giuliano

martedì 28 gennaio 2020

DIAMANTI DI CRISTALLO (Per sempre persi?) (23)













































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Secessione (22/1)

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Diamanti  &  Secessioni (24)















Il 9 di febbraio del 1865, l’esercito di Lee stava evacuando Richmond mentre l’esercito di Grant si stava spostando verso sud per bloccare la ritirata. E quello stesso giorno, nel piccolo villaggio di Gerico nel Vermont settentrionale, nacque Wilson Alwyn Bentley.




Al momento della sua morte, 66 anni dopo, era noto a migliaia di persone in tutto il mondo come l’uomo del fiocco di neve. Le sue ricerche sui misteri della pioggia e della neve sono state discusse in oltre 100 articoli di giornali e riviste, in 10 articoli tecnici nel Monthly Weather Review e nel suo libro ‘Snow Crystals’. La fattoria di Jericho è stata un principio di approfondimento la quale ha fornito nuove idee sulla formazione delle precipitazioni che merita il titolo di First Cloud Physicist d’America.

La fattoria Bentley si trovava in una valle all’estremità orientale di Gerico rannicchiata alla base della montagna di Bolton. Gli inverni di campagna erano lunghi e duri, e in quei giorni la frequenza alla scuola era stata molto rara. Forse è stato per questo che Bentley acquisì la  passione che lo accompagnò per tutta la vita nello studiare e comprendere l’acqua in tutte le sue forme: rugiada, gelo, nuvole, pioggia e soprattutto neve sotto forma di cristalli di ghiaccio.




All’età di 60 anni ricorda quei primi giorni:

Non sono mai andato a scuola fino a quando avevo quattordici anni. Mia madre mi insegnava a casa. Era stata un’insegnante di scuola prima di sposare mio padre e ha instillato in me il suo amore per la conoscenza e le cose più belle della vita. Aveva libri, tra cui una serie di enciclopedia. Li ho letti tutti.

Ed è stata mia madre che mi ha permesso, a quindici anni, di iniziare il lavoro a cui ho dedicato la mia vita. Aveva un piccolo microscopio che aveva usato per insegnare a scuola. Quando gli altri ragazzi della mia età giocavano con pistole e fionde, ero assorbito dallo studio delle cose al microscopio: gocce d’acqua, piccoli frammenti di pietra, una piuma caduta dall’ala di un uccello, un petalo delicatamente venato da un fiore.

Ma sempre, fin dall’inizio, furono i fiocchi di neve che mi hanno affascinato di più. I contadini, in questo paese del nord, temono l’inverno; ma ero estremamente felice, dal giorno della prima nevicata - che di solito veniva a novembre - fino all’ultima, che a volte arrivava fino a maggio.




Durante i due anni successivi, il giovane Bentley trascorse molte giornate invernali in una stanza fredda nella parte posteriore della fattoria, scrutando al microscopio i cristalli di ghiaccio raccolti dalle tempeste che passavano. Era affascinato dalla bellezza e dalla complessità dei cristalli e tentò di catturarli disegnandoli. Fece centinaia di schizzi ma era sempre consapevole che ciò che disegnava era un cattivo sostituto di ciò che vedeva. Un giorno ebbe la possibilità di leggere, probabilmente nell’enciclopedia di sua madre, le telecamere che potevano scattare fotografie al microscopio. Bentley e sua madre in qualche modo persuasero suo padre che dovevano comprare una macchina fotografica a soffietto e un obiettivo da microscopio.

Il giorno in cui ho sviluppato il primo negativo realizzato con questo metodo e l’ho trovato buono, mi è sembrato quasi di cadere in ginocchio accanto a quell’apparato e venerarlo! È stato il momento più bello della mia vita.




(Un fiocco di neve di solito è composto da molti cristalli di ghiaccio che si scontrano e si uniscono mentre cadono. Ma quasi sempre si possono trovare singoli cristalli di ghiaccio in qualsiasi nevicata. A volte, quando nevica leggermente, l’aria contiene una moltitudine di cristalli di ghiaccio scintillanti che cadono lentamente verso terra per produrre una coltre di neve.)

Per 13 anni Bentley lavorò tranquillamente e ottenne oltre 400 microfotografie di cristalli di ghiaccio. Tenne registri meteorologici dettagliati e cercò di comprendere il significato delle forme e delle dimensioni dei cristalli e sul perché spesso variavano da una tempesta all’altra. Il mondo esterno non aveva ancora avuto sue notizie. Era timido e pacato, e sentiva che la sua scarsa istruzione gli impediva di scoprire tutto ciò che non era stato trovato dai ricercatori nelle università. È interessante notare che è stato un professore universitario, George Perkins dell’Università del Vermont, che sentì parlare del lavoro di Bentley e lo convinse che aveva davvero qualcosa di utile da dire al mondo esterno.




