giuliano

lunedì 1 novembre 2021

E' GIUNTA L'HORA DI PREGARE (13)

 


























Precedenti capitoli:


'Nessuno' mi vuole ammazzare! (12/1)


nel giorno dei Morti senza Santi


Prosegue con il...:


Tramonto degli oracoli (14)


& l'apparenza appena impercettibile... (15)









Simili casi, relativamente rari nell’Europa e nelle Americhe moderne, sembrano più frequenti fra popolazioni meno progredite, ed erano forse più comuni nell’antichità. Da questi casi, il concetto di possessione poteva facilmente essere esteso agli epilettici e ai paranoici; e le malattie mentali di ogni specie, compresi il sonnambulismo e il delirio febbrile, potevano finire con l’essere attribuite tutte a operatori demonici. La credenza, una volta accettata, avrebbe naturalmente creato nuove prove a suo favore, grazie all’autosuggestione.

 

È stato già osservato che l’idea della possessione manca in Omero e talvolta si è pensato che fosse estranea alla civiltà greca più antica. Nell’Odissea però si trovano tracce della credenza generica secondo la quale le malattie mentali hanno origine soprannaturale.

 

Il poeta non ne fa esplicita menzione, ma un paio di volte lascia parlare i suoi personaggi in modo da far trapelare questa convinzione. Quando Melanto dileggia Odisseo sotto mentite spoglie, chiamandolo picchiato, cioè matto, adopera un’espressione che probabilmente implicava, in origine, l’intervento demonico, benché per lei significasse semplicemente un po’ tocco.




Poco più oltre, uno dei Proci schernisce Odisseo e lo chiama matto pazzo toccato, non si incontra altrove, e il significato è discusso - ma il senso di toccato, cioè matto, dato da qualche antico studioso, è il più naturale, quello che meglio si accorda col contesto?

 

Credo che sia implicito anche qui un tocco soprannaturale. E finalmente, quando Polifemo comincia a urlare e agli altri Ciclopi, che domandano che cosa succede, risponde Nessuno mi vuole ammazzare, i Ciclopi osservano Certo un male mandato dal grande Zeus non si può evitare, e religiosamente gli raccomandano la preghiera. Mi sembra che lo abbiano giudicato impazzito; per questo lo abbandonano al suo destino.

 

Alla luce di questi passi si può dire con una certa sicurezza che l’origine soprannaturale delle malattie mentali fosse un luogo comune del pensiero popolare al tempo di Omero, e probabilmente molto prima, quantunque i poeti epici non si interessassero troppo all’idea e non volessero pronunciarsi sulla sua verità. Possiamo aggiungere che il luogo comune è sopravvissuto nel pensiero popolare greco sino ai nostri giorni. Nell’età classica, gli intellettuali limitavano forse la divina pazzia a certi tipi specifici; alcuni, come l’autore del trattato De morbo sacro (fine del V secolo), arrivavano perfino a sostenere che non vi sono malattie più divine delle altre, ritenendo che ogni malattia è divina in quanto fa parte dell’ordine divino e tuttavia essa ha anche le sue cause naturali che la ragione umana può scoprire.

Ma è poco probabile che le credenze popolari subissero l’influenza di queste idee, se si eccettuano pochi grandi centri di cultura. 

(R. Dodds)




Io non riesco a convincere Critone qui presente (dice Socrate nel Fedone, poco prima di bere la cicuta) che il Socrate che tra poco vedrete immobile non è quello vero, ma un altro: qui ci sarà un corpo senza vita, mentre il vero Socrate è quello la cui anima sta per abbandonare il corpo per inoltrarsi lungo le segrete vie dell’Aldilà.

 

Questa nozione di Anima si sviluppò progressivamente a partire dall’epoca arcaica e cominciò a divenire abbastanza comune attorno alla metà del V secolo a.C., ma solo in ambienti intellettuali, mentre alla maggioranza delle persone l’idea doveva apparire ancora oscura e bizzarra.

 

L’uso della parola psyché e la stessa nozione di Anima nelle più antiche testimonianze della cultura greca, i poemi di Omero, sono però molto lontani da questo valore. La psiche omerica non indica l’anima nel senso platonico del termine, e tanto meno ha relazione con fenomeni mentali: è il soffio vitale che abbandona un uomo, lasciandolo immoto tra le braccia della morte. ‘La sua vita lo abbandonò piangendo, lasciando la giovinezza e il vigore’, è la formula tipica con cui Omero accompagna i suoi eroi nell’estremo tuffo verso l’ignoto.




 Nei nobili versi dell’epica omerica la psyché designa l’energia che anima un uomo e che si rende percepibile solo quando le manifestazioni della vita cessano o vengono sospese: l’unica sua funzione sembra essere quella di abbandonare un uomo quando questi esala l’ultimo respiro, mentre nulla si dice del modo con cui essa operi nel vivente. La psyché è un’entità materiale, un alito di vapore che si disperde nell’aria, oppure un fiotto di sangue che sgorga da una ferita. Questa anima-vita esce come una farfalla (anch’essa in greco chiamata psycheJ dalla bocca o dalla piaga, comunque da un’apertura di quel corpo che sino a quel momento l’aveva trattenuta dentro di sé come un involucro, e si trasferisce in un luogo lontano e inaccessibile.

 

La Terra dei Morti.

 

Tutto il gran lottare, amare, soffrire che accompagna la luminosa vita degli eroi istante dopo istante si risolve in questo: un soffio che svapora dell’aria, poiché la vita, e la psyché che s’identifica con lei, sono fatte di materia, ma di una materia lieve che si consuma e si annulla, come un filo di fumo che si disperde nel vento.




Socrate poteva credere che la sua psyché gli sarebbe sopravvissuta, e in qualche modo anche Omero lo crede, però le forme di questa sopravvivenza sono enormemente diverse. La psiche omerica porta con sé il ricordo e il rimpianto della vita, ma vive di un’esistenza larvale, come un’ombra senza forze, senza nervi, senza passioni, senza neppure la possibilità di parlare, se non viene rianimata dai sacrifici; per riattivare parzialmente la sua forza bisogna nutrirla col sangue di una vittima, come fa Odissea quando scende a visitare le ombre dell’Ade.

 

L’esempio più significativo di quali siano le funzioni della psyché dopo la morte è il famoso sogno di Achille nell’Iliade:

 

Lo prese il sonno, sciogliendