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Una sottile catena... (5) (6) (7)
Thoreau,
figlio dell’acqua, passa una vita a celebrare la sua libertà nella solitudine
Una
volta eccelle nel fabbricare e mettere in commercio matite, un’altra come
campagnolo solitario in un capanno di legno nella foresta. Una volta si muove
nella sfera trascendentalista, un’altra si prende gioco di Emerson, il papa
della setta filosofica. Ora invita alla non-violenza della disobbedienza
civile, ora giustifica il ricorso alle armi – come si può vedere nella sua Apologia per John
Brown.
Cambia,
sì, ma rimanendo uguale a sé stesso: ciò che cambia è solo l’aspetto esteriore,
come, nell’alternarsi delle stagioni, cambia la superficie dello stagno che
egli ama. Blu, verde, nero, argento, oro, violetto, a seconda dei momenti
dell’anno o dell’ora del giorno. Ma è un solo e identico lago, un’entità
vivente. E Thoreau non pone niente al di sopra della vita, neanche la libertà,
perché per lui la libertà e la vita indicano una stessa e identica cosa.
Quando
si interroga sulla natura dell’uomo, non si preoccupa di definizioni
filosofeggianti, preferisce le immagini. L’uomo, ad esempio, è ‘una massa
d’argilla che si scioglie’ e, proseguendo con la metafora liquida: la punta
delle dita? Una goccia solidificata. L’orecchio pende, le labbra anche. Il
naso? Una stalattite congelata. Il mento? Una grossa goccia verso cui converge
tutto ciò che cola dal viso e sul viso. Le gote mostrano che la fronte cola, e
che le guance separano le colature.
Thoreau
non è parmenideo come Emerson e i trascendentalisti, i quali credono
nell’esistenza di un mondo delle idee pure, separate dalla realtà sensibile, ma
è eracliteo, perché sa che non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume, in
quanto si tratta comunque dello stesso fiume.
Sulla
bara di Thoreau, Emerson pronuncerà un elogio funebre, più funebre che elogio,
almeno a giudicare dalle osservazioni, inopportune in una simile circostanza, a
proposito del carattere impossibile del defunto!
Emerson
compie il suo dovere rivelando alcuni aforismi ripresi dai manoscritti inediti
del filosofo. Tra questi: ‘Chiedo di essere fuso. Tutto ciò che potete chiedere
ai metalli è di essere teneri per il fuoco che li fonde’. Ancora e sempre il
desiderio di liquefarsi per meglio fondersi alla natura, essere con essa una
medesima cosa.
In
un mondo in cui tutto passa, scorre, si trasforma, non si perde ma si modifica,
in un universo in cui una stessa energia attraversa la selce e il gufo, il
corpo del filosofo e il campo di grano, l’acqua di un lago e la carne di un
pesce, non esiste che un punto fisso: il Movimento.
Il
lavoro di un pensatore?
Abitare
pienamente ogni istante costitutivo di questo movimento. Immergersi ogni giorno
nell’acqua del fiume eracliteo – o del lago di Walden – sapendolo Identico e
Diverso.
Il
dovere del saggio consiste nell’usare fino in fondo l’epicentro di ogni
momento. La vita filosofica si propone di creare e collezionare momenti
sublimi. Fondere e fondersi per essere finalmente.
Thoreau
vuole vaporizzarsi nella Natura per raggiungere il godimento di una coscienza
consapevole che filosofo e mondo, così come il lago e la luce, sono una stessa
e unica sostanza vibrante di Vita.
Thoreau
non è molto bravo nel genere dell’esercizio mondano. Non convince molta gente,
ma pubblica comunque alcuni articoli su delle riviste. Scrive a Emerson e lo
tiene al corrente della sua vita newyorkese: rimpiange Concord che per lui è,
se non il centro del mondo, perlomeno il mondo. L’esperienza dura
otto mesi, penosi per il filosofo, che sente la mancanza della campagna, delle
erborizzazioni e delle passeggiate in mezzo alla natura.
Sperimenta
la Città e più tardi pronunzierà discorsi violenti sul mondo urbano,
contrapponendolo a quello rurale come il
Male al Bene: New York contro Concord, la Civiltà contro la Natura,
l’illusione contro la verità, la finzione contro l’autentico, la religione del
progresso tecnologico contro la saggezza della vita filosofica naturale, il
banchiere, il commerciante, il giornalista contro l’Indiano, l’uomo della
foresta, il contadino. Eccolo ben presto rientrare a Concord.