Il suo primo articolo fu pubblicato nel 1898 in Appleton popolare mensile scientifico. In quell’articolo vediamo lo stile che doveva caratterizzare tutti i suoi scritti; Bentley osservava la natura più con l’occhio del poeta che con quello dello scienziato:

Uno studio attento di questa struttura interna rivela non solo una nuova e di gran lunga maggiore eleganza della forma rispetto ai semplici contorni esposti, ma per mezzo di queste figure meravigliosamente delicate e squisite si può imparare molto sulla storia di ciascun cristallo e sui cambiamenti attraverso i quali esso è passato nel suo viaggio attraverso le nuvole. La storia della vita è scritta in geroglifici delicati!

Questa pubblicazione ha aperto le porte della creatività di Bentley e nei successivi dieci anni ha osservato, fotografato e sperimentato cristalli di ghiaccio, gocce di pioggia e rugiada. Ha scritto molti articoli popolari e tecnici, molti dei quali studi sui cristalli di ghiaccio. Le sue idee principali sono state esposte in dettaglio in una serie di articoli scientifici sulla rivista Weather. Un articolo del 1902, uno dei più straordinari e dettagliati dei suoi scritti, ‘esplose’ con idee e ipotesi.




L’inverno precedente fu un delirio di attività per Bentley e ottenne oltre 200 microfotografie!

L’analisi dei suoi dati lo ha convinto, tra l’altro, che diversi segmenti di una tempesta (est, nord, ecc.)  producono l’inconfondibile simmetrica caratteristica impronta propria predominante di cristallo di ghiaccio, e che la forma del cristallo (stellare, piastre esagonali, ecc.) è una funzione della temperatura dell’aria, ed ancora che la circolazione all’interno della tempesta può essere dedotta dalla struttura cristallina, ed inoltre, che il cambiamento nella forma spesso notato in un singolo cristallo riflette i cambiamenti della temperatura dell’aria attraverso la quale il cristallo cade nel proprio viaggio verso la terra.

In quest’ultimo suggerimento che Bentley  discusse in dettaglio era in anticipo di anni prima dell’ufficiale ‘responso’ meteorologico del suo tempo.




Durante i mesi estivi la curiosità di Bentley era rivolta al problema dell’origine della pioggia. Ai suoi tempi venivano fatte centinaia di misurazioni di routine in tutto il paese sulla quantità di pioggia che cadeva al giorno e per carenza scientifica nessuno pensava di porre l’importante domanda relativa alle dimensioni delle singole gocce di pioggia.

Nessuno, tranne Wilson Bentley.

Pensò, giustamente, che se si desidera scoprire come si forma la pioggia, non c’è posto migliore per iniziare se non quello di misurare le dimensioni delle gocce di pioggia. Nel 1898 iniziò i suoi studi sulla pioggia, poiché aveva ‘il desiderio di approfondire, se possibile, un po’ la nostra conoscenza dei fenomeni delle piogge...’.

Per sette anni, dal 1898 al 1904, eseguì ben 344 misurazioni delle dimensioni delle gocce di pioggia provenienti da settanta tempeste diverse. E nel 1904 pubblicò, sempre nel Monthly Weather Review, un articolo incredibile che, sulla base dell’ingegno e del numero di nuove idee è forse ineguagliato negli scritti scientifici relativi alla pioggia.




Che cosa ha scoperto Bentley sulla pioggia?

Ha scoperto che le gocce di pioggia più grandi hanno un diametro di circa un quarto di pollice (circa 6 mm). Suggerì che in alcuni casi la dimensione era determinata dalla dimensione di elevati fiocchi di neve all’interno della nuvola: i fiocchi si erano sciolti prima di arrivare a terra. Bentley continuò raccontando come aveva individuato diverse dimensioni di gocce di pioggia in diversi tipi di tempeste. Credeva che ci fosse una precisa connessione tra fulmine e dimensioni della goccia di pioggia. E da un esame di centinaia di campioni di gocce di pioggia dedusse che la pioggia potrebbe avere la sua origine o dallo scioglimento della neve o da un processo che non ha coinvolto ghiaccio o neve. Ma a volte, concludeva, le dimensioni delle gocce indicano che entrambi i processi possono aver funzionato contemporaneamente.

