giuliano

sabato 24 febbraio 2018

TURNER (92)














































Precedenti capitoli:

Gli Iceberg (91)

Prosegue in:

Prode homo che corri (in)fermo (93)














Anche Turner pur appartenendo alla nazione dell’acquirente accreditato ed evoluto del quadro di Church non conobbe immediato successo di pubblico quando intraprese una visione, a detta di taluni critici, ‘nebbiosa’ affine ad ‘obbrobriosa’ e troppo ‘macchiata’ privata di qual si voglia nuova impressionistica prospettiva…. Turner, il pittore, percepiva il mutamento dei tempi e di seguito un noto critico d’arte avvertì questo suo istinto questa sua vista nel saper tradurre in Arte ciò di cui lo Spirito quindi la Natura, giacché il pittore rimase sempre un cauto dispensatore di verbo e parola. Turner, il pittore, descrisse e tradusse in Arte ciò che più lo preoccupava e ora ci preoccupa: quella Tempestosa Nuvola che sarà poi annunciata dal suo miglior critico!

...Anche il Turner di cui andrò a narrare l’intuito fu in un certo senso un artista ed interprete della Storia che stava sviluppando la nuova prospettiva della Frontiera scritta nei grandi territori della conquista. Questa la breve premessa la quale introduce nella ‘doppia’ sua essenza non il ‘doppio’ così come abituati a concepire la vita, ma il ‘doppio’ in cui si manifesta ogni prospettiva e non solo quella artistica, ma propriamente quella della Natura osservata, e mi scuseranno i signori professionisti dell’odierna socialità della nuova comunicazione globalizzata se a tutti i loro malesseri preferisco il malessere primo di una Natura oltraggiata. Mi scuseranno tutti i politici che non potranno adoperare al meglio per il loro fine ciò di cui poco e nulla comprendono dandosi inutile affanno per mostrare il proprio e l’altrui orgoglio nella medesima volontà giammai sofferta, solo manipolata. Tutto questo per dire che poco di politico c’è nel mondo osservato e da cui proveniamo e se la Storia fosse scritta da una marmotta fuggirebbe nella tana per non respirare l’aria putrida e colma di catrame là ove un tempo costretta a cedere l’onore della propria pelle ben barattata; o anche la dovesse scrivere un povero e miope pinguino, sarei il miglior paladino della nostra causa comune o fors’anche mi voterei per intero al mondo ‘roverso’ deriso ed umiliato in cui la civiltà è solita specchiarsi per il gesto suo meschino e con lui dividere freddo ghiaccio ed oltraggio, e quante bastonate accompagnate dal letame delle calunnie qual Eretico condividere medesimo cammino abbiamo ricevuto da quell’infame dalla nave sceso… e ben navigato: HOMO EVOLUTO e connesso in nome e per conto della globalizzazione di stato; ma forse non ha capito bene lo Spirito Primo motivo della comune fuga (mia e del pinguino) ed avventura, giacché sceso per medesima conquista ed armato al meglio di quanto la civiltà avanza e prospetta!

In cotal Eretico Viaggio camminiamo a piedi vaghiamo in nebbie giammai alcoliche ma solo quelle che la Natura  concede ogni qual volta ci imbattiamo in ciò che impropriamente viene definto ‘umano’; signori umani ne abbiamo piene e non solo quelle delle vostre scemenze miste a nebbiose calunnie per ciò che dite e di cui non avete corretta Memoria, abbiamo preferito una diversa Storia condita e descritta con un’Eretica Rima quel che ci attendiamo è solo una scatola di legno con su scritto: PERDEREMO.

Ed in questo mare ci è dolce naufragar…

In questo Universo colmo di Spiriti di cui nutrite avversa ossessione ci dissetiamo inneggiando Poesia alla foca o alla cagna mia amica a te concedo la violenza che la Nave (da cui l’albero secolar maestro) comanda per ogni scemenza su questa Terra… distribuita…



A LORO SIGNORI DEDICO TAL BREVE PREMESSA! 




  

Nel 1893 Frederick Jackson Turner lesse a Chicago, ad una conferenza dell’Associazione Storica Americana, una relazione che cambiò il corso della storiografia americana, il modo in cui gli storici intendono le relazioni causali tra gli elementi del passato. L’idea di Turner, che venne chiamata l’Ipotesi della Frontiera, è entrata a far parte del nostro modo di pensare il passato del paese, al punto che oggi sembra di un’evidenza palmare.

