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Tutto ciò
che compone la ‘casualità’ dei gesti apparentemente compiuti non della natura
umana, ma da quella Divina – (nell’Atto della Rinascita o Resurrezione come
abbiamo letto in un precedente intervento…) - dove traccia il geroglifico della
propria immateriale prima ed assoluta consistenza in Infiniti Mondi ove l’Anima
(e lo Spirito) ad immagine di chi l’ha forgiata manifesta il proprio invisibile
dominio circa la vera universale potenza; descrive una strada non accessibile
né tantomeno individuabile nelle normali cartine o mappe geografiche (eccetto che nella verità della Poesia).
Dunque
riportando per intero, ciò che è stato l’oggetto della nostra disquisizione,
come leggere le parole trascritte al punto 20 (77) nel Vangelo di Didimo Giuda
Tommaso - Gesù disse:
“IO
SONO LA LUCE CHE SOVRASTA TUTTI LORO, IO SONO IL TUTTO. IL TUTTO PROMANÒ DA ME
E IL TUTTO GIUNGE FINO A ME.
SPACCATE
DEL LEGNO, IO SONO LI DENTRO.
ALZATE
LA PIETRA, E LI MI TROVERETE”.
Certamente così riportate o interpretate, le stesse parole all’inizio della nostra disquisizione, assumono una luce differente. Così come assume una luce differente colui che le trascrive o interpreta per noi. Grant nel suo Gnosticismo e Cristianesimo primitivo in riferimento al Vangelo di Tommaso:
Ci sembra tuttavia più importante, anziché
soffermarci sulle fonti dei detti, considerare la loro finzione nell’opera così
come ci è tramandata. Quali segreti rivela in questo Vangelo?
Quale importanza rivestono per la teoria
sull’origine della gnosi che abbiamo fatta nostra?
Gesù non è il Messia, ma è - come un angelo
giusto -, come un filosofo saggio…
Non è necessario sottolineare che, nel complesso,
nel Vangelo di Tommaso è presente una ostilità verso il mondo, verso il corpo,
verso l’esistenza fisica dell’uomo nel mondo…
Siamo ben al di la del giudaismo; siamo anche
molto al di la del Cristianesimo, dato che la rivelazione segreta del Vivente
ha sostituito la storia evangelica della vita, morte e risurrezione di Gesù.
(Grant - Gnosticismo e Cristianesimo primitivo)
Ma soprattutto come interpretare la comparsa di nuovi (o vecchi) studiosi che si affrettano ad una analisi, certamente interessati ad una possibile interpretazione di detti, parole frammenti discorsi… di questo grande filosofo dell’atto e della parola? Autori poi recensiti da - penne a sfera -, le quali a mio parere operano un torto sia agli - eminenti studiosi -, sia ai depositari del pensiero divenuto parola. Parole fuori dal tempo ma assoggettate alla staticità del tempo divenuto storia. Prima che al culto bizantino della politica. Penne le quali fanno sfoggio di belle parole, disinformando il lettore sulla difficoltà interpretativa, innanzitutto. Vagheggiando una finalità artistica di recensione, forviando in realtà l’inesperto lettore (in questo caso i pochi lettori stando ai sondaggi del consumo dei quotidiani in Italia).
La strada
ove si inerpica e snoda il Dialogo apparentemente irreale seppur vero, e
certamente più concreto assoluto simile all’Infinito (Dio) che lo ha ispirato, rispetto al (censito) limite in cui posto e assoggettato il simmetrico umano
dialogare; il quale pur ‘scrutando’
nella umana elevata superiorità intellettuale l’origine di se medesimo e ciò
cui aspira, non ne intende e coglie la dimensione dell’Essere ed appartenere ad
una diversa realtà giammai recepita (nella
sindacata censita materia), fors’anche solo ‘intuita’ in potenza paradossalmente nella immateriale
realtà e dimensione del non-Essere.
