giuliano

domenica 4 novembre 2018

ACQUA FUOCO VENTO ogni elemento della Terra nella Natura trasceso ovvero: il capanno del Filosofo (4)















































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Thoreau, figlio dell’acqua, passa una vita a celebrare la sua libertà nella solitudine

Una volta eccelle nel fabbricare e mettere in commercio matite, un’altra come campagnolo solitario in un capanno di legno nella foresta. Una volta si muove nella sfera trascendentalista, un’altra si prende gioco di Emerson, il papa della setta filosofica. Ora invita alla non-violenza della disobbedienza civile, ora giustifica il ricorso alle armi – come si può vedere nella sua Apologia per John Brown.

Cambia, sì, ma rimanendo uguale a sé stesso: ciò che cambia è solo l’aspetto esteriore, come, nell’alternarsi delle stagioni, cambia la superficie dello stagno che egli ama. Blu, verde, nero, argento, oro, violetto, a seconda dei momenti dell’anno o dell’ora del giorno. Ma è un solo e identico lago, un’entità vivente. E Thoreau non pone niente al di sopra della vita, neanche la libertà, perché per lui la libertà e la vita indicano una stessa e identica cosa.




Quando si interroga sulla natura dell’uomo, non si preoccupa di definizioni filosofeggianti, preferisce le immagini. L’uomo, ad esempio, è ‘una massa d’argilla che si scioglie’ e, proseguendo con la metafora liquida: la punta delle dita? Una goccia solidificata. L’orecchio pende, le labbra anche. Il naso? Una stalattite congelata. Il mento? Una grossa goccia verso cui converge tutto ciò che cola dal viso e sul viso. Le gote mostrano che la fronte cola, e che le guance separano le colature.

Thoreau non è parmenideo come Emerson e i trascendentalisti, i quali credono nell’esistenza di un mondo delle idee pure, separate dalla realtà sensibile, ma è eracliteo, perché sa che non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume, in quanto si tratta comunque dello stesso fiume.




Sulla bara di Thoreau, Emerson pronuncerà un elogio funebre, più funebre che elogio, almeno a giudicare dalle osservazioni, inopportune in una simile circostanza, a proposito del carattere impossibile del defunto!

Emerson compie il suo dovere rivelando alcuni aforismi ripresi dai manoscritti inediti del filosofo. Tra questi: ‘Chiedo di essere fuso. Tutto ciò che potete chiedere ai metalli è di essere teneri per il fuoco che li fonde’. Ancora e sempre il desiderio di liquefarsi per meglio fondersi alla natura, essere con essa una medesima cosa.

In un mondo in cui tutto passa, scorre, si trasforma, non si perde ma si modifica, in un universo in cui una stessa energia attraversa la selce e il gufo, il corpo del filosofo e il campo di grano, l’acqua di un lago e la carne di un pesce, non esiste che un punto fisso: il Movimento.




Il lavoro di un pensatore?

Abitare pienamente ogni istante costitutivo di questo movimento. Immergersi ogni giorno nell’acqua del fiume eracliteo – o del lago di Walden – sapendolo Identico e Diverso.

Il dovere del saggio consiste nell’usare fino in fondo l’epicentro di ogni momento. La vita filosofica si propone di creare e collezionare momenti sublimi. Fondere e fondersi per essere finalmente.

Thoreau vuole vaporizzarsi nella Natura per raggiungere il godimento di una coscienza consapevole che filosofo e mondo, così come il lago e la luce, sono una stessa e unica sostanza vibrante di Vita.




Thoreau non è molto bravo nel genere dell’esercizio mondano. Non convince molta gente, ma pubblica comunque alcuni articoli su delle riviste. Scrive a Emerson e lo tiene al corrente della sua vita newyorkese: rimpiange Concord che per lui è, se non il centro del mondo, perlomeno il mondo. L’esperienza dura otto mesi, penosi per il filosofo, che sente la mancanza della campagna, delle erborizzazioni e delle passeggiate in mezzo alla natura.

