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Prima Poesia (dedicata ai duellanti) (16)
Prosegue in:
Da Castle Garden all'Impero (18)
L’impressione, o la visione particolare che, di per sé, rispondeva alla
grandiosità dell’argomento si sarebbe rivelata – credo – quell’ora di ampia
circumnavigazione che trovai prescritta, in piena primavera, quale coronamento
pressoché immediato al mio ritorno da un viaggio nel Far West…
…Il non essere costretto a perdere contatto e l’espansione dell’effetto
dell’intero processo, prodotta dall’immediato galleggiare degli enormi vagoni
incatenati tra loro, non solo senza fermate né confusione, ma quasi come
omaggio concreto e prodigale per l’ozioso viaggiatore, ebbero senza dubbio
parecchia influenza sul mio stato mentale successivo, su quella felice
eccitazione, quella visione divertita della grande faccia di New York…
…Qualcosa nell’aria di quella particolare occasione e nell’atmosfera
del momento fece sì che l’intero quadro parlasse col più ampio potere di
suggestione: una suggestione davvero irresistibile, se solo risuona in tutta la
sua limpidezza. Tutto, nel modo più assoluto, è espressione di un qualcosa che
è stato realizzato in tempi recenti e che continua a essere realizzato
quotidianamente su un vasto palcoscenico impersonale e sulla base di profitti
smodati – di nient’altro, decisamente, tutto questo è espressione; e tuttavia,
il senso di quella scena era perentorio ed per gli spettatori del palcoscenico
elettrizzante, e, da un certo punto di vista, pressoché incantevole…
…Nel volgere lo sguardo rapito da questo mazzo di fiori architettonici,
si coglie la ‘bellezza americana’, la rosa dello stelo interminabile, diventa
l’essenza di tutto quell’agglomerato – con una intensità tale che di sicuro è
più che sufficiente a siglare l’impressione finale che uno se ne fa. Si ha la
sensazione che quella vegetazione sia cresciuta, dichiaratamente, soltanto per
esser ‘colta’, a suo tempo, con un paio di cesoie; tagliata a pelo d’erba da un
fato paziente la ‘scienza’, applicata al guadagno, lascerà cadere sul tavolo,
dall’alto della manica, un’altra carta ancor più vincente. Non solo incoronati
dalla storia, ma privi perfino di una credibile disponibilità di tempo per la
storia, e consacrati a nient’altro se non all’uso commerciale più vieto
(esportato e adottato qual principio unico della propria ed altrui esistenza),
quei grattacieli sono semplicemente le note più acute di quel concerto di
dispendiosa provvisorietà in cui si decanta la sensazione ultima che ci fa di
New York. Non provano mai a parlarti, secondo il costume degli edifici più maestosi
al mondo, come si è fin qui appreso a conoscerlo – quello di torri e templi, di
fortezze e palazzi – con l’autorità propria delle cose che restano, o almeno di
ciò che durano a lungo. Una storia vale solo fintantoché non ne viene
raccontata un’altra, e i grattacieli rappresentano l’ultima parola in fatto di
ingegnosità mercantile, finché non ne verrà scritta un’altra…
UN’ALTRA SCENA DA
LONTANO
…Quel che appare ora non è certamente una diversa Storia, ma lei che
narra le gloriose gesta, una Scena da lontano ugualmente ammirata urlata
condivisa e glorificata, se pur l’architettura sembra difettare di altezza,
siate pur certi che la 'medesima' racchiusa entro e fuori una tenda entro e fuori
le mura di una castello e l’urbe che questo sottintende, non fanno variare la materia della presunta statura decantata che vorrebbe porre differenza nella
propria ed altrui sostanza (comunità e stati – uniti & divisi da medesimo
progresso giostrato…), il difetto nasce da medesima e presunta 'altezza' cresciuta che sia
anche umana ciò ci fa nascere paradossi circa la difettevole natura derivata…
…Se l’ideale cavalleresco doveva così cedere davanti agli interessi
reali, pur tuttavia rimasero sufficienti occasioni per ornare la guerra ed i
suoi preziosi e vasti possedimenti di belle nonché ingannevoli apparenze…
…Che ebbrezza d’orgoglio doveva provenire dai preparativi della
battaglia così variopinti e tanto pieni di millanteria! Verso la fine del
secolo decimo quinto compaiono i lanzichenecchi coi grandi tamburi, uso questo
tolto dall’Oriente. Colla sua azione ipnotica e poco musicale, il tamburo
simboleggia chiaramente la transizione dell’epoca cavalleresca a quella
militare moderna; esso è uno degli elementi della meccanizzazione della…
guerra!
…Intorno al 1400 è ancora in pieno vigore la bella e quasi giocosa
suggestione della personale gara per la gloria e l’onore: i cimieri e i
blasoni, le bandiere e le grida di guerra conservano ai combattimenti un
carattere individuale e l’apparenza di uno sport… L’intero giorno precedente si
odono le grida dei diversi signori rivaleggianti in una gara di orgoglio. Prima
e dopo il combattimento c’è la sensazione delle collate e delle promozioni di
rango: i cavalieri diventano alfieri mediante un taglio della punta del loro
pennoncello. Il celebre campo di Carlo il Temerario davanti a Neuss somiglia
col suo splendore, ad una corte: alcuni dei cavalieri hanno fatto erigere la
loro tenda in forma di un castello, circondato da gallerie e giardini…
…Dappertutto trapela però la finzione, l’effetto scenico su cui
costruire e modellare future imponenti civiltà…
…La realtà smentisce continuamente l’ideale; ed è perciò che l’ideale
si ritira sempre nella sfera della letteratura…
…Del resto la realtà costringeva in tutte le maniere gli spiriti a
rinnegare l’ideale cavalleresco: l’arte militare non si conformava più ormai da
molto tempo, alle norme del torneo: la guerra dei secoli decimo quarto e decimo
quinto operava con agguati e sorprese, era una guerra di scorrerie ed assalti
briganteschi… La carriera delle armi aveva per i nobili un suo lato finanziario
di cui si parla spesso con tutta franchezza: ogni pagina della storia militare
del basso Medioevo ci fa intendere quanta importanza si annettesse al fatto di
poter fare dei prigionieri ragguardevoli, in vista del riscatto. Nel ‘Combat
des trente’ il miglior combattente di parte inglese era un certo Crokart, a suo
tempo al servizio dei signori di Arkel. Si era acquistato in guerra una bella
sostanza: almeno 60.000 corone e una scuderia di trenta cavalli; inoltre era
venuto in gran fama di valoroso, sì che il re di Francia gli promise la nobiltà
e un matrimonio con una nobildonna, se avesse voluto farsi francese. Questo
Crokart tornò colla sua gloria e le sue ricchezze in Olanda, e visse da gran
signore; ma i signori olandesi sapevano molto bene chi egli fosse, lo evitarono
deliberatamente, di modo che tornò nel paese ove si sapeva meglio apprezzare le
doti della giostra guerresca…
…Fintanto che non si approda in nuova colonica terra Far West
dell’infinita scena…
(James & J. Huizinga)
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