giuliano

domenica 26 marzo 2023

L'ORA LEGALE DELLA CLASSE ENERGETICA

 










Derivato o generato 


dal Verbo della Domenica


Prosegue con il miele... 


al completo







Quando, in Verità e per il vero, inizia l’hora legale della classe energetica?

 

Sicuramente quando eretti, ci si incammina per poi scoprire, ancor più increduli il Sogno d’un Velocipede, o suo inseparabile e futuro amico, Bicicletto?!

 

Fu allora che l’uomo prese Coscienza dei distinti gradi della propria ed altrui classe energetica; non potendo volare si inventò un Sogno aggrappato e veicolato dal Pensiero al manubrio, e più giù fino al veloce piede meccanizzato; lo stesso che da una ripida salita al grado d’una roccia, lo volle più solo e solitario ancora verso una diversa mulattiera, essendo l’antico Sentiero per la l’impervia Cima intasato peggio d’un formicaio da Fiera…




  …Garson Poole stava seduto al tavolo della cucina a sorseggiare il suo caffè di fronte a Sarah. I tecnici se ne erano andati da parecchio.

 

‘Non farai ancora altri esperimenti su di te’,

 

disse Sarah ancora in preda all’ansia. 

 

Poole disse con voce stridula

 

‘Vorrei controllare il tempo. Farlo scorrere al contrario. Potrei tagliare un segmento del nastro’,

 

…pensò....




‘e riattaccarlo al contrario la sequenza causale scorrerebbe in senso inverso, per cui io percorrerei a ritroso la scala che scende dal tetto, fino alla porta con una spinta aprirei una porta chiusa a chiave, camminerei all’indietro verso il lavandino, dove prenderei una pila di piatti sporchi. Mi siederei a questo tavolo di fronte alla pila di piatti, e riempirei ogni piatto con il cibo rigurgitato dal mio stomaco ...Poi trasferirei il cibo nel frigorifero. Il giorno dopo toglierei il cibo dal frigorifero, lo impacchetterei, porterei i pacchetti al supermarket, distribuirei il cibo qua e là sugli scaffali. E infine, al bancone principale, mi darebbero dei soldi prendendoli dal registratore di cassa. Il cibo verrebbe impacchettato con altro cibo in grandi scatoloni di plastica, e trasportato fuori città nelle piantagioni idroponiche sull’Atlantico, e lì sarebbe riattaccato agli alberi e gli arbusti o ai corpi di animali morti o spinto in profondità dentro il terreno. Ma cosa dimostrerebbe tutto questo? Sarebbe solo un nastro video che scorre al contrario… Non ne saprei di più di quanto ne so ora, e non è abbastanza. Ciò che voglio’,

 

…pensò

 

‘è cogliere la realtà definitiva e assoluta, per microsecondo.

 

Dopo niente avrà più importanza conoscerò tutto; non ci sarà più niente da capire o da vedere. Potrei provare a fare un’altra modifica’,

 

si disse.




Prima di provare a tagliare il nastro.

 

‘Produrrò dei nuovi fori e vedrò cosa succede. Sarà interessante perché non saprò in anticipo cosa significano i fori che io stesso avrò applicato’.

 

Usando l’estremità di un microstrumento, praticò diversi fori, a caso, sul nastro. Il più vicino possibile all’analizzatore ...non voleva aspettare.

 

‘Mi chiedo se lo vedrai anche tu’,

 

…disse a Sarah. Evidentemente no, per quanto poteva congetturare.

 

‘Potrebbe apparire qualcosa’

 

aggiunse.

 

‘Volevo solo avvisarti; non voglio che ti spaventi’.

 

‘Oh, Garson’,

 

disse Sarah con voce metallica. Esaminò il suo orologio da polso. Passò un minuto, un altro minuto ancora. E poi… al centro della stanza apparve uno stormo di anatre verdi e nere. Schiamazzarono eccitate, si sollevarono da suolo, svolazzarono contro il soffitto in una fremente massa di piume e ali, frenetica nel suo impulso, nel suo istinto di scappare via.