Sperimenta la Città e più tardi pronunzierà discorsi violenti sul mondo urbano, contrapponendolo a quello rurale come il Male al Bene: New York contro Concord, la Civiltà contro la Natura, l’illusione contro la verità, la finzione contro l’autentico, la religione del progresso tecnologico contro la saggezza della vita filosofica naturale, il banchiere, il commerciante, il giornalista contro l’Indiano, l’uomo della foresta, il contadino. Eccolo ben presto rientrare a Concord.




Per il momento, analogamente a Emerson e ad altri, tiene conferenze nella sua città. Più tardi, nel suo diario (Journal, ottobre 1858), riserverà accenti severi alla vacuità delle conferenze e dei conferenzieri, e a quella del loro pubblico. Parla di ‘marionette’, sulla scena come in sala. Il che non gli impedirà mai di diffondere la sua buona parola dalle cattedre fino al termine della sua esistenza.

Nel 1860, due anni prima della sua morte, ne terrà una dal titolo Le mele selvatiche. È in questo stesso periodo che intraprende la lettura del Bhagavad-Gita, annoverato tra le sue fonti più importanti. Contemporaneamente, mette a punto un procedimento che gli permette di migliorare la qualità delle matite fabbricate nell’azienda di famiglia; aiuta infine il padre a costruire una nuova casa.




È forse sotto questa duplice influenza (la costruzione di una casa di famiglia che lo porta ad accentuare la sua autonomia fabbricando una abitazione propria, e al tempo stesso l’invito alla sobrietà induista) che progetta l’esperienza esistenziale di Walden?

Possibile!

Va ricordato che trascendente, trascendentale, e trascendentalismo rientrano tra i sintomi della malattia del trascendentismo, che colpisce anzitutto gli idealisti più interessati a cercare la verità del mondo fuori dal mondo che a trovarla nel mondo.

Ma vediamo più da vicino in che cosa consiste il trascendentalismo di Emerson, prima di chiederci se quello di Thoreau esiste davvero, e, se esiste, che cosa lo distingue dagli idealisti folli di Concord.




Il breve scritto intitolato Natura, pubblicato nel 1836, viene di solito considerato il manifesto trascendentalista. A cui vengono talora aggiunti due altri brevi scritti, La fiducia in se stessi, e Lo studioso americano.

Prima tesi: il trascendentalismo crede nell’esistenza di uno Spirito universale chiamato anima suprema. Esso rivendica un’opzione chiaramente idealistica e afferma l’esistenza di un Dio nel quale si esprime il mondo: la verità del mondo non si riduce alla sua realtà, alla sua visibilità. Il materialismo non basta a esaurire la questione del senso del mondo. In uno scritto intitolato Eterne forze (1877), Emerson esalta le forze che costituiscono l’essere della Natura e ne rendono possibile l’omeostasi. Certo, Emerson accetta il fatto che il mistero del mondo regredisca man mano che progredisce la conoscenza delle leggi materiali, senza tuttavia concludere che la scienza esaurirà un giorno tutte le questioni al punto da far sparire la possibilità stessa del mistero. Perché, come che sia, l’anima di Dio si diffonde nel mondo, garantendo il suo essere e la sua permanenza. Ecco perché le forze sono solidali e le energie unite nel costituire il reale nella sua specifica configurazione.

I trascendentalisti credono sì in Dio, ma non certo come figura antropomorfa, alla maniera del Dio geloso, vendicativo, vendicatore, autoritario e moralizzatore dei monoteisti. Il loro Dio si identifica con lo Spirito del Mondo, con l’Energia della Natura, con la Forza cosmica che rende possibile l’avvento del reale e assicura l’essere, la durata e la permanenza malgrado il continuo cambiamento.

Nel mondo trascendentalista non c’è perdita, ma trasferimento di energia, perché tutto si trasforma. Dio indica l’energia, le trasformazioni, il risultato. Nel Metodo della natura (1841), Emerson scrive: ‘Adoriamo l’anima onnipotente del trascendente’.

Seconda tesi: la conoscenza non è questione di deduzione, di analisi, di riflessione condotta in base ai principi della matematica. I trascendentalisti esaltano l’intuizione, la simpatia, l’empatia.