Al tempo in cui Turner la presentò era unica e senza precedenti.

Prima del 1893 quasi tutti gli storici pensavano che l’America fosse stata plasmata dal desiderio di separarsi dalle influenze europee, oppure dalle controversie sociali ed economiche che sfociarono nella Guerra Civile. Turner proponeva un nuovo punto di vista, secondo il quale l’America era stata plasmata dalla realtà e dal concetto della sua frontiera occidentale. Il carattere nazionale, così contraddistinto da intraprendenza, spirito d’iniziativa e laboriosità, diceva Turner, deriva dalla comprensione delle esperienze dei suoi cittadini alla frontiera. Quasi tutti gli storici hanno accettato l’ipotesi di Turner e da quasi un secolo continuano a perfezionarla e ad estrapolarla.

L’osservazione di Turner mostrò almeno due cose: la direzione assunta dall’esposizione della storia d’una nazione può essere soggetta a revisione; e i paesaggi in cui si svolge la Storia sono nel contempo reali, cioè profondi nei loro effetti fisici sull’umanità, e non reali, semplici proiezioni, artefatti della percezione umana. Nella Storia del Nord America ciò appare evidente soprattutto nel movimento verso ovest del secolo decimo nono.




…Politici e promotori, direttori di giornali e uomini d’affari discussero accanitamente sulla scelta delle praterie per la destinazione a colture. In gran parte di queste discussioni le tendenze dei politici dei fautori del ‘boom’ e degli oppositori e le astrazioni dei teorici dell’agricoltura contarono più delle testimonianze concrete come i dati sulle precipitazioni piovose o le affermazioni di coloro che abitavano in quelle zone.

…Forse tutto ciò è ovvio…

Nell’era moderna uno dei problemi più irritanti e ironici del’America settentrionale è la promulgazione di leggi e regolamenti, da parte di Washington e di Ottawa, che ignorano grossolanamente gli ambienti cui si riferiscono.

Tutti noi, però, comprendiamo la Terra in modo imperfetto, anche quando ci prendiamo il disturbo di visitarla (in modi propri ed impropri)!

Le nostre concezioni sono condizionate da grossolani falsi preconcetti conditi con presunto acume storico non di meno taluni dicono psicologico; e tutti indistintamente precipitare ed evolvere (almeno così cogitano protendono e pretendono…) verso la frontiera dei desideri!




Il paesaggio fisico è una dimora di Spazio e di Tempo non strutturata, e non è interamente sondabile; ma ciò ci pone necessariamente in svantaggio quando cerchiamo di conoscerlo. Diviene più facile avvicinare i paesaggi se si crede che siano fondamentalmente misteriosi nelle forme e nei colori, nelle varietà della vita, nella qualità tattile dei loro suoli, nel rumore della pioggia violenta che li bagna, nell’odore dei loro fiori… se si crede, insomma, che i paesaggi siano aggregazioni misteriose. Si accorda loro la dignità che si riconosce agli altri misteri della vita (ciò  di cui rilevato e rivelato nella Galleria di Stampe rimembrata, oppure nel quadro di Church: cioè l’oggi [il domani per i due Turner] di questo comune Tempo malato di progresso approdato ad identiche Frontiere; la teoria “dei Turner” è più che valida, ciò tradotto e specificato anche in riferimento alla ‘meccanica quantistica’ la quale di per sé svela i principi della ‘materia’ per ciò di cui propensi nell’osservazione e successiva conquista ci avvicina alla conoscenza e ‘nuova frontiera’: tanto più ci allontaniamo proporzionalmente alla descrizione dell’osservazione ottenuta dalla realtà percepita; allorché ne derivano le considerazioni alla Galleria di Stampe proposte: impossibile attraverso lo schermo della nuova scienza stabilire se la luce della presunta vita dedotta che l’attraversa sia un onda o una particella; impossibile la giusta previsione di intenti stabilire la lingua di un probabile Dio; impossibile affermare secondo le odierne leggi della Fisica e salire sino all’Universo più remoto ed esclamare in qual Tempo: io conosco e vedo; impossibile dire ho seminato il mio Regno in nome della Democrazia per conto di Dio!  Giammai vero…! Anche se là ove non approda la vista nel presunto ingegno posta interviene l’Udito segui l’invisibile Sentiero ed ascolta… un Universo sicuramente più lontano e profondo…)…




In questo contesto ricordo due Pensieri…

Un uomo quando gli chiesi cosa faceva quando visitava un luogo nuovo, mi disse: ‘ASCOLTO’! E’ TUTTO!