Per
il momento, analogamente a Emerson e ad altri, tiene conferenze nella sua
città. Più tardi, nel suo diario (Journal, ottobre 1858),
riserverà accenti severi alla vacuità delle conferenze e dei conferenzieri, e a
quella del loro pubblico. Parla di ‘marionette’,
sulla scena come in sala. Il che non gli impedirà mai di diffondere la sua
buona parola dalle cattedre fino al termine della sua esistenza.
Nel
1860, due anni prima della sua morte, ne terrà una dal titolo Le mele selvatiche. È in questo stesso
periodo che intraprende la lettura del Bhagavad-Gita, annoverato tra le sue fonti più
importanti. Contemporaneamente, mette a punto un procedimento che gli permette
di migliorare la qualità delle matite fabbricate nell’azienda di famiglia;
aiuta infine il padre a costruire una nuova casa.
È
forse sotto questa duplice influenza (la costruzione di una casa di famiglia
che lo porta ad accentuare la sua autonomia fabbricando una abitazione propria,
e al tempo stesso l’invito alla sobrietà induista) che progetta l’esperienza
esistenziale di Walden?
Possibile!
Va
ricordato che trascendente, trascendentale, e trascendentalismo rientrano tra i sintomi
della malattia del trascendentismo, che colpisce anzitutto
gli idealisti più interessati a cercare la verità del mondo fuori dal
mondo che a trovarla nel mondo.
Ma
vediamo più da vicino in che cosa consiste il trascendentalismo di Emerson,
prima di chiederci se quello di Thoreau esiste davvero, e, se esiste, che cosa
lo distingue dagli idealisti folli di Concord.
Il
breve scritto intitolato Natura, pubblicato nel 1836,
viene di solito considerato il manifesto trascendentalista. A cui vengono
talora aggiunti due altri brevi scritti, La fiducia in se stessi, e Lo studioso
americano.
Prima
tesi:
il
trascendentalismo crede nell’esistenza di uno Spirito universale chiamato anima
suprema. Esso rivendica
un’opzione chiaramente idealistica e afferma l’esistenza di un Dio nel quale si
esprime il mondo: la verità del mondo non si riduce alla sua realtà, alla sua
visibilità. Il materialismo non basta a esaurire la questione del senso del
mondo. In uno scritto intitolato Eterne forze (1877), Emerson esalta le
forze che costituiscono l’essere della Natura e ne rendono possibile
l’omeostasi. Certo, Emerson accetta il fatto che il mistero del mondo
regredisca man mano che progredisce la conoscenza delle leggi materiali, senza
tuttavia concludere che la scienza esaurirà un giorno tutte le questioni al
punto da far sparire la possibilità stessa del mistero. Perché, come che sia,
l’anima di Dio si diffonde nel mondo, garantendo il suo essere e la sua
permanenza. Ecco perché le forze sono solidali e le energie unite nel
costituire il reale nella sua specifica configurazione.
I trascendentalisti credono sì in Dio, ma
non certo come figura antropomorfa, alla maniera del Dio geloso, vendicativo,
vendicatore, autoritario e moralizzatore dei monoteisti. Il loro Dio si identifica con lo Spirito del Mondo, con l’Energia
della Natura, con la Forza cosmica che rende possibile l’avvento del reale e assicura
l’essere, la durata e la permanenza malgrado il continuo cambiamento.
Nel mondo trascendentalista non c’è perdita, ma
trasferimento di energia, perché tutto si trasforma. Dio indica l’energia, le
trasformazioni, il risultato. Nel Metodo della natura (1841), Emerson scrive: ‘Adoriamo
l’anima onnipotente del trascendente’.
Seconda
tesi:
la conoscenza non è questione di deduzione, di analisi, di riflessione condotta
in base ai principi della matematica. I trascendentalisti esaltano l’intuizione, la
simpatia, l’empatia.
Emerson
vanta i meriti delle occasioni di giungere alla verità per vie traverse.
