico parente di un Dio oscuro padrone del Creato certamente usurpato.
Navigato con la bussola di una antica ed immutata dottrina. Ove se pur l’ago muove la via, in realtà la terra cui approda la certezza di ogni improbabile conquista non condivide ugual geografia e clima da ogni essere e anima navigata ed incarnata. Perché se pur gli elementi uguali per i sensi di ogni vita, una diversa disciplina impone un non comune sentimento nell’oceano della stessa vita. Certo, io che dal ‘nulla’ provengo quale formula di antico e saggio se pur Eretico alchimista, conosco questa invisibile clessidra diluita nel Tempo di una strana materia. E voi che  nella luce costruite la formula di ogni certezza con cui condividete il pane della vita, con cui pregate un comune Dio, con cui edificate ogni porto per questo mare antico nell’equazione di Dio, mal sopportate l’invisibile Tempo di chi custode di un diverso Dio. Straniero ad ogni porto e mare nella materia edificato, nella terra costruito, nella ricchezza…pregato….
Perciò in questo Veliero non è più il Capitano a parlare o sentenziare verbo, ma una Grande Notizia che distillata e diluita nel Tempo di una clessidra quale sabbia di un deserto destino della nostra ed altrui vita, conduce il passo malfermo disperato e braccato per la solitudine di un diverso Creato. Cui il Destino non concede diversa moneta eccetto l’esilio di chi aspira ad una preghiera di una vita accettata e sperata rifondata alla banchina di un rifugio dove nascondere la disperazione nominata tortura. Dove celare e ricreare una vita sacrificata dall’intollerante certezza di un aguzzino che affonda ogni speranza nominata domani. Dove i Dèmoni braccano ogni Rima che canta la vita parenti di un male quale sola ed unica certezza di vita….








                                      Seconda Lettera (del capitano)




