giuliano

lunedì 3 marzo 2025

IL LUNGO APPLAUSO (2)










Da un Aggiornamento (1)  


& l'intera Conversazione







Eppure avrebbe dovuto vincerlo!

 

Eppure l’italia fiera attrice in carriera, avrebbe dovuto vincerla la statuetta, se non altro per la rinomata sceneggiatura dai tempi del 30!

 

Senza lode alcuna…

 

Io che sono stato privato di balli, cortei, e feste di corte, avendomi consegnato alla ruota della morte, compresi gli innumerevoli partigiani non ancora inchiodati alla medesima profetica sorte, e non frequentando le corse della nota Formula tutti contro Uno; affollata da attrici deambulanti, ex pornostar ed ora solo povere prostitute da strade servite da camerieri deliranti, comprensivi di bottegai templari; giacché frequentavo una diversa Biblioteca e mi diletto ancora con i morti in vita, consegnandoli ad una futura carriera in onore dell’Olimpo e l’ottima scrittura; l’ammiro e guardo da lontano, giacché sono esiliato a tempo pieno e indeterminato; Costanzo, infatti, non cede diritto di replica, la Storia è una cosa seria!

 

La guardo e medito, l’italia in platea, prima attrice di più Florida ricca carriera, la quale interpreta una Commedia ai danni della futura Tragedia; ricordo il sacrificio della Storia, e che giammai venga confusa con una buona sceneggiatura, ove interpretare a beneficio della delirante platea, un ruolo da eroina; giacché ricordiamo, o meglio ad Ognun rimembriamo, Nessuno escluso giacché in Viaggio in compagnia perBacco e Dionisio, il Braccio Violento della medesima sorte della stessa; ovvero, quando la penetrava e possedeva a tempo pieno, e di quella non potea farne a meno, la taglieggiava con il petrolio, la diluiva con po’ di gaz liquido, la inalava a tempo pieno!

 

Ecco, sì, è vero: l’ape si pungeva!

 

Ai tempi di Marcellum quando si facea il bagno nella fontana tutta bionda ed ignuda, l’ape governava l’antica carreggiata, la vespa la trasportava in piena carriera, Ognuno recitava la propria parte al bancone preferito fino all’ultimo sorso di corso Savoia… all’ora dell’aperitivo, fra un bicchierino di whisky e una damigiana di vodka, ci ritroviamo tutti al Bar a ricordare il tempo perduto!

 

Questa eroina, invece, che penetra le vene del potere per ogni borgo e fiera di Paese, che spolpo le ossa fino al midollo delle budella servite a cielo aperto, e che intasa e punge ogni orifizio al braccio violento d’una Legge, va premiata come si deve!

 

Che Leonardo la ritragga in onore della Storia, e Moana si scanzi da questa orgia!

 

E quando Smiley, ed ogni suo uomo, compie il prefisso della chiamata del futuro morto, o mezzo moribondo, Karla risponde sicura del proprio dovere, l’eroina urge alla soglia del potere!

 

L’eroina e il braccio che più l’aggrada, l’eroina e l’abbraccio che più gli conviene, senza premessa di ideale alcuno, l’eroina ha sacrificato anche l’ultimo buco, per la promessa d’una fogna di partito...

 

A cielo aperto ed applaudita dal suo buco preferito!

 

Sì è vero, ha sacrificato anche quello, l’ultimo buco, quello che solitamente viene confuso con la faccia dell’estremo opposto, ove quando dismessa e ancor più concentrata, crea il tanfo di più certa e sicura provenienza, e che mai sia nominata merda!   

 

Noi che li osserviamo da Tempo abbiamo un diverso e più severo giudizio; Noi che li conosciamo dai tempi supplementari, quando la sceneggiatura recitava un diverso ugual copione nel merito della torturata dottrina, ne raccontiamo e rimembriamo una breve parentesi che vale più d’un buco dell’intero girone, quando barattavano e confondevano paradiso per inferno, ed Ognuno rendeva l’Anima al diavolo (da Ognuno devotamente pregato); e che al meglio nella peggiore tortura rende l’idea di questa eroina di stato.

 

Quando a pieni mani, e non solo dal Colosseo, s’alzavano dal perenne divano: Ognuno, Nessuno escluso, secondo Ragioni del più forte alla fiera della morte, dalla Padania alla Sicilia intera, compresa la gamba dell’ultimo carbonaro; s’ode un applauso verso l’ammirato Tiranno, che sia Amerikano o della più lontana Steppa non lontana dalla Siberia, non fa grande differenza, l’importante è la tavola piena, colma e satolla e ben imbandita, d’ogni bene di Lucifero pregando ovviamente il dio del Tempio, nonché decorata e seviziata con i servizi dell’ultimo compromesso.

