giuliano

giovedì 16 gennaio 2020

LA GRANDE RITIRATA (19)






































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Raccomandiamo a tutti i Soci del Club Alpino Italiano la qui unita circolare emanata dal geologo professore Antonio Stoppani.
      

                                                                                           Firenze, 25 giugno 1878




Egregio Signore,


Uno dei fatti più interessanti por la fisica terrestre, è, per così chiamarlo, la riproduzione su piccola scala ai nostri giorni della stessa vicenda, per rapporto ai ghiacciai delle Alpi, che caratterizza l’Epoca glaciale.

Noi assistiamo attualmente ad un periodo di straordinario regresso.

Da quando ebbi occasione di annunciare, in uno dei precedenti miei scritti {Note ad un corso di geologia, Voi. I, § 515), che un seguito d’anni come il 1861 farebbe rinculare i ghiacciai ben addentro i recessi delle Alpi; questi non hanno cessato ritirarsi.




Non ho mancato nelle mie susseguenti pubblicazioni di chiamare, quasi ogni anno dappoi, l’attenzione del geologi su questo fatto. Le morene frontali, per quanto mi consta, furono, tutte senza eccezione, abbandonate a molte centinaia di metri dalla fronte del rispettivo ghiacciaio; le rocce lisciate, arrotondate, striate, messe a nudo sopra estensioni di migliaia di metri quadrati sulla fronte e sui fianchi; le vedrette sono ridotte a piccole tasche di neve e moltissime scomparse; di nevi fresche quasi più nessuna traccia sulle alture coperte di nevi persistenti; queste ridotte a ben più angusti confini.

Chi ha visitato ripetutamente le stesse località in questi ultimi anni, dev’essersi accorto che il paesaggio alpino, nelle regioni più elevate, ha interamente cambiato di aspetto.




Questo periodo di straordinario regresso, il quale altri ne ricorda storici ma di data molto antica, corre dal 1860, e non accenna a chiudersi certamente. Ma esso fu preceduto, come avvenne in grande nell’epoca glaciale, da un periodo di avanzamento il quale era già cominciato, se valgono le notizie da me raccolte, molto avanti la fine dello scorso secolo, ed occupò tutta la prima metà del presente, toccando il suo maximum verso la fine del primo quarto e più precisamente nel 1820.

Da che hanno origine codeste vicende?




Dipendono esse da oscillazioni secolari della temperatura, ovvero da quantità minore o maggiore di vapori portati dalle correnti atmosferiche?

Si tratta di vicende telluriche o di semplici fenomeni regionali?

È ufficio della scienza osservarci fatti ed indagarne le ragioni. Ma se parlasi di fenomeni i quali si compiono soltanto in un largo giro d’anni o di secoli (come sono appunto i grandi cicli meteorologici di cui i ghiacciai possono considerarsi come i principali misuratori), lo scienziato purtroppo deve limitarsi per lo più al semplice ufficio d’osservatore, lasciando ai posteri quello di scoprirne le cause e di cavarne le conclusioni per la scienza.




In questo ufficio di osservatore però, dev’essere, quanto più gli riesca, preciso, abbondante, facendosi aiutare da quanti hanno a cuore il progresso della scienza, in guisa da lasciare ai posteri quel maggior numero possibile di dati incontestabili, che permetterà loro di afferrare i veri in oggi a noi contesi, più che da altro, dalla trascuratezza e dall’apatia dei nostri maggiori.

È con queste idee e queste intenzioni, che il sottoscritto ha già posto mano ad un lavoro il quale è appunto destinato a mettere nella maggior luce possibile i fatti che riguardano l’attuale regresso dei ghiacciai alpini, in corrispondenza al progresso verificatosi antecedentemente al 1860 ed alle vicende somiglianti segnalate in altri luoghi e in altri tempi, ed attestato dalla storia o dalla geologia.




