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Brevi riflessioni &
Da ruolo a ruolo: uno svizzero...
Circa un anno fa’ la direzione della Conferenza studentesca cristiana
di Aarau mi chiese se la gente che oggi si trova in difficoltà spirituali cerca
piuttosto il medico che non il sacerdote, e perché.
Ecco una domanda molto diretta e molto pratica….
Fino allora mi ero reso conto soltanto del fatto che i miei pazienti
avevano cercato il medico e non il sacerdote, ma che questo fosse un fatto
generale mi sembrava molto problematico; in ogni modo, non sapevo niente di
preciso in proposito. Perciò, con l’aiuto di terzi, istituii un’inchiesta in
ambienti con i quali non ero in rapporti; mi risposero protestanti svizzeri,
tedeschi e francesi.
Risposero anche un certo numero di cattolici….
Il risultato fu molto interessante e si può riassumere nelle grandi
linee così: il 57% dei protestanti e soltanto il 25% dei cattolici si dichiarò
per il medico; soltanto l’8% dei protestanti contro il 58% dei cattolici per il
sacerdote. Questo quanto alle decisioni inequivocabili…
Il resto dei protestanti, il 35%, non seppe rispondere; ma i cattolici
che non seppero rispondere furono soltanto il 17%.
Ecco i principali argomenti contro il sacerdote: per il 52%, mancanza
di preparazione psicologica e quindi di comprensione; per il 28% il fatto che
il sacerdote ha opinioni preformate ed è irretito nel dogma e nella tradizione.
Come curiosità, ricorderò che perfino un sacerdote si pronunciò per il medico,
mentre un altro mi rispose irritato: ‘La teologia non ha niente a che fare con
la cura dell’essere umano’. Tutti i parenti dei teologi che hanno risposto alla
mia inchiesta si sono pronunciati contro il clero…
Questa inchiesta, limitata naturalmente ad ambienti colti, non è che un
sondaggio di valore ristretto. Sono convinto che strati popolari incolti
avrebbero risposto in tutt’altro modo. Ritengo tuttavia che il sondaggio abbia
certo valore, almeno per gli ambienti colti nei quali, com’è noto,
l’indifferenza per la Chiesa e per la religione è in considerevole aumento. E
non si dimentichi il fatto al quale ho appena accennato, dovuto alla psicologia
di massa, che la problematica sulla visione del mondo impiega circa vent’anni
per raggiungere gli strati popolari incolti.
Chi avrebbe potuto predire venti, anzi dieci anni fa’, l’inaudita
trasformazione spirituale della Spagna, la più cattolica delle nazioni europee?
Eppure essa è scoppiata all’improvviso con la violenza di una catastrofe
naturale.
Mi sembra che le nevrosi siano considerevolmente aumentate
parallelamente alla decadenza della vita religiosa, benché non esistano
statistiche che possono dimostrarlo numericamente. Una cosa però so di sicuro,
e cioè che lo stato generale spirituale dell’uomo europeo presenta quasi
dovunque una grande mancanza di equilibrio. Non si può negare che viviamo in
un’epoca estremamente irrequieta e confusa,
nervosa e disorientata nel modo di vedere la vita.
Nella mia clientela internazionale, proveniente senza eccezione da
ambienti colti, non trascurabile è il numero di coloro che mi hanno consultato
non perché soffrivano di nevrosi, ma perché non trovavano un significato alla
loro vita, o perché si tormentavano con problemi ai quali la nostra filosofia o
la nostra religione non danno risposta.
Alcuni pensavano forse che io conoscessi qualche formula magica; a
questi dovetti presto spiegare che a quei problemi neppure io so rispondere.
Prendiamo ad esempio la più banale e la più frequente delle domande che
mi vengono poste, quella sul significato della vita del singolo o della vita in
generale. L’uomo moderno crede di saper bene quel che ne dice, anzi quel che ne
deve dire, il sacerdote… Dei filosofi poi si ride; del medico in generale non
si ha una grande opinione. Ma dallo psicologo che analizza l’inconscio si
potrebbe, alla fin fine, imparare qualcosa; forse egli ha dissotterrato negli
oscuri recessi della sua persona anche un qualche significato della vita, e,
contro versamento di un onorario, lo si potrà acquistare….