Intendeva dire: ‘Io ascolto ciò che sta dicendo la Terra (ma soprattutto cerco di interpretare modi e tempi d’un linguaggio incompreso… aggiungo…)’.

‘Mi aggiro e tendo i sensi per capirla, a lungo, prima di osare pronunciare parola!’.

Era convinto che la Terra, accostata in questo modo rispettoso, gli si sarebbe schiusa.

L’altro pensiero attinge, ancora una volta, all’esperienza dei pittori… Mentre cercavano un’identità diversa dai loro colleghi europei, finirono per concepire la Terra come intrinsecamente potente: affascinante e spaventosa, infinitamente sorprendente e incomprensibilmente ricca, inconoscibile e selvaggia.

‘La faccia di Dio’…

…dicevano!     


(B. Lopez & G. Lazzari simmetrici Sogni Artici in Eretici Viaggi tradotti)















domenica 18 febbraio 2018

NIENTE PIU', NIENTE MEN CHE MARIONETTE... (89)










































Precedenti capitoli:

Diversi gli umori... (88)

Prosegue in:

Il mondo a Roverso, ovvero: parentesi artica d'inizio secolo (90)

& Iceberg in vista... (91)








Niente più, niente men che marionette

In un castel di burattini siamo;

Di tutto quel che Mondo a noi permette,

Quando cala il sipario, e che stringiamo?










Questi prima scannava ora e scanato, / Folle e collui, che vuol ragien dal pito.





  
Ecco la fin dichi non sa nel corso, / Del superbe destrier reggere il morso.






Spesso mirasi  in oggi ad altrui spasso, /L’Asino in alto, e il galantuomo in basso.






Per non sentir delle disgrazie il ponde / Come un gioco fuglier devesi il Monde.






Molto sarebbe queste Scene Spesse, / Se ognun la propria forza conoscese.






Le Case in aria, il Sol di Sotto o bello / Non vi e ch’i piedi tien dove ha il Cervello.





Sovente l’uomo inviluppate resta / Nella rete ch’a altrui barbare appovesta.







O qanti in rimirar quel ch’e qui fatto, / A se stavi diran e il moi ritratto.






Deve essere un dolor che non a pare, / Servire a chi si usava comandare.






Le botte son per li asini imparate, / Maestri o vei, se sottante frustrate.






Se chinostrassi ognun l’interneaspirano, / Quei farian pieta, che invidia farino.






Soche son quelle che la barba fanno / Che stile e mano da perco non banno.














mercoledì 14 febbraio 2018

LA SOLUZIONE? SUCCESSIVA AL TEMPIO DEL CIELO! (87)



















Precedenti capitoli:

Indovinello con Rima (86)

Prosegue in:

Diversi gli umori (fuori e dentro ogni muro) (88)














