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circa una Epistola (7/8)
Proseguiamo con il capitolo
quasi al completo [10]
& Con brevi Frammenti
dell'Epistola ad Aristeo (12/11)
Mai ci fu un tempo in cui non esistevamo,
io, tu e tutti questi re,
e mai nessuno di noi cesserà di esistere.
(Bhagavadgītā)
Vogliovolgere lo sguardo indietro, ti ricordi quando approdammo alla caverna del Mammoth, ti accennai ad una
Natura libera e incontaminata, e forse seppur non l’ho scritto, in
quell’istante ho meditato taluni frammentati pensieri (senza lasciarne traccia), antichi e scomposti come solo Lei li
ispira per poi ricomporli all’Albero della vita (per chi sa scorgerne la folta viva chioma simile al dio), per ogni
stagione pregata così come ammirata al risorgere della pura linfa, fors’anche
solo contemplata in èstasi assoluta, e poi con più elevato illuminato
Linguaggio - a sua somiglianza - misticamente venerata (ma non certo consumata, così come la brace per ogni rogo ben edificato).
Per questo
quando riacquistai il dono perduto della vista in essa mi persi, e la
contemplai con l’occhio non più terreno ma dell’intero Universo. Forse avevo
iniziato a comprenderne il Segreto.
Entrai in
una grotta da uomo e…
Ebbene non avrei immaginato, e tu mi dai conferma di un sospetto divino, che avremmo potuto affrontare, ma che dico, meditare tale Dialogo e così facendo (ri)creare il dono della perduta vita per ogni profanato Elemento, taluni umani censimenti di certo lo impediscono. Taluni falsi dèi e il loro altrettanto falso progresso, per sempre ci perseguiteranno per tutto ciò di cui il fallace (ed altrettanto venerato) ingegneristico ingegno umano.
Allora,
come spesso succede, ho rimosso ciò di cui partecipiamo all’Infinito, ovvero il
sospetto come un brivido lieve, che l’uomo che ci bracca e insegue, sia ancora
chino là ove riparato. Te lo ricordi quando vi entrò da semi-uomo anelando e
aspirando al dio a lui ignoto. Se bene lo osservi ancora chino in ugual
medesima grotta, scruta una palla di fuoco, scruta le viscere della sua (bada bene, solo sua…) piccola terra
protetta da un muro o una staccionata, prega e venera una falsa parabola, medita
il futuro racchiuso in una piccola sfera di vetro.
Si pensa
dio!
E prega il
demonio!
Il miracolo
e il sacrificio di ogni profeta procede verso un diverso invisibile cammino.
Ricordi
quando il Profeta atteso all’antico solstizio d’inverno, anche a te molto caro,
sia l’evento celebrato che l’avversato nazzareno (e futuro Messia con cui non inizia,
bensì prosegue la Sorte terrena, e non l’intera Storia per ogni suo
Sentiero verso la Cima…) per ragion di stato, fu adagiato su una mangiatoia
in compagnia della bestia?
Penso e medito che cotal ‘geroglifico’ nasconda una differente pretesa circa l’universo dall’uomo profanato.
Così come
il tuo pentimento e il ricongiungimento in potenza (dicono, e te lo sussurro a fil di voce, se preferisci a fil di gelo e
bufera, che hanno scoperto e violato cotal segreto proprio mentre trema la
terra in ugual medesima celata potenza…).
Avete
dimenticato, infatti, entrambi il censimento ove si nasconde l’insana (o più sana….) materia, tu e lo storico Flavio che la numera e annovera nei
polverosi scaffali della Memoria, e da medesimo Flavio ne hai dedotto, fors’anche interpretato, la sorte ma non
certo la celata e ancor più segreta Storia!
Ebbene i dubbi ti hanno tormentato, divisi e ricongiunti in ugual divino Sentiero, e Lui che lo ha sempre saputo (e non solo il Messia ma l’intero Infinito celato in un diverso Olimpo), vi ha ricongiunti al fine, e non certo confino, con cui ogni ‘censimento’ annovera morte e terrore così cari alla dinastia per ogni banchetto, come all’uomo d’ogni caverna donde progredito il presunto linguaggio in onore di quanto cacciato.
Come quel
vescovo che nulla comprese dello ‘psicodramma’
e il dovere imposto in ugual Storia. Sia la tua non men della sua in onore di
medesimo compito o investitura. Se solo avesse aspirato ad ugual sentimento
posto in conflittuale contraddittorio con se medesimo come all’altrui ‘progredito’
istinto (come sovviene nella breve
matematica - che intende o vorrebbe - in Ragione della futura Fisica),
avremmo conseguito per l’intero arco della medesima (Storia terrena) una diversa summa.
O meglio,
equazione storica.
Ma gli evidenti risultati quali reali ‘enunciati’, così avversi anche al (nazzareno) Messia (ed al celato Infinito qual profetico linguaggio in Ragion di medesima Fisica circa il proprio svelato Universo) ci danno conferma dell’inumano errore protratto e conservato nel più profondo (incensito) mistero affine all’incompreso miracolo.
Ti potrei
dire di quel Fisico che svelò Tempo e Materia, ma non certo seppe convenire
alla curva di medesima simmetrica equazione per ciò cui la sua scienza
presiede.
Vi è ancora
una simmetrica dimensione non rivelata!
Seppur la
sua forma geniale e provata nel Tempo censito come numerato, eppure la
curvatura spazio-temporale ci confermano un paradosso!
E di più
taccio e nulla più dico!