 

‘Anatre’,

 

disse Poole, meravigliato.

 

‘Ho praticato un foro corrispondente a un volo di anatre selvatiche’.




Adesso vedeva qualcos’altro... Una panchina in un parco su cui era seduto un vecchio, trasandato, che leggeva un giornale spiegazzato. Il vecchio guardò in alto, e riuscì vagamente a distinguere Poole; gli sorrise per un istante con i denti rovinati, poi tornò a leggere il giornale accartocciato.

 

‘Lo vedi?’,

 

chiese Poole a Sarah.

 

‘Vedi anche le anatre?’

 

In quel momento le anatre e il vagabondo nel parco scomparvero.

 

Non rimaneva nulla.

 

L’intervallo dei fori era già passato.

 

‘Non erano reali, vero?’,

 

disse Sarah.

 

‘E allora come…’.




‘Neanche tu sei reale’,

 

rispose a Sarah.

 

‘Tu sei un fattore di stimolo nel mio nastro della realtà. Un foro che può essere coperto di vernice. Esisti anche in un altro nastro di realtà, oppure esisti in una realtà oggettiva?’.

 

Non lo sapeva; non poteva dirlo.

 

Forse non lo sapeva neanche Sarah. Forse lei esisteva in un migliaio di nastri di realtà, forse in tutti i nastri di realtà che fossero mai stati realizzati.

 

‘Se io taglio il nastro’,

 

disse lui

 

‘tu sarai dappertutto e in nessun luogo. Come il resto dell’universo. Almeno fin quando io ne sono consapevole’. 

(P. K. Dick, La formica elettrica)




 Fu allora, dicevo, che l’uomo perso nel Sogno di volare e non potendo più navigare su un mare troppo intasato anche in assenza di vento, si precipitò ad inseguire la Primavera con un Destino più veloce d’una Fiera, armato da una simmetrica presa d’incoscienza proletaria, giacché una vasta schiera di eletti usurpava l’umile povertà dell’Elemento per ogni Cima violentata con sempre maggior sadica dottrina!

 

Così dovette dar Ragione e sfogo alla propria classe energetica e divenne novello intrepido cicloturista per poi accorgersi, che medesimo ugual Sogno e ideale incarnato dalla usurpata Dèa, lo poteva far volare ancor più in alto dell’acrobata della chiodata Cima…


Cadde lungo la corsa, sembrava una leggera discesa, poi divenne l’Abisso con solo ma morte incisa sull’elmetto, sulla camicia nera e poi rossa, rossa e nera, mai sia detta Rosa speranza e amore d’una corsa terrena. Per questo andiamo o fuggiamo in biciletta addio antica Dèa…



Addio, vecchia Dèa con la dinamo, il carter e il freno contropedale.

 

Quando ti vidi per la prima volta avevo quindici anni e davanti a me si stendeva tutta ancora la strada della vita, una strada bianca di sole, macchiata qua e là da fresche ombre piene di promesse. E per vent’anni la percorremmo insieme e tu me la rendesti meno dura.

 

Tu mi insegnasti la gioia delle albe fresche e rugiadose che nascono dietro i verdi colli conquistati pedalata per pedalata.

 

Tu mi insegnasti la pace dei meriggi, lontano dal catrame rovente della città.




Tu mi insegnasti la dolce malinconia dei tramonti fra i prati verde-cupo, intersecati da canali pieni di cristallo fuso.

 

Con te io galoppai lungo i viali diritti della periferia inseguendo, nelle sere estive, le ombre dei miei sogni e dei desideri della mia giovinezza.

 

Il primo amore: due cuori e una bicicletta sola, e tu sul ghiaietto delle viottole fuori barriera rollavi dolcemente e - per ogni sassetto che pizzicavi fra il cerchione e la gomma e facevi schizzar via - i raggi ben tesi risuonavano come corde d’arpa.

 

Dleeen!... La ‘prima nomina’: due potenti speroni e soltanto un sellino di bicicletta.