La soluzione dell’annunciato indovinello si trova poco dopo il Tempio del Cielo, ove se ben ricordi mio caro uditore, nessuna Anima tantomeno Spirito conferirono l’udienza richiesta. Il Tempio detto si trova precedente a questa breve ‘metafora’ porta d’un più vasto regno sottinteso per chi di vera democrazia s’intende che fra breve andrò a declamare in assenza di qualsivoglia artificiosa alchimia. La contempli ed osservi e scruti, talvolta perplesso, nel muscolo far mostra di sé stesso privato dall’arguzia, e taluni pur dicono, intelligente astuzia, comporre solo il quadro di una fredda cornice  specchio d’una materia sottratta alla pitagorica o simmetrica magica scienza dalla quale deriva, una deriva ‘Democritea’ in assenza del filosofo detto, donde, almeno così si dice, ogni retta e saggia scienza ragione della nostra vita dall’ingegno suo proviene.
Si trova nel breve racconto porta d’accesso del nostro, o meglio, del vostro Universo, che mai sia detto strano ambulatorio con una grande sala d’aspetto. Con tanti troppi pazienti, malati ed incurabili tiranni. Tutto frutto di una lenta se pur grave malattia che mai sia detta Vita intera. Iniziò e progredì quando l’uomo ‘evoluto’ imparò la Parola nel Secondo della breve sua hora, giacché non ancor Rima. Imparò, in verità e per il vero, la dialettica quando vide che ogni ‘verso’ si accordava bene alla propria sua natura non essendo musica o color di pittura, con la paura che ogni suo gesto incuteva e incute ancora. Imparò la dialettica come fosse un lungo e solenne comizio scordando la vera Poesia motivo dell’intera sua Vita. Imparò il ‘glutterato’ urlo ancora istinto in cima ed in fondo ad uno specchio d’acqua vicino ad un cielo azzurro ove ogni stella nasceva e dischiudeva la vera Natura dell’intero Parlamento assiso alto in trono del vero sempiterno Olimpo. Voleva salire e declamare quello, mentre tapino si nascondeva tutto entro la Terra che pur l’aveva partorito e nutrito meditando ogni nuova conquista ben dipinta ed incisa per ogni muro non ancora fortezza a difesa dell’eterno feudo dell’intera vita. Dentro la caverna forgiava la Parola come un utensile poi la scagliava addosso al suo nemico, la povera bestia donde il meschino proveniva lo guarda fiero della conquista incisa e dipinta e conservata per ogni biblioteca ben numerata in ricordo dell’intera Storia. Lo guarda percependo, poverina, la malattia dalla prima sillaba quando appena neonato l’aveva pronunciata nell’eterna caduta divenuta malattia, che sia una mela o una scala difettosa della corda, ciò poco importa per la malattia che ognuno porta e di cui vittima in difetto di una strana…. lingua….





….Fuori dai corridoi bui dell’università di medicina tradizionale gli uffici erano vuoti, fatta eccezione per l’enorme scrivania e per la presenza del professore associato Yang. Avevo deciso di andare a trovarlo motivo della metafora annunziata.

La medicina cinese osservava molte parti del corpo ai fini diagnostici: l’addome, le mani, gli occhi; ma a suo dire, nessuna era meravigliosa e delicata come la lingua!

‘Naturalmente è possibile capire cose dall’osservazione del viso o del torace del paziente, o persino dal suo modo di parlare inveire o tossire, o dal suo polso’

disse, e tutto questo sembrava deluderlo un po’.

‘Ma nulla è efficace come l’esame di una lingua’.

‘Vuol vedere le mie lingue?’.

Entrammo in una stanza stretta lungo le cui pareti si allineavano bacheche di vetro come tante piccole biblioteche. Girò un interruttore e lì, a ogni parete e da ogni stipo di vetro, fila dopo fila in uno splendore rosato, duecento e più lingue private del corpo come della mente gridavano un oltraggio muto.

‘Sono modelli di cera come tanti burattini’,

Disse allegramente.

‘Tutte malate’.

Mi guardai attorno sbattendo gli occhi!

Erano oscenamente realistiche. Avevo la sensazione che quelle sulle pareti appartenessero a persone che se ne stavano nella stanza vicina e protendevano la lingua attraverso fori nelle pareti come sovente succede quando si cammina per una via trafficata e all’improvviso appaiono una infinita serie di schermi e tante lingue muoversi da qualcuno mosse.

C’erano lingue raggrinzite e gonfie, lingue lucide, lingue gialle tipiche di disturbi gastrici (gente che per il troppo mangiare e bere cede alla melanconia divenuta insopportabile vomito di parole così diagnosticherebbe il nostro Aristotele….); spettrali lingue opaline e piccole cose rosse biforcute e seccate (annunciare perdita o vittoria alla stessa e medesima hora in cui sulla piazza si celebra precoce sommario giudizio… ed il popolo riunito per l’antico rito….); lingue coperte di una patina (delicata - dico e non dico - prenoto e disdico - mi quieto e parlo a sproposito - tanto l’indice d’ascolto e un intero compromesso che poco si addice alla verità del giorno…); lingue sezionate (posso o non posso - devo o non devo - concesso o non concesso - ammesso e non concesso - pur medesimo compromesso per ugual indice d’ascolto alla pagina dipinto…); lingue spaccate (vado sfascio rompo t’accoppo te gonfio te rompo te zompo addosso e me faccio cresce la calvizia visto che il filosofo è er meglio parrucchiere che gira d’intorno), verdastre, ritratte, putride, foruncolose…

Yang le ispezionò con preoccupazione paterna (da remoti tempi non si è abituati ad animarle più del dovuto altrimenti ornerebbero trofei di ben altri musei….).