Quindi nel limite della comprensione assoggettata alla funzione della materia; e in quanto tale rivela (e rileva) la capacità (o l’impronta) di raccoglierne la luce dell’Anima e l’Eterno immateriale ‘pensiero’ che la presiede e medita nell’assoluta opposta ed invisibile dimensione (seppur ‘cogitata’ talvolta assente all’atto stesso) donde nata la stessa (materia); e come tale (dimensione non ancora specificata né compresa, quindi assente al cogitante pensiero) non soggetta al ciclo della stessa (materia), semmai facente parte della sfera del Divino e la sua Potenza in Atto colta con il Pensiero rivolto alla dimensione dell’Infinito successivamente incarnato nell’Anima del Dialogo…
[…o ciò che intendiamo o traduciamo come tale, seppur non sempre
ciò che impropriamente interpretato come ‘divino’ può essere considerato
facente parte dell’insieme dato, giacché anche tutto ciò che subordinato al
limitato e materiale arbitrio umano, può e deve essere considerato
facente parte del demoniaco in cui opera il male…; ovvero,
prendiamo in considerazione la differenza fra l’uomo e la Natura; il primo seppur ultimo nei milioni di secoli
geologici, tende a meditarla e in ultimo paradossalmente confinarla
nell’arbitrio della studiata sezionata materia senza parola e anima alcuna, quindi
assoggettata all’assoluto maleficio del dominio ad esclusivo beneficio umano, senza
umanità alcuna; in realtà, o ancor meglio, in verità e per il vero, le
dimensioni di una più che certa ‘divina sacralità’ appartengono a ciò che erroneamente,
per secoli e millenni, abbiamo posto al
nostro insindacabile disquisito arbitrio accompagnato dal giudizio della parola
in Atto (e potenza), permettendo ogni sorta di misfatto da cui cogliamo e traduciamo
il vero abominio accompagnato, come già più volte specificato, al protratto
venerato demoniaco [umano] circa simmetrico Atto in
Potenza avverso alla tellurica forza della contrastata Natura da cui nato;
il quale come tale pervade e sovrintende l’animo corrotto ragione del presunto ‘Intelletto’
dato e conferito dalla incolmabile assoluta differenza posta al confino [o
limite] della parola nata dalla venerata temuta Natura; dacché tutto ciò di cui in Atto senza prerogativa intellettiva
circa un diverso Invisibile incompreso divino Dialogo non ancora ben
interpretato e neppur compreso, così come udito dal limitato limite umano posto
nel rimosso giudizio dello stesso; assoggettato all’insindacabile (nostro ed
altrui) giudizio e ugual confino terreno, o ancor peggio, profetico ‘comandamento’;
‘confino’ posto nella differenza fra l’Essere, quindi esistere ad immagine e
somiglianza di Dio, e l’inesistente passiva Natura donde nato l’atto creativo;
da cui sovrintenderne ed esplicitarne (o ancor meglio, edificarne) l’impropria (corrotta)
volontà circa medesima vita interpretata vilipesa e assoggettata al comandato
dominio umano; nonché offesa e corrotta negli incompresi seppur magistralmente
dialogati principi e Elementi divini conferiti dall’altrettanto esteso dominio
della cogitata parola da cui ogni differenza… E se fossimo noi che ancora non
abbiamo iniziato né a pensare né a parlare come dialogare? Quindi a
sovrintendere il principio stesso della Creazione? ]
L’uomo,
illuso della conquista, traccia strade di morte e ingiustizia, come ha sempre
fatto, prigioniero del limite della sua demoniaca natura convinto del primato
della propria indiscussa superiore intelligenza. Lungo il Sentiero che cercherò
di tracciare, non vi è una rigida segnaletica, così come talune barriere
culturali che limitano la nostra visione dell’insieme, e quindi, il nostro
deambulare e disquisire attraverso questi luoghi.
Ho spesso
incontrato viandanti severi nelle regole, ma miopi nella visione dell’insieme,
così come ottimi alpinisti poco propensi all’insieme della montagna.
Il mio bagaglio in questa infinita ora è divenuto assente di tutto ciò che pensiamo abbisognare, ma congeniale per quelle Visioni della realtà circostante, le quali ci permettono una corretta evoluzione a dispetto di come altri intendono lo stesso termine. Mi limiterò a dire, che la mia ‘macchina fotografica’ rivolta al Sé originario donde la ‘materia’ cristallizzata alla retina dell’artificioso occhio la quale simmetricamente ‘immortala’, è comunque destinata ad una diversa e altrettanto simmetrica pretesa d’una rimossa capacità funzionale non più interpretativa, immune all’artifizio della ‘materia’ a cui purtroppo assoggettata l’impropria cieca vista; riposta nel bagaglio di ugual Memoria visiva, la quale seppur ‘vedendo’, talvolta o troppo spesso, non comprende circa la reale dimensione e/o infinita prospettiva della rimossa capacità della stessa.
Quindi tende comporre e scomporre in ugual ‘retina intellettiva’ alle finalità di cui il senso universale di medesima vista (divina), frammentata e ricongiunta alla cecità di cui si compone la ‘materia’ (e la stessa arte visiva), ricomposta e dedotta qual invisibile immateriale Anima eterna (ad immagine di Dio a cui la vista aspira), e di cui l’organo impossibilitato all’Atto da cui frammentata disgiunta umana Memoria anelare al Divino (o Divina Natura donde nato).
