giuliano

lunedì 9 luglio 2018

IL TEMPO & LA MEMORIA (8)












































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... Con quel vecchio signore che, in seguito, mi adottò. Capii che avevano parlato delle mie peregrinazioni notturne.
‘Il tuo corpo è ancora immaturo. Non puoi portarlo con te, perciò ti legherò’, disse il vecchio signore quando prese ad avviarsi verso casa conducendomi per mano e ansando stranamente in cerca d’aria dopo aver pronunciato ogni frase…..

(G. Meyrink, Il Domenicano Bianco)

… La credenza nelle influenze dei Dèmoni quale noi la troviamo nei libri più recenti del ‘Vecchio Testamento’ greco, nel ‘Nuovo Testamento’ e negli scritti giudaici dell’epoca imperiale, si sviluppò relativamente assai tardi presso gli Ebrei. Ma al tempo in cui furono scritti quei libri, essa era in pieno fiore. Nella stessa epoca all’incirca, essa cominciò a prevalere anche presso i Greci ed i Romani: come e perché ciò accadesse non è stato ancora ben chiarito. Certo, nessuno oserebbe affermare che la credenza nei Dèmoni, in quella forma che troviamo diffusa ovunque nell’impero del II secolo in poi, sia dovuta unicamente ad influenze giudaiche o cristiane, tuttavia, queste religioni avranno, senza dubbio, contribuito ad agevolare la recezione di quella credenza…
La caratteristica della credenza nei Dèmoni nel secolo II consiste anzitutto in questo, che gli strati sociali più bassi ed oscuri essa sale ai più elevati, penetrando anche nella letteratura, di guisa che essa va acquistando socialmente una importanza di gran lunga maggiore di prima; in secondo luogo, non c’è più accanto ad essa una pubblica religione forte e sincera, che sia capace di tenerla in freno; aggiungi che l’idea di ‘Dèmone’, per l’addietro concepito unicamente come potenza sovrumana, moralmente indifferente e indeterminata, si determina ora nel senso di potenza maligna; e, finalmente, è da notarsi l’applicazione individuale della nuova credenza, che porta seco come conseguenza anche la malattia psichica dell’‘ossessione’.
Raccogliendo insieme questi momenti caratteristici, se ne induce che la straordinaria diffusione della credenza nei Dèmoni e la frequenza dei casi di ‘ossessione’ si possono ricondurre all’azione combinata di queste cause fondamentali, ben note, cioè: il discredito in cui caddero le vecchie religioni nell’età imperiale; l’anarchia morale e l’abbandono in cui vennero a trovarsi gl’individui, messi ormai alle prese col proprio intimo e con la propria responsabilità. Non più trattenuto e regolato da alcuna tradizione, l’uomo errava tra i Frammenti senza vita delle vecchie credenze, tra l’ammasso caotico d’idee tramandategli da un mondo in decadenza, scegliendo, nella sua irrequietezza, or questa or quella, finché spinto da paura e da speranza, cercava un rifugio illusorio o cadeva addirittura nel regno dell’assurdo (incompreso regno dei Misteri… cui Giuliano l’Apostata fu l’ultimo porto e baluardo, faro in difesa di quel mondo che rischiava il definito naufragio nel mare del ‘nuovo’ che avanzava ed appariva, al contrario, incomprensibile e contraddittorio nelle sue speculazioni ‘filosofiche’: principi e regole di vita che ad un filosofo imperatore dovevano apparire il naufragio dell’impero edificato sulla Legge nel nome  dell’antico obbligo sacerdotale-regale di seminare ed amministrare il retto sapere e la ‘retta via’ nell’anima e nella coscienza del suo popolo. Dovere morale e spirituale non certo ‘nuovo’ nel mondo greco a cui Giuliano faceva costante riferimento aggiungendo quel senso ‘gnostico’, ed, a mio parere, Eretico in seno al ‘nuovo’ che ‘prevedibilmente’ avanzava nel calendario della Storia; in riferimento a dei ‘principi’ che ‘filosoficamente’ celati nel Mito, oppure dichiaratamente ‘logici’ ed ‘imprescindibili’ nelle loro ‘asserzioni’, ne ribadiva la paternità ‘antropologica-storica’ e la superiorità logico-morale. Rispetto ad un ‘nuovo’ senso morale (cristiano) dichiarato un ‘pericolo’ per l’impero. Giuliano posseduto dai sui innumerevoli Dèmoni cercava una speranza ‘nuova’ per il ‘vecchio’ che affogava o trasmutava in altro; dell’‘altro’ aveva compreso in senso ‘gnostico’ ed ‘Eretico’ che nulla di nuovo nasce nel ‘sacrificio’, ma ciò che è, è sempre stato nella costante lettura del Mito. Il ‘filosofo’ riconosce(va) la religione del nuovo Profeta ucciso per mano romana su pressante richiesta del popolo che lo aveva partorito materialmente ma non certo spiritualmente, ma nell’intimo del ‘pagano’ vive(va) un ‘doppio conflitto’, specchio di mutevoli secoli di transizione spirituale e morale, di cui la Storia per mano e bocca di taluni Dottori della futura Chiesa ne travisa il messaggio e la volontà di convivere nella dichiarata tolleranza di intenti e finalità. Finalità che coincidevano nella volontà di ‘forgiare’ quell’uomo retto e ligio alle regole morali delle quali fu estremo ed indiscusso difensore. Convivenza e tolleranza, questa fu la ‘strada bianca’ di Giuliano, il suo Dèmone, la sua volontà tradita ed incompresa nonché travisata dalla Storia dei vincitori, riducendo secoli di Storia (pagana e non) ad una ‘infame calunnia’…- Autore del blog -). 