Ma lui senza volerlo è pur un grande filosofo o fors’anche psicologo e così diagnostica questa o quella  malattia…

‘Quello rosso scuro indica un problema di fegato’…

‘Quella scolorita un problema di stomaco’…

Scosse la testa.

‘Vuol dire che lo stomaco non filtra adeguatamente e non fa circolare i liquidi nel corpo’…

‘Vede quella con un rivestimento asimmetrico? Insufficienza renale in arrivo (il pil tira poco appena al di sotto dello zero zero zero contorto….)’…

Oltrepassammo derisori reggimenti color del gelso, file ammutinate di oggetti verdi. Divenni nervosamente consapevole della mia stessa lingua e la feci scivolare sul labbro inferiore sulle screpolature.

Osservammo un esemplare blu essiccato (recitare sempiterna litania un bel comizio di ugual secolare accento declamare diritto uguaglianza giustizia trattenute e recitate a mal partito e così essiccare il vero principio per ogni avverbio di troppo per ogni diritto tolto per ogni ingiustizia così tradita…).

‘Cuore’ mi disse Yang.

Poi sopraggiunse un modello spaccato e giallo con macchie deboli.

‘Scarlattina (o melanconia dipende dal punto di vista d’alterna coscienza contesa - sottintese Yin suo invisibile alterego e segreto maestro)’.

Poi ci fermammo davanti ad un esemplare di un porporato vivo.

‘Questa è una epatite cronica: occhio vitreo, bianco sudario, marmorea vista alla vita così ben dipinta o non più ben vista, ma la lingua sua condividiamo e da quel sudario il vino ancor beviamo che sia Dionisio o Bacco poco importa per ogni verità crocefissa e malmente sofferta….’.

Ed infine ci spostammo verso una bacheca ancora più strana. Rilucevano un paio di sospetti di cancro. Il tumore benigno o maligno spuntava da dietro come una cupola bianca; il carcinoma se ne stava appollaiato come un satellite parabola della nuova parola: pensai ai pazienti sulle cui lingue erano stati modellati i campioni. Mi chiesi dove fosse ora il proprietario del pezzo di carne sinistro e perlaceo etichettato al vetro (detto secondo odierno gergo del pitocco ‘window’) con il numero 172.

Che cosa era successo al povero dispeptico 59?

E il 112 era più riuscito a ritrarre la lingua, o viveva ancora in uno stato di provocazione involontaria (da cui la famosa teoria donde ogni calvizie deriva…)…

L’88, comunque era morto di sicuro!

(Giuliano & C. Thubron)
        
















mercoledì 7 febbraio 2018

FILOSOFI ERRANTI (83)












Precedenti capitoli:

Filosofi erranti (82)

Prosegue in:

Imperatori d'Oriente (84)  &

Volgersi al meglio (85)  &

Indovinello accompagnato da Rima (86)
















Sono uno scultore,
e in un sol giorno scolpisco
la memoria,
di milioni di anni di storia.
Capisco che il chiodo è solo
l’ultimo minuto di uno stesso Dio,
morto troppe volte all’ombra di una
pietra,
della mia grande scultura.
È visione antica nominata mitologia,
ripetuta nella mente
di questo piccolo torrente.
La incido con amore e sudore
dalla mattina alla sera,
di un giorno infinito
….senza preghiera.

Mi fissa e ride dell’illusione
del tempo che scorre.
È nato ridendo
ed è morto contento,
con la certezza che il Tempo
mai è esistito,
quando adornava la tomba
del suo Dio.
Quando vegliava la sua casa,
quando annunciava il nuovo
martirio,
divenuta ultima tentazione
per un mondo migliore.

Come un oracolo scopro
il miracolo.
Uno sciamano beve l’antica
bevanda,
e ride di gusto al tesoro trovato,
premio per ogni ora della giornata.
Una vita mai raccontata
dalla sacra memoria,
nella geografia della loro…
…oscura ora!

