giuliano

giovedì 14 marzo 2013

PIONIERI E NATIVI: (31)














Precedenti capitoli:

la sofferenza necessaria all'uomo (27) &

pionieri e nativi: il dottor Cook e Thomas Bridges (28) &

pionieri e nativi: un caso di plagio (29) &

pionieri e nativi: anatomia di un incontro (30)

Prosegue in:

pionieri e nativi: anatomia di un incontro (32)

pionieri e nativi: anatomia di un incontro (33)










....La frode perpetrata dal dottor Cook trentacinque anni
fa ha lasciato una matassa ancora tutta da sbrogliare, in
quanto la lettera del governo militare lascia intendere che
l'università di Liegi avanza su di esso qualche oscuro dirit-
to.





Solo quando raggiungerà Londra le persone a cui sta a
cuore potranno essere certe che lo sfuggente tesoro sia
finalmente al sicuro (poiché la lingua dei nativi interpreti
della natura è e rimane viva, perché lo stesso Dio cui
pregava Bridges ed i nativi era il medesimo, solamente
che i nativi potevano ascoltare come sciamani diretta-
mente la sua voce....).




Siamo ora in grado di aggiungere un poscritto all'arti-
colo della signorina Moeller.
Il 9 gennaio 1946 ricevette da Buenos Aires il seguen-
te cablogramma:
Manoscritto dizionario suo padre arrivato sicuro al
British Museum (si attende per ora nuova stesura e
revisione testo...) oggi 9 gennaio.
Eric Miller responsabile Ufficio manoscritti riferirà a
consiglio di amministrazione museo 9 febbraio e do-
po approvazione celebreremo come d'accordo (in
quanto l'interprete Pietro nativo-sciamano apporte-
rà lievi modifiche alla già studiata grammatica.....
anche Dio commette errori ortografici....).




Un mese più tardi il dizionario di mio padre trovò
il suo definitivo luogo di riposo nello storico edificio
che ospita il Codice Sinaitico e molti altri manoscrit-
ti più preziosi al mondo.
Venne esposto superbamente in una teca illuminata
all'interno di una stanza vuota, e molti di coloro che
ne conoscevano la storia vennero a esaminarlo e a
celebrare il trionfo conclusivo della sua avventurosa
carriera.




Successivamente il gruppo, invitato dal signor Bar-
clay, si riunì per un pranzo in onore dell'occasione,
dove i brindisi furono elevati unicamente 'al Diziona-
rio yamanà-inglese e al suo autore, il reverendo...
Thomas (Pietro) Bridges'.
Avrei voluto essere presente per proporre un altro
brindisi in omaggio all'uomo che si rifiutò di accetta-
re un 'no' come risposta o di ascoltare la parola 'im-
possibile'; il tranquillo, timido, umile, ostinato, Mr.
William S. Barclay, senza la cui ispirata fiducia e te-




nacia nessun'altra ricerca sarebbe stata intrapresa
per rintracciare il cimelio (rubato) e perduto.
Fu lui a presentare un breve riassunto della progres-
siva costruzione del dizionario (e la difficile lingua
del Suo Autore), fin dai primi inizi, quasi un secolo
fa, su una collina battuta dal vento a Keppel Island
(ed in ogni luogo dove vi sia una lingua antica e un
popolo ad interpretare la stessa parola di ugual Dio),




dove per studiare la lingua mio padre, al tempo ap-
pena un ragazzo, aveva diviso una piccola capanna
(e una tenda...) di legno con gli impervi elementi del-
la natura, ascoltando le loro ciarle e unendosi ai nati-
vi.
Barclay avrà sicuramente raccontato di come l'ope-
ra crebbe in molti wigwam pieni di fumo nella Terra
del Fuoco e nel corso di lunghe notti passate nella
nostra cucina a Ushuaia (ed in molti altri luoghi...),




in veste di allievo, con qualche indigeno scelto a far-
gli da professore, con qualche sciamano ad ascolta-
re i segreti di Dio, si preparava una buona dose di
caffè forte e le consumava fino alle ore piccole del
mattino, nel tentativo di sottrarre a Madre Natura
(solo) il sonno, solo quello, che pretendeva da loro.
Successivamente, in lunghi viaggi su vascelli a vela
e durante gli inverni della terra del Fuoco, l'opera
venne corretta e organizzata nella forma attuale (af-
finché ad ognuno possa essere concesso l'uso del-
la sua lingua, o Prima Lingua...ed affinché questa
non vada "persa dimenticata o cancellata").




Sulla vicenda del reverendo Thomas c'è molto da
imparare perché attraverso essa, non solo i poveri
nativi, ma anche tutti coloro che nel nome della ...
storia: la storia non dettata dal potere, dal privile-
gio, dalla casta, dalla sottomissione, dall'inganno e
conquista, dal raggiro, dal sopruso..., dall'interes-
se; ma la vera storia, la vera natura, il 'vero' Dio,
possono narrare le verità taciute, di cui non solo
Bridges, ma anche quel 'pioniere' o 'genio' di Faul-
kner (assieme a pochi altri) ci hanno lasciato una
importante testimonianza.
Il loro genio consistette, appunto, nel raccontare e
'fotografare' i fatti così come l'anima calata nell''e-
cologia' del luogo li aveva percepiti, a dare voce a
chi la voce ed il ricordo fu tolto in ragione di prin-
cipi e valori cui l'ecologia e la storia divergono ir-
rimediabilmente, e di cui la storia diviene un limi-
te in cui leggere un paradosso...., il paradosso del-
la vita.....
Questa fu la grande capacità di Faulkner ed in lui
quanto nei suoi successivi critici quelli del rifiuto
per intenderci, come nel dottor Cook,  riconoscia-
mo i limiti di quella stessa società con la sua 'sto-
ria' che vorrebbe scrivere, trascurando per il ve-
ro quella 'ecologia' e quella 'natura umana' che
tende a modificare o rimuovere taluni 'habitat' o
peggio interpretarli per proprio 'uso & consumo',
facenti parte...della stessa 'sua storia'.
Per concludere il mio breve intervento in questo
post, mi pare doveroso riportare le parole di W.
Cronon nel già citato 'La terra trasformata' ed in
cui, per chi è avvezzo alla 'vera letteratura' ed an-
che alla vera poesia potrà scorgere....simmetrie
importanti e forse taciute, fraintese, e non del ...
tutto capite..

'Per questa ragione, dalla metà del ventesimo seco-
lo l'ecologia abbandonò la metafora dell'organismo
in favore dell'idea di un 'ecosistema' meno teologico.
Le specie individuali potevano essere descritte sem-
plicemente per le loro associazioni con altre specie
lungo una continua varietà di condizioni ambientali'.
(E. L. Bridges, Ultimo confine del mondo)














    

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