Mentre riconosciamo nel Fiume eterno della Natura (e il suo ciclo simmetrico all’infinito) il Principio creativo dell’Atto non più colto né dedotto, in quanto viziato dal limite linguistico - della seppur evoluta materia - rispetto alla potenza del Pensiero originario immune alla parola, in quanto (Sua) muta voce (infinitamente divina) posta nell’incompresa grammatica della vita; quindi ancor più vicina ed ancor più simmetrica al Primo e assoluto Linguaggio da cui l’invisibile eterno Pensiero presiede(va), o ancor meglio, costituiva il principio Dialogante della Vita, in tutto ciò di cui l’uomo, con tutti i propri nuovi artifizi, impossibilitato (talvolta nel delirante) esercizio deambulatorio d’un cieco - che seppur immobile cammina - armato con ampio margine di muto linguaggio scisso o ricongiunto al senso e/o l’istinto della perduta vista.
Gli antichi
sapevano ben intendere e vedere cogliendo l’Atto della Natura, ricomposta alla
vista dell’Intelletto da cui (il più o
meno) decifrato universale mitologico simbolo della parola ne ricomponeva
la sacralità dedotta nella spirale divina, comune connesso Pensiero a Lei
congiunto comporre l’Uno o l’Anima-Mundi
dell’Universo. E sapevano ancor meglio circa la segreta grande Sua potenza per ogni Elemento
ancorato ad una bestia, seppur frammentata e diluita nella mitologia, da cui il
tellurico e ancor più potente Primo Pensiero creare l’imperativo degli Dèi poi
dell’Uno.
Per ciò detto l’uomo ha perduto e dismesso l’istinto scritto nella spirale creativa del suo ed altrui Genio subordinato alla materia evolutiva, e successivamente posto nel degrado della misurata differenza (intellettiva di cui dotato, e di cui ogni natura differente dalla sua, …sprovvista…), distaccata da ciò di cui ogni senso, compreso il dono della Vita, nata nelle molteplice finalità di custodirne immortalarne e preservarne il comune segreto (e linguaggio), seguendo e perseguendo il Sentiero contrario e/o opposto.
Dacché
l’uomo e il dio pregato affine al demoniaco e al dominio di un Universo del
tutto incompreso nelle finalità per cui nato.
Mi limiterò a dire che la mia ‘macchina fotografica’ tende a cogliere i tratti dell’Anima con tutti i Principi di cui ogni Elemento della Natura (dalla morta pietra sino al legno della prima selva ove si ramificherà l’uomo) ne evidenziano e risaltano le comuni capacità per ogni senso e non solo umano di pensiero linguaggio e muta parola; tralasciando troppo spesso quelle immagini di ogni giorno che apportano facile benessere alla mente d’un corpo malato, lasciandolo vagare come un cane mosso dal puro piacere di annusare le territoriali orine degli altri suoi amici barattate per acque salvatrici, scordandosi così la strada verso casa giacché le fogne colme di prelibato letame.
Quella ‘casa’ a cielo aperto e certamente più pulito, il cui annusare vedere e pensare presieduto dal più articolato e composto Linguaggio della Natura, e di cui ne abbiamo perso la comune Memoria circa l’Arte di saper coglierne ogni libero Pensiero, non più svago dell’altrettanto articolato affamato palato e di cui ancor più bestiale evoluto ingegno, comporne l’articolata divina seppur muta grammatica, nella spirale dell’Atto creativo da cui Universo e Dio.
Per sempre
cacciato e successivamente demonizzato.
Chi,
appunto, attratto da tutti quegli istinti, che fanno di un essere umano una
bestia frutto di una socialità corrotta che inquina in maniera, prima
transitoria e poi assoluta e definitiva, verso una profonda fogna spacciata per
Ade e principio creativo, nella totalità del pensiero e dell’agire umano,
riducendo l’intelligenza ad un istinto olfattivo che appaga il proprio
principio di territorialità.