Oggi sappiamo che la maggior parte di ciò che Bentley ha suggerito è effettivamente vero, anche se alcune delle sue idee sono ancora in discussione. Il più sorprendente di tutti è che ha riconosciuto una doppia origine della pioggia, un’idea che è stata stabilita saldamente solo negli ultimi 20 o 30 anni.




Forse si è curiosi di comprendere come Bentley  misurò le dimensioni delle gocce di pioggia?

Le prime misurazioni sulla dimensione delle gocce di pioggia furono fatte in Inghilterra solo tre anni prima che Bentley iniziasse il suo lavoro. Bentley lo sapeva? Apparentemente no, perché non l’ha mai menzionato né ha copiato la tecnica di misurazione delle dimensioni dello splash quando le gocce di pioggia colpiscono un pezzo di ardesia o di carta tinta. Ha sviluppato un metodo ingegnoso per misurare le dimensioni della goccia di pioggia che utilizzava materiali trovati nella sua fattoria. Prese della farina dalla cucina, la setacciò in una padella finché non ebbe uno strato profondo circa un centimetro. Espose la padella di farina alla pioggia che cade per diversi secondi. Ogni goccia di pioggia assorbiva un po’ di farina e formava una piccola pallina di pasta. Quando i pellet erano asciutti, li misurò e così trovò le dimensioni della goccia di pioggia originale. Facendo cadere gocce di dimensioni note dall’estremità di stecche di ginestra nella farina, scoprì che il diametro del pellet di pasta era quasi uguale a quello della goccia. Questa tecnica semplice ma efficace è ancora in uso oggi.




Questi anni di sorprendenti scoperte avvennero poco dopo la morte del padre di Bentley. Così sorse il problema di prendersi cura di sua madre, che ormai era invalida, e di gestire la fattoria. Condivise l’operazione della fattoria con suo fratello che, con sua moglie e otto figli, viveva nella metà della vecchia fattoria. La fattoria funzionò bene e Bentley fece sempre la propria parte di lavoro.


Sebbene di piccole dimensioni, probabilmente non più di 70 chili di peso e poco più di 5 piedi di altezza, era agile, muscoloso ed estremamente ben coordinato. Poteva scavare una fila di patate e lanciare il fieno più velocemente di qualsiasi altro contadino della valle. Sebbene introverso e sensibile, il suo senso dell’umorismo e la natura gentile lo hanno reso amato da tutti. Tuttavia, molte persone nel villaggio, come suo padre e suo fratello, lo ritenevano un po’ strano ed era il bersaglio di molte barzellette del villaggio.




Per molto tempo i residenti di Gerico raccontarono che una notte andò ad un ballo in una fattoria locale e poco prima che le danze finissero un certo numero di ragazzi sgattaiolò fuori dove il cavallo e il calesse di Bentley lo stavano aspettando e invertirono le grandi ruote posteriori con le ruote anteriori più piccole. Quindi si nascosero e attesero di vedere la reazione di Bentley quando uscì.

Ma non ci fu alcuna reazione!

‘Andò a casa così e guidò il calesse diversi giorni prima che se ne accorgesse. Non so come lo chiameresti’. Uno potrebbe chiamarla distrazione o semplicemente un esempio dell’umorismo di Willie Bentley.

Bentley non si sposò mai, anche se sembra che ci si sia avvicinato una o due volte. Dopo la morte di sua madre visse da solo nel suo lato della casa. I suoi alloggi da scapolo erano una sorta di confusione organizzata. Una stufa da cucina, un’enorme scatola di legno, un paio di tavoli, un pianoforte coperto di pile di spartiti, riviste cinematografiche, libri, manoscritti, previsioni e punte di esperimenti, attrezzature fotografiche, corrispondenza e fotografie di cristalli di ghiaccio tutti sfocati insieme in uno grande stanza. Ma in qualche modo, con metodi noti solo a lui, Bentley era in grado di trovare le cose quando le voleva.




Era educato e mai aggressivo nei suoi discorsi, ma l’eccitazione si mostrava quando iniziava a parlare della natura.

Aveva lineamenti delicati e arrotondati ed era descritto come bello da giovane. Una scia ben curata di capelli scuri si attenuò con gli anni fino a quando all’età di 60 anni l’attaccatura dei capelli passò verticalmente sopra la sua testa da un orecchio all’altro. Come per contrastarlo, si fece crescere grandi baffi folti. Non aveva un vero amore per i vestiti, e il suo unico abito da cerimonia serviva ai suoi scopi per molti anni. Era lucido ma sempre ‘verde’ anche con l’età avanzata. In inverno si riscaldava con un ampio soprabito scuro e un cappello di feltro morbido che gli era stretto saldamente in testa con una lunga sciarpa che gli scendeva sulle orecchie e che era legato sotto il mento.

