giuliano

domenica 2 febbraio 2014

UN VIAGGIO D'INVERNO (4)


















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Un viaggio d'inverno (3)  (2)  (1)















Ma non terminerei se vi volessi raccontare le strane superstizioni degli antichi Lapponi. Vi dirò solo ancora che essi erano considerati dai popoli vicini come maestri nelle arti magiche, e che molti dei loro sciamani godevano tal fama che si veniva da lontane contrade a consultarli. Anche adesso che sono tutti buoni cristiani, è rimasta in loro la tendenza alle credenze superstiziose, e si assicura che qualche vecchio Lappone vada tutt’ora di soppiatto a sacrificare ai suoi antichi Dèi, nei luoghi più isolati e reconditi dei monti.  
Siamo in piena fiera…
Dovete sapere che questi bravi Lapponi, ora non si contentano unicamente per vivere, dei prodotti della renna. Il contatto con un popolo civile ha insegnato loro l’uso di vari oggetti che essi non sanno fabbricare. Il coltello, l’ascia, la pentola e il bugliolo, sono diventati per loro indispensabili; il sale, lo zucchero, il caffè, fanno parte del loro ordinario quotidiano; e l’acquavite purtroppo è diventata per loro una passione irresistibile. Questo vi spiega il perché di queste fiere. I Lapponi vengono da 100 miglia in giro e più, per acquistare quegli oggetti preziosi, e per prendere una o due volte all’anno una sbornia solenne. In cambio di ciò che acquistano, portano alle fiere i prodotti della renna e della caccia.




Eravamo molto ansiosi di vedere arrivare i primi Lapponi, per renderci conto della sorte che ci toccherà nelle molte giornate di viaggio in slitta che ci aspettano nei deserti della Lapponia. Da che siamo in Finlandia, tutti ci spaventano coi racconti di quello che succede a chi viaggia in pulk. Ieri l’altro dunque vedemmo comparire con molta emozione il primo treno di slitte.
Il villaggio dove siamo è a ridosso di un colle che scende al mare con ripido pendio. Di là vengono i Lapponi. Vedemmo da prima spuntare, sull’orlo del colle, le corna di una renna, e poi il berretto rosso di un uomo; poi comparve tutta la renna e tutto l’uomo, accoccolato in una specie di barchetta, la pulk. Dietro a questa prima slitta venne un’altra renna, e poi una terza, una quarta e una quinta slitta, ognuna tirata dalla sua renna.
La prima però era la sola nella quale vi fosse un uomo; le altre portavano mercanzie, e seguivano la prima, essendo ogni renna attaccata dietro alla slitta precedente. La nostra prima esclamazione fu ‘Come tutto è piccino!’ – piccina di fatti è la renna, piccina la pulk, piccino l’uomo, tanto più perché seduto in fondo alla slitta, al livello del suolo.
La nostra seconda esclamazione, pensando al futuro, fu: ‘Poveri noi!’. Di fatti, sentite se la nostra esclamazione non era giustificata. Il conduttore del piccolo treno, appena giunto alla scesa, spinse la sua renna alla carriera. L’animale dall’aria selvaggia e spaventata, invece di correre in linea retta, faceva salti disordinati a destra e a sinistra, e la pulk che la seguiva descriveva le curve più fantastiche.




Le altre renne che venivano dietro, facevano salti più disordinati che mai, per scansare le slitte davanti e quelle di dietro che battevan loro negli stinchi. Questa corsa sfrenata durò poco. Le slitte trascinate dal loro peso finirono col prendere la mano e passare avanti alle renne, andando a picchiare le une contro le altre, arrovesciandosi, accavallandosi, e facendo tutt’un monte. Le tirelle e le guide s’intrecciarono in modo da formare una matassa inestricabile, in mezzo alle cui maglie rimase presa qualche gamba di renna. Quella massa confusa seguì ancora un poco le leggi della gravità, finché le renne schizzando a destra e a sinistra, e puntando coi piedi nella neve, non l’ebbero fermata quasi in fondo alla scesa.
Il Lappone che senza commuoversi era rimasto attaccato alla sua pulk, seguendone tutte le evoluzioni, allora scese, e con la più gran flemma incominciò a distrigare la matassa, a liberare le renne dai nodi che s’erano formati intorno alle loro gambe, a raddrizzare le pulk e a rimettere tutto in assetto.  Dalla calma colla quale faceva queste varie operazioni si vedeva chiaramente che simile catastrofe era per lui la cosa più usuale…




Dopo questo primo treno ne vedemmo arrivare altri, con più fortunate sorti. Quando la scesa andava bene, era bello il vedere venir giù un  treno di sei o sette slitte di carriera, descrivendo sempre grandi curve è vero, ma senza accavallamenti né altro inconveniente che l’arrovesciarsi di qualche slitta di mercanzia, accidente di poca cosa e gravità poiché quelle slitte son fatte in modo da potere scivolare quasi ugualmente bene sopra una faccia come sopra l’altra. Giunto giù in mezzo alla piazza del mercato, il Lappone glorioso e trionfante si arrovesciava nella neve per uscire dalla slitta, mentre le povere renne ansanti e trafelate rimanevano immobili, a gambe larghe, abbassando solo la testa di quando in quando per rinfrescarsi con una boccata di neve.
Tutto ieri l’altro e ieri hanno seguito ad arrivare Lapponi, ed in due giorni la piazza è stata quasi tutta ingombrata da varie centinaia di slitte. La carne di renna gelata e le pelli greggie sono gli articoli più importanti portati dai Lapponi…. Da che è cominciata la fiera, vediamo aggirarsi i Lapponi da mane a sera. Le loro immense pelliccie doppie, dal lungo pelo, sono strette da un largo cinturone, a un palmo almeno sotto la vita, ciò che dà al loro corpo un’apparenza stranamente sproporzionata.
Sembra che abbiano pancia immensa e gambe corte corte; aggiungete i loro lunghi passi e il loro camminare sciancato, ed avrete un animale che somiglia più ad un orso che a un uomo…. 

(S. Sommier, Un viaggio d'inverno in Lapponia)


Prosegue in: 














Un finlandese (13) & (14)
















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