Così navigo e medito la Verità al porto dell’ipocrisia della Parola nella grammatica geografia della Storia, perché alla banchina della grande Notizia del giorno regna di nuovo la Memoria, io posso ben dirlo. Io che scrutai l’orrore, che nominai l’orrore, che aspettai la morte nell’orrore. Io che vidi al porto della vita senza direzione né Tempo ogni via smarrita, ogni anima persa e sconfitta, ogni Dio morto all’ombra di un commercio che infestava ogni possibilità e certezza confuse nella pretesa di recitare ‘una sola parola’ senza per questo divenire bestemmia. In nome della croce con la quale barattavano Dèi per Dio. Di quegli Dèi mi sono saziato in quell’immondo Secondo Creato. Dèi prima di Dio, animismo immacolato senza coscienza del peccato contemplavo al porto dell’immacolato Creato pregato.
E quando l’orrore mi spinse all’ombra di una caverna per non vedere i volti della loro preghiera, posso dire di averli odiati tutti fissandoli non visti mentre assistevano al sermone, mentre cantavano lode al Signore. L’orrore mi portò nell’Universo invisibile di un altro Dio dove ogni creatura nel folto della boscaglia, sia essa bestia o mulatta, mi parlava del mondo creato, mi narrava la storia del Paradiso senza peccato consumato o regalato dallo strano Dio approdato.
Ora, dopo decenni, noi clandestini nell’ortodossia della vita, meditiamo la morale osservata dell’intera ciurma approdata all’altra riva. Noi, che nel mare di Nessuno navighiamo quale eterna Odissea della vita, miriamo all’altra riva, che, da una Parola porta alle cime di un porta quale confine di una opulenta e ricca geografia. Tale Geografia, stratigrafia della storia nei secoli diluita ed intrisa di morte e dolore, non gradisce lo Straniero fuggito dal calvario ove confinata la terrena prigionia nominata vita. Per questo li osservo e medito rimembrando l’orrore vissuto nell’onda di un Universo senza direzione né Tempo: ingordi ricchi e rinchiusi nella certezza del piccolo mondo antico con la complicità di una bussola che indica il magnetismo, Sole di un Dio sconfitto perché si narrano custodi della Luce quanto dell’Iperboreo mare, quel polo che appare ad illuminare le brevi giornate rubate….
Nel deserto di codesta clessidra, che lenta scorre verso l’imbuto di un altro Tempo manifesto del visibile Creato, la Profezia e la Visione accompagnate all’Eresia della vita conducevano e conducono alla saggezza della vera Dottrina. Per questo il fiero barbaro indica l’uscita quale sua… e dice… ‘nostra sicurezza’: ciò appare come l’inganno della Storia, il paradosso della Memoria, l’ipocrita parola… la quale sgombra la grammatica da ogni possibile comprensione della Notizia così partorita… nel comune mare della vita. Giacché dai tempi in cui forgiava il fuoco della sua dimora, noi avevamo scrutato e scritto l’Eresia dell’Anima prigioniera, avevamo scritto e spiegato l’Universo… Nei tempi in cui cacciava nella scura selva impietrita, noi vegliavamo ogni Anima discesa per questa Eterna Vita. Nei tempi in cui braccava ogni Spirito avverso nell’uncino di un dèmone manifesto, noi avevamo visto un angelo caduto regno di un Impero senza nessun Dio.
Così, come dicevo, li osservo con gli occhi intrisi di orrore… e confesso di non udire le parole, pronti a tacitare la violenza che sgorga dalla Luce di ugual vita, se pur violenta nei secoli di Memoria, ognuno come allora cerca e bracca l’agnello sacrificio della Genesi della vita. In codesta equazione così ben distribuita vi è la costante di un'unica e sola certezza: non è il solo Dio pregato e venerato che giustifica l’antica colonica ricchezza e fonte di vita, giacché ora, nella crisi di un mondo che come allora veleggia a restaurare la croce quale uncino cui affiggere il nuovo sacrificio, vi è il popolo che urla e scalcia dal Colosseo allo stadio un sol motto quale promessa del futuro Creato e desiderato. Cui sacrificare ed esorcizzare il male che insidia un corpo così ricco e ben nutrito (ove, per il vero ed in segreto, la bianca ninfa gradisce quale puledro del suo desiderio lo schiavo allo schermo dell’ingorda caverna, offesa, per il vero, di ogni platonico amore desiderato. Ma queste sono le dimensioni del Creato nel peccato giammai consumato, e come ebbe a dire un antico Trovatore: dopo è compagna di processione del prete che la promette quale ancella per il castello non dichiarato, rubato in un'altra vita ad un feudatario non desiderato perché Eretico ed in odore di platonico… peccato giammai consumato…. Scusate non mi dilungo in questo Universo di Stelle e Parole, di promesse intrise di preghiere, di pellegrini e cliniche in odore di Provvidenza ove il bilancio della vita, quale appare, non certamente in questa Rima, ma saggiamente distribuita dalla Parabola recitata dalla casta della penna dello scriba, sembra essere eternamente e per sempre falsato…, e da una suora e un cardinale propagato… Che strano creato caro curato…).
Un corpo, dicevo, così ricco e ben nutrito, evoluzione nella Luce e nel Tempo scritta, così almeno narrano e spiegano la vita dal genio calcolata (non è Bibbia, ma Tempo diluito pagato e rivenduto dalla materia distribuita al canone della vita…. Noi Eretici senza Tempo né Storia, come detto, apparteniamo al ‘nulla’ di un rogo simmetrico alla presente memoria…). Certo, per me che poco credo nella materia nell’etere diluita rivenduta ed anche numerata, protetta e venerata alla Parabola del nuovo profeta…, questo rinnegare o forse per meglio dire, negare altra possibile ‘via d’uscita’ ‘altra via di salvezza’ ‘diverso destino desiderato’, ‘una diversa nascita in questo nuovo porto d’attracco’, mi pare una vera castroneria dal Genio di cotal ‘economica dottrina’.
Per i signori borghesi e ben-pensanti legati al giornale della mattina, al cappuccino del bar preferito, alla predica della domenica, alla parola sussurrata quale calunnia sollecitata dalla fretta, ai predicatori del padano secessionista: ex calvinista ex battista ex tastierista ex pantofolista ex sessantottista ex terrorista ex centrocampista della squadra del carcere ‘il polo c’è l’ha duro’…; tutti… indistintamente e devotamente appartenenti alla corte della casta, la quale per antica simmetria compie la Fisica nel miracolo della vita; questo dire ed anche predicare per il comune mare quale armatore di pace è una vera Eresia! Con i denari di uno stato  compiaciuto (ed ex pontificio), debbo dire che nell’Universo cui braccano le Parole ‘fuori-uscite’ dal loro Creato così ben retribuito…, un decimo o ancor meno…, basterebbe allo Straniero… approdato. Peccato che in cotal Fisica, la stessa mano dona al povero e sfortunato… futuro schiavo…, quanto al suo avo nel Congo dell’eterno peccato. Erano fiere colonie nello stesso Tempo taciuto, ed il Mercato fu ugualmente un affare astuto all’ombra di un urlo al Colosseo del nuovo tifo, che no!! Non è truccato! E’ sano e ben dotato nel peccato della moglie abdicata alla ‘casta’ di un’altra Dimensione desiderata…
