Precedente capitolo:
Gente di passaggio: il senso del 'viaggio' (92)
Prosegue in:
Gente di passaggio: contro la politica di 'Giulio' (94)
All’inizio di aprile, per mio divertimento personale, convocai i
vescovi a palazzo. Sono pur sempre il pontefice massimo, e tutto quello che
riguarda la religione è di mia competenza, anche se non avrei mai la
sfacciataggine di dire a un sacerdote quello che Costanzo disse ai vescovi del
sinodo di Milano nel 355: ‘La mia volontà vi sarà di guida’.
Ricevetti i galilei nel palazzo di Dafne. Sul capo portavo il diadema e
in mano tenevo l’orbe. Fu un evento memorabile. Erano presenti quasi un
migliaio di vescovi, compresi quelli che avevo richiamato dall’esilio. Come
risultato, spesso c’erano due vescovi per una sola diocesi, il che provocava
aspre contese. Questi sacerdoti del Nazzareno non sono certo gentili.
All’inizio i vescovi mi temevano, ma io seppi metterli a loro agio.
Dissi loro che non ero un persecutore, anche se prima di me ce n’erano stati
molti, e non erano tutti imperatori… La frecciata era rivolta a diversi vescovi
militanti, che si erano liberati dei loro nemici con la violenza.
‘Nessuno’, dissi, ‘dovrà mai soffrire per mano mia, a causa della sua
religione’.
Sentii che la tensione si allentava. Ma erano ancora diffidenti.
‘Naturalmente, mi piacerebbe convincervi che ho ragione. Ma dato che la
verità è chiara come il sole, se non volete vederla, non la vedrete mai. In
ogni modo, non vi concederò di far del male ad altri, come avete fatto per
anni. Non starò a elencare i crimini che avete commesso, o che avete
autorizzato: omicidi, ruberie, crudeltà, che si addicono più alle belve che ai
sacerdoti, sia pure del dio sbagliato’.
Sollevai uno spesso fascicolo di documenti.
‘Ecco i vostri crimini più recenti. Omicidi e confische… oh, come vi
piacciono le ricchezze di questo mondo! Eppure la vostra religione afferma che
non dovreste reagire alle offese, né ricorrere al tribunale, e neppure
possedere ricchezze, e tanto meno rubare! Vi è stato insegnato a pensare che
nulla è vostro, salvo il posto che vi aspetta in un mondo migliore. Eppure
indossate gioielli e ricche tuniche, e costruite immense basiliche: tutte cose
che appartengono a questo mondo, non all’altro. Vi è stato insegnato a
disprezzare il denaro, e invece lo accumulate. Vi hanno detto che non dovreste
vendicarvi, quando subite un torto, vero o immaginario che sia; che è sbagliato
rispondere al male con il male. E invece vi accanite gli uni contro gli altri,
in bande scatenate, e torturate e uccidete quelli che non la pensano come voi.
Avete messo in pericolo non solo la vera religione, ma la stessa sicurezza
dello Stato – di cui sono il primo magistrato, per volontà del cielo. Non siete
nemmeno degni del Nazzareno. Se non riuscite a vivere secondo quei precetti che
siete disposti a difendere con le armi e con il veleno’.
‘Che cosa siete, se non degli ipocriti?’.
Durante tutta quella tirata, s’era levato qualche brontolio. Al
termine, vi fu una tipica esplosione galilea. Tutti cominciarono a gridare e
parlare a vanvera, scuotendo i pugni non solo verso di me – il che era alto
tradimento – ma l’uno contro l’altro, e questa era follia bella e buona, perché
invece avrebbero dovuto unirsi contro il nemico comune.
Cercai di dire qualcosa, ma non riuscivo a farmi sentire: e pensare
che, all’aperto, la mia voce raggiunge un esercito intero! Il tribunale delle
guardie scolari era già in allarme, ma gli feci cenno di non intervenire. Alla
fine, come il toro di Mitra, tuonai: ‘I franchi e i germani stavano in
silenzio, quando gli parlavo!’. Questo sortì l’effetto di acquietarli. Tutt’a
un tratto, si ricordarono dov’erano. Allora divenni mellifluo. Mi scusai per
aver parlato con durezza. Mi ero permesso di farlo, dissi, solo perché provavo
grande rispetto per le parole del Nazzareno, oltre che per la severa legge
degli ebrei che egli, in quanto ebreo, aveva solo cercato di onorare.
Questa frase provocò un leggero mormorio, che si spense nel giro di
poco. Poi dissi che ero pronto a dare al Nazzareno un posto tra gli altri dèi,
e non prima che ricominciassero a schiamazzare, dissi in fretta e a gran voce:
‘Tuttavia sono pronto a credere che egli sia una delle tante manifestazioni
dell’Unico Dio: un guaritore, e come tale sono pronto ad onorarlo’.
Poi ripetei quello che avevo scritto nell’editto del 4 febbraio.
Nell’impero doveva regnare la tolleranza universale.
I galilei potevano comportarsi come credevano nel loro ambiente, ma non
dovevano perseguitarsi tra loro, né tanto meno perseguitare gli ellenisti.
