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Un dialogo
... Matematiche sopra una lavagna; ma invece le religioni si fondano e si
distruggono coll’affetto, o col fanatismo; s’incarnano nel cuore e non ne
escono che con violenza dolorosa. tu sei meno religioso di me, perché io ho la
religione dell’ideale; perché aspiro a qualche cosa di più alto che le mie
mani, perché sogno un sole più fulgido del nostro e un cielo più azzurro che
non quello che tu vedi sopra il nostro capo; perché aspiro a un bello assoluto;
perché imperfetto cerco la perfezione.
- E tutto questo non è forse un Dio, fatto a tua immagine e
somiglianza? E qual differenza allora esiste fra me e te? Io chiamo Dio il mio
Dio, e tu chiami il tuo col nome di ‘ideale’; nessuno dei due Dei ha il triangolo in capo e la barba lunga, nessuno
siede fra una colomba e un agnello, ma sono pure due forme d’una stessa cosa,
son pur sempre l’aspirazione dell’uomo verso un ignoto che non si può
conoscere, verso un alto, che non si può toccare, verso un profondo in cui non
si può discendere. Tu forse ti credi più avanzato di me, perché ti chiami
razionalista; ed io mi fermo ad una stazione più bassa, secondo il tuo modo di
vedere, perché mi rassegno a riconoscere un Dio o ad amarlo.
- No; io non sono né più avanti né più addietro di te, ma io sono nel
vero e tu non lo sei. Io credo nella religione umana, credo in ciò ch’essa
afferma, rifiuto ciò che essa rifiuta. Tu hai sempre un idolo dinanzi, che
sensi e ragione non possono ammettere.
- Ma anche tu non ti accontenti di ciò che ti rivelano i sensi e di ciò
che la ragione ti spiega. L’ideale non è cosa che si tocchi e si veda, e la
ragione non lo discute e non lo spiega; eppure tu aspiri all’ideale, te lo
prefiggi come scopo della tua vita, e vai a cercarlo fino in America.
- Il mio ideale è di questa terra; è umano e quindi positivo; il tuo è
divino, quindi soprannaturale, quindi falso. E come puoi prefiggerti uno scopo,
che è all’infuori della natura e dell’uomo?
- No, mio caro Attilio, noi ci prefiggiamo senza saperlo la stessa
cosa, e solo cerchiamo di raggiungerla per vie diverse. Tu più ardito vai a
rintracciarla in un altro emisfero; io più modesto la cerco fra le zolle che
calpesto, nelle vie della mia città. Tu più rivoluzionario abbatti i templi e
gli idoli e fin la parola di Dio; tu dopo aver distrutto il pregiudizio, neghi
la fede; io invece voglio abbattuta la sacristia e ritto l’altare; io voglio
demolita la bottega, ma intatto il Dio; e mi conforto nel guardar fisso in un
punto del cielo, dove anche i miei padri hanno guardato, e non mi vergogno di
amarlo questo Dio, come un’eccelsa personificazione di un’infinità bontà, di
un’infinita bellezza, di un infinita perfezione.
- E per questo tu preghi ancora.
- Sì, prego ancora e pregherò sempre, senza pretendere poi che due
orecchie divine, ma fatte a somiglianza delle nostre, mi ascoltino; prego,
perché questa è la mia canzone, è il mio inno all’ideale. E non preghi anche
tu, quando contempli estatico un cielo stellato? E non prega il poeta, quando
canta? E non prega l’artista, quando crea forme più belle di quelle che gli
occhi suoi hanno veduto e le sue mani hanno accarezzato? Tutti preghiamo, né io
mi vergogno di farlo e di dirlo…
- Caro Giovanni, tu avresti dovuto fare l’avvocato e non il medico. Sta
bene, tu sei deista e te ne vanti; io sono razionalista e me ne compiaccio; tu
adori Dio ed io adoro l’ideale; io andrò a ricercarlo nel nuovo mondo e tu
rimani a rintracciarlo nel vecchio. Ebbene, diamoci la mano e giuriamo di
trovarci qui su questo stesso scoglio, quando avremo raggiunto ciò che
cerchiamo.
- Sta bene, quando uno di noi sarà contento della sua posizione, quando
non avrà più nulla a desiderare, scriverà all’altro: son pronto. E quando
l’altro potrà alla sua volta rispondere: son pronto anch’io; e noi ci daremo un
secondo convegno su questo scoglio. Possa questo giorno venire presto!
- Bada, Giovanni, che io sarò il primo a chiamarti al ritrovo, perché
vado alla ricerca dell’ideale, ed è più probabile, che, vedendo molti luoghi e
mutando di posizione, lo abbia a ritrovare più presto. Tu invece lo aspetti a
pie’ fermo.
- Desidero, che tu sia il più fortunato; ma non sempre l’ideale si
trova in regioni sconosciute e lontane. Ogni anima umana ha il suo proprio
ideale, che si attaglia alle diverse altezze e ai temperamenti diversi di
ciascheduno; il grande segreto sta nel ritrovarlo. Lo possiamo trovare in un
altro emisfero e lo possiamo avere nelle nostre tasche. Vedi tu quel fumo
azzurrigno che esce in dense colonne da quella capanna a metà del monte? Per
l’uomo che vi abita l’ideale è un campo ridente di segale fiorita, è un
pergolato che cede al peso dei grappoli dorati o porporini. E in quell’ideale
non vi è soltanto l’idea grossa del benessere materiale, del lauto guadagno; ma
vi è un’ammirazione inconscia delle bellezze della natura feconda…
- Spero bene, però, che tu non sapresti accontentarti di quell’ideale
che sta chiuso in quella casupola di pietra?
- No, di certo; ma dopo aver salito l’erta, convien pur adagiarsi su
qualche zolla e non convertire la sete dell’ideale in una mania che non si
appaghi mai, in una febbre che tutto divori… Dopo aver adoperato tutte le
forze, dopo aver evocato dal profondo tutte le energie, dobbiamo anche saper
dir: basta…
- Ma non alla nostra età, per Dio.
- Bada, che tu hai nominato il nome di Dio invano, tu devi dire: per
l’ideale.
- Ebbene, per l’ideale, noi dobbiamo innalzare ogni nostra facoltà al
massimo di forza, dobbiamo adoperare sensi, intelletto e cuore per salire più
in alto possibile; dobbiamo frugare valli e monti e oceani per rintracciare il
paradiso terrestre, da cui ci ha scacciato il peccato di Eva.
(In questo punto un rumore nuovo interruppe il dialogo dei due amici.
Dal lato opposto dell’isola era approdata una barca da Cannero, quella stessa,
che due ore innanzi aveva portato Attilio al Sasso. Mentr’essi si alzavano per
riconoscere la causa del rumore, un barcaiolo, salito sul ciglio dello scoglio,
diceva: Siam qui…
- E noi veniamo, risposero in coro i due giovani, e strette le mani,
gettando uno sguardo al sole, che sembrava inverdire le gemme nascenti degli
alberi e delle erbuccie, stettero per alcuni istanti, pieni di una soave, di
una santa commozione.
- Dunque? disse Giovani.
- Dunque, Giovanni, lanciamoci nel mondo alla conquista dell’ideale.
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