Ora l’incubo invade le case come prima e più di prima, ma il popolo è assicurato, l’affare di Stato è punito e lo Straniero abdicato ad un più ricco Creato, affinché la pace e la calma torni a regnare nella quiete del pellegrino che reclama il perdono di ogni peccato consumato. E se il moro scalcia alla porta di questo Tempo narrato, c’è chi ostenta una nuova profezia: l’araldo della Madonna pregata quale vera e sola icona nell’ora della parola predicata, c’è perfino accordo sulla data della pasqua, quando Cristo e Anticristo si contendevano il Tempio. E’ l’orologio cui sovrintendere la vera Memoria, atomo e tempo senza notaio a certificate l’autenticità della reliquia venerata, puntuale ad ogni pomeriggio pregato nella parabola senza peccato consumato, oracolo della Memoria nella profezia dall’etere distribuita… Se non sono gamberi certamente sono passi cui destinare e riscrivere l’eterna Apostasia, con l’unica certezza scritta nella visione di un solo pentimento…: ‘peccato caro Giuliano che sei trapassato nel Nulla creato… al Tutto così saggiamente contemplato…’.
Come dicevo, l’incubo incombe nell’Orrore di prima, ed il povero negro più cattivo e nero di prima, non orna il ricco mercato della Nave cui affidare l’atroce destino…, giacché il ricco mercato della Nave, sempre nel nome e per conto di Cristo, è salpata a miglior porto cui distribuire il peso naufragato, perché la Democrazia dall’orrore di prima si è evoluta nei decenni di parole al Parlamento della retta disciplina. Noi Stranieri alla retta e saggia parola dalla diplomatica lingua, vediamo questa geografia simmetrica all’orrore di prima. Certo, lo schiavo non è più di moda, raccoglie al nero il sudore della fatica: un piatto alla mensa in questa spietata economia. Ridurre costi e costo del salario per chi nella materia costruisce il futuro nominato Storia. Infatti la Democrazia recita che siamo tutti uguali (più o meno come fa la Legge… quando non privata o accecata del comune dono della vista…) ed il Papa aggiunge… ‘e così sia’. Per i peccati come nel Tempo inverso di questo quadro antico, il Pellegrino può contare sull’indulgenza con breve inchino…, l’affare è materia e moneta di Dio…  Sia chiaro, non voglio patire le pene dei miei antichi avi, e qui dico e certifico che sono tutti Santi…, anche se qualcuno va in galera con l’indulgenza dell’intera casta riunita in assemblea plenaria, la quale mentre ruba e recita un ‘Mea Culpa’ nel Pellegrinaggio commissariato di codesta santa via, mette al sicuro i denari al porto della ‘Vetica’ e braccata rima dal Veliero distribuita.
Sono numeri e geni contrari al ‘Nulla’ della mia visione divenuta d’incanto… Eresia dal dotto medico combattuta - Bacolus Demonum - di antica Memoria. Che Dio ci aiuti in questa ora….! Ed al dotto Medico che proviene dalla chiesa non arreco offesa, non sia mai ricordato aguzzino, per questo sussurro a lui nobile consiglio: scrivi un manuale cui affidare la retta disciplina la retta visione della vita, certificata dalla santità della tua dottrina, perché oggi come allora la Santa Inquisizione ti è certamente amica.
I nostri furono Dèmoni e Dèi combattuti e perseguitati dalla terapia nel Tempo e nella Luce distribuita.
I nostri furono Tenebre ove ogni cosa del Primo Creato narrava la sua vita compiuta e discesa e fors’anche prigioniera, ma sempre in eterna  attesa di svelare e narrare una vita incompiuta braccata e taciuta…. 
Eresia Demoniaca in quanto in codesta Terra narrata i Santi sono ricchi… e benedetti… ancor più di prima, alla faccia della Storia che li numera per uno sforzo di Memoria, affinché il conto non vada perso nel cerchio della Dottrina. Affinché la casacca che dopo vestono alla Torre del peccato terreno possa serbare il numero della cella cui affidare il vero nome… nel circolo della vita all’ora d’aria condivisa con gli altri detenuti di cotal Dottrina…
E… affinché non sia mai detto che in fondo al cesso c’è un nobile ben protetto, il quale un Tempo non troppo antico fece da Mercenario ad un Papa, Monarca di Dio. La Terra usurpata divenne ricchezza e fasto di quanto ammirato or ora dal Pellegrino approdato, mentre raccomandava la preghiera al disgraziato quando esalava l’ultimo respiro dal dotto medico comandato. Ed io, cari signori baroni conti vescovi e cardinali, tirerei la catena del nobile gabinetto il quale orna la facciata del grande Ministero (da non confondersi con Mistero, quello come detto è distribuito all’ora quarta del pomeriggio…) democraticamente edificato, ma sono ancora lì più nobili e santi di pria, nel Nulla della nostra Memoria. Rozzi e malfermi nella parola nella fogna ove ornano la Storia così talvolta è gradita la spazzola della Memoria… affinché il Gabinetto del Ministero non rimanga ornato del loro profilo…
E come la bestia che nutre il mio pasto antico da cui traggo il latte divino raccomando loro il Breviario della Sacra e miniata Parola all’ora dell’agnello della Divina Dottrina, mentre tutti sappiamo che codesta turpe Eresia ugual rogo conoscerà alla tortura dell’eterna ortodossia… e che Dio li…. Benedica. Io mi pento e mi dolgo e chiedo perdono per questa Rima perché continuo a ripetere che non so’ quale sarà codesto Creatore dal Genio studiato… nella Fisica del nobile Creato pregato. Io, scusate, provengo dal Nulla di un diverso Universo mai visto e narrato, perciò debbo ringraziare la mia Vela che ad un nuovo porto ha condotto l’eterno peccato navigato. Ciò che vedo in questo martirio è materia di un Primo Dio in un Secondo giammai narrato. Grazie a questo Elemento raccolto navigo e viaggio con il dono della Rima udita perché in codesto Creato ogni anima racconta la Vita ammirata e assopita. In questo Creato ogni vita è sacra e benedetta a Dio perché parla e racconta l’opera di un sogno troppo antico per essere appena capito…