Aveva talenti musicali e gli era stato insegnato a suonare il piano, probabilmente da sua madre. Poteva anche suonare il clarinetto, la cornetta e il violino. Ma il piano era il suo preferito. Avrebbe intrattenuto se stesso e i bambini del vicinato suonando e cantando le canzoni popolari del giorno. Con il suo clarinetto suonava in una piccola banda di ottoni che aveva organizzato. E con il suo violino e il suo umorismo ha intrattenuto gli abitanti del villaggio imitando i birdcalls, le rane, gli animali da cortile e alcune persone nel villaggio!




Willie Bentley si lamentava di rado di qualcosa e raramente si arrabbiava. Amava le persone e amava il mondo della natura, quel mondo grande e misterioso che produceva i cristalli di ghiaccio, la pioggia, la nebbia e la rugiada. Aveva una visione molto speciale di questo mondo ed era spesso rattristato perché non poteva comunicare ciò che vedeva agli altri.

Questo fu sia il trionfo che la tragedia nella vita di Wilson Bentley.

Intorno al 1910, aveva 45 anni e sebbene avrebbe vissuto altri 21 anni, la maggior parte dei suoi contributi creativi erano stati analizzati. Anche se sarebbero stati poco riconosciuti durante la sua vita, sono stati registrati in modo permanente nelle pagine del Monthly Weather Review. Non potevano essere cancellati o persi.

Questo fu il suo trionfo.




La tragedia fu il muro del silenzio che salutò il suo lavoro in questi anni. Quando gli fu chiesto verso la fine della sua vita cosa i suoi vicini pensavano di lui, Bentley rispose:

Oh, immagino che abbiano sempre creduto che fossi pazzo, uno sciocco o entrambi. Anni fa, pensavo che avrebbero potuto sentirsi diversi se avessero capito cosa stavo facendo. Ho pensato che sarebbero stati felici di capire. Così ho annunciato che avrei tenuto un discorso nel villaggio e mostrato le diapositive delle mie foto. Sono bellissime, meravigliosamente belle sullo schermo. Ma quando venne la notte per la mia conferenza, solo sei persone erano lì per ascoltarmi. Era gratis, intendiamoci! Ed è stata anche una serata piacevole. Ma non erano interessati. Potremmo davvero aspettarci che siano interessati? Quante persone, anche oggi quando la scienza è un motore primario nella nostra società, sono veramente interessate alla scienza? Pochissimi. Possono rispettarlo ma non capirlo, e quindi hanno poco interesse in esso.




Nel 1910 gli abitanti del villaggio di Gerico non capirono cosa stesse facendo Bentley, e naturalmente mostrarono scarso interesse per il suo lavoro. Erano pratici agricoltori del Vermont che capivano che dovevano piantare solo tanti acri di mais o patate e che una mandria di mucche doveva essere munta due volte al giorno, quindi trovarono difficile capire perché uno del loro genere, un contadino, avrebbe perso tempo a guardare la neve, le gocce di pioggia o la rugiada. Ciò non porterebbe mai più denaro o farebbe crescere le colture più velocemente.

Il prezzo che Bentley pagò in solitudine è il prezzo che tutti devono pagare la cui visione interiore permette loro di vedere ciò che gli altri non possono mai vedere. (Per vedere ciò che lui è…)

Siamo in grado di comprendere la reazione degli amici e dei vicini di Bentley al suo lavoro, ma non è così facile capire la reazione del mondo della scienza. Questa era in silenzio, totale e completo. Durante i dieci anni in cui gli sforzi creativi di Bentley erano al massimo non un articolo sul suo lavoro è apparso sulle rivista specializzate. Nessuna delle tante idee geniali suggerite da Bentley nei suoi articoli fu mai segnalato da altri meteorologi.




Il suo lavoro non fu mai menzionato!

Persino le critiche ai suoi sforzi sarebbero state meglio di nessun commento. Si possono solo congetture sulle ragioni di questo silenzio dal mondo della meteorologia. È stato a causa di un’arroganza intellettuale che ha accecato i dottorandi del mondo della scienza dal rendersi conto che un ‘semplice contadino’ poteva anche scoprire le verità della natura?

O perché Bentley rivelò le proprie emozioni nei suoi scritti, un’Eresia nel mondo della scrittura scientifica.