Trattandosi però di uno studio il quale, anche tenuto semplicemente entro i limiti dell’osservazione, non potrebbe condursi a buon fine senza visitare in sito un gran numero di ghiacciai, raccogliere il maggior numero possibile di notizie e di tradizioni dalla bocca di alpigiani, fare lo spoglio di opere antiche e moderne e degli archivi degli osservatori metereologici, senza far quello insomma a cui non basterebbero più persone insieme; prevede che a ben meschini risultati approderebbero i suoi sforzi, senza il concorso che altri già gli prestarono efficacissimo, e ch’egli invoca da lei, egregio signore, e da quanti lei sa che apprezzino l’importanza di tali scientifiche ricerche e siano capaci in qualunque modo di coadiuvarvi.




Mi permetto dunque di indicarle qui sotto le cose a cui bramerei principalmente rivolte le di lei indagini, colla preghiera di parteciparmene a suo tempo il risultato.

1 Morene frontali abbandonate probabilmente dopo il 1820, riconoscibili facilmente perché ricoperte soltanto di erbe e d’arbusti e da qualche giovine pianta. Loro attuale distanza dalla fronte del ghiacciaio.

2 Morene frontali abbandonate dal 1860 in poi. Loro numero e distanza di ciascuna dalla fronte del rispettivo ghiacciaio. Queste morene si riconoscono con tutta certezza, essendo fresche, nude, e affatto incoerenti.

3 Estensione dell’area frontale messa a nudo dal regresso del ghiacciaio.

4 Morene laterali abbandonate dopo il 1860, riconoscibili come sopra. Loro attuale elevazione sul lato rispettivo del ghiacciaio.

5 Larghezza dell’area laterale denudata, dove si mostrano facilmente a nudo le rocce frescamente lisciato, striate ed arrotondate.

6 Calcoli approssimativi sulla quantità di ghiaccio perduto da ciascun ghiacciaio dopo il 1860.

7 Vedrette impiccolite o scomparse.

8 Aree rimaste spoglie recentemente di nevi persistenti.

9  Diminuzione in genere delle così dette nevi eterne o persistenti.

10 Passi alpini resi più accessibili ed ascensioni divenute più facili per la scomparsa o riduzione delle vedrette , dei crepacci e delle nevi persistenti.

11 Notizie sui freddi straordinari, sulle straordinarie cadute di nevi o invasioni de’ ghiacciai, e sulle variazioni di clima e di stagioni, ordinarie o straordinarie, riferibili od anteriori al secolo presente, o anche antichissime, che siano opportune a stabilire in qualunque modo dei rapporti tra le oscillazioni dei ghiacci, quelle delle nevi perpetue, e le condizioni meteorologiche parziali o generali delle diverse epoche.

12 Spoglio degli archivi degli osservatori metereologici per ciò che riguarda specialmente la quantità di pioggia o di neve caduta nelle diverse stagioni in un maggior numero possibile di anni.




Qualunque notizia del resto possa, egregio signore, raccogliere o dalle proprie osservazioni, o dalla bocca degli alpigiani, o dagli osservatori o dai libri, tornerà sempre utile e graditissima al sottoscritto, dandole diritto alla sua riconoscenza, ch’egli spera di poterle pubblicamente attestare, come fa ora privatamente, mentre le anticipa i più vivi ringraziamenti e le si rassegna.



                                                                                            Devotissimo servo

                                                                                       Antonio Stoppani






P.S. Tutto ciò per quanto detto osservato e studiato non sollevano le concause circa responsabilità dell’uomo dal fenomeno dedotto, semmai evidenziano come una persistente ‘ritirata’ può imputarsi non ad un evento naturale o ciclico, circa lo stesso fenomeno evidenziato lungo un  lasso di tempo rilevato nei millenni e secoli, semmai, una “pregiudizievole consistente determinante significativa interferenza” umana (oltre che della stessa Natura come dal mio libro che introduco) che ne determina una oscillazione notevole, anche e comunque se preesistente su scala temporale nella breve frequenza storica in cui tal fattore rilevato si intensifica, e non più dovuta allo stesso fenomeno nell’estensione della propria ciclicità in riferimento a ben precise relazioni con l’Universo stesso [il Sole in primo luogo]. Ritirate e Estensioni differiscono con i valori rilevati determinando concause non inerenti alle naturali studiate nei millenni di storia Geologica e nuova Glaciologia…

(Prosegue...)










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