giuliano

lunedì 10 ottobre 2016

FUGGIRE LA MISERIA (lo Straniero) (10)


















Precedenti capitoli:

Fuggire la miseria (9/1)

Prosegue in:

Fuggire la miseria (11)














Avevo una camera al primo piano, la camera migliore tra quelle destinate... agli
stranieri. Là, per il vero, facevo i miei tentativi....
Mi avevano lasciato indisturbato dopo quella prima sera in cui mi ero presentato
col denaro e avevo potuto pagare il conto. In tutto quel tempo avevo sperato di
portare a termine un libriccino e un articolo su questo o su quell'argomento per
poter pagare la camera e gli altri debiti.
Perciò lavoravo con tanto accanimento. Avevo incominciato un racconto d'ap-
pendice dal quale speravo molto, l'allegoria di un incendio in una libreria, un pen-
siero profondo che volevo elaborare con la massima diligenza per sdebitarmi
col Commendatore: il quale doveva accorgersi di aver a che fare con un vero in-
gegno.
Non avevo il minimo dubbio che se ne sarebbe accorto.
Si trattava solo di aspettare che mi venisse l'ispirazione. Perché non doveva ve-
nirmi l'ispirazione alla prima occasione?
Ora stavo bene.
La padrona mi dava ogni giorno un paio di tozzi di pane, la mattina e la sera.
Il mio nervosismo era quasi scomparso....
Quando scrivevo non occorreva più che mi fasciassi le mani contro il freddo, e
dalle finestre del primo piano potevo guardare nella strada senza che mi venisse
il capogiro.
La mia situazione era migliorata di molto in tutti i sensi e mi stupivo addirittura
di non essere stato ancora capace di portare a termine l'allegoria... Non capivo pro-
prio da che cosa dipendesse....




Un giorno finalmente dovetti accorgermi fino a qual punto fossi indebolito e come
il cervello lavorasse pigramente e senza rendimento. a mia padrona era salita da
me con un conto. Mi pregò di rifare le somme perché, diceva, in qualche punto
ci doveva essere un errore; le somme non concordavano con i suoi libri e lei non
era riuscita a scoprire lo sbaglio.
Sedetti e incominciai a sommare...
La padrona era seduta di fronte e mi guardava. Sommai le venti voci del conto
prima dall'alto al basso e trovai che il totale era giusto, poi dal basso all'alto e ar-
rivai al medesimo risultato. Guardai la donna davanti a me che aspettava il mio re-
sponso e in quella notai che era incinta: questo particolare non mi sfuggì, eppure
non l'avevo osservata attentamente.
- La somma è giusta,
dissi.
- No. Fate il piacere di controllare numero per numero,
rispose.
- Non può esser tanto. Ne sono sicura.




Mi misi dunque a rivedere voce per voce: due pani a 25 cadauno, un vetro da lam-
pada 18, sapone 20, burro 32... non ci voleva davvero una testa molto sveglia per
ripassare quelle colonne di numeri, quel piccolo conto da bottegai tutt'altro che mi-
sterioso, e io tentai ostinatamente di scoprire l'errore, ma non lo trovai, MA LA
BOTTEGAIA CON OCCHIO DA CARNEFICE.. INSISTEVA....
Dopo essermi accapigliato qualche minuto coi numeri mi accorsi purtroppo che tut-
to mi si confondeva nel cervello. Non sapevo più distinguere il dare dall'avere e ri-
mescolavo ogni cosa, finché mi arenai del tutto e precisamente a questa voce: lib-
bre 3 e 5/16 di formaggio a 16.
Il cervello mi s'impuntò e io stetti a guardare stupidamente quel formaggio senza
poter avanzare di un passo.....
- Accidenti, com'è scritto male!
esclamai disperato.
- Qui c'è scritto: cinque sedicesimi di formaggio, proprio così. Non s'è mai visto!
Guardate anche voi!
- Vedo,
rispose la padrona.
- Così scrivono sempre i salumieri e i macellai. E' formaggio nostrano. Va benissi-
mo. Cinque sedicesimi sono mezzo etto... su via si spicci che ho molta fame.. solo
a vedere sto' conto....
- Sì, sì, capisco,
la interruppi. In realtà non ci capivo un'acca e mi provai di nuovo a risolvere il que-
sito. Qualche mese prima l'avrei risolto in un minuto. Tutto sudato stavo studiando
quelle cifre misteriose, stringevo le palpebre per concentrare il pensiero e far ve-
dere che cercavo la soluzione di quel pasticcio....




