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L'impulso di copiare
Il re di Corea ricevette in dono la raccolta completa dall’imperatore
della Cina, e quando un sacerdote buddista ne portò una in Giappone, la lingua
giapponese si arricchì di un nuovo vocabolo, ‘suri-hon, che significava libro
stampato. In seguito anche le altre comunità religiose provvidero a stampare i
loro testi.
Il canone taoista, in 4000 volumi, apparve nel 1019. Dalla stampa dei
propri testi sacri ottenne una sorta di legittimazione anche il manicheismo,
religione importata dall’Occidente. A quanto sembra i mussulmani, pur numerosi in Cina durante la
dinastia Sung, non stamparono il Corano; ma per loro uso circolavano almanacchi
e calendari, sempre stampati in modo xilografico.
In Cina, come poi in Occidente, l’ascesa dell’arte della stampa segnò
il declino delle arti della memoria. Un dotto cinese, Yen Meng-Te (1077-1148)
scriveva intorno al 1130:
‘Prima della dinastia T’ang tutti i libri erano manoscritti, non
esistendo ancora l’arte della stampa. Far collezione di libri era considerata
cosa molto onorevole, e nessuno ne possedeva in grande quantità… e gli
studiosi, in conseguenza del grande lavoro di trascrizione, acquistavano anche
una grande abilità e precisione nel citarli a memoria. Al tempo delle Cinque
Dinastie, Feng Tao per la prima volta inviò al suo sovrano un memoriale in cui
chiedeva che fosse in funzione un laboratorio ufficiale di stampa. E ancora,
negli anni della nostra dinastia regnante chiamata Shun-hua (990-994), fu dato
incarico ad alcuni dignitari di stampare i documenti storici e gli annali della
prima e della seconda dinastia Han. Da allora in poi i libri stampati divennero
ancora più numerosi… e poiché gli studiosi
trovavano facile procurarsi i libri, la pratica di citarli a memoria
cessò’.
Quando Marco Polo visitò la Cina di Kublai Khan (1216-1295), non
ritenne valesse la pena di riferire il fatto che in quel paese si producevano
molte copie dei sacri testi stampandone mediante blocchi di legno. Notò con
stupore, tuttavia, che Kublai Khan, con una sorta di ‘alchimia’, imponeva l’uso
della carta come moneta al posto dei metalli preziosi.
Nell’XI secolo la penuria di metalli e il maggior fabbisogno di moneta
avevano indotto le autorità imperiali a varare un sistema basato sull’emissione
di carta moneta stampata; in un solo anno ne furono messi in circolazione
quattro milioni di pezzi. Nel XII secolo i Sung finanziarono la guerra
difensiva contro i tartari stampando carta moneta, e dopo essere stati
sconfitti continuarono a stampare per poter pagare il tributo ai vincitori…..
Noi pensiamo a Gutemberg come a ‘colui che inventò la stampa’, o almeno
come all’inventore dei ‘caratteri mobili’. Ma quando comunemente lo
identifichiamo con l’elegante Bibbia che fu la sua prima opera tipografica di
grande importanza, e che è custodita come un tesoro nelle nostre biblioteche,
lasciamo in ombra il suo ruolo fondamentale. Egli, infatti, non fu soltanto un
pioniere e l’artefice, finché visse, di splendidi incunaboli. Fu il profeta del
nuovo mondo in cui le macchine avrebbero fatto il lavoro degli scrivani, il
torchio da stampa avrebbe spodestato lo ‘scriptorium’ e la conoscenza si
sarebbe diffusa fra innumerevoli comunità di cui si ignorava perfino
l’esistenza.
Fra gli eroi della storia moderna, pochi sono avvolti nel mistero più
di Johann Gutemberg (ca. 1394-1468). Ma se è avvolta nel mistero la sua
persona, non lo è la sua opera, che fu il coronamento di tentativi compiuti da
molti altri. Egli mise insieme quello che gli altri non avevano saputo mettere
insieme, e nell’impresa rischiò tutto. Gran parte di ciò che sappiamo di
Gutemberg riguarda le sue interminabili liti giudiziarie sul finanziamento
della sua officina di stampa e sui proventi della sua invenzione.
Naturalmente in Europa si stampava molto tempo prima di Gutemberg, se
per stampa intendiamo la produzione di immagini mediante impressioni. Il verbo
inglese ‘to print’ (stampare) indicava in origine l’impressione di un sigillo,
come nel conio delle monete, il che rende comprensibile il fatto che Gutemberg
iniziò la sua attività come orefice. La sua invenzione fondamentale, in realtà,
non fu tanto un nuovo modo di ‘stampare’, nel senso di imprimere, quanto un
nuovo modo di moltiplicare i tipi, cioè i caratteri metallici delle singole
lettere dell’alfabeto.
Altri, prima di lui, avevano pensato a scolpire, o incidere a rilievo,
un’immagine a rovescio sul legno o sul metallo, per poi pressare con questa
matrice, inchiostrata con un colorante, un tessuto una pergamena o un foglio di
carta. Ma in genere stampavano intere pagine, interi disegni.
Gutemberg frazionò il procedimento.
Per lui stampare un’intera pagina era un’operazione cumulativa,
consistente nell’imprimere singole lettere frequentemente ripetute. E allora
perché non fabbricare molti esemplari di ogni lettera, che si potessero usare
nuovamente ogni volta che era necessario?
(D.J. Boorstin, L'avventura della scoperta)
(D.J. Boorstin, L'avventura della scoperta)
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