Ripercorrere a ritroso i secoli passati oltre a scoprirne i difetti, i quali sono tutti nella natura corruttibile dell’uomo, è una esperienza divinatoria purificatrice e certamente quasi impossibile in questi anni. Come compiere un valido esperimento di fisica delle invisibili particelle, sospesi e in orbita attorno al nostro pianeta. Le devastanti lacune dei secoli passati lasciano spiragli di luce per apprendere, vedere, sondare, vivere quel pensiero puro che era il frutto fra l’uomo e la natura attorno a lui. La purezza di talune immagini, improbabili oggi, ci conducono su quegli stessi Sentieri e strade che l’uomo difficilmente ora riesce a scorgere. Quelle strade, che possiamo disquisire nell’ambito filosofico e artistico sono l’immagine (che ci rimane, presa direttamente dalla bisaccia di quel viandante con cui ho avuto il piacere di passeggiare alcuni secoli fa) …di Dio.
Per cui se lo stesso va ammirato come pregato, nella terrena speranza, appunto, di ricongiungersi alla parola antica, giacché impossibile scorgerlo solo attraverso l’opera dei suoi costruttori, artefici dei limiti del limitato censito linguaggio accompagnato dal disegno posto nel degrado della nuova arte quale costante architettura e grammatica del progresso (e non certo arte evolutiva) rinnegare se medesimo. Ponendo in essere solamente quella che definirei, seppur impareggiabile opera, una elevatissima ‘segnaletica’ frutto di ineguagliati artisti e mercenari dell’arte (della materia) costretti a barattare il proprio grandioso talento (evolutivo) al soldo d’un regno molto più potente di quello dello spirito, il regno del corpo (di Mammona) incarnato nella materia assente a primo atto in potenza, rivolto e proteso alla deficienza assoluta. Nel momento in cui questo abbisogna di colmare grandi incertezze con false certezze, dispensate allora come pria da falsi conoscitori dell’immagine, nella sua totalità quella IMMAGINE che pensiamo poter tracciare sia noi (custodi dell’antico Segreto divino) che loro.
Grandiosa arte, grandi maestri della costruzione, allora come oggi. Ma quel DIO decantato non è mai entrato per quei Sentieri di immensa ricchezza, perché se peschiamo direttamente dalla sua bisaccia lo troveremo con molta probabilità al di fuori di siffatta costruzione, a criticarne i metodi costi e contenuti. Posto, forse e sicuramente, su un probabile rogo in Cima ad un Teschio al soldo e beneficio d’un nuovo Tempio, che i suoi carnefici e dispensatori - alternati custodi della tomba così come dell’incompreso segreto - hanno acceso a cavallo d’un cammello, aizzando il fuoco purificatore che scaccia sia la pestilenza, compagna inseparabile della povertà, sia il malsano (e dicono anche, perverso contrario…) pensiero quasi sempre virulento e contagioso della verità.
Ecco da
dove parte la mia, se così la si vuol chiamare, Eresia; ecco dove scorgo le
fratture del sisma. Ecco che incontro la geologia e con essa l’eterno pensiero di
‘casualità’ il quale inizia a divenire una ‘equazione’ che compone (nel’)l’evento (o l’avvento ripercorso costante nell’invisibile universale indecifrato
muto Sentiero), e con esso, il geroglifico dell’invisibile regredito
‘enunciato’ (fuggito da ogni censimento
in atto) più simile ad una bestia (assieme
chini nella medesima mangiatoia).
Ecco l’‘osservazione’ e l’‘osservatore’, che in entrambi i casi modificano la propria naturale costruzione nel momento in cui si accingono a porre in essere quei vincoli di ‘prevedibilità’ che impone la visione dell’occhio abituato per sua cultura ad una immagine approssimata e irrazionale, o all’opposto, definita e razionale: quindi disturbatrice ai fini d’una comune universale ‘pre-conoscenza’ da cui ogni più elevato senso e genetico linguaggio disturbato dall’arte del presunto calcolato sapere, immune e in perenne deficienza, e da cui lo stesso atto negato da chi per primo ne difetta per sua povera Natura posta al limite dello stesso, e da cui, più elevata Conoscenza non più affine al mistico dubbio (e da cui per quanto si dica ne deriva il sapere di non sapere equivalente al vero sapere in potenza assommato al beneficio del dubbio sottratto ad ogni umano censimento per sempre in atto), ma posta al perenne servizio o esercizio (‘censorio’) dell’infallibile paradossale comprensione del profanato classificato numerato segreto o Principio Primo.
Ecco dove si doveva nascondere la fede la verità la via.
La vera
via.
Quindi
proseguiamo là ove ci siamo interrotti, dacché per ciò che si dica e dirà
ancora, e per quanto tale Dialogo sarà per sempre incompreso seppure annoverato
come ben conservato negli archivi storici di cui la comune Memoria abbonda e in
qual tempo difetta…
(Giuliano)