giuliano

martedì 14 febbraio 2017

UN NUOVO PROGETTO: il matrimonio (14)




















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No!
E’ vero, non toccava a lei per prima, aprire il libro dei conti della vita, ed io non chiesi la contropartita…
Passai la sera in un caffè, per le strade proprio il giorno di San Valentino ultimo dei santi ultimo dei patroni ultimo dei luoghi ove avrei voluto stampare o scrivere un libro, meditavo per il vero il problema della decadenza…
Perché tanta pena lancinante alla vista di un uomo che cade!
Perché in ciò c’è qualcosa ‘contro natura’ almeno così ciarlano e scrivono giacché propria quella reclama vendetta per una verità negata: il falso ordine delle cose scritto nell’errata interpretazione della natura esige il progresso (ed io odio il loro progresso…), lo sviluppo, ed ogni passo indietro tradisce la ‘decomposizione’ delle forze nell’inganno della fine scritta nel ‘futuro’ al teatro ove scrivo il copione nel falso loro progredire: recita ad un palcoscenico odiato quanta la vista incompiuta che tal matrimonio suscita…




Così nella vita sociale, in cui ciascuno aspira all’alto materialmente e moralmente ne deriva il sentimento tragico dinanzi ad una caduta, tragica come l’autunno, la malattia, la morte. Questa donna, che non ha ancora trent’anni, che ho veduto giovane, franca, leale, forte, educata, eccola già degradata, caduta in basso nel giro di pochi anni… Ma in realtà appare in alto all’atto ove instancabile interprete dell’Opera incompiuta: orgasmo consumato e poi fugacemente rinnegato giacché la donna vittima del proprio ed altrui teatro…
Scusatemi non vado di fretta forse è lei cotal vergine appena venuta io solo vittima della sua furia… Io son lento e non posso rischiare proprio in questo giorno benedetto dal santo di turno un nuovo tribunale ove la parola come ben avete letto stampata e rivenduta nonché inquisita…
Comunque ebbe la tentazione di attribuire a me la colpa, per attenuare la sua ‘venuta’, il che mi avrebbe confortato, forse è la qualità non certo la quantità che si sposa con il tradizionale talento…




E questo è sicuramente vero!
Procediamo…
Perché non ero in grado, proprio per ciò appena detto, di eleggermi a capro espiatorio! Giacché ero io che le ispiravo il culto del bello, di ciò che è superiore, e generoso, reale, autentico, mentre lei adottava i modi incolti della serva, dei guitti, dei ciarlatani; io andavo nobilitandomi, apprendendo buone maniere dell’alta sapienza, lei si dilettava alla più infima deficienza spacciata per intelligenza…
Negli amori pensieri riflessioni gesti ed intenti ispiro linguaggio cortese, imponendomi la misura che ostacolano gesti e linguaggi, che frenano le emozioni: la scienza delle persone elevate.
Ma lei è solo carnale istinto, sì carnale in quanto ne fa ampio consumo e mai digiuno: banchetti ove gli istinti sempre appagati e il pensiero governato e conteso nel verbo fra un primo e un secondo elemento e meditate quel che dico perché non certo si ragiona di elevata filosofica coscienza, giacché tutto ciò che ne deriva una tavolata ‘follemente’ imbandita: a loro la magnificenza d’una panza priva di qual si voglia spirituale sostanza; a me l’Anima e il privilegio di ragionar per altro ed opposto istinto abdicato al misero osso nominato follia in codesto paradiso, ed ove, se pur nobile da una cameriera licenziato… Ed appeso su per un uncino alla macelleria della parola rivenduta ed incoraggiata dalla nuova scienza…




Sì è pur vero: nei miei amori conservo dei modi casti, riservati, sogni di altri tempi, con rispetto del pudore, attento sempre ad non offendere la bellezza e l’intelligenza non meno della convenienza, che fanno dimenticare il sottofondo animale di un’azione che per me è più un rapporto con l’Anima che col corpo, come appena detto e non recitato… alla stessa tavola ove disdico l’invito…
Così fedele al mio nome nei giorni successivi di questo innominato amore mi chiudo in biblioteca sperando che il vasto repertorio di questo ‘vocabolario’ da osteria non invada l’Eternità dello Spirito e Dio!
Porto tutto il lutto del mio amore di ugual colore non di una donna ma di una portiera… Amore superbo, folle e celeste!
Tutto defunto è sottoterra: per lei ossa e costole divorate e sacrificate nel fugace pasto in nome del suo Dio; per me Spiriti di altri tempi…




