giuliano

giovedì 6 giugno 2013

UN ALTRO OMICIDIO (un giorno da ricordare 5/6/1968) (2)






































Precedente capitolo:

un altro omicidio (un giorno da ricordare: 5/6/1968)












Prima di scendere nella sala da ballo Kennedy si rivolse a John Lewis
ed esclamò:
- Oggi ha mancato il colpo. I messicani-americani che mi hanno vota-
to sono più dei negri.
Tutti risero.
- Aspettatemi,
riprese Kennedy,
- Torno tra quindici o venti minuti.
Lewis si ricorda che aveva un'aria così felice che sembrava potesse
uscire dalla stanza senza sfiorare il pavimento.
Alcuni degli amici e alcuni membri dello staff di Kennedy rimasero
nella suite per seguire il discorso alla televisione, preferendo evitare
il chiasso e gli spintoni della Embassy Ballroom.




Ma le persone che lo accompagnarono erano abbastanza numerose
da creare un ingorgo nel corridoio che portava agli ascensori. Là si
imbatté nella figlia undicenne, Courtney, e mentre tutti lo aspettava-
no, trascorse vari minuti a chederle della sua giornata.
Si fermò anche a parlare con l'opinionista Joseph Kraft, che gli ave-
va suggerito di abbandonare le primarie e assicurare il suo appoggio
a McCarthy per poi passare a Humphrey nel momento in cui Mc-
Carthy avesse perso la nomina. Kraft aveva sostenuto che alla scon-
fitta di Humphrey contro Nixon, Kennedy si sarebbe trovato a con-
trollare tutto il partito.




- Adesso è in trappola,
scherzò Kraft, intendendo dire che dopo aver vinto in California
avrebbe dovuto portare avanti la campagna della Convention.
Comprendendo bene cosa intendeva, Kennedy sorrise e annuì con
il capo.
Poiché i risultati avevano tardato ad arrivare, molti si trovavano nel-
la Embassy Ballroom da diverse ore. Il clima iniziale era esuberante
ormai in procinto di divenire isterico, e in seguito alcuni dei presenti
avrebbero ricordato una folla 'piena di un'energia quasi animalesca'
e una 'violenza repressa che faceva paura'.




A mezzanotte, quando Kennedy finalmente si avvicinò al microfono,
i più giovani dei sostenitori che avevano collaborato attivamente alla
campagna si scatenarono ballando una conga, gridando:
- Fagliela vedere Bobby!;
altri aspettavano le chitarre, saltellando e cantando:
- This man is your man. This man is my man. This man is....Robert
Kennedy...
Kennedy parlò per circa un quarto d'ora a braccio, lanciando ogni
tanto uno sguardo sugli appunti che gli aveva messo in mano Frank
Mankiewicz. Il discorso aveva lo stesso tipo improvvisato di chi
viene premiato agli Oscar:



senza seguire un ordine particolare ringraziò Jesse Unruh, sua so-
rella e suo cognato, Steve e Jeane Smith, la madre 'e tutti i vari
Kennedy', il cane Freeckles ed Ethel.
Scherzò sul fatto di avere citato Freckles prima della moglie, ma ri-
badì a quel cane inglese ci teneva.... Poi ribadì il suo impegno ad
aiutare 'coloro che ancora soffrono la fame negli Stati Uniti e in tut-
ti i luoghi del mondo' e, preoccupato di dilungarsi troppo, continuò
con un 'Se posso rubare ancora un minuto o due del vostro tempo'.
Voleva dare la sensazione a tutti i presenti di andare a braccio, di
improvvisare, ma così non era, era parte del copione studiato con
il suo amico Frankenheimer....




Seguì quindi il consiglio di Schulberg e ringraziò 'tutti i miei amici
della comunità nera'.
Dopo avere nominato César Chavez e Dolores Huerta aggiunse:
- Abbiamo certi obblighi e responsabilità nei confronti dei nostri
concittadini, ne abbiamo discusso ampiamente nel corso di que-
sta campagna,
e promise di tenere fede alle sue promesse una volta presidente.
Finalmente, con un gran sorriso stampato sul volto, in piedi ac-
canto a Ethel disse:
- Così ringrazio tutti voi, ora partiamo per Chicago, andiamo a
vincere anche lì....