                    Il  Capitano del Veliero                                










Molti i nomi che il Tempo ed il Mare attribuisce alle sue creature.
      Per ogni costa, per ogni faro, per ogni porto.
      Ma tutti con il tempo si assomigliano e parlano una sol lingua.
        Molti i nomi che gli diamo noi naviganti .
        Ma per quanto ci sforziamo di ricordare o dimenticare,  tutti poi hanno memoria di un pensiero che è acqua di mare,  poi un lento arrancare, poi un respirare e…pian piano camminare.
        Poi …parlare, capire, e …. ancora navigare.

Ognuno chiama il suo Veliero come la memoria e la coscienza sprona la parola.
Ognuno, secondo il tempo e le stagioni, battezza e nomina la propria Idea nel forziere del grande mare.
Questa la libertà, questa la democrazia, questa la filosofia.

    -  Pensiero       è ora il suo nome. 
    -  Idea                le sue vele.
    -  Destino        la sua rotta.
    -  Vita                il suo equipaggio.  

   Nelle grandi acque del mare 
 - Pensiero - contempla la costa,  
    la Terra che nutre l’ - Idea -,
    il - Destino -  della - Vita -,
    così come  la  - Vita - vorrebbe raccontare
    la verità taciuta,
    la verità che ora voi venite a sindacare
    mortificare… e per sempre ad esiliare.
    Uccidere la  - Vita - ,  per un diverso - Destino -.

