giuliano

sabato 14 gennaio 2017

AMMAZZARE IL TEMPO (chi lo ha ucciso?) (9)



















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Ammazzare il Tempo (chi lo ha ucciso?)

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Il tardo Terziario è il periodo che pone il maggior numero di difficoltà; d’altra parte, esso riveste un ruolo chiave per gli argomenti basati sui paleoanaloghi, visto che si tratta del primo periodo che si incontra, risalendo all’indietro gli archivi geologici, il cui clima globale ricostruito è più caldo di quello odierno in misura paragonabile a quanto previsto per il raddoppio equivalente della CO(2).
Fra i maggiori problemi posti dall’uso del tardo Terziario come analogo per il prossimo secolo, possiamo citare i seguenti fatti:
1) l’altezza dell’Himalaya, dell’altopiano del Tibet e delle montagne occidentali del Nord America era inferiore a quella odierna anche di 3 km;
2) l’oceano Atlantico e il Pacifico erano in collegamento alle basse latitudini, prima che si sollevasse, circa tre milioni di anni fa, l’istmo di Panama;
3) non esisteva, probabilmente, un’estesa calotta ghiacciata sulla Groenlandia, mentre la calotta antartica era di estensione assai minore e variabile;
4) dopo il tardo Terziario molti gruppi di organismi sono andati incontro a una sostanziale evoluzione dal punto di vista morfologico, così da rendere estremamente poco attendibile le ricostruzioni quantitative dei paleoclimi, che si basano in primo luogo sui dati offerti dai fossili della vegetazione terrestre;
    5) vi sono prove del verificarsi di marcate variazioni del clima globale durante il tardo Terziario, i cui andamenti periodici indicano come origine più probabile le variazioni della radiazione solare di origine orbitale. Tale variazione si è verificata su scale temporali troppo brevi per poter essere risolta in dettaglio con le tecniche di datazione disponibili, il che rende.....





impossibile ricostruire il clima globale di uno specifico periodo, con la sua specifica combinazione dei fattori di forzamento, dell’era Terziaria.
Fra questi fattori, l’importanza del solo sollevamento delle catene montuose è stata mostrata da studi condotti per mezzo dei modelli climatici che indicano come l’esistenza di climi più caldi dell’attuale possa essere già spiegata come risultato dei soli cambiamenti a lungo termine avvenuti nella topografia dei continenti.
Inoltre, la stima del livello di concentrazione della CO(2) nell’atmosfera in confronto al periodo post-glaciale porta alla conclusione che tale livello non fosse abbastanza alto da poter essere l’unica causa di un clima così caldo.
In tal modo, le rilevantissime differenze nello stato del sistema globale si combinano con l’indicazione offerta dall’importanza della topografia continentale in confronto al livello atmosferico della CO(2) fino a rendere il tardo Terziario del tutto inadatto ad essere usato come modello analogo del clima futuro.
Per quest’uso, l’ultimo periodo inter-glaciale presenta meno problemi; le principali condizioni climatiche al contorno erano assai simili a quelle attuali. Tuttavia, mentre il forzamento costituito dalla radiazione solare era differente da quello odierno come da quello della  metà del periodo post-glaciale, i dati tratti dalla carota di ghiaccio di Vostok non convalidano l’ipotesi che i livelli di CO(2) nell’atmosfera fossero più alti, durante l’ultimo periodo inter-glaciale, dei livelli subito precedenti alla rivoluzione industriale.





Anche questo periodo è dunque inappropriato come analogo per il futuro, perché ne differisce per la natura del forzamento che fa salire la temperatura su scala globale. Lo stesso vale per l’epoca posta alla metà del periodo post-glaciale; i livelli atmosferici della CO(2) erano simili a quelli subito precedenti la rivoluzione industriale, come pure i livelli degli altri gas serra di origine naturale, mentre il forzamento della radiazione solare significativamente diverso dal periodo attuale.
Per di più, anche se la temperatura media era più alta in molte zone ad alte latitudini dell’emisfero nord, una valutazione della temperatura media globale è giunta alla conclusione che è poco probabile che essa fosse superiore al valore attuale.
Le presenti conclusioni sono rafforzate dalle simulazioni paleoclimatiche realizzate con i modelli della circolazione generale (GCM) dell’atmosfera; la temperatura media globale simulata per i fattori di forzamento e le condizioni al contorno di 6.000 anni fa è quasi la stessa dell’attuale. In più, i climi simulati in base a un raddoppio equivalente della CO(2) differiscono per numerosi aspetti importanti dai paleoclimi simulati per i periodi di più intensa radiazione solare netta; differenze che nascono in primo luogo dall’irregolare distribuzione per stagioni e latitudini del forzamento della radiazione solare rispetto al forzamento uniformemente distribuito, nel tempo e nello spazio, dell’aumentato livello dei gas serra.
Per tutto ciò, siamo costretti a concludere che, per quanto attraente possa sembrare l’idea, i paleoclimi non sono in grado di offrire accettabili analogie per i climi più caldi che ci aspettano nel nostro futuro.
 

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