giuliano

giovedì 7 novembre 2019

A DETTA DI UN 'BARBONE' (24)





















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L'imbarbarimento del sapere (23/1)

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A detta di un 'barbone' (25)

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Tra gli studi dedicati alla tradizione manoscritta, la circolazione e la diffusione del trattato sui misteri degli Egiziani, spiccano i lavori di Angelo Raffaele Sodano e Martin Sicherl. All’epoca in cui Sodano si dedicò allo studio dei codici nei quali è contenuto il De Mysteriis, il loro numero ammontava a ventidue esemplari. Sodano li suddivise in due famiglie.

Eccezion fatta per l’estratto Vaticanus graecus 1026, gli altri codici risultano essere posteriori al sec. XV.

Ora, venendo alla prima delle due classi, Sicherl ha accertato che lo scrivano di A e di Z (entrambi copiati da V) fu Pietro Candido, monaco camaldolese che risiedeva a Firenze, più precisamente nel convento di Santa Maria degli Angeli.

Secondo un’annotazione presente nel Vatic. gr. 1898 (f. 136), Candido avrebbe lavorato per conto di Scutellio o del card. Egidio da Viterbo († 1532), dal momento che Scutellio collaborava con l’alto prelato alla traduzione dei testi dal greco in lingua latina. Pare, inoltre, che Z fosse stato donato da Luca Olstenio al card. Francesco Barberini († 1679). É andata invece perduta la copia di un manoscritto H (Hamburgensis philol. gr. 36).

Il manoscritto V appartenne a Marsilio Ficino, che lo fece copiare per sé da Giovanni Scotariota, probabilmente poco prima del 1458-59. In un secondo momento il medesimo codice pervenne ad Achille Stazio († 1581). La copia più antica di V è il codice C (Vindobonensis philosophus graecus 264), risalente al sec. XV, di cui non si conosce il copista.

Per quanto concerne W (Vallicellianus E. 36), Sicherl dimostra che a possederlo fu Nicola Scutellio, del quale ha riconosciuto la scrittura a margine 10 Y appartenne al card. Guglielmo Sirleto († 1585), da cui la denominazione codex Sirletianus, e fece parte della biblioteca di Diego Hurtado da Mendoza, ambasciatore spagnolo a Roma dal 1547 al 1554. Questi fu anche il primo proprietario di F, il cui copista fu con ogni probabilità Andronico Nunzio. Il ms I (Matritensis N 136) fu copiato da Andrea Damario.

S’aggiunga alla prima famiglia di manoscritti anche il Ravennate 381,11 contenente alcuni excerpta falsamente attribuiti ad Olimpiodoro. Il codice è stato fatto risalire al sec. XVII da Martin (1884) e Bernicoli (1895),12 e contiene una serie di brani tratti dal De mysteriis.

Giamblico può essere considerato il filosofo neoplatonico che più di ogni altro ha assimilato l’influenza della tradizione caldaica e che, attraverso l’assimilazione di questa alla filosofia di Platone, ha conferito al contenuto degli Oracoli di Giuliano lo statuto scientifico di teologia platonica. Di ciò costituiscono piena testimonianza i numerosi passi del De mysteriis che richiamano gli Oracoli ai 28 libri dedicati espressamente alla teologia caldaica andati perduti.

Gli interessi di Giamblico risultano orientati maggiormente verso problemi di ordine religioso anziché squisitamente filosofico e sotto questo profilo egli si inserisce perfettamente nel contesto culturale del suo tempo, nel quale il pensiero filosofico – e in particolar modo quello neoplatonico – assume un carattere piuttosto pratico, dominato dalla preoccupazione (non tanto di quella ‘felicità’ precedentemente apostrofata dall’autrice ‘citata…) della purificazione dell’Anima e dell’unione con la Divinità.