(Giuliano Lazzari, da Dialoghi con Pietro Autier...)  













domenica 14 giugno 2015

UN VELIERO (2)


































Precedente capitolo:

Un Veliero

Prosegue in:

Prima Lettera (3)













       Sembra osservare le rotte.
       I venti.
       Le vie.
       Le coste.
       I fari.


Pur in apparente assenza, è vento, ed il nutrimento per i pochi naviganti.
Pur in apparente pessimismo, è sicuro degli elementi, di cui si sente padrone e signore.
      Custode ed interprete.
L’unica cosa che può e sa fare, è spiegare, interpretare, capire, decifrare.
      Non è passivo alla vita.
      Non prega ed impreca.
Pone le condizioni, le scelte.
      La giusta democrazia.


-  Genti in vista                                 Annuncia il marinaio.
-  Dolori                                               Suda il Capitano.
-  Rancori                                             Spiega il filosofo.
-  Rumori                                               Urla il mozzo.


Il Capitano inizia ad osservare, non a scrutare.
Perché sa di essere scrutato.
Ulisse gli ha insegnato il giusto stare e partire.
Il giusto parlare.
Il giusto dire.
Non è solo questione di rotta, è capacità di sopravvivere
dell’essere ed apparire, mantenendo integre le proprie
credenze, il proprio credo.
Senza piegarsi, senza umiliarsi, senza rinnegare e rinnegarsi.
Là dove è la materia a fagocitare la vera legge.
Là dove è la visibile forma che vomita la via.
Là dove i denari chiudono gli occhi, e le croci diventano alibi collettivo.




      Il filosofo tace.
      Il Capitano lo osserva, la sua è una presenza oltre la parola.
      Talvolta diviene presenza ‘oracolare’.
- Il silenzio è assenso…                    pensa e sentenzia fra sé.
       Non ci sono armi a bordo.
       Non c’è violenza.
       Anche se la frattura fra loro ed il resto del mondo è evidente,
 ognuno ripone fiducia nella propria intelligenza.
       Non ci sono passeggeri da assecondare, così come non ci
       sono tesori da difendere.
       Solo le ragioni della vita che non deve cedere il passo alla costanza della morte nel miraggio di una nube purpurea, che tutto tacita e lentamente uccide.
       La nube che loro chiamano progresso.
       La morte che loro barattano con la vita.


       - Non esiste la morte…              ricorda il filosofo,


    come se ogni preliminare prima o dopo, sia un inutile dettaglio,
    da circoscrivere nel fiume delle possibilità.
    Il fiume scorre verso il mare. Noi siamo il mare che osserva
    il lento scorrere di ciò che all’origine non sarà mai più.


         Spiegò o pregò una volta dall’alto del ponte,
         un filosofo che sembrava un Capitano
         …ad un Capitano che divenne filosofo…
         Nella distesa di un Veliero che sembrava una grande Chiesa.
         Nel segreto di un timone, che sembrava un altare.
         Nell’infinito di un mare che sembrava un grande Universo.



Il filosofo non  illude.
Non inganna.
Ama mostrare le cose come sono, affinché ognuno possa capire.
…E compreso, compiere la scelta.
 Decidere la sorte.
 Fra un destino mutevole diviso fra un onda e una terra nuova,
 e un tempo già deciso, vissuto, composto, ciclico.
Capire, non interpretare la realtà.
Interpretare il mistero divenuto mito.
Il mito, segreto compagno di ogni possibile comprensione, sfuggita alla realtà.
        Uomini osservano ….,   non Dèi.
        Gli Dèi sono muti per questo mare.
        Dèi nasceranno in questo navigare.





La vita, chi la pensa compiuta, è da compiersi,
per questa navigazione.
La vita è ancora da comprendere su questa nave.
La vita parla in frammenti in questo navigare.
E se la comprensione e l’ostinazione, procedono a passo di remo,
dal profondo dell’Oceano, un nuovo Continente appare.
Lenti sembrano procedere alla deriva, nel tempo delle forme
e del divenire, nella logica della evoluzione delle cose,
di ogni cosa.
La vita parla in frammenti in questo nuovo nascere.
Il pendolo del remo, la monolitica essenza del tempo definito,
procede immutata, creata, sicura.
Il tempo scorre a passo di remo, nel soffio del vento,
che gonfia la vela, che trascina la terra.
Che sposta la zolla, che modella la forma, che detta la via.
Il tempo forma il calco, dal piccolo al grande.
        Un tempo immutato.
        Definito.
        Udito, come un soffio di vento.
        Percepito, come un battito di remo.
        Accettato e compreso.
        Non sempre amato.


