giuliano

sabato 4 ottobre 2014

MENTRE CRESCEVO (10)










































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Quando siamo tristi, e non possiamo più sopportare la vita, un albero può dirci: sta’ calmo! Guardami! Vivere non è facile, vivere non è difficile. Questi sono pensieri puerili. Lascia parlare Dio in te e questi Pensieri taceranno. Tu sei angosciato perché il tuo cammino ti porta via dalla madre e dal padre e dalla casa. Ma ogni passo e ogni giorno ti portano nuovamente incontro alla Madre. La tua casa non è questo o quel posto (tu sei Straniero a questo mondo….).
… La tua casa è dentro di te!




Per questo io desidero far conoscere e apprezzare ai contemporanei, in un’opera poetica più ampia, la grandiosa, muta via della Natura!
Volevo insegnar loro ad udire il battito del cuore della Terra, a partecipare alla vita del Tutto e a non dimenticare, nell’urgenza delle loro piccole e meschine sorti, che noi non siamo padroni del mondo, autocrati, ma figli della Terra e del cosmico Tutto. Volevo ricordare a questo proposito che come i canti dei Poeti e come i Sogni delle nostri notti, anche fiumi mari, nuvole e tempeste sono simboli e modi di quell’anelito che stende le sue ali tra cielo e Terra, e il cui fine è l’indubbia certezza del diritto di cittadinanza e dell’immortalità di ogni cosa vivente.
Ma io volevo anche insegnare agli uomini a trovare nel fraterno amore per la Natura fonti di gioia e flussi di Vita; volevo predicare l’arte di osservare, di camminare e godere, il piacere della presenza e di esistere. Volevo far parlare per voi, in un linguaggio di forte attrattiva, montagne, mari e isole verdi, e volevo costringervi a vedere quale vita incommensurabilmente varia, attiva, fiorisce e trabocca ogni giorno fuori dalle vostre cittadine esistenze. Volevo arrivare a farvi vergognare di sapere di più di guerre tra lontane potenze straniere, di moda, di pettegolezzi, di letteratura e di arti, che non della primavera che fuori delle vostre città espande la sua irrefrenabile forza germinatrice, del fiume che scorre sotto i vostri ponti, dei boschi e degli splendidi prati tra cui corre la vostra ferrovia.




Speravo d’insegnarvi a essere legittimi fratelli di ogni cosa vivente, e di diventare così pieni d’amore da non temere più neppure il dolore e la morte, ma che questi venissero accolti solennemente e fraternamente come solenni fratelli, quando fossero venuti a voi. Tutto questo speravo di rappresentarlo non in inni o in canti epici, ma in modo semplice, verace e concreto (composto in armonia con la Natura), tra serio e scherzoso, come un Viaggiatore che, tornato a casa, racconta agli amici cose di fuori….
Volevo…. Desideravo…. Speravo…. 




… Già da bambino avevo l’inclinazione a cogliere forme bizzarre della Natura non da osservatore, ma abbandonandomi al loro originale fascino, al loro originario capriccioso (e non certo al capriccio di un bambino che urla malesseri terreni e sprovvisto del dono della magia della Natura, e cerca di appropriarsi e ricreare una Natura estranea all’originario disegno del Primo Dio…), profondo linguaggio (linguaggio che esula da linguaggi di altri ed estranei Programmatori, estranei per sempre al mondo della Natura che ora sto’ ammirando….).
Lunghe, legnose radici d’albero, venature colorate nella pietra, foglie galleggianti sull’acqua, incrinature di cristallo – tutte queste cose talvolta avevano avuto un gran fascino, soprattutto l’acqua e il fuoco, il fumo, le nuvole, la polvere, e in modo particolare le roteanti macchie di colore che vedevo quando chiudevo gli occhi. La contemplazione di simili disegni, l’abbandonarmi a forme della Natura irrazionali, capricciose, strane genera in noi un senso di concordia del nostro Io interiore con la volontà che fa esistere queste forme – noi proviamo subito la tentazione di considerale nostri capricci personali, nostre personali creazioni. 




Vediamo vacillare e vanificarsi il confine tra noi e la Natura e sperimentiamo uno stato d’animo in cui sappiamo se le immagini sulla nostra retina provengono da impressioni esterne o dall’interno (chi interferisce e interviene in maniera estranea in questo processo di Creazione e Rigenerazione, o vuole condizionarne il fine, appartiene ad un mondo a noi non attinente, e forse non solo a noi: un mondo dove questa ‘natura’ se di natura possiamo parlare, non conosce la potenza e la superiorità di Dio, il suo Tempo, il suo Primo Sogno. Lascio all’ingordo Secondo l’illusione di un mondo ove crede di possedere e controllare quanto neppure comprende, lascio al suo misero Tempo questo ‘sogno di potenza’…). 




In nessun altro caso come in questa operazione (Gnostica) noi scopriamo in modo altrettanto semplice e facile fino a che punto siamo eterni Creatori (di Mondi e Universi…), quanto è grande e continua la partecipazione della nostra Anima alla stabile edificazione del Mondo. O piuttosto, è la medesima indivisibile divinità e nella nostra Natura (e chi si prodiga anche con i mezzi più antichi come la persecuzione, in realtà odia per il vero il gesto continuo della Natura Creatrice…), e se il mondo esterno perisse, uno di noi sarebbe capace di Riedificarlo, perché la montagna, il fiume, l’albero e la foglia, il cielo e l’aria, tutto quello che è formato in Natura è in noi come immagine archetipica, proviene dall’Anima, la cui essenza è eternità, la cui essenza ci è sconosciuta, ma che se si rende sensibile a noi soprattutto come capacità d’amore e come energia creativa (lascio agli inquisitori il triste compito estraneo ad ogni Natura di mortificare il Dio incarnato nell’atto della creazione....).  

















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