(G. Lazzari Frammenti in Rima) 




Vidi poscia ancora dal altro lato molti adolescenti (opera dill’artifice praedicto in tutto perfecta in una figura uniforme alla praerecitata, bellissimamente undulata, et la undiculatione d’ambe due le figure investita di exquisita fogliatura) intenti a colgliere fiori tra molte herbe et arbusculi, inseme molte facete Nymphe scherciando solatiose, da quelli blandivole gli rapivano. Et per quel modo sopra recitato, di sotto la figura erano alcune Maiuscule incavate, che dicevano questa unica parola AMISSIO.
Et erano eximie littere exacta, la sua crassitudine dalla nona parte, et poco più dil diametro dilla quadratura. Stupefacto dunque non poco, ruminando, et cum summo dilecto curioso riguardando tale ingente machina conflata in animale da humano ingenio, degnissimo imaginato. Che in omni membro indefectamente participasse la egregia harmonia et compaginatione. Onde nella retinente memoria mi occorse il sfortunevole cavallo Seiano. Da poscia  allucinato di tale artificioso mysterio offerentise non meno mirando spectaculo ad gli ochii mei uno maximo Elephanto, cum summa voluptate di properare ad quello. Ma echo che io in un’altra parte sento uno aegritudinale gemito humano. Io alhora incontinente steti, sublevati gli capigli, senza altro consulto, verso il gemito festinante, uno agere di ruine scando di grande fracture et recisamenti marmorei. Et inde acconciamente progresso….




…Ma è evidente che lo stato embrionale non spiega e svela il modo d’essere dell’adulto: un embrione ha significato soltanto nella misura in cui è ordinato e riferito all’adulto. Il feto non ‘spiega’ l’uomo, poiché il modo d’essere specifico dell’uomo nel mondo si costituisce proprio nella misura in cui gode più di un’esistenza fetale. Gli psicanalisti parlano di regressione psichiche allo stato fetale ma si tratta di un’interpretazione. Certamente, le ‘regressioni’ sono sempre possibili, ma non significano nulla di più che asserzioni del tipo seguente: una materia viva ritorna – con la morte – allo stadio della materia semplice; oppure una statua può regredire al suo stadio primo di natura bruta, se la si fa a pezzi (com’è accaduto al nostro Croce innanzi a talune costruzioni…). Il problema è un altro: a partire da quale momento una struttura o un modo d’essere si possono considerare costituiti? Non vi è nessuna mistificazione nel trascurare quanto precede l’atto di costituzione. E’ inutile credere che si applichi la demistificazione dimostrando, per esempio, che un certo valore dello Spirito ha una ‘preistoria’ talvolta faticosa: sarebbe come notare di fronte ad un elefante che prima era stato un feto….




Hora el suo vorace proboscide, non si continiva cum il piano dil basamento, ma sublevato, pensile si stava, converso alquanto verso il fronte cum le sulcate auricule largissime demisse, overo cancellate. Il quale simulachro nella sua vastitate unquantulo meno monstrava, che il naturale. Et nella oblonga circuitione dil basamento erano coelati hieraglyphi, overo characteri aegyptici. Depolito decentemente cum il debito Areobato, cum il latastro, gula, thoro, et orbiculo, cum sui Astragali, overo nextruli, cum inversa Sima al pedamento. Et di sopra non meno cum la proiecta Sima resupina, et torque trochili et denticuli cum gli Astragali. Secondo che alla crassitudine expediva eximie Symmetriati.
La longitudine, latitudine, et altecia, passi, duodeci, cinque, et tre. Le extremitate dil quale in forma hemicycla formate. Nella posteriora parte hemicycla dil recensito basamento, trovai uno scalinato ascenso di sette gradi exscalpato scansile sopra la plana superficie. Per la quale avido di novitate io montai. Et verso al riservato quadrangulo, subiecto al perpendicolo dil Ephippio, vidi una porticula excavata. Cosa di magna admiratione, in tanta pugnacitate di materia, et tanto habile intervacuo se praestava, che per alcuni stipiti…




…Ora, ripetiamolo, ciò pone sempre il problema del rapporto fra la Sostanza, o la Materia vivente, e lo Spirito; insomma, si sfocia sul pano della Filosofia. Non è privo d’interesse ricordare che questo rapporto paradossale ha tormentato fin dagli inizi il pensiero filosofico indù, in India tutta una intera letteratura è stata dedicata a spiegare il rapporto paradossale fra l’‘inconscio’ per eccellenza – che è la Materia – e il ‘conscio’ puro, lo Spirito, che è per suo modo d’essere atemporale, libero, non coinvolto nel divenire….