(A.V. Harnack, Missione e propagazione del Cristianesimo)

La prima prova che questo nell’uomo non è frutto di insegnamento, ma esiste per natura, è lo spontaneo anelito al divino che noi troviamo a livello pubblico e privato, tra individui e popoli. Ognuno di noi crede spontaneamente in un’entità divina, ma la conoscenza precisa su di essa non è per tutti facile, né è possibile per chi l’ha raggiunta comunicarla a tutti… a questa intuizione universalmente diffusa se ne aggiunge un’altra. Noi uomini siamo tutti così uniti per natura al cielo e agli dei che in esso appaiono che, se si immagina la presenza di un altro dio, lo si fa abitare senz’altro in cielo, non per separarlo dalla terra, ma per collocare per così dire il sovrano di tutto in quel luogo più onorevole, nella convinzione che egli osservi dall’alto le vicende terrene.
  Sta ora a sentire cosa dice Platone del cosmo.
“ Dunque il cielo tutto o cosmo – chiamalo pure con qualunque altro nome lo si possa chiamare – è esistito sempre, senza principio alcuno o è nato traendo la propria origine da un inizio?
E’ nato.
E’ infatti visibile, tangibile, corporeo. Simili esseri sono oggetto di sensazione, percepibili all’opinione accompagnata dalla sensazione.. se dunque bisogna parlare secondo logica, bisogna dire che questo mondo, essere fornito di anima intelligente, è veramente nato grazie alla provvidenza divina”.
Mettiamolo solo a confronto punto per punto quale discorso e di che tipo fa dio secondo Mosè e quale secondo Platone.
“E dio disse: facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza. Ed abbia dominio sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sulle bestie e su tutta la terra e su tutti gli esseri che si muovono sulla terra. E dio creò l’uomo e lo fece ad immagine di dio; maschio e femmina li fece, dicendo: crescete e moltiplicatevi e riempite la terra e assoggettatela. E abbiano dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, su tutte le bestie e su tutta la terra”.
Ora dunque ascolta anche il discorso di Platone, che egli attribuisce al demiurgo di tutto.
“ Dèi degli dei, le opere di cui io sono il demiurgo e il padre saranno indissolubili perché io lo voglio. Quel che è il risultato di un unione è tutto destinato a dissolversi, e sarebbe proprio di un essere malvagio voler separare quel che è ben connesso ed ha una buona struttura. Perciò, poiché siete nati, non siete immortali, né del tutto esenti dal disfacimento; d’altra parte è certo che non vi dissolverete e non incorrerete nella morte; voi avete nella mia volontà un legame più forte e più potente di quelli che vi avvincevano al momento della nascita. Ora ascoltate le parole che io vi rivolgo. Ci sono ancora tre specie mortali che non sono nate e finché queste non nascono il cielo sarà incompleto, perché non avrà in sé tutte le specie viventi. Ma se nascessero ed avessero la vita per opera mia, sarebbero simili agli dei. Perché dunque siano mortali e questo universo sia veramente completo volgetevi secondo la vostra natura alla formazione degli esseri viventi, imitando il potere mio nel generarvi, e quella parte di essi a cui spetta lo stesso nome degli immortali, che è detta divina e governa in essi quelle che sono sempre disposte a seguire la giustizia e voi, sarò io a seminarla, a darle inizio e a consegnarvela. Quanto al resto, voi, unendo il mortale e l’immortale, plasmate e generate i viventi, nutriteli, fateli crescere ed accoglieteli di nuovo al momento della morte”.