.. Ma dovetti rinunciare....
Quel mezzo etto di formaggio (transitato lì quasi per caso...) fu la mia rovina.....
Avevo la sensazione che nel cervello qualcosa mi si fosse spezzato. Ma per dare l'-
impressione che stavo ancora calcolando muovevo le labbra, pronunciando ogni
tanto un numero e tutto intontito facevo scorrere gli occhi sul conto come se mi
stessi avvicinando al totale.
La signora aspettava....
Infine dissi:
- Ecco... ho ripassato tutto ancora una volta da cima a fondo, ma lo sbaglio non
lo trovo proprio.
- No?,
domandò la padrona.
- Davvero?
Ma capii che non mi credeva. E nel tono che assunse mi parve di sentire una sfu-
matura di disprezzo. In un tono così indifferente non mi aveva mai parlato. Osser-
vò che probabilmente non avevo molta pratica di sedicesimi. Soggiunse che si sa-
rebbe rivolta a qualcuno che se ne intendesse perché le controllasse il conto. E
non lo disse in tono offensivo, per ferirmi, no, era soltanto seria e pensierosa. E
quando fu sulla soglia per uscire disse ancora senza guardarmi:
- Scusate se vi ho... rubato un po' di tempo..,
E se ne andò....
Poco dopo la porta si aprì e vidi rientrare la padrona. Poteva essere arrivata solo
in fondo al corridoio...
- Già, quasi mi dimenticavo,
disse.




- Non abbiatevene a male. Ma ora mi pare di essere in credito. non siete venuto
esattamente tre settimane fa? Credo che sia esatto. Sapete, non è facile sbarcare
il lunario ho una famiglia così numerosa.. ed i miei piccoli,  li vedete, hanno sem-
pre fame. Purtroppo non posso tenere clienti a credito....
La interruppi:
- Ma voi sapete che sto scrivendo un libro e un breve articolo. Appena arrivo in
fondo avrete quello che vi è dovuto. Potete stare tranquilla.
- Già, ma in fondo a quell'articolo per non parlare del vostro misterioso libretto...
voi non arrivate mai...
- Credete? Può darsi che l'ispirazione mi venga già domani. Forse magari questa
notte. Non è affatto impossibile che mi venga durante questa notte. E allora il ca-
polavoro è finito... Tenete presente che il mio lavoro non è un lavoro come gli altri.
Io non posso mettermi a sedere e fornire ogni giorno una data quantità di lavoro.
Devo aspettare il momento giusto. E nessuno al mondo può prevedere il momento
in cui mi verrà l'ispirazione. Bisogna aspettarla. 
La padrona uscì risoluta e compiaciuta, mi aveva avvertito...
Appena fui solo mi cacciai le mani nei capelli.
Oh, non c'era più salvezza, nessuna salvezza, nonostante tutto!
Il mio cervello era stato del tutto svalutato (e il mio cuore appeso all'uncino di un
macellaio...). Ma ero davvero un cretino se non ero capace di calcolare il valore di
un pezzo di formaggio.. per topi....
Con questi pensieri mi affacciai alla finestra che dava sulla Vognmansgate.....
Giù nella strada alcuni ragazzi vestiti poveramente giocavano tirandosi una bottiglia
vuota e sollevando un putiferio di grida. Vicino a loro passò lentamente un carro di
masserizie: certamente una famiglia sfrattata che doveva cambiare casa senza aspet-
tare l'epoca dei traslochi.
I ragazzi continuavano fra una bottiglia e l'altra.... la rissa....

(K. Hamsun, Fame)

















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