Consigliai loro di essere meno avidi di ricchezze. Ammisi di aver procurato
loro molti fastidi, chiedendo la restituzione delle terre dei templi, ma
sottolineai che anche loro ce ne avevano dati, rubandocele.
Suggerii che se avessero mostrato meno disprezzo verso i nostri antichi
miti – ad esempio, quello di Cronos che divora i propri figli – forse saremmo
stati meno scortesi verso il loro Dio uno e trino, nato da una vergine. Ora
devo pregarvi di mantenere la pace nella città. Se non lo farete, come primo
magistrato, dovrò punirvi. Ma in qualità di pontefice massimo, non dovete
temermi in alcun modo, se vi comporterete in modo corretto, obbedendo alle
leggi dello Stato e risolvendo le vostre controversie senza ricorrere, come
avete fatto in passato, al ferro e al fuoco. Limitativi a predicare le parole
del Nazzareno, e potremo convinvere in pace. Ma voi, naturalmente, non vi
accontentate di quelle parole. Voi ne aggiungete di nuove tutti i giorni.
Assaggiate un po’ di ellenismo, vi appropriate delle nostre festività,
delle nostre cerimonie, in nome di un ebreo che non le conosceva neppure. Ci
derubate e ci respingete, citando l’arrogante Cipriano, che disse che al di
fuori della vostra fede non ci può essere salvezza! Bisogna forse credere che
mille generazioni di uomini, tra i quali Platone e Omero, siano dannate solo
perché non hanno venerato un ebreo che dovrebbe essere un dio? Un uomo che non
era nato quando il mondo ebbe inizio?
Vorreste farci credere che l’unico Dio non solo è geloso, come dicono
gli ebrei, ma anche malvagio?
Temo che ci voglia una straordinaria capacità di autogestione, per
credere a questo genere di cose. Ma io non sono qui per criticarvi, bensì per
chiedervi di mantenere la pace e di non dimenticare mai che la grandezza del
nostro mondo ci è stata donata da altri dèi, e da una filosofia diversa, ben
più profonda, che rispecchia la varietà della natura’.
A questo punto un vescovo anziano si alzò in piedi.
Indossava l’umile tunica di un sant’uomo, e non le ricche vesti di un
principe.
‘Esiste un solo Dio. Uno solo, dall’inizio dei tempi’.
‘Sono d’accordo. E può assumere tutte le forme che vuole, perché è
onnipotente’.
‘L’unico Dio ha una sola forma’.
La voce del vecchio, per quanto esile, era ferma.
‘E quest’unico Dio non si è forse rivelato nel libro sacro degli
ebrei?.
‘Sì, Augusto. Ed è sempre Dio’.
‘E Mosè non ha forse detto, nel libro che si chiama Deuteronomio:
‘Nulla aggiungerai alla mi parola, e nulla toglierai?’. E non ha maledetto chi
trasgredisce la legge che Dio gli ha dato?’.
Ci fu una pausa.
I vescovi erano scaltri e capivano bene che gli stavo tendendo una
trappola: ma erano costretti a seguire il libro sacro, perché non c’è nulla di
ambiguo, in quel passo.
‘Tutto ciò che ha detto Mosè, come tu stesso affermi, non solo è vero,
ma eterno’.
‘Allora’, dissi facendo scattare la trappola, ‘perché modificate la
legge a vostro piacimento? Avete tradito in mille modi non solo Mosè, ma anche
il Nazzareno, dal giorno in cui l’eretico Paolo di Tarso ha detto: ‘Cristo è la
fine della legge!’. Voi non siete né ebrei, né galilei, ma semplici
opportunisti’.
A questo punto scoppiò l’uragano.
I vescovi balzarono in piedi gridando frasi dei testi sacri, insulti,
minacce. Per un momento pensai che avessero intenzione di aggredirmi lì sul
trono, per quanto furibondi, si mantennero nei limiti. Mi alzai e mi diressi
verso la porta in fondo alla scala, ignorato dai vescovi, che adesso si
insultavano a vicenda, oltre a insultare me. Stavo per uscire dalla sala,
quando l’anziano vescovo che mi aveva sfidato d’improvviso mi sbarrò il passo.
Era Maris di Calcedonia.
Non ho mai visto tanto rancore sul viso di un uomo.
‘Sei maledetto!’.
Per poco non mi sputò in faccia.
‘Forse da te, gesuita, ma non da Dio…’. Risposi in tono mansueto, quasi
come uno di loro.
‘APOSTATA!’, mi gridò in faccia.
Sorrisi.
‘NON IO. TU. IO ADORO GLI STESSI DEI CHE GLI UOMINI HANNO ADORATO FIN
DALL’INIZIO DEL MONDO, COMPRESO IL TUO NAZZARENO. SEI TU CHE HAI ABBANDONATO
NON SOLO LA FILOSOFIA, MA DIO STESSO……
(G. Vidal, Giuliano)
(G. Vidal, Giuliano)
Nessun commento:
Posta un commento