Emerson vanta i meriti delle occasioni di giungere alla verità per vie traverse. L’inesplicabile e il mistero hanno a che vedere più col sonno, col sogno, la follia, gli animali, i bambini, il sesso, aggiunge, che con un ragionamento ben condotto secondo l’ordine delle ragioni. L’intuizione offre migliori vie d’accesso al mondo che non la pura osservazione analitica di tipo cartesiano.

Al razionalismo europeo Emerson preferisce la mistica concordiana.

Terza tesi: il trascendentalismo si tiene a distanza dalle folle, dalle masse o dal popolo, che esso disprezza per la loro mediocrità, la loro incapacità di entrare in contatto con il mistero del mondo e le alte sfere dell’Idea.

Il popolo non comunica con l’Infinito.Aristocratico, Emerson vanta i meriti del grand’uomo, inteso come ricettacolo delle forze e dell’energia del mondo. L’individuo d’eccezione sintetizza le famose forze eterne. La storia di un popolo e di una nazione si riassume in quella di alcune delle sue individualità. Il genio deriva da una focalizzazione del migliore: si abbandona con piacere ed esaltazione al suo destino trascendente, in altre parole a ciò che la Natura vuole, esige e comanda.

Da qui, la quarta tesi: l’insegnamento della fiducia in sé stessi. Perché ciò che proviene dall’epicentro dello Spirito del Mondo, in altri termini da Dio, non può essere cattivo.

Da buon protestante che accetta la predestinazione, Emerson invita ciascuno a credere nella propria stella e ad abbandonarsi con fiducia al proprio destino, senza pensare un solo secondo che potrebbe trattarsi del destino di un Angelo o di quello di un Diavolo…

La convinzione profonda, se è sincera, diventa una verità universale.

La Provvidenza divina pone in ciascuno ciò di cui è portatore e che dunque deve esprimersi.

È buono ciò che permette l’espansione di sé; cattivo, ciò che la ostacola.

Non si sfugge al proprio destino.

Niente deve pertanto trattenerci, e ogni individualità degna di questo nome disprezzerà ciò che si pensa di essa.

Il giudizio degli altri non conta nulla.

Quinta tesi: un vero uomo è prima di tutto un non-conformista.

La soluzione?

Avere fiducia in sé stessi, obbedire alle forze e all’energia che ci costituiscono. Lasciar parlare l’Essere supremo che si esprime tramite la Natura. Non si deve temere la contraddizione, poiché poco importa se un giorno si dice una cosa e il giorno dopo il contrario: importa solo la manifestazione della propria potenza – che coincide con la potenza di Dio.

Sesta tesi: la contemplazione della natura conduce alla verità e al godimento, se non al godimento della verità che è verità del godimento. La materia del mondo non è una sostanza, ma una rappresentazione: detto in termini platonici, il sensibile partecipa dell’intelligibile, il sensibile è un’illusione, la verità si trova nell’intelligibile.

La contemplazione ci rende coscienti del fatto che noi siamo parte integrante della natura, dunque di Dio.

Il mondo è una proiezione di Dio nell’inconscio. L’esultanza deriva dalla relazione generale che noi possiamo avere con l’universo. Voltando le spalle al dolorismo del monoteismo cristiano, Emerson invita a una sorta di panteismo mistico che assegna alla contemplazione il ruolo di veicolo per estasi che permettono, sul modello platonico, di sperimentare la felicità di sapersi parte di Dio. Emerson oppone alla teologia cristiana una mistica pagana che trasforma la natura in via di accesso a Dio. Lungi dalla sua vecchia funzione di pastore protestante, Emerson scrive nella Fiducia in se stessi:

‘Non desidero espiare, ma vivere’.

Settima tesi: le società ingannano e si ingannano; la politica non è una soluzione, non cambia niente nell’ordine del mondo; non aspettatevi nulla dai governanti; il progresso sociale non esiste; la filantropia è un vicolo cieco; non fidatevi delle istituzioni; siate voi stessi; importa solo la riforma individuale e personale. In questa prospettiva, ciascuno deve mettersi all’ascolto di sé stesso, il che corrisponde a: mettersi all’ascolto del Mondo, dunque della Natura, dunque di Dio.

Il trascendentalismo propone una cura di sé, una scultura di sé, una costruzione di sé.













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