Ogni persona seria si sente alleggerire la coscienza quando vede che
neanche lo psicologo sa che cosa dire, e capisce che egli stesso non ha troppo
sbagliato la mira. Spesso è così che si comincia ad avere fiducia nel medico.
Ho trovato che l’uomo moderno ha una recisa avversione per le opinioni
tradizionali e per le verità ereditate. E’ un bolscevico, per cui tutte le
forme e norme giunte fino a noi hanno perso il loro valore; egli vuole fare
esperimenti in campo spirituale come il bolscevico in campo economico. Agli occhi
della sua mente moderna qualunque sistema ecclesiastico, sia esso cattolico o
protestante o buddhista o confuciano, è messo in crisi. Certo, fra questi moderni esistono ancora
nature negative, distruttrici, perverse, tipi originali degenerati,
squilibrati, dovunque insoddisfatti, che perciò partecipano a tutte le
iniziative e a tutti i movimenti arrecando loro grande nocumento, nella
speranza, ogni volta, di avere finalmente trovato qualche cosa che rimedi con
poca spesa alla loro inettitudine.
Naturalmente conosco per motivi professionali moltissimi uomini
‘moderni’, e naturalmente conosco anche i loro imitatori patologici. Ma
lasciamo questi da parte. Gli altri invece non soltanto non sono dei tipi
originali e squilibrati, ma sono molto spesso uomini particolarmente capaci,
buoni e coraggiosi, che rifiutano le verità tradizionali non per cattiveria, ma
per motivi onesti e rispettabili. Tutti indistintamente sentono che le nostre
verità religiose si sono in qualche modo svuotate. O non riescono a trovare un
accordo tra scienza e fede, o le verità cristiane hanno perduto la loro
autorità e la loro giustificazione psicologica.
Essi non si sentono più redenti dalla morte di Cristo, non riescono a
credere: beato chi ne è capace, ma la fede non si comanda. Il peccato è cosa
del tutto relativa: quel che per uno è buono per un altro è cattivo. Perché
Buddha non dovrebbe avere ragione anche lui?
…. Noi siamo attirati dall’esercizio di virtù visibili che illudono noi
stessi e gli altri; il che ci permette, grazie a Dio, di liberarci da noi
stessi. Gli uomini capaci di far ciò impunemente sono innumerevoli, ma non sono
tutti; gli altri, confrontati con la propria via di Damasco, crollano sotto il
peso della nevrosi.
Ma come posso aiutarli se faccio parte anch’io dei disertori, se
anch’io sono eventualmente affetto dal ‘morbus sacer’ della nevrosi? Possiede
la spregiudicatezza oggettiva soltanto chi ha accettato sé stesso; ma chi può
gloriarsi di averlo fatto?
Guardiamo Cristo che ha sacrificato al Dio che era in lui ogni
pregiudizio storico, vivendo la sua vita così com’era, fino alla sua amara
fine, senza riguardo alcuno per la consuetudine o per gli apprezzamenti moralistici
dei farisei.
Noi protestanti siamo sulla buona strada per arrivare a porci questo
problema: dobbiamo comprendere che la ‘imitatio Christi’ significa copiare la
sua vita e, se posso esprimermi così, scimmiottare le sue stigmate; o invece,
in un senso più profondo, che dobbiamo vivere la nostra vita com’Egli ha
vissuto la sua, nel suo modo di essere particolare a lui solo?
Imitare la vita di Cristo non è cosa facile, ma è indicibilmente più
difficile vivere la propria vita come Cristo ha vissuto la sua. Chi lo facesse,
mancherebbe alla propria realtà storica, pur tuttavia adempiendola; e sarebbe a
suo modo misconosciuto, deriso, torturato e crocefisso. Sarebbe una specie di
bolscevico pazzo che meriterebbe a buon diritto la croce. Perciò si preferisce
l’‘imitatio Christi’, storicamente sanzionata e santificata.
Io non disturberei mai un monaco nell’esercizio di questa
identificazione con Cristo, nella quale egli va rispettato; ma io non sono un
monaco, e non lo sono i miei pazienti; inoltre su di me come medico pesa il
compito di mostrare loro come possano vivere la loro vita senza diventare
nevrotici….
(C. G. Jung, Psicologia e religione)
(C. G. Jung, Psicologia e religione)
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