La nave sta, monolitica visione di una lenta evoluzione.
Ognuno dell’equipaggio è un muto elemento della Terra.
La muta sostanza che non appare ….ma è.
La muta essenza delle cose.
La forma né vista né percepita.
La simmetria originaria.
L’antica bellezza.


       Ognuno, sull’antico vascello alla deriva,
        è muto elemento è muta sostanza.


Il filosofo, il Capitano, il marinaio, il mozzo, lo scienziato,
ognuno compone il segreto disegno invisibile.
Non visto e nemmeno celebrato.


       L’antico mare oggi è calmo.
       L’antico Oceano di Tedite, oggi è caldo.
                                       

 Il Capitano sul ponte cura la sua dignità consegnata allo sguardo
 indiscreto dell’apparire, cerca solo di andare d’accordo con la
 propria divisa.
 Si aggiusta alla meglio l’abito, senza colori, senza dolori,
 senza mostrine.
 Solo un abito, …..nessuna divisa.


Il nero o il bianco,
il rosso o il verde,
li ha barattati per i mille colori dell’Oceano,
per i mille profumi della costa.
I tanti e troppi colori gli invadono i ricordi
                                                        i sogni
                                                        i pensieri.
    
        Muto guarda,
        muto osserva,
        muto ricorda.


Quello che era,
quello che fu,
il principio immacolato ,
un amore di odori, ricordi, sensazioni.


        L’orecchio ode
        l’occhio vede
        l’udito ascolta di nuovo.





                       Il torrente diventa mare
                       il mare nuova vita 
                       che scorre a precipizio
                       nello spazio dei ricordi.


Il Capitano assente sembra guardare la costa….
in realtà scruta se stesso.
Osserva muto la creazione.
Il Capitano è il creatore.


In questo pensare e pensiero cerca solo di rendersi più accettabile.
L’unica cosa che lo accomuna al resto degli uomini sulla costa….
è una divisa che divisa non è!
Nel mondo da lui osservato, i colori degli uomini sembrano
tante e troppe inutili divise.
I suoi colori, ed i suoi dolori, sono in altro luogo.
In un altro Olimpo.
Cerca solo di apparire più rispettabile.
Sa che sulla Terra la forma delle cose ha una segreta valenza.
La chiamano ricchezza, il possedere la vita.
Chiamano ‘Demoni’ chi presiede il nostro pensiero.
Chiamano povertà …la natura che ci domina.
I Cristiani ci chiamano Pagani.
Ridono da lontano della nostra povertà.


        Possedere la vita, dominarla, dicono…..
        con voce univoca, in un sol coro, in una sola Chiesa.
        Stendardi, bandiere, armi, divise, discipline,
        ordini cavallereschi,
        monaci, mercanti, pellegrini, ospedalieri,  
        ora tutto appare alla vista umile e dimessa del Capitano.





A passo di remo, i contorni si fanno più nitidi,
più chiari, più marcati.
I pochi che giungono rappresentano i ‘molti’ non visti.
In questa natura rovesciata, dove vorrebbero apparire
specchio della Terra di appartenenza,
i pochi sono la superficie non vista di una forma non compresa, non accettata, ….dicono ….
                                                                            creata.
La materia che scorre tacita e silenziosa, scivola piano,
                                                     con un tempo definito.


        Sulla nave, per la prima volta, il Capitano riscopre quella
        dimensione persa, dimenticata …..non del tutto accettata.
       

                          Il Tempo.
                          Bussa, scalcia, annuncia la frattura fra il definito
                                                                                  e  l’indefinito.
                          Fra  il creato e l’increato.
                          Fra l’inizio e la fine.
                          Fra la Creazione e l’Infinito. 

                               
   

                                                                                                                               

                                  
                                       Pietro   Autier 


(Giuliano Lazzari, da Dialoghi con Pietro Autier)

(Prosegue...)