Tornato al raccolto di un giorno
risorto,
ho scavato ancora la mia poesia.
Ho inciso con le mani nude
un ricordo antico,
diventa ossessione della mattina,
quando la luce s’appresta a lottare
sull’uscio,
di una nera canzone divenuta
nuova visione.
Conto i passi verso il recinto
del mio pianeta,
è vita che sgorga universo
che spiega.
Assenza di gravità chiede
passione,
per raccontare da una crosta dura
come la terra,
quanta fatica è la mia Eresia.
Quanta gravità in questa zolla
di terra,
conta le frustate sulla mia schiena,
conta le ore del mio sudore,
mi ruba il pane con tanto
troppo amore.

Il vecchio sarcofago emana
una luce lieve come fosse
neve,
splende come una stella appena
risorta,
alla prima ora della sua nuova
venuta.
Mi dona forza e separo la terra
dalla nuda pietra,
raccolgo la materia intorno al
tempio,
raccolgo la sabbia intorno
alle mura,
decifro il frammento nel tempo
del nostro Universo.
Lo dono poi alla gloria di un
secondo,
prima della memoria.
Quando non esisteva ancora
un pensiero,
vittima di un mito incompreso,
dettato nell’ora di un cerchio
imperfetto.  

Dopo il secondo nacque il primo
minuto,
qualcuno disse che è luce del suo
vero trono:
Dio creatore dell’Universo
e della materia,
perché domina l’intero pensiero.
Confondono il Primo al Secondo
(Dio),
con una blasfema eresia.
Costringono il tempo ad uno
strano versetto,
non avendo mai scorto,
il Volto Segreto sepolto in un pozzo
profondo,
come una grande buco nero…,
…..padrone del tempo.

In questa incomprensibile visione
per questa nostra dimensione,
nascose il profilo e la voce,
lasciando alla luce il compito
imperfetto:
celare il sogno segreto e mai
detto.
Mi dona l’intuizione prima
della voce,
caso irrisolto del suo pensiero
nascosto.
Fa ritorno sempre al punto preciso,
nel circolo ristretto di un giorno
perfetto.

Quel tempo che splende
sotto i miei occhi,
sono tanti sogni raccolti.
Incarnati nella mente
in un minuto senza tempo,
nel cuore e nell’anima di una
maschera antica.
Specchio di vita un’altra luce
nella via.
Anime di un diverso creato,
dove il tempo non è mai entrato,
e forse mai passato.

Solo inutile contorno,
un ingombro della materia
e della storia,
saggezza di altri mondi,
lingue perfette
e mai scoperte!
Mai udite né viste
nel cielo scrutato ogni notte.
Solo la parola di una dèa,
mia sola compagna in questa
preghiera.
Mia sola luce che splende
in tante rime che penetrano
la mente.
Parole che leggo davanti alla porta
di questa antica dimora,
scudo della storia di una diversa
...memoria.

Vagano le anime
per un grande deserto,
specchio di un Universo
imperfetto,
riflesso di una mano intrisa
di materia…,
e nemica della mia preghiera.
Un Pensiero figlio
di un Abisso,
è sogno incarnato
di questo creato.
Chi, invece,
senza tempo e materia,
e senza peccato aver mai
pensato,
vaga come un’ombra,
….poi come stella,
per insegnar parola e saggezza
di una diverso principio
per questa terra.

Anime divenute materia,
intrappolate in un’èra
della memoria nominata storia,
e incastrate in uno strato
di roccia,
stratigrafia del tempo che avanza.
Anime lontano dalla vista
di una stella che brilla,
lontano dalle parole,
ora,
solo oscure memorie.
Lontano dalla pietra
quale solo sepolcro,
una civiltà senza volto.
Lontano dall’amore
divenuto potere,
su ogni terra
del vostro avere.

(F. Colonna; M. Eliade; G. Lazzari)