Poiché queste furono le ultime parole pronunciate da Kennedy
in pubblico - parole che coglievano in modo perfetto l'atmosfera
di trionfo del momento - nei giorni successivi vennero messe in
onda più volte e sono diventate uno dei Leitmotiv dei documen-
tari sugli anni sessanta.
Dopo avere fatto con la mano il segno della V per vittoria di
Churchill, lasciò il palco mentre il pubblico gridava:
- Vogliamo Bobby! Vogliamo Bobby!
A questo punto infranse la propria regola di uscire sempre dalla
sala attraversando la folla, permettendo al vicemaitre d'hotel Karl
Uecker di prenderlo sottobraccio e guidarlo verso i locali della
dispensa.




Bill Barry aveva dato per scontato che Kennedy sarebbe uscito
come al solito attraverso la sala e si era già avviato per fargli
strada tra la folla.  
Quando si accorse che Kennedy si stava avviando verso la di-
spensa, fece dietrofront e lo seguì.
La ragione per cui Kennedy optò per questa via d'uscita non è
chiara. Forse la frenesia della folla aveva turbato e spaventato
persino lui, o forse dopo essere stato strapazzato dalla gente
per 82 giorni, voleva semplicemente tirare il fiato, oppure era
impaziente di sbrigare l'incontro in programma alla Colonial
Room con i giornalisti della carta stampata, per potersi dirigere
al Factory, per la festa della vittoria.




Successivamente Dutton si sarebbe rimproverato di non avere
obiettato a questa decisione dell'ultimo momento:
- Me ne sono sempre fatto una colpa...
ha confessato.
Mentre Kennedy si dirigeva verso le cucine, vide Paul Scrade,
uno dei suoi primi sostenitori e direttore regionale della United
Auto Workers, e lo chiamò:
- Paul, voglio che tu e Jess veniate con me.
Schrade pensava intendesse di accompagnarlo alla Colonial
Room, Seguendo Kennedy nella dispensa si ripeteva:
- E' per questo che abbiamo lottato, Sarà presidente.




Mentre Kennedy si allungava sopra uno dei tavoli da lavoro
per stringere la mano a uno dei membri del personale delle cu-
cine, il braccio di un giovane palestinese con il nome uguale al
cognome, Sirhan Sirhan, sbucò dalla folla: puntò una pistola al-
la testa di Kennedy e fece fuoco....
I colpi ricordarono ad alcuni dei presenti il rumore dei petardi
di Chinatown..., ma nessuno li scambiò per botti inoffensivi.
- Sono stato in fanteria durante la Seconda guerra mondiale,
avrebbe poi comunicato Dutton,
- e capii immediatamente di cosa si trattava.




Sirhan adoperò una calibro 22, un'arma che non produce neces-
sariamente ferite mortali anche usata a distanza ravvicinata, non
certo l'arma preferita del killer professionista.
Era vicino quando sparò e uno dei chirurghi che operò Kennedy
dichiarò che se la pallottola fatale lo avesse colpito anche solo un
centimetro più indietro, sul capo, sarebbe sopravvissuto e si sareb-
be ripreso entro qualche settimana, in tempo per riprendere la ...
campagna.




Quando si udirono gli spari già parecchie persone si trovavano
nella dispensa, che si riempì in un attimo.
Frank Mankiewicz si appoggiò alla schiena di qualcuno e pianse.
John F. Kennedy e Martin Luther King Jr, e con loro molti altri,
erano stati abbattuti a distanza con carabine di precisione, come
cervi ad una battuta di caccia....
Perché ai profeti... si spara......
(T. Clarke, L'ultima campagna)















Nessun commento:

Posta un commento