giuliano

giovedì 24 gennaio 2019

L' ALTRO OSWALD (54)



















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L'altro Oswald (53)

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L'altro Warren (55)













Walter imparava sempre in fretta e ricordava tutto con preci-
sione.
Quando era bambino, in Germania, imparò da solo a leggere
e scrivere, e per tutta la vita i conoscenti si meravigliarono
della sua memoria fotografica.
Si racconta che un giorno Walter era uscito a passeggiare con
il padre e che, passando davanti a una chiesa, Oswald gli indi-
cò un monumento.




- Ecco un nome che non riusciresti mai a ricordare,
commentò, proseguendo il cammino.
Walter si soffermò a leggere:

                                      Maharaja Meerzaram
                                        Guahahapaje Raz
                                      Parea Maneramapan
                                               Mucher
                                                 LCsk




A ottant'anni Walter Sickert ricordava ancora l'iscrizione e
riusciva a scriverla senza errori.
Oswald non incoraggiò nessuno dei figli a dedicarsi all'arte,
ma fin dalla più tenera età Walter non poté resistere alla ten-
tazione di disegnare, dipingere e modellare la cera.
Sickert diceva che tutto ciò che sapeva di teoria dell'arte l'-
aveva imparato dal padre, che negli anni dopo il 1870 lo por-
tava alla Royal Accademy di Burlington House per studiare le
 opere degli antichi maestri.




Da una ricerca fra gli archivi contenenti le raccolte di Sickert
si ricava l'impressione che Oswald abbia esercitato una forte
influenza sullo sviluppo dello stile di Walter.
Una raccolta di disegni attribuiti a Oswald, conservata presso
la biblioteca pubblica di Islington, nel Nord di Londra, contiene
  schizzi che, secondo gli storici dell'arte e gli esperti odierni,
devono essere opera del figlio.




E' possibile che Oswald correggesse i primi disegni di Walter.
Molti di essi rivelano la mano, assai dotata ma ancora incerta,
di una persona che impara a disegnare scene di vita quotidia-
na all'aperto, in città, con edifici e figure.
Ma la mente creativa che dirige la mano è turbata, violenta e
morbosa: si diverte a evocare la scena di un gruppo di uomini
bolliti vivi in un calderone, e di personaggi demoniaci con la
faccia lunga, dipinta, la coda e il sorriso diabolico.




Uno dei temi favoriti è quello del castello invaso da soldati
che si combattono tra loro.
Un cavaliere rapisce una donna pettoruta e corre via con lei,
che supplica di non essere violentata o uccisa.
Sickert descriveva forse i disegni della sua adolescenza quan-
do parlò di un'incisione eseguita da Karel du Jardin nel 1652:
un'agghiacciante scena, disse Sickert, di un 'cavaliere' in sella,
che si fermò a guardare un 'cadavere spogliato e fatto a pezzi',
mentre soldati 'con lance e bandiere' si allontanano sullo sfon-
do.




Il disegno più violento e dilettantesco della collezione è quello
che ritrae una donna dal grande petto, con abito scollato:
siede su una seggiola e ha le braccia legate dietro la schiena,
la testa rovesciata all'indietro, mentre un uomo (con la mano
destra) le pianta un coltello nel petto in corrispondenza dello
sterno.
La donna ha già altre ferite sulla parte sinistra del petto, una
sul lato sinistro della gola - dove si trova la carotide - e forse
anche una ferita sotto l'occhio sinistro.




L'unico tratto visibile sulla faccia dell'uomo che la uccide è
un leggero sorriso, ed è vestito di tutto punto.
Di fianco a questo disegno, sullo stesso foglio di carta, c'è
un uomo dall'aspetto spaventevole, piegato sulle ginocchia,
che sta per assalire una donna che porta una lunga gonna,
uno scialle e un cappello di tessuto.




Anche se non ho trovato alcun indizio di comportamenti ses-
sualmente violenti da parte sua, Oswald Sickert era proba-
bilmente un uomo gelido e senza cuore.
Il suo bersaglio preferito era la figlia.
Il terrore che Helena nutriva per il padre era così forte da
farla tremare in sua presenza. Non mostrò mai una briciola
di compassione per lei quando venne costretta a letto, per
due anni, dalle febbri reumatiche.
Quando guarì, a sette anni, era molto debole e le gambe la
reggevano male; lei odiava e temeva insieme le passeggiate
a cui la costringeva con la forza il padre.




Durante quelle camminate, Oswald non diceva mai una pa-
rola, e alla bambina quel silenzio incuteva ancor più paura
che non i rimproveri.
Quando lei si metteva goffamente a correre per tenersi al
suo passo, o quando incespicava e finiva contro di lui, 'al-
lora' scrive Helena 'senza fare parola mi prendeva per la
spalla e senza fare parola mi girava dall'altra parte, dove
correvo il rischio di finire nel fosso e contro un muro'.
La madre non intervenne mai a proteggerla.
Nelly preferiva i suoi 'bei bimbi' biondi dai vestiti alla ma-
rinara e non amava la figlia brutta e rossa di capelli.....

(P. Cornwell, Ritratto di un assassino) 
















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