Galoppate furibonde per mettere d’accordo il servizio di batteria e l’appuntamento con la bionda n° 1; l’ispezione esterna e la bionda n° 2.

 

Vent’anni camminammo assieme, vecchia Dèa.

 

E ora sei lì, appoggiata al muro, e fra te e me c’è ormai l’abisso di un armistizio. Ti guardo, vecchia Dèa, e vedo sulla canna più alta del telaio, vicino al cannotto dello sterzo, una specie di bernoccolo nichelato, con una vite a pressione e una finestrina: l’innesto di una piccola sella supplementare.

 

Ricordi quando te l’avvitai la prima volta?




Pareva che l’orgoglio ti avesse gonfiato a dismisura i pneumatici e tutte le canne del telaio. E il campanello suonava come un carillon di campane, e l’ingranaggio della ruota libera cantava alto e potente, e i freni, solo a toccare le leve, stridevano di gioia e tu, vecchia bicicletta, procedevi tronfia, pettoruta e maestosa come una Isotta Fraschini a sedici cilindri perché sul sellino supplementare era seduto il nostro primo bambino.

 

Addio, vecchia Dèa: io parto e tu rimani.

 

Opterai come il mio vecchio colonnello?




No, tu sei più di carattere di lui.

 

O ti darai alla macchia unendoti a quelle animose e inafferrabili biciclette che saetteranno e folgoreranno poi lungo le strade di tutt’Italia?

 

O piuttosto (sei così luccicante ancora e fai tanto gola) ti deporteranno nel triste Nord?

 

Ti rivedrò? Dio solo lo sa vecchia Dèa, Dio che stringe nel suo pugno il destino di tutti gli uomini e di tutte le biciclette del creato.

 

E così sia.

(Guareschi)   


  


           

Pian piano la classe energetica più proletaria che unita scoprì il suo truce Destino da un formicaio nato e evoluto ed hora approdato ad un nuovo vespaio, per esser abbracciato nel canone del Vento prepagato; si correva per annusar il veleno che evaporava; per farsi lentamente affogare da un Fiume in secca piena; e gestito a giorni alterni dalla stiva della Compagnia; si controllava e consumava la classe energetica mentre il contadino riparava in Serra domandando motivo del gas della nuova guerra.

 

Si prese Coscienza della propria classe energetica mentre si fuggiva verso un Destino motorizzato…  

 



  Intendiamoci non è questo il racconto di gesta impressionanti, ma neppure quel che si direbbe semplicemente - un racconto un po’ cinico- ; per lo meno, non vuole esserlo.

 

È un segmento di due vite raccontate nel momento in cui hanno percorso insieme un determinato tratto, con la stessa identità di aspirazioni e sogni. Un uomo nell’arco di nove mesi della sua vita può pensare a molte cose, dalla più alta speculazione filosofica sino al più basso anelito per un piatto di minestra, in totale correlazione con lo stato di vacuità del suo stomaco; e se al tempo stesso ha in sé qualcosa dell’avventuriero, in questo lasso di tempo può vivere momenti che forse risulteranno interessanti ad altre persone, e il cui racconto spassionato risulterebbe qualcosa di simile a questi appunti.

 

Così, la moneta fu lanciata in aria, volteggiò a lungo su se stessa, cadde una volta su testa e qualche altra su croce.




 L’uomo, unità di misura di tutte le cose, parla qui per bocca mia e racconta nel mio linguaggio ciò che gli occhi hanno visto; magari su dieci teste possibili ho visto solo una croce, o viceversa, questo è probabile e non ci sono attenuanti; la mia bocca narra quel che i miei occhi le hanno raccontato. Forse la nostra vista non è mai stata panoramica, ma sempre fugace e non sempre equamente informata, e i giudizi sono troppo netti?

 

D’accordo, ma questa è l’interpretazione che una tastiera ha dato all’insieme degli impulsi che avevano portato a battere sui tasti, e quei fugaci impulsi sono ormai morti.