Ma, come
ben sai, circa la sorte d’ognuno, la giustizia è scienza sacra e divina con cui
gli antichi attendevano, anche se talvolta in ritardo, il vero (e non solo oracolare) responso e linguaggio,
e non certo disumana sorte affine al potere. Solamente, come ben ho capito, la
tuo èra del tutto in buona ‘fede’ (ove
nato alla culla di una chiesa sino all’olimpo di medesimo ingegno), mentre
il suo pecca ancora di incompreso segreto coltivato in ugual regno terreno con l’orgoglio
censito del vincolo ortodosso (per ogni
Tempio edificato), in nome del nazzareno che eppur lo aborriva.
Forse tu
hai, in verità e per il vero, scorto il Sentiero per intero, nonché decifrato
non men che dedotto nel mito saggiamente interpretato qual più congruo
enunciato. Scorgevi, come anche a me succede, dei paradossi, delle incongruenze,
e non solo nel Tempio ma nel cuore di tutta la gente. Se solo quel vescovo
avesse avuto una decima parte del tuo sapere sarebbe convenuto ad un diverso
fine, e non certo l’ingiuria nemica di
qualsiasi dottrina affine alla verità con cui si coniuga il verbo della vita.
Ogni Verità giammai perseguita promuovendo ogni falso miracolo, anche e soprattutto se non segue il Sentiero del Tempio ove censito, e dicono, custodito il Dio profanato ogni giorno e cacciato dal suo ed altrui creato!
Quel
Messia, quel profeta, come te si offrì al sacrificio della Storia, e alla fine
dell’altrettanto incarnato Viaggio, si pose come un agnello del Tempio in ugual
mangiatoia, quale supremo sacrificio in lode ad un ringraziamento al mito
dell’inutile ingordo pasto terreno.
A tutti
loro così severi di giudizi conditi con prelibata dotta grammatica, giù chini e
piegati in quella zolla di terra, cotal dire parrà cosa del tutto eretica; ma
sai, secondo la nostra caverna e colui che ne comanda ed officia ogni porta
terrena e divina, le cose vanno a ‘roverso’ della glorificata medaglia del
portiere d’ogni nera stiva.
Infatti, guarda ed osserva, grazie al loro censimento, laggiù ove il romano prega, il Fiume perde ogni chioma e la montagna si dissolve al raggio del sole tuo eterno dio (lo avevi riconosciuto e lui ti è vicino), seppur dicono in discesa gigante per medesimo olimpo premiata come omaggiata. Si tengano gloria e medaglia, compreso il rovescio d’una lingua mai articolata.
Mentre ogni
dio di questo ed ogni ereditato (doppio)
impero gela nel freddo. Sai, fu per quel tedesco che tardai la giusta
punizione. A cui porremmo finale appello e giudizio divino, anche a chi pensa
di risolvere, fors’anche violare, con la guerra il nostro segreto.
Un
messaggio celato il quale svela il limite umano
avverso al censito sapere!
Ebbene,
quando eravamo dèi facevamo lunghi estenuanti pellegrinaggi, dimoravamo con i dèmoni,
scorgevamo pietre parlanti, oracoli e profeti erano il nostro pane quotidiano,
e con loro ci saziavamo. Ogni Dio e ogni suo ambasciatore quale Elemento di
vita pregavamo e meditavamo, ed ad essa anelavamo al ricongiungimento ispirato
qual Infinito non-Essere ed
appartenere al tutto pregato così come contemplato; per ogni essere, per ogni
legno e pietra qual bosco sacro volevamo ricongiungerci a ciò che in verità e
per il vero èra ed è divino.
Nulla èra ed è come allora profanato, ogni formica ogni piccolo sasso, ogni divinità per noi conteneva il dio pregato.
A Lei ci inginocchiavamo e cercavamo il
segreto la musica il perduto linguaggio. Abbracciavamo alberi e foreste,
parlavamo con dei tellurici i quali ci scrutavano dall’alto della Cima ove
avevano imparato la segreta parola, poi scendevano come un fiume in piena,
migravano e viaggiavano come i segreti venti, un tutt’uno di ciò che mai hanno
imparato con quell’alito che puzza di nere peste. Si orientavano dimoravano e
parlavano come immagine dell’intero creato. Ci suggerivano l’antica divina Poesia.
Se ben
ricordi, infatti, scorgevamo guerre e terremoti…
Accanto a noi, le alture sotto il cimitero celeste sono disseminate di grotte di eremiti, verso le quali stanno salendo pellegrini giovani dai capelli arruffati.
Chi ha meditato qui?
Forse Bonchung, l’antico stregone bon?
O Milarepa, il santo buddhista che lo spodestò?
Ma loro non lo sanno. le grotte sono strette, con
piattaforme di pietre a secco.
Una figura avanza lentamente lungo l’ampia
vallata sassosa davanti a noi: stramazza nella polvere, si rialza, fa tre passi
e poi cade di nuovo con le braccia protese in avanti. Neanche quando la
raggiungiamo riesco a capire subito se si tratti di un giovane o di una
ragazza. In questo modo penoso, con il corpo che tocca ogni spanna del
sentiero, un pellegrino impiega forse tre settimane per compiere il giro
intorno alla montagna, tornando ogni giorno all’alba nel punto in cui aveva
smesso la sera prima, contrassegnato da una pietra. Quando la figura si alza,
vedo che è protetta da un grembiule di pelle, e alle mani, che si levano in
preghiera prima di ogni prostrazione, sono legate tavole di legno.
[Prosegue con il capitolo quasi al completo]