giuliano

giovedì 4 luglio 2019

DUE ERETICI (4)



















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Io: Ecco il mistero di questa immonda eresia: tu cerchi il calore della vita all’albero della tua ultima venuta, io vago nel freddo senza Tempo dell’opera taciuta e la vista coglie lo spirito (prigioniero) della vita in ogni opera che tu pensi compiuta… perché scritto nella materia della tua visibile (e Seconda) natura…              
Rimase immobile nel ricordo racchiuso nel sogno della linfa specchio di una foglia, lui che fu privato ed ingannato della vita ora con una corda è trascinato lungo la via, lui che non voleva morire e donava solo memoria, ora su un  fuoco dovrà patire il rogo per tutte le vite di troppe eresie all’ombra di uno stretto cortile che conta l’ora della fine. Lui che indicò il pensiero ad ogni illustre o stolto forestiero, lui che indicò la via quando il caldo soffocava l’ora e il sudore di un ricordo antico scendeva goccia a goccia da un viso d’improvviso impietrito, come una paura raccolta da una fuga agitata, un frutto, ricordo di un sogno interrotto: stanchezza che sa’ di paura taciuta poi   una sete agitata, un attimo di salvezza ed il pensiero torna vivo nell’invisibile  frescura di un ombra scura…: il viandante risorge alla sua nuova natura… Solo un incubo raccolto da una fatica dura, Prima anima racchiusa nello specchio di un lenta tortura prigioniera di una Seconda natura…
Lui che parlava come una rima racchiusa all’ombra della sua poesia, ora tagliano e deturpano ogni suo frammento, immobile ed eterno nell’apparenza di un tronco di legno non ancora sepolto al fuoco dell’architettura nominata vita, lui come un fante in questa guerra ora è trascinato via… a miglior vita…




Lui: Ecco, ci siamo; gli omuncoli ai suoi piedi sfuggono dal luogo del loro delitto; colpevoli hanno lasciato cadere l’ascia e la sega. La caduta è lenta, come se l’Albero fosse appena mosso dalla brezza estiva e ritornasse senza un sospiro alla sua celeste dimora.




Io: Mi ricordo di loro in questo momento senza Tempo, in questo grande albergo, ma sono solo uno Straniero come una foglia al vento di un lungo inverno coperto di neve, chi mi vede ha la strana visione o forse solo illusione, ma per taluni è assoluta certezza, di un pazzo vicino ad un bosco, immobile come una preghiera del Tempo privato della parola.
Immobile e coperto di neve in questo specchio di Tempo riflesso nell’ora nominata Autunno, calendario di una antica litania che vorrebbe essere vita,  certezza costretta ed ancorata ad un lento patimento all’urlo ingordo di una bufera che spazza e cancella ogni cosa perché così è la storia, lasciando solo cenere al vento perché lo scheletro anche privato di ogni foglia è troppo bello esposto a quel tormento, ed ugual viandante al fresco di un primaverile ricordo rimembra il sogno al suo cospetto divenire silenzioso rispetto.
Mira la stessa via ed il pensiero muta in preghiera fors’anche invisibile eresia: un poeta ad ugual vista divenne profeta, un viandante mutò la sua seconda natura, un boia seppellì la sua corda, un soldato depose la sua spada e contemplò di nuovo la vita, un prigioniero mi narrò l’intera sua via quando il ramo spezzò la cima della corda che lo teneva stretto alla soffocata vita, una donna cercò l’amore scoprendo la foglia della sua ugual natura, un bambino trovò il seme dell’intera sua esistenza divenne nuovo profeta, un affamato mi accarezzò un ramo e io appagai la fame della sua venuta, un prete bigotto, invece, lo spezzò per farne un bastone, poi accese un fuoco con decisione: dalla fiamma di quel ricordo divenne cacciatore e ad una strega fanciulla senza più onore rubò la segreta natura mentre quella gridava nella violenza taciuta del suo dolore… foglia caduta…
Anch’io feci la stessa sua fine e lo scheletro della prematura sepoltura non allieta neppure la vista dell’ingorda natura, strada nuda che all’ombra del mio ricordo ora non matura più il sogno, ed il volgo muta la sua Prima Natura racchiusa nella visibile materia che trasuda invisibile onda: un traliccio color acciaio dove un mare agita e smuove ogni ricordo… nella falsa certezza nominata parola… rima di un falso progresso in nome del mio patimento, morire a stento foglia bruciata all’onda del vento…




Lui: Adesso sfiora la collina nella sua caduta e giace sul suo letto nella vallata, da cui non dovrà mai più rialzarsi, soffice come una piuma, avvolgendosi nel suo verde mantello come un guerriero che, stanco di stare eretto, volesse abbracciare la Terra in gioia silenziosa, restituendo la sua materia alla polvere.