Senza dubbio entrambi contengono un elemento di verità, ma probabilmente il motivo principale era che Bentley e le sue idee erano molto più avanti dei suoi tempi. Nessuno scienziato in America nei primi 10 anni di questo secolo ha capito nulla sulle dimensioni delle gocce di pioggia, o su come i cristalli di ghiaccio si sono formati nelle tempeste o se i fulmini hanno avuto qualcosa a che fare con esso. Bentley viaggiò da solo verso una nuova frontiera della ricerca.




Sebbene la spinta interiore di Bentley a conoscere e comprendere fosse estremamente forte, ed era in grado di trascorrere molti anni lunghi e solitari in questa ricerca, aveva bisogno di qualcuno nel mondo della scienza con il quale potesse condividere l’eccitazione nell’attraversare le frontiere della conoscenza. La persona creativa non può lavorare per sempre nel vuoto; deve comunicare e interagire con i suoi pari. Bentley non ebbe questa interazione, e questo potrebbe essere stato il motivo per cui fece poco lavoro creativo dopo il 1910 circa.

Ma non ha mai smesso di pensare.

Era eccitato come non mai per il mondo che lo circonda. Ma iniziò a scrivere sempre di più per il grande pubblico. Il poeta e l’artista subentrarono in Bentley. Doveva dire circa la bellezza e dell’eleganza che vide nel mondo dei cristalli di ghiaccio, del gelo e della rugiada.

 Scrisse numerosi articoli per riviste come Country Life, National Geographic, Popular Mechanics e The New York Times Magazine. Tenne sempre più conferenze e non solo ai gruppi locali nelle comunità circostanti, ma anche a organizzazioni scientifiche come il Buffalo Museum of Science e il Franklin Institute di Filadelfia. Preparò scatole di diapositive di rugiada, gelo, cristalli di ghiaccio e nuvole. Le vendette per un nullo profitto, cioè: poco o niente per se stesso; e negli anni 20 dozzine di college e università in America avevano le Diapositive Bentley da mostrare agli studenti nelle scienze. Senza dubbio queste diapositive esistono ancora sepolte da qualche parte nelle sale degli strumenti sotto un secolo e più di polvere accumulata.




Nel 1920 Bentley era noto a migliaia, non per nome ma come l’uomo del fiocco di neve. Il meglio delle sue microfotografie era richiesto dai gioiellieri, dagli incisori e dall’industria tessile. Si occupò di fornire al mondo le sue ultime foto mentre continuava il suo lavoro nel suo mondo, il mondo della sua fattoria e la valle circostante. La sua mente era sempre attiva e i suoi interessi sembravano non conoscere limiti. Studiò l’aurora e ha tenne registri dettagliati del suo aspetto nel cielo settentrionale. Effettuò osservazioni meteorologiche tre volte al giorno, registrando il tipo e la quantità di nuvole basse, medie e alte, la temperatura e le precipitazioni. Era un geologo dilettante e vagava per la campagna raccogliendo esemplari di roccia per la sua collezione. Voleva che gli altri vedessero la bellezza della natura e contribuì al Fresh Air Fund per aiutare a portare i bambini di città in campagna….

 (DUNCAN C. BLANCHARD) (1970)










domenica 19 gennaio 2020

Fior secco (o seccato) in libro vecchio e dimenticato [...]














































Precedenti capitoli giacché il...:

Il Trònfero s'ammolvola in verbizie (o delizie?) [...]  &

i Quattro Elementi (citati in Giudizio!) (1/22)

Prosegue in...:

Breve parentesi storica [...]













Ricordi quando usavano le boppie  [1]
calate sui pitànferi supigni,   [2]
e légoli girucchi a panfe doppie   [3]
ornavano gli splagi e i pitirigni?   [4]

Oh zie, oh dolci zie in bardocheta   [5]
voltatevi col glostro ricamato,
scendete per le scale a beta beta   [6]
dai màberi del tempo agglutinato!   [7]

Chissà laggiù se ancora la sbidiera
gramugna lentamente a cantalaghi
nell’ufe coccia coccia della sera?  [8]

Or più non usa uscire sugli sbaghi  [9]
guardando avanti a sé con aria altera,
tra i lùgheri, gli arcostoli, gli snaghi.  [10]









1. Ricordi… le boppie: bei tempi quelli! Andati! Erano ancora Tempi che non conoscevamo i pippibaudi ascoltavamo la radio senza neppur il sermone del Santo Remo, solo brevi intermittenti interferenze messaggeri alieni criptati & intercettati. Tempi dell’ozono senza buco oppur uno solo; neppure l’osso sgrignattato inerente l’ingerente apparato auricolare. Hora che fa freddo  ognun bussa al convento di Santa Moana associata S.PA. Azionisti ex piazzisti bussano alla porta & la Giostra si fa fredda. Pugnare o Pregare? Abdicare o Comandare? Il Germano predica astinenza nella confusa Protesta. Nella Metamorfosi Ovidio pubblica oppur ristampa. La Stampa fedele come ogni Tr… al proprio Regime. Conclusione al Bar che (de)Riva: sparite le boppie e arrivati i disc-jockey con gli stilisti: il joker vince il Primo Premio oppur se preferite gran Premio, e con lui tutto l’Impero donde ogni pugna connessa si maschera a festa!    

