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Un viaggio d'inverno (3) (2) (1)
Ma non terminerei se vi volessi raccontare le strane superstizioni
degli antichi Lapponi. Vi dirò solo ancora che essi erano considerati dai
popoli vicini come maestri nelle arti magiche, e che molti dei loro sciamani godevano
tal fama che si veniva da lontane contrade a consultarli. Anche adesso che sono
tutti buoni cristiani, è rimasta in loro la tendenza alle credenze
superstiziose, e si assicura che qualche vecchio Lappone vada tutt’ora di
soppiatto a sacrificare ai suoi antichi Dèi, nei luoghi più isolati e reconditi
dei monti.
Siamo in piena fiera…
Dovete sapere che questi bravi Lapponi, ora non si contentano
unicamente per vivere, dei prodotti della renna. Il contatto con un popolo
civile ha insegnato loro l’uso di vari oggetti che essi non sanno fabbricare.
Il coltello, l’ascia, la pentola e il bugliolo, sono diventati per loro
indispensabili; il sale, lo zucchero, il caffè, fanno parte del loro ordinario
quotidiano; e l’acquavite purtroppo è diventata per loro una passione
irresistibile. Questo vi spiega il perché di queste fiere. I Lapponi vengono da
100 miglia in giro e più, per acquistare quegli oggetti preziosi, e per
prendere una o due volte all’anno una sbornia solenne. In cambio di ciò che
acquistano, portano alle fiere i prodotti della renna e della caccia.
Eravamo molto ansiosi di vedere arrivare i primi Lapponi, per renderci
conto della sorte che ci toccherà nelle molte giornate di viaggio in slitta che
ci aspettano nei deserti della Lapponia. Da che siamo in Finlandia, tutti ci
spaventano coi racconti di quello che succede a chi viaggia in pulk. Ieri
l’altro dunque vedemmo comparire con molta emozione il primo treno di slitte.
Il villaggio dove siamo è a ridosso di un colle che scende al mare con
ripido pendio. Di là vengono i Lapponi. Vedemmo da prima spuntare, sull’orlo
del colle, le corna di una renna, e poi il berretto rosso di un uomo; poi
comparve tutta la renna e tutto l’uomo, accoccolato in una specie di barchetta,
la pulk. Dietro a questa prima slitta venne un’altra renna, e poi una terza,
una quarta e una quinta slitta, ognuna tirata dalla sua renna.
La prima però era la sola nella quale vi fosse un uomo; le altre
portavano mercanzie, e seguivano la prima, essendo ogni renna attaccata dietro
alla slitta precedente. La nostra prima esclamazione fu ‘Come tutto è piccino!’
– piccina di fatti è la renna, piccina la pulk, piccino l’uomo, tanto più
perché seduto in fondo alla slitta, al livello del suolo.
La nostra seconda esclamazione, pensando al futuro, fu: ‘Poveri noi!’.
Di fatti, sentite se la nostra esclamazione non era giustificata. Il conduttore
del piccolo treno, appena giunto alla scesa, spinse la sua renna alla carriera.
L’animale dall’aria selvaggia e spaventata, invece di correre in linea retta,
faceva salti disordinati a destra e a sinistra, e la pulk che la seguiva
descriveva le curve più fantastiche.
Le altre renne che venivano dietro, facevano salti più disordinati che
mai, per scansare le slitte davanti e quelle di dietro che battevan loro negli
stinchi. Questa corsa sfrenata durò poco. Le slitte trascinate dal loro peso
finirono col prendere la mano e passare avanti alle renne, andando a picchiare
le une contro le altre, arrovesciandosi, accavallandosi, e facendo tutt’un
monte. Le tirelle e le guide s’intrecciarono in modo da formare una matassa
inestricabile, in mezzo alle cui maglie rimase presa qualche gamba di renna.
Quella massa confusa seguì ancora un poco le leggi della gravità, finché le
renne schizzando a destra e a sinistra, e puntando coi piedi nella neve, non
l’ebbero fermata quasi in fondo alla scesa.
Il Lappone che senza commuoversi era rimasto attaccato alla sua pulk,
seguendone tutte le evoluzioni, allora scese, e con la più gran flemma
incominciò a distrigare la matassa, a liberare le renne dai nodi che s’erano
formati intorno alle loro gambe, a raddrizzare le pulk e a rimettere tutto in
assetto. Dalla calma colla quale faceva
queste varie operazioni si vedeva chiaramente che simile catastrofe era per lui
la cosa più usuale…
Dopo questo primo treno ne vedemmo arrivare altri, con più fortunate
sorti. Quando la scesa andava bene, era bello il vedere venir giù un treno di sei o sette slitte di carriera,
descrivendo sempre grandi curve è vero, ma senza accavallamenti né altro
inconveniente che l’arrovesciarsi di qualche slitta di mercanzia, accidente di
poca cosa e gravità poiché quelle slitte son fatte in modo da potere scivolare
quasi ugualmente bene sopra una faccia come sopra l’altra. Giunto giù in mezzo
alla piazza del mercato, il Lappone glorioso e trionfante si arrovesciava nella
neve per uscire dalla slitta, mentre le povere renne ansanti e trafelate
rimanevano immobili, a gambe larghe, abbassando solo la testa di quando in
quando per rinfrescarsi con una boccata di neve.
Tutto ieri l’altro e ieri hanno seguito ad arrivare Lapponi, ed in due
giorni la piazza è stata quasi tutta ingombrata da varie centinaia di slitte.
La carne di renna gelata e le pelli greggie sono gli articoli più importanti
portati dai Lapponi…. Da che è cominciata la fiera, vediamo aggirarsi i Lapponi
da mane a sera. Le loro immense pelliccie doppie, dal lungo pelo, sono strette
da un largo cinturone, a un palmo almeno sotto la vita, ciò che dà al loro
corpo un’apparenza stranamente sproporzionata.
Sembra che abbiano pancia immensa e gambe corte corte; aggiungete i
loro lunghi passi e il loro camminare sciancato, ed avrete un animale che
somiglia più ad un orso che a un uomo….
(S. Sommier, Un viaggio d'inverno in Lapponia)
Prosegue in:
Un finlandese (13) & (14)
(S. Sommier, Un viaggio d'inverno in Lapponia)
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