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(circa...) Gli impiegati della Compagnia (6)
Prosegue più o meno...:
Vivevano
come ciechi in una vasta stanza, consci soltanto di quel che veniva in contatto
con loro, ma incapaci di una visione d’insieme delle cose.
Il fiume,
la foresta, tutta la grande terra palpitante di vita, erano come un enorme
vuoto. Perfino la brillante luce del sole non svelava nulla d’intelligibile.
Le cose apparivano e sparivano davanti ai loro occhi in modo sconnesso e senza scopo.
Il fiume
pareva venire dal nulla e fluire verso il nulla…
Scorreva
attraverso un vuoto…
Da quel
vuoto, a volte, uscivano canoe, e uomini con lance in mano gremivano
improvvisamente il piazzale della stazione…
Erano nudi,
d’un nero lucido, adorni di conchiglie candide e di filo di ottone splendente,
le membra perfette…
Quando
parlavano emettevano uno sgraziato balbettio, si muovevano con fare sostenuto e
mandavano occhiate rapide e selvagge dagli occhi irrequieti e stupiti…
Quei
guerrieri si accovacciavano in lunghe file, quattro o più, davanti alla
veranda, mentre i loro capi stavano delle ore a contrattare con Makola una
zanna d’elefante…
Kayerts
dalla sua sedia osservava le trattative senza capir nulla…
Li fissava
con i suoi rotondi occhi azzurri e gridava a Carlier:
– Ehi,
guardi, guardi quel tale laggiù e quell’altro a sinistra! Ha mai visto una
faccia simile?
Oh, che
bestione ridicolo!
Carlier,
fumando tabacco locale in una corta pipa di legno, si dava delle arie
arricciandosi i baffi, e, esaminando i guerrieri con indulgenza altezzosa,
diceva:
– Belle
bestie! Hanno portato qualche osso?
(J. Conrad, Un avamposto del progresso)
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