2. …Pitàanferi supigni: e oramai non si usano più neanche i pitànferi:supigni (quelli per lungo), né troniati (quelli per ritto).  

3. …Légoli girucchi: orli a giorno col frullino. A panfe doppie: modo tipico di ricamare, nel Pistoiese, delle giovani donne da marito che si preparavano il corredo. ‘O quella che ce l’ha a panfe doppie?’ – era il modo di dire dei giovani del posto che stava ad indicare una ragazza altera, poco alla mano.

4. …Splagi: lenzuola di lino a due piazze ove datosi poste a coprire pregiatissimo legno collodiale (a forma anellata di legno abbattuto ancor prima di nascere color cenere preferito nelle stanze migliorate e ben albergate) sarebbe bene conservare sotto naftalina evitando quanto possibile eccessi di fumi i quali dalle scogli potrebbero risalire - come i più famosi spaghetti - di nuovo verso, ed in costante moto, alle Splage dette…  Facendo molta attenzione agli immancabili candidi puri bianchi et immacolati pitirigni: fazzolettini di lino…





5. …Bardocheta: mantella di lana che le anziane signore indossavano in casa, e fuori, per coprirsi le spalle dagli spifferi della tramontana. Pare che tornino di moda: ce ne sono già in commercio, firmate Versace, Dolce & Gabbana, Trussardi, Armani ecc., a prezzi popolari forse possiamo dire proletari - da sardine - sopra i duemila Euro. Se pagati in dollari al cambio del Tempio cinese, e rivenduti presso i mercatini di Pasqua celebrati a Natale, visto i vistosissimi curati ricama all’ozono si possono ottenere con mercato instabile e preservato da ogni bolla papale anche per 3000 $ cinesi. O forse Ticinesi, qualcuno dalla regia urla sta Là L’ayatollah il più bel mantello della sera quando tutto s’accende e illumina!

6. Scendete dalle stelle. O forse dalle Stalle. Calar un po’ girati sul fianco, uno scalino alla volta, lentamente. Quando la corrazzata cripta & urla. Attenti al carrozzino. Alla mamma col bambino. Alla vecchia senza più il mantello neppur l’accompagno. L’Ucraina vuole la cittadinanza senza reddito e mitraglia. Scendere adagio dalle stelle oppure dalle scale? Il dubbio rimane? Amleto non se ne vuol andare il pedaggio neppur vuol onorare, deve fondare il nuovo Ordine Mondiale. Scendete adagio dalle scale!

7. Dai màberi: dai meandri (cfr. ‘Nei màberi mi persi in corridoi assolati in mezzo a funghi e scaffali che la via o la retta corsia s’era smarrita’ Dante Alighieri XIII canto del 25 Marzo. Morto o Rinato? Faust(o) il meccanico sta guasto il borgo se tutto ito e perito morto d’acciaio). Tempo agglutinato: dei ricordi che man mano si fanno indistinti, rugginosi. Faust(o) incalza impreca.

8. Chissà… della sera?: questo ricordo, questo domandarsi se la sbidiera gramugna nell’ufe coccia coccia (calma calma) della sera, in che marcia stiamo  donde veniamo e ove andiamo? È  struggente! Kantiano! Dalla Regia mi dicono che Santo Remo interferisce promette Bolla et Scomunica. Si lanci breve messaggio pubblicitario!

9.  …Uscire sugli sbaghi: stare fuori dalla porta, sul panchetto così come una volta, a tre gambe e dopo il calar del Sole, a puntate sotto la famosa trapunta merlettata ad ozono, predicar bene e razzolare male e sperare che da Sky Joker arrivi e li scarichi tutti quanti. Alla Seconda Puntata trapuntata il regista mi lascia breve spazio per una sigaretta. Vai con l’hot spot: ‘Milly l’Abbraccio tutta trapuntata’!