 

L’importante è la dote e che Ognuno, Nessuno escluso ovviamente in quanto tenuto digiuno, ne faccia buon uso e sappia distinguersi nei modi che al meglio lo contraddistinguono:

 

non confondere lupi per agnelli e cibarsi solo dei più deboli ed indifesi;

 

pregare dio per la faraona invece della porchetta;

 

non confondere il forcone con il coltello;

 

quindi sgozzare e divorare l’agnello, e pregare lucifero per un posto meritato al paradiso della porchetta ancora non del tutto ben cotta;

 

bere poco ed urlare senza far rumore;

 

non guardare verso il piatto dell’altro ma consumarlo alla svelta mentre è al bagno;

 

astenersi dal rutto a tavola colma ed evitare la pera, per ogni buco fra un pasto e la cena, si raccomanda di non ingombrare la latrina, ed ammirare sì vasto paesaggio che ora luccica e risplende più di pria.

 

È la merce che fa il suo giro dalla vena; pulsa fino all’ultimo casello dell’autostrada, quando il corriere la predica ed illumina ed Ognuno la cerca brama e desidera più di pria tracciando ogni sua e nostra avventura; e finalmente arriva al prepagato desiderio per ciò che rimane del Pensiero; X incoraggia e premia l’utenza intera un giudizio del servizio dispensato dal settimo cielo, ed incoraggia a farne abbondante uso; raccomanda attenzione dell’abuso segnalando l’Amazon d’un rischio sopraggiunto nell’uso incontrollato; solo il desiderio governa la vera e duratura dottrina del commercio, affinché la vena del potere non perda mai il suo ed altrui consenso.

 

Poi per il merito dell’ultimo buco con solenne promessa - all’ora dell’aperitivo - di non farne più uso, s’ode da lontano il fragore d’un’applauso, un coro da Stadio, una tifoseria da Colosseo, là ove l’eroina cerca il suo Impero nel fiore dell’uomo.    

 

Si accalcano e radunano per l’applauso che conferma il premio alla carriera, noi che non recitiamo questo copione, dal Gulag li rimembriamo ed osserviamo ancora…


(Giuliano)





  

Ecco una scenetta di quegli anni.

 

 

Si sta svolgendo (nella regione padana di Mosca) una conferenza regionale di partito. La dirige il nuovo segretario del comitato rionale, nominato al posto dell'altro, recentemente arrestato. Alla fine della conferenza viene approvato un messaggio di fedeltà a Stalin. Naturalmente tutti si alzano in piedi (come nel corso della conferenza tutti balzavano su a ogni menzione del suo nome).

 

Nella piccola sala è una burrasca di applausi che diventa ovazione.

 

Tre minuti, quattro minuti, cinque minuti: sono sempre burrascosi e si tramutano sempre in ovazione.

 

Ma già le palme sono indolenzite.

 

Già le braccia alzate sono informicolite.

 

Già gli anziani hanno l’affanno.

 

Sta diventando insopportabilmente ridicolo anche per chi adora sinceramente Stalin. Ma chi oserà smettere ‘per primo’?

 

Lo potrebbe fare il segretario del comitato rionale, in piedi sul podio, il quale ha appena letto il messaggio. Ma è nominato da poco, al posto d’un arrestato, ha paura! Infatti vi sono in sala quelli dell’N.K.V.D., in piedi ad applaudire, osservano chi smetterà per primo!

 

E gli applausi, in una piccola sala sperduta, all’insaputa del grande capo, continuano 6 minuti! 7 minuti! 8 minuti!

 

Sono perduti!

 

Rovinati!

 

Non possono più fermarsi fino a quando non saranno caduti colti da infarto!

 

In fondo alla sala, nella calca, si può ancora fingere, battere le mani meno frequentemente, con minore forza e furore, ma al tavolo della presidenza, in piena vista di tutti?

 

Il direttore della cartiera locale, uomo forte e indipendente, rendendosi pienamente conto della falsità della situazione senza scampo, è tra la presidenza e applaude. 9 minuti! 10 minuti! Egli guarda angosciato il segretario del comitato rionale ma quello non sa fermarsi.

 

Follia!

 

Follia collettiva!

 

I dirigenti del rione, gettando occhiate l’uno all’altro con un filo di speranza ma con la sola esultanza dipinta sulla faccia, applaudiranno fino a cadere, fino a quando li porteranno fuori in barella.

 

E anche allora i rimanenti non batteranno ciglio!

 All’undicesimo minuto il direttore della cartiera assume un’aria indaffarata e si siede al suo posto al tavolo della presidenza.

 

Oh miracolo! Dov’è andato a finire il generale indescrivibile irrefrenabile entusiasmo?

 

Tutti in una volta, con l’ultimo battito di mani, cessano e si mettono a sedere.

 

Sono salvi!

 

Lo scoiattolo ha saputo schizzare fuori dalla gabbia con la ruota che gira! Tuttavia proprio così si riconoscono gli uomini indipendenti.

 

Proprio così si tolgono di mezzo.

 

La stessa notte il direttore della cartiera è arrestato. Gli appioppano senza difficoltà, per tutt’altro motivo, dieci anni. Ma dopo la firma dell’articolo 206 (del protocollo conclusivo dell’istruttoria) il giudice gli rammenta:

 

E non smetta mai per primo di applaudire!

 

(A.Solzenicyn)






  

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