 

Non c’è più il soggetto a cui imporre certe regole.

 

Il personaggio che ha scritto questi appunti è morto quando è tornato a posare i piedi sulla terra d’Argentina, e colui che li riordina e li ripulisce, “io”, non sono io; per lo meno, non si tratta dello stesso io interiore. Quel vagare senza meta per la nostra “'Maiuscola America” mi ha cambiato più di quanto credessi.

 

In qualsiasi libro di tecnica fotografica si può vedere l’immagine di un paesaggio notturno in cui brilla la luna piena e il testo esplicativo ci rivela il segreto di quell’oscurità in pieno sole, però la natura del bagno sensitivo che ricopre la mia retina non è conosciuta bene dal lettore, a malapena la intuisco io, di modo che non si possono apportare correzioni sulla lastra per appurare il momento reale in cui fu impressa.

 

Se descrivo una scena notturna, potete crederci o rifiutarla, poco importa, perché se non conoscete il paesaggio fotografato dai miei appunti, difficilmente conoscerete una verità diversa da quella che vi racconto qui.

 

Adesso vi lascio con me stesso; con quello che ero. 

(Ernesto Che Guevara)




 Si correva con l’Ape e la Vespa ad annusar il Verbo proibito d’un Fiore rapito. Nacque in quell’època remota un conflitto amletico, un desiderio d’un Sogno innestato e da un Formicaio rateizzato per poi firmare la prosa della folle corsa in lenta discesa verso l’innominato Abisso….  

 

Si prese Coscienza della propria classe energetica!




Aprendo la bocca cercò di tirar fuori le parole - una specifica sequenza dall’enorme massa di parole che illuminavano di luce brillante la sua mente, ustionandolo con il loro profondo significato.

 

Gli bruciava la bocca.

 

Si chiese perché.

 

Irrigidita contro il muro, Sarah Benton aprì gli occhi e vide la voluta che saliva dalla bocca semiaperta di Poole. Poi il robot crollò, dapprima carponi sui gomiti e le ginocchia, infine si accosciò lentamente in un ammasso di rottami contorti. Senza bisogni di esaminarlo, capì che era morto. Poole si è distrutto da solo pensò. E non poteva sentire dolore; lo ha detto lui stesso. O almeno non molto dolore; forse un po’.

 

Comunque adesso è tutto finito.

 

Sarà meglio che chiami il signor Danceman e gli racconti cosa è successo, decise. Ancora tremante, si fece strada attraverso la stanza fino al videofono. Alzando il ricevitore, compose il numero che sapeva a memoria. Pensava che fossi un fattore di stimolo sul nastro della realtà, disse fra sé.

 

Così ha creduto che sarei morta quando lui fosse morto.

 

Che strano, rifletté. Perché mai lo avrà pensato?

 

Non aveva mai avuto contatti con il mondo reale…

 

‘Signor Danceman’,

 

disse quando il collegamento con l’ufficio venne stabilito.

 

‘Poole è andato. Si è autodistrutto proprio di fronte a me. Sarà meglio che venga qui. Finalmente ce ne siamo liberati, è contento?’.

 

‘Manderò un paio di uomini dal negozio’,

 

rispose Danceman.

 

Dietro la donna vide Poole che giaceva accanto al tavolo della cucina.

 

‘Vada a casa a riposarsi’,

 

disse, dandole istruzioni.

 

‘Deve essere stanca dopo tutto questo’. ‘

 

Sì grazie, signor Danceman’.




 Sarah riagganciò e restò lì, immobile senza uno scopo.

 

Fu allora che notò qualcosa.

 

Le mie mani, pensò. Le tenne alzate. Come mai riesco a vedere attraverso le mie mani? Anche i muri della stanza stavano diventando confusi. Tremando tornò dove giaceva l’inerte robot e rimase accanto a lui, non sapendo cosa fare. Attraverso le gambe vedeva la moquette, poi la moquette si fece confusa, e lei vide attraverso essa, ulteriori strati di materia che si disintegravano. Forse se riesco a fondere insieme le due estremità …pensò.