10. …Lùgheri: piccoli vicoli acciottolati. Sgarbati! Arcostoli: deliziosi portici ornati a pietra viva con lapide segnaletica posta fra un Pozzo e l’Abbraccio (‘Così la Vita. Così la Via se pur smarrita’ Dante canto XIII. Faust(o) il meccanico consiglia l’ottimo pneumatico. Il pleroma s’è ito per altra via). All’incrocio proseguire a destra (e manca?) lapidata nell’hora Terza o Nona. Il regista urla et impreca. Hora della Santa Preghiera. Santa Moana Pozzi & Associati salvaci oggi se manco domani. E gli snaghi che, ahimè, sono del tutto scomparsi. Nella mia casa in campagna ne conservo uno ancora in discrete condizioni e, ogni volta che vi poso sopra lo sguardo, mi si stringe lo core seppur et ancor non fu fatto Santo! 

(F. Maraini & Associati) 













giovedì 16 gennaio 2020

LA GRANDE RITIRATA (19)






































Precedenti capitoli:

Per una questione solo di accenti? (1/18)

Prosegue nella...:

Grande 'intuizione' (20)











Raccomandiamo a tutti i Soci del Club Alpino Italiano la qui unita circolare emanata dal geologo professore Antonio Stoppani.
      

                                                                                           Firenze, 25 giugno 1878




Egregio Signore,


Uno dei fatti più interessanti por la fisica terrestre, è, per così chiamarlo, la riproduzione su piccola scala ai nostri giorni della stessa vicenda, per rapporto ai ghiacciai delle Alpi, che caratterizza l’Epoca glaciale.

Noi assistiamo attualmente ad un periodo di straordinario regresso.

Da quando ebbi occasione di annunciare, in uno dei precedenti miei scritti {Note ad un corso di geologia, Voi. I, § 515), che un seguito d’anni come il 1861 farebbe rinculare i ghiacciai ben addentro i recessi delle Alpi; questi non hanno cessato ritirarsi.




Non ho mancato nelle mie susseguenti pubblicazioni di chiamare, quasi ogni anno dappoi, l’attenzione del geologi su questo fatto. Le morene frontali, per quanto mi consta, furono, tutte senza eccezione, abbandonate a molte centinaia di metri dalla fronte del rispettivo ghiacciaio; le rocce lisciate, arrotondate, striate, messe a nudo sopra estensioni di migliaia di metri quadrati sulla fronte e sui fianchi; le vedrette sono ridotte a piccole tasche di neve e moltissime scomparse; di nevi fresche quasi più nessuna traccia sulle alture coperte di nevi persistenti; queste ridotte a ben più angusti confini.

Chi ha visitato ripetutamente le stesse località in questi ultimi anni, dev’essersi accorto che il paesaggio alpino, nelle regioni più elevate, ha interamente cambiato di aspetto.




Questo periodo di straordinario regresso, il quale altri ne ricorda storici ma di data molto antica, corre dal 1860, e non accenna a chiudersi certamente. Ma esso fu preceduto, come avvenne in grande nell’epoca glaciale, da un periodo di avanzamento il quale era già cominciato, se valgono le notizie da me raccolte, molto avanti la fine dello scorso secolo, ed occupò tutta la prima metà del presente, toccando il suo maximum verso la fine del primo quarto e più precisamente nel 1820.

Da che hanno origine codeste vicende?




Dipendono esse da oscillazioni secolari della temperatura, ovvero da quantità minore o maggiore di vapori portati dalle correnti atmosferiche?

Si tratta di vicende telluriche o di semplici fenomeni regionali?

È ufficio della scienza osservarci fatti ed indagarne le ragioni. Ma se parlasi di fenomeni i quali si compiono soltanto in un largo giro d’anni o di secoli (come sono appunto i grandi cicli meteorologici di cui i ghiacciai possono considerarsi come i principali misuratori), lo scienziato purtroppo deve limitarsi per lo più al semplice ufficio d’osservatore, lasciando ai posteri quello di scoprirne le cause e di cavarne le conclusioni per la scienza.




In questo ufficio di osservatore però, dev’essere, quanto più gli riesca, preciso, abbondante, facendosi aiutare da quanti hanno a cuore il progresso della scienza, in guisa da lasciare ai posteri quel maggior numero possibile di dati incontestabili, che permetterà loro di afferrare i veri in oggi a noi contesi, più che da altro, dalla trascuratezza e dall’apatia dei nostri maggiori.

È con queste idee e queste intenzioni, che il sottoscritto ha già posto mano ad un lavoro il quale è appunto destinato a mettere nella maggior luce possibile i fatti che riguardano l’attuale regresso dei ghiacciai alpini, in corrispondenza al progresso verificatosi antecedentemente al 1860 ed alle vicende somiglianti segnalate in altri luoghi e in altri tempi, ed attestato dalla storia o dalla geologia.