… Ma questo è forse un sogno?

Riflettete e rendetevene voi stessi conto.

Platone chiama dei visibili il sole e la luna, le stelle e il cielo, ma questi sono immagini di quelli invisibili: il sole che appare ai nostri occhi è immagine del sole intellegibile e invisibile, ed ancora la luna che appare ai nostri occhi e ogni stella sono immagini di quelle intellegibili.
Platone dunque sa che quegli dei intellegibili sono immanenti al demiurgo e a lui coesistenti, e che hanno avuto vita e origine da lui. E’ logico dunque che il demiurgo platonico dica ‘Dei’, quando si rivolge agli dei invisibili, ‘degli Dei’, cioè dei visibili. Demiurgo comune dei due ordini di divinità è colui che ha modellato cielo e terra, mare e astri dando vita nel mondo intellegibile ai loro archetipi.
Sta a vedere dunque che anche il resto è ben detto.
Rimangono – egli dice – tre specie mortali,  e si riferisce chiaramente agli uomini, agli animali e alle piante: ognuna di queste ha infatti caratteristiche proprie. Se dunque – egli dice – ognuna di esse nascesse grazie a me, dovrebbe necessariamente essere immortale. Gli dei e il mondo visibile devono infatti la loro immortalità unicamente al fatto di essere nati per opera del demiurgo.
Perché dice: la parte immortale (necessariamente esiste in essi per concessione del demiurgo, cioè l’anima razionale), che governa in essi quelle parti che sono sempre disposte a seguire la giustizia e voi sarò io a seminarla, a darle inizio, a consegnarvela, e per il resto provvedete voi a unire l’immortale al mortale?
Evidentemente perché gli dei demiurgici attinsero dal padre loro la potenza demiurgica e diedero vita sulla terra agli esseri viventi che sono mortali. Se infatti il cielo non doveva essere affatto diverso dall’uomo, dalle fiere, per Zeus, e infine dagli animali terrestri e dai pesci che nuotarono nel mare, unico e identico doveva essere il demiurgo di tutto. Se invece tra esseri immortali e esseri mortali c’è una grande differenza, che non cresce o diminuisce come accade per gli esseri soggetti alla morte e alla dissoluzione, né consegue che chi da  origine a questi è diverso da chi la da a quelli.

Che interesse ho io a citare qui come miei testimoni Greci ed Ebrei? 

 Non c’è nessuno che quando prega non alza le mani al cielo; se poi giura per un dio o per gli dei, se insomma.....

(Prosegue....)















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