Sì proprio questo il nostro confine principio di codesto confuso delirio… Il campo di battaglia, dove si sono svolte lotte amorose, non campi di fragile primavera o bianco immacolato annuncio di un Dio, ma il sapore un po’ ubriaco del suo vino non certo gradito quando aleggia come un fumo denso nell’intervallo del Secondo… arrosto saporito…
Due morti, tanti, troppi feriti per soddisfare i bisogni sessuali d’una donna che non vale due scarpe rotte. Almeno avessero, i suoi appetiti, un fine che li giustificasse a parte l’istinto…, la procreazione…, almeno così dicono…
Sì è pur vero la odio!
Voglio dimenticarla!
Ora dicono che l’acclamata carriera teatrale è finita ed io pago le conseguenze: reclamano più emancipazione nonché fruttuosa procreazione e sesso inciso a codice a barre e rivenduto in ogni mercato senza per questo nominarlo con il vero nome che più gli si addice qual moneta coniata in questo pornografico sacrificio diluito per ogni parabola consumata in onor del progresso scusate ma che dico: dell’amore…
Ma la colpa è mia, perché lei si è sposata con me!




La parte che per lei avevo scritto è caduta nel dimenticatoio e per forza: l’aveva rovinata con un’interpretazione ad alto rischio acrobatico, per certe esibizioni bisogna aver cognizione dell’amplesso nominato progresso…. Ove l’amore finisce e si contorce ed avvinghia in un qualcosa di molto più meccanico, nulla del povero Cartesio che neppur chiamo in causa nel suo piccolo inferno, ma vera meccanica intrisa e distribuita ad orari industriali propizi ove la distribuzione sfiora l’orgasmo reclamato sul viso allietato e ben illuminato dell’iniziato…
Infatti proprio in quest’epoca comincia ad affacciarsi la grande baggianata denominata ‘questione femminile’, frutto di una commedia scritta dal trombone norvegese. La monomania delle ‘donne’ soggiogate dal maschio cattura i rammolliti. Non mi lascio raggirare, perciò vengo tacciato di misoginia…
Durante una lite, in cui mi sono permesso di dire alla diletta amata in questo giorno a Valentino dedicato, si esibisce in una scena di grande isteria. Ed ecco che si rivela la più importante nonché indiscussa scoperta del diciannovesimo secolo nel campo della terapia neurologica. Ed è semplice, come tutte le scoperte importanti. 




Tra le urla della malata, io impugno una caraffa d’acqua e con voce tonante pronuncio la parola magica:
‘Piantala o ti annaffio!’.
Le urla cessano di colpo ed uno sguardo pieno di ammirazione, di riconoscenza affettuosa e di odio mortale scaturisce dall’occhio della mia adorata. Ho paura ma il maschio, che si è ridestato, non molla la presa e anche questa volta impugno la caraffa e grido:
‘Basta con queste smorfie o ti annego!’.
Si alza ma soltanto per darmi del mascalzone, del furbastro, del miserabile: buon segno, la cura ha funzionato!
Uomini ingannati o non ingannati, fidatevi di me, che son vostro amico sincero e devoto poiché vi ho rivelato il prezioso mezzo che guarisce la grande ipocrisia.
Tenetelo caro!
Da questo momento la mia morte è iscritta nel carnet di una donna nella veste dell’intera società così rivenduta ed anche prostituita e l’adorata comincia a detestarmi! Il sesso femminile tutto intero, ha votato il mio annientamento, così ora trascorre il suo improprio tempo a torturami a morte…
Forse questa ‘autodifesa’ prosegue giacché l’isterica ora scalcia e reclama il proprio ed altrui appetito ed a chi nel teatro di questo delirio assiso una tavola indico e abdico l’innominato e taciuto istinto giacché il pensiero non ancora nato e l’amore in attesa di esser cotto allo spiedo di un sesso con tanti troppi numeri e nessun naturale sentimento per esser celebrato…

(A. Strindber, l’autodifesa di un folle)
















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