La via che conduce a tale unione implica la pratica di tutti quei riti contemplati dalle dottrine religiose di origine orientale, ivi comprese le pratiche divinatorie e i misteri teurgici finalizzati, appunto, alla purificazione dell’Anima. Il Pensiero di Giamblico a questo riguardo è in verità abbastanza complesso e in parte, talvolta, anche contraddittorio. Nel De mysteriis, infatti, si legge che l’uomo ha due anime:

‘L’una derivata dal primo intelligibile e partecipa anche della potenza del demiurgo; l’altra ingenerata in noi dal movimento dei corpi celesti in cui entra l’anima che contempla dio’. (De mysteriis VIII)

(M.P. Barbanti)




[Ora quest’Anima la quale contempla e nel qual tempo contemplata Frammento del Dio, la quale soggetta e assoggettata a vari interpretazioni per cui anche ciò che, al meglio o al peggio, per medesima ugual natura gli appartiene; può essere ancor meglio esplicitata e dedotta compreso il linguaggio con il quale coniugare ciò che per sua indelebile Natura al meglio, e come già detto, indistintamente gli appartiene...

…Per quanto riguarda un aspetto ‘antropologico’ quindi scientifico con cui coniugare non solo l’uomo ma l’intera Natura da cui nato compresa l’Universo da cui la stessa Madre (…) grazie all’Evoluzione perfezionata, circa i termini della dovuta comprensione adottati non meno quelli di simmetrica connessione per chi alla medesima fonte probabilmente si è dissetato, non intendiamo né rimuovere né escludere nessun contesto o singolo Frammento ove cotal bisogno - non tanto di felicità - ma innato istinto di sapere nato neppure estraneo al mondo inanimato, giacché per nostra ed altrui Universale appartenenza e natura ugualmente aspiriamo alla Luce quanto alla Vita, e questa in diversi modi difesa coniugata tradotta migliorata nonché e per ultimo, interpretata; seppur da opposta immateriale consistenza nata.




…Ed altresì in questa comune prospettiva non escludendo o tantomeno subordinando o tacendo quanto per difettevole carente natura e con essa presunta cultura, escluso, o ancor peggio, esplicitato circoscritto e sacrificato quale irrimediabile irreversibile ‘povertà di mondo’ (di cui il Dalai Lama ha enumerato talune cifre in ugual opposta materia dalla Weil dedotta) e relativa inconsapevolezza di potervi partecipare solo qual ‘atto’ subordinato all’altrui inferiore ‘umana’ volontà per medesimo atto ed istinto condiviso solo qual sacrificio o animata-inanimata ugual materia da cui la dovuta sopravvivenza.

Univoci linguaggi glutterati da cui nati.

Traduco; abbiamo accennato attraverso i capitoli del presente Sentiero non certo la volontà della Cima riducendo così la presunta salita nei termini propri in cui cotal aspirazione si snoda rendendola in ugual medesimo Tempo acrobatica evoluta aspirazione, o, regresso intendimento affine al cammino in cui l’uomo retto ed evoluto provenire da un Passo certamente inferiore: chino a quattro zampe divincolarsi da medesimo mare fino ad una Cima stratificato ed in cui tutte le precedenti vite da cui nati appartenenti al comune linguaggio: abbiamo nuotato volato strisciato camminato ed arrampicato sino al medesimo Creato fin sulla cima evolutiva, ‘intendendo’ ed altresì ‘intuendo’, oppure ‘sottintendendo’ ed anche ‘tacendo’, una presunta conquista così come prima di noi erroneamente s’era pur evoluta la vita.

…Potremmo anche noi rappresentarne la dotta eccezione e non certo equazione, e bensì non la regola specchio della vera superiore intelligenza…

Attendiamo responso dal Cielo così come in Terra!




