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La sua rima (35)
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Lo sterco del diavolo & i segreti del mestiere (37)
Sotto un promontorio dalla base scoscesa, dalla cima arrotondata e ri-
vestita di grandi alberi, il torrente di montagna viene a scontrarsi con
un altro ruscello, quasi altrettanto abbondante e come lui lanciato da
un pendio molto inclinato.
Le acque dell'affluente, che si mescolano a quelle della corrente princi-
pale in larghi vortici orlati di schiuma, sono di una purezza cristallina:
nessuna molecola di argilla ne turba la trasparenza e sul fondo di roc-
cia nuda non scivola nemmeno un granellino di sabbia.
I flutti non hanno ancora avuto il tempo di sporcarsi (dell'immane imm..)
demolendo le rive e mescolandosi con il fango che trasuda dal suolo; è
sgorgato dal seno stesso della collina, e come prima scorreva nel suo
letto tenebroso di rocce, così ora rimbalza sotto la luce festosa.
La grotta da cui scaturisce (o scava) il ruscello non è lontana dal con-
fluente: fatti pochi passi si vede subito, attraverso la ramaglia intrec-
ciata, la grande porta nera che dà accesso al Tempio sotterraneo.
La soglia è ricoperta dall'acqua che si getta impetuosa fra i mucchi di
sassi; ma saltando di pietra in pietra si può entrare nella caverna e rag-
giungere una stretta e scivolosa cornice lungo la quale, non senza peri-
colo, ci si può avventurare.
Basta qualche passo per essere trasportati in un altro mondo.
Improvvisamente si è colti dal freddo, e da un freddo umido; l'aria sta-
gnante, in cui i preziosi raggi del sole non penetrano mai, ha qualcosa
di acre, come se non dovesse essere respirata da polmoni umani; la
voce dell'acqua si ripercuote in lunghi echi nelle cavità sonore e sem-
bra che siano le rocce stesse a emettere grida: alcune rimbombanti in
lontananza, altre fioche e fuggevoli come sospiri nelle gallerie.
Tutti gli oggetti assumono proporzioni fantastiche: un piccolo buco che
si apre nella pietra sembra un abisso, una roccia che scende dalla vol-
ta sembra una montagna rovesciata, le concrezioni calcaree intraviste
qua e là assumono l'aspetto di mostri enormi, un pipistrello che si alza
in volo suscita un brivido di orrore.
Non è il palazzo fantastico e splendido che ci scrive il poeta arabo del-
le Mille e una notte, ma un antro buio e tetro, un luogo terribile. Lo sen-
tiremo soprattutto se, per godere esteticamente della sensazione di spa-
vento che colpisce anche l'uomo coraggioso al suo ingresso nelle caverne
ne, osiamo addentrarci senza guida e senza compagni: privi dell'emula-
zione che dà il gruppo di amici, dell'amor proprio che costringe ad assu-
mere un atteggiamento audace, dell'esaltazione fittizia che producono le
esclamazioni, gli echi delle voci, i bagliori delle varie torce, non abbiamo
più il coraggio di procedere, se non con il sacro terrore del greco che scen-
de negli Inferi.
Ogni tanto ci voltiamo indietro per rivedere la dolce luce del giorno.
Come in un quadro, il paesaggio sfumato e ridente della luce appare fra
le pareti buie, incorniciate all'ingresso di edera e vite del Canada.
Ma il fascio luminoso diminuisce gradualmente man mano che avanziamo:
improvvisamente una sporgenza della roccia ce lo nasconde e solo qual-
che bagliore livido erra ancora sui pilastri e sui muri della caverna; e po-
co dopo entriamo nel buio senza fondo delle tenebre e per guidarci abbia-
mo solo il luccichio incerto e capriccioso delle torce.
Il Viaggio è difficile e sembra lungo per il terrore che riempe i baratri e le
gallerie. Ogni tanto si può andare avanti solo con grandissima difficoltà:
bisogna entrare nel letto del ruscello e tenersi in equilibrio sulle pietre vi-
schiose; più in là si abbassa per una curva e lascia solo un angusto passag-
gio in cui bisogna infilarsi strisciando; se ne esce sporchi di fango e si va
a sbattere contro rocce con stretti rilievi sui quali ci si arrampica.
La grotta si ramifica all'infinito nelle profondità della montagna.
Dovunque si aprono come gole di mostri i neri accessi alle gallerie latera-
li. Mentre nella libera valle il ruscello, scorrendo ininterrottamente alla lu-
ce, ha corroso e poi esportato gli strati di pietra che riempivano un tempo
l'enorme spazio lasciato vuoto fra i due crinali paralleli dei monti, l'acqua
delle caverne che nel suo cammino diverrà......
(E. Reclus, Storia di un ruscello)
(dello stesso autore puoi leggere anche: Natura e società)