 

Ma non sapeva come.

 

E anche Poole stava cominciando a svanire.

 

Il vento del primo mattino le soffiò addosso, ma Sarah non lo sentì; ormai aveva quasi smesso di sentire.

 

…Il vento continuò a soffiare… 

(P.K.Dick, La formica elettrica)




  …Prese Coscienza della propria classe energetica mentre si dissolveva agli scomposti fotogrammi d’una diversa foto-genetica sequenza, non capì mai se fu un foto-montaggio della Compagnia, o un incubo allucinato d’una strana stiva, oppure un corto circuito d’una diversa esistenza; la classe energetica corre sull’Ape d’una perenne rateizzata regina industrializzata, mentre la classe operaia diventa una lenta formica in lenta inesorabile discesa!   

 

Infatti i più fortunati aristocratici acrobati conquistano elevati altari per ogni chiodata parete in perenne salita, in nome e per contratto d’una futura cabina motorizzata; per poi più veloci d’un pipistrello discenderne l’artificiosa Cima sempre imbiancata.

 

 Qualcuno o Nessuno ne narra ciecamente le gesta, quando non volle annusare l’alito del Drago alla prometeica fucina, se fu un aristocratico o la classe energetica in attesa di rinascere vespa, questo un Dilemma ancor non rivelato al karma del canone della parabola prepagata.

 

Sognava Fiori e miele in abbondanza, e alla Fine fu immagazzinato entro una cella elettrica. Ovvero nacque la nuova Terra promessa, mentre la Foto gli faceva la guardia…




  Nessun regime nella storia ha avuto più successo della Repubblica Popolare Cinese nella realizzazione del romanzo distopico 1984 di George Orwell. Infatti, l’apparato di repressione costruito dal Partito comunista cinese (PCC) negli ultimi anni è così perfezionato, invasivo e tecnologicamente sofisticato da far sembrare il “Grande Fratello” un dilettante.

 

Sebbene sia stata introdotta per la prima volta nella provincia cinese di Xinjiang come mezzo di controllo della popolazione uigura a maggioranza islamica, la struttura di sorveglianza statale del Partito comunista cinese è stata rapidamente estesa a tutta la nazione in cui vivono 1,4 miliardi di persone. Il progetto “Occhi Taglienti” consiste nella proliferazione di telecamere di sicurezza e scanner di dati altamente sofisticati. A differenza delle tradizionali telecamere a circuito chiuso, i nuovi dispositivi sono in grado di trasmettere alla polizia immagini ad alta risoluzione dei singoli volti.




 A Urumqi, capoluogo della regione autonoma dello Xinjiang, le forze dell’ordine hanno installato più di 18.000 telecamere di riconoscimento facciale che controllano circa 3.500 complessi residenziali della città, e si stima che, alla fine del 2020, nell’intero Paese fossero attivi circa 626 milioni di telecamere  di sicurezza posizionate in aree pubbliche e private. Nel frattempo, nei principali punti di passaggio pedonale di tutto il territorio nazionale, sono stati posti degli scanner che captano e raccolgono dati dagli smartphone, all’insaputa di chi vi passa accanto. Usando applicazioni speciali, la polizia può ottenere dati dagli smartphone dei passanti che vengono poi raccolti su piattaforme analitiche condivise, come la Piattaforma Operativa Congiunta Integrata (IJOP), attualmente operativa nello Xinjiang.




Tali piattaforme raggruppano e incrociano le informazioni, per poi segnalare gli individui che sono in contatto con noti “malcontenti” (dissidenti), che usano app come WhatsApp o utilizzano la crittografia, oppure che si impegnano in un grado insolitamente elevato di attività religiose.

 

L’impatto di tali misure sulla libertà religiosa si sta già facendo sentire.

 

I gruppi religiosi, percepiti come una sfida diretta ad un invidioso sistema ateo, sono, e saranno sempre più, sorvegliati…




 

 

 


                   

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