Io: Ora l’Inverno della prematura fine della Natura si avvia al convento della Storia, sempre la stessa, certo più brutta e volgare della semplice e povera foglia, ma grazie a quella ogni pensiero compie la sua lenta evoluzione e all’ombra del fumo della falsa dottrina ogni morte si avvicina. Un frammento di neve mi sussurra nella pagina della sua nuova venuta una strofa una rima, simmetria della vita, mi narra la strana avventura entro la carne nominata vita perché con il dono della parola fu destinata ad una lenta tortura.
Mi narra di quando cadde nel corpo della morta materia, lei che solo linfa era, poi ebbe ogni sorta di tortura, quando solo la vita celebrava…
Quando solo bellezza concedeva ad ogni nostra muta preghiera…
Quando solo la vita prometteva ad ogni respiro della nostra immutata èra…
Ebbe ad espiare colpe mai commesse, ebbe a soddisfare passioni e desideri sfrenati e nascosti, lei che vegliava la vita all’ombra di un desiderio appena scorto vicino alla radice dove un uomo azzanna la bellezza come fosse un desiderio represso e mai concesso al falso progresso…
Lei che vegliava quelle misere ore all’ombra di non visti strani accadimenti.
Ricorda un uomo godere dei suoi frutti e divorarli come pensieri strani e arguti di una guerra infinito principio di vita.
Ricorda quell’uomo godere del sapore freschezza e linfa di stagione, del suo principio come fosse un frutto proibito di uno strano giardino.
Ricorda di averlo visto azzannare e masticare con i denti non riuscendo a distinguere il profumo, perché è solo un istinto astuto caduto in un moderno mito incompiuto.
Ricorda il suo istinto evoluto non percepire odore né sapore, non scorgere colore…, pur parlando della vita del nostro ugual Creatore…
Ricorda di averlo udito mentre mastica ugual Genesi e Principio dal palato così mal concepito, il suo è solo istinto immaturo mentre ruba il mio frutto maturo…
Ricorda spogliare i rami di ogni frutto senza rendere di quanto ricevuto, forse perché si pensa astuto, forse perché non ode la voce del vento mentre risentito per l’accaduto abbatte il suo ordine incompiuto: ha scomposto la regola della vita e gode del frutto mai seminato nel giardino dell’eterno peccato all’ombra della foglia… sogno per sempre perduto…
Forse perché un albero muto può anche essere abbattuto… dopo averne impropriamente goduto ogni suo frutto maturo.
Forse perché alla sua ombra ogni dottrina può essere consumata a chi pensa la vita riflessa nella Natura cieca muta e senza il dono della parola.
Forse perché quello è solo un albero del suo Dio e lui può disporre di ogni suo frutto pensando il Creato opera del suo palato…
... Ma ora la neve avvolge e torno al freddo del Primo Dio quando ero solo spirito e pensiero di un incompreso ed infinito evento fuori dal loro Tempo. Ora il freddo porta il sommo colore della passione dopo un’intera stagione dedicata alla vita, la linfa lenta scorre dalle vene e un urlo soffocato di dolore misto a piacere regala bellezza a chi non vede la segreta via racchiusa nell’incompiuta materia governata da un Secondo muto alla vista, nello spirito Ora di nuovo nel suo Universo taciuto…
Torno a remare nella fredda simmetria di un Primo Pensiero compiuto e racchiuso nell’inverno di una morte apparente donde la vita per il vero proviene….
Quando nella nuova simmetria della neve qualcuno riconoscerà il mio profilo taciuto, vita di un disegno compiuto, qualcuno proverà diletto incompreso al caldo di un pensiero goduto al fuoco del mio Frammento donato e bruciato nel Tempo di questo misero Creato.
Proverà piacere e diletto nel freddo e morto vento, proverà piacere a scivolare ed accarezzare la neve, se pur fredda da lei nascerà la Primavera, se pur apparente nemica della vita, da lei sgorgherà la linfa… della vita…, ed in quella misera e solitaria bufera troverà un Primo Pensiero taciuto e bruciato al rogo di un Dio incompiuto…: scorgerà il mio profilo, il volto della vita ornare ed accompagnare il passo chi di nuovo fuggito dal calore di una apparente materia che orna ogni falsa ricchezza….
Io spoglio e caduto sogno il mio Dio taciuto…
Ora che la neve mi avvolge guardo allo specchio lontano nella sala  illuminata dai colori di ogni mio principio, scorgo la parola celebrata al tepore di un fuoco che scalda l’illusione di un falso ricordo, perché nel Tempo la verità hanno ingannato e poi sacrificato al rogo del loro… Creato… specchio di ogni elemento incarnato…
… Nel silenzio del desiderio compiuto di un Dio per sempre taciuto…                         
 ...Lui: Ma fin qui avete solo visto e non udito. Ecco che sorge dalle rocce un fragore assordante: vi avverte che nemmeno gli Alberi muoiono senza un lamento. Ed ora tutto è di nuovo e per sempre calmo; fermo all’occhio e all’orecchio. Scesi e misurai!

(Thoreau incontra uno Straniero…)












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