Trattandosi però di uno studio il quale, anche tenuto semplicemente entro i limiti dell’osservazione, non potrebbe condursi a buon fine senza visitare in sito un gran numero di ghiacciai, raccogliere il maggior numero possibile di notizie e di tradizioni dalla bocca di alpigiani, fare lo spoglio di opere antiche e moderne e degli archivi degli osservatori metereologici, senza far quello insomma a cui non basterebbero più persone insieme; prevede che a ben meschini risultati approderebbero i suoi sforzi, senza il concorso che altri già gli prestarono efficacissimo, e ch’egli invoca da lei, egregio signore, e da quanti lei sa che apprezzino l’importanza di tali scientifiche ricerche e siano capaci in qualunque modo di coadiuvarvi.




Mi permetto dunque di indicarle qui sotto le cose a cui bramerei principalmente rivolte le di lei indagini, colla preghiera di parteciparmene a suo tempo il risultato.

1 Morene frontali abbandonate probabilmente dopo il 1820, riconoscibili facilmente perché ricoperte soltanto di erbe e d’arbusti e da qualche giovine pianta. Loro attuale distanza dalla fronte del ghiacciaio.

2 Morene frontali abbandonate dal 1860 in poi. Loro numero e distanza di ciascuna dalla fronte del rispettivo ghiacciaio. Queste morene si riconoscono con tutta certezza, essendo fresche, nude, e affatto incoerenti.

3 Estensione dell’area frontale messa a nudo dal regresso del ghiacciaio.

4 Morene laterali abbandonate dopo il 1860, riconoscibili come sopra. Loro attuale elevazione sul lato rispettivo del ghiacciaio.

5 Larghezza dell’area laterale denudata, dove si mostrano facilmente a nudo le rocce frescamente lisciato, striate ed arrotondate.

6 Calcoli approssimativi sulla quantità di ghiaccio perduto da ciascun ghiacciaio dopo il 1860.

7 Vedrette impiccolite o scomparse.

8 Aree rimaste spoglie recentemente di nevi persistenti.

9  Diminuzione in genere delle così dette nevi eterne o persistenti.

10 Passi alpini resi più accessibili ed ascensioni divenute più facili per la scomparsa o riduzione delle vedrette , dei crepacci e delle nevi persistenti.

11 Notizie sui freddi straordinari, sulle straordinarie cadute di nevi o invasioni de’ ghiacciai, e sulle variazioni di clima e di stagioni, ordinarie o straordinarie, riferibili od anteriori al secolo presente, o anche antichissime, che siano opportune a stabilire in qualunque modo dei rapporti tra le oscillazioni dei ghiacci, quelle delle nevi perpetue, e le condizioni meteorologiche parziali o generali delle diverse epoche.

12 Spoglio degli archivi degli osservatori metereologici per ciò che riguarda specialmente la quantità di pioggia o di neve caduta nelle diverse stagioni in un maggior numero possibile di anni.




Qualunque notizia del resto possa, egregio signore, raccogliere o dalle proprie osservazioni, o dalla bocca degli alpigiani, o dagli osservatori o dai libri, tornerà sempre utile e graditissima al sottoscritto, dandole diritto alla sua riconoscenza, ch’egli spera di poterle pubblicamente attestare, come fa ora privatamente, mentre le anticipa i più vivi ringraziamenti e le si rassegna.



                                                                                            Devotissimo servo

                                                                                       Antonio Stoppani






P.S. Tutto ciò per quanto detto osservato e studiato non sollevano le concause circa responsabilità dell’uomo dal fenomeno dedotto, semmai evidenziano come una persistente ‘ritirata’ può imputarsi non ad un evento naturale o ciclico, circa lo stesso fenomeno evidenziato lungo un  lasso di tempo rilevato nei millenni e secoli, semmai, una “pregiudizievole consistente determinante significativa interferenza” umana (oltre che della stessa Natura come dal mio libro che introduco) che ne determina una oscillazione notevole, anche e comunque se preesistente su scala temporale nella breve frequenza storica in cui tal fattore rilevato si intensifica, e non più dovuta allo stesso fenomeno nell’estensione della propria ciclicità in riferimento a ben precise relazioni con l’Universo stesso [il Sole in primo luogo]. Ritirate e Estensioni differiscono con i valori rilevati determinando concause non inerenti alle naturali studiate nei millenni di storia Geologica e nuova Glaciologia…

(Prosegue...)