Al contrario; esulando i termini propri di siffatta pretesa, analizzando e decifrando il Sacro attraverso una propria - non certo circoscritta quantunque sintesi, quanto ‘globale’ dispiegamento di conoscenza in cui le ‘fonti’ apportano un senso comune per l’intendimento e dovuto conseguimento della Verità e mai Golgota della Cima. E con lei, i molteplici termini con cui una o più simmetriche Verità si congiungono alla Storia dall’asimmetria in cui nata ed evoluta, facendo dispiegare una invisibile tela, e non certo ragnatela, con cui assicurarsi nei limiti e crepacci o difficoltà di medesima materia qual corda, per non rimantenerne impigliati nella trama al pari… d’una fitta ragnatela. Per meglio raggiungere in medesimo globale istinto ed atto ‘con e nella’ Natura disquisito immagine del Dio che così magnificamente l’ha pur pensata, decifrarne quanto perso, quindi antropologicamente o evolutivamente parlando, estinto, per propria natura o difettevole altrui dotta limitata materia.

Quindi e al contrario e a ritroso di come si procede in un determinato contesto culturale ritenuto specchio dell’evoluzione, o peggio del progresso, quanto della Verità (giacché come l’Anima e la disquisizione che gli appartiene connesse ad una duplice natura come dal Giamblico delineato…) una delle tante Verità apostrofate, rimosso a beneficio di false deduzioni.




Possiamo disquisire sull’intendimento e dispiegamento circa Anima Intelletto e Spirito… e Dio, ma di certo non possiamo sottrarci dalla costante volontà di ricerca la quale intende nella salita di medesimo Sentiero cancellato ‘assicurato’ nei termini propri di quella corda tradotto nella volontà cui sembra accennare anche la mitologia.

Ed in cui la Storia ancora afflitta!

…Certamente l’interpretazione dell’Anima può risolversi dispiegarsi come annodarsi o peggio avvinghiarsi in vari intendimenti e procedimenti, rilevando non tanto il paradosso, semmai come gli stessi se pur distinti, medesimi in secolari disquisizioni le quali certamente non esulano sulla Natura di identico Dio trattato, giacché l’avvento della religione cristiana ne ravviverà, o al contrario, limiterà intento ed intendimento, ed in cui, altrettanti valenti dottori di chiesa in veste di filosofi, si alternano e dibattono circa medesima materia nella dovuta ortodossa eretica o pagana dottrina… circoscritta…

Riducendo la corda allo zero in cui posta fors’anche nata, sia per propria mano che altrui tempio. E Dio per proprio conto ritirarsi all’Olimpo in cui assiso e malriposto per ogni Elemento divenuta avvelenata materia avvolgere la spirale donde l’immateriale Pensiero nato formare il baratro della spirale non più equiangolare ‘con ed in cui’ dedotto e nella materia apostrofato, bensì contraria spirale scavare morta materia solo per affliggerne l’essenza.  




Ora tutte queste disquisizioni riconoscono un comune denominatore della materia trattata e non tanto nella progressione del numero qual scienza divina, almeno come esplicitata e dedotta dalla Weil, ma nel velo che tale esplicitazione conserva nel proprio codice genetico.

Ossia; per quel poco, qual Nessuno che sono ed ero, permettermi in siffatta disquisizione, nell’affermare altresì per come ho letto e interpretato la Teologia del divino Pitagora celare, come intenderebbe il Rossetti, non una paradossale condizione di come questa si risolve e dispieghi nella materia, accrescendo la Natura del Dio, bensì al contrario, come manifestandola nelle dovute divine proporzioni, in verità e per il vero, ne celi ed in qual tempo accresca il vero e più profondo divario e significato circa medesima verità teologica enunciata. 




Per cui rapportandolo all’Armonia della musica come i due precedenti accademici disquisivano e ne discutono ancora, sottolineo tra l’altro che la vastità degli argomenti trattati non sono di dominio comune, ovvero, la storiografia tende a mutarne e rimuoverne i distintivi tratti ‘nel e del’ Sacro armonizzato, facenti parte non solo dell’Armonia, ma in toto quell’Armonia la quale indistintamente conserviamo qual Gene derivato specchio ed immagine d’un primordiale creato; ossia non distinti da quanto creato, ma facenti parte  dell’Anima ampiamente disquisita, e non solo per la felicità impropriamente dall’autrice sopracitata qual presunta formula filosofica nell’atto di oggettivare un argomento sì vasto nel procedimento non certo mutato pur se convinti del contrario, giacché non....  














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