L’inesplicabile e il mistero hanno a che vedere più col sonno, col sogno, la
follia, gli animali, i bambini, il sesso, aggiunge, che con un ragionamento ben
condotto secondo l’ordine delle ragioni. L’intuizione offre migliori vie
d’accesso al mondo che non la pura osservazione analitica di tipo cartesiano.
Al
razionalismo europeo Emerson preferisce la mistica concordiana.
Terza
tesi: il trascendentalismo si
tiene a distanza dalle folle, dalle masse o dal
popolo, che esso disprezza per la loro mediocrità, la loro incapacità di entrare
in contatto con il mistero del mondo e le alte sfere dell’Idea.
Il
popolo non comunica con l’Infinito.Aristocratico, Emerson vanta i meriti del grand’uomo,
inteso come ricettacolo delle forze e dell’energia del mondo. L’individuo
d’eccezione sintetizza le famose forze eterne. La storia di un popolo e di una
nazione si riassume in quella di alcune delle sue individualità. Il genio
deriva da una focalizzazione del migliore: si abbandona con piacere ed
esaltazione al suo destino trascendente, in altre parole a ciò che la Natura
vuole, esige e comanda.
Da
qui, la quarta tesi: l’insegnamento della fiducia
in sé stessi. Perché ciò che proviene
dall’epicentro dello Spirito del Mondo, in altri termini da Dio, non può essere
cattivo.
Da
buon protestante che accetta la predestinazione, Emerson invita ciascuno a
credere nella propria stella e ad abbandonarsi con fiducia al proprio destino,
senza pensare un solo secondo che potrebbe trattarsi del destino di un Angelo o
di quello di un Diavolo…
La
convinzione profonda, se è sincera, diventa una verità universale.
La
Provvidenza divina pone in ciascuno ciò di cui è portatore e che dunque deve
esprimersi.
È
buono ciò che permette l’espansione di sé; cattivo, ciò che la ostacola.
Non
si sfugge al proprio destino.
Niente
deve pertanto trattenerci, e ogni individualità degna di questo nome
disprezzerà ciò che si pensa di essa.
Il giudizio degli altri non conta nulla.
Quinta
tesi: un vero uomo è prima di
tutto un non-conformista.
La
soluzione?
Avere
fiducia in sé stessi, obbedire alle forze e all’energia che ci costituiscono.
Lasciar parlare l’Essere supremo che si esprime tramite la Natura. Non si deve
temere la contraddizione, poiché poco importa se un giorno si dice una cosa e
il giorno dopo il contrario: importa solo la manifestazione della propria
potenza – che coincide con la potenza di Dio.
Sesta
tesi: la contemplazione della
natura conduce alla verità e al godimento, se non al
godimento della verità che è verità del godimento. La materia del mondo non è
una sostanza, ma una rappresentazione: detto in termini platonici, il sensibile
partecipa dell’intelligibile, il sensibile è un’illusione, la verità si trova
nell’intelligibile.
La contemplazione ci rende coscienti del
fatto che noi siamo parte integrante della natura, dunque di Dio.
Il
mondo è una proiezione di Dio nell’inconscio. L’esultanza deriva dalla relazione
generale che noi possiamo avere con l’universo. Voltando le spalle al dolorismo
del monoteismo cristiano, Emerson invita a una sorta di panteismo mistico che
assegna alla contemplazione il ruolo di veicolo per estasi che permettono, sul
modello platonico, di sperimentare la felicità di sapersi parte di Dio. Emerson
oppone alla teologia cristiana una mistica pagana che trasforma la natura in
via di accesso a Dio. Lungi dalla sua vecchia funzione di pastore protestante, Emerson
scrive nella Fiducia
in se stessi:
‘Non desidero espiare, ma vivere’.
Settima
tesi:
le società ingannano e si ingannano; la politica non è una soluzione, non
cambia niente nell’ordine del mondo; non aspettatevi nulla dai governanti; il
progresso sociale non esiste; la filantropia è un vicolo cieco; non fidatevi
delle istituzioni; siate voi stessi; importa solo la riforma individuale e
personale. In questa prospettiva, ciascuno deve mettersi all’ascolto di sé
stesso, il che corrisponde a: mettersi all’ascolto del Mondo, dunque della
Natura, dunque di Dio.
Il
trascendentalismo propone una cura di sé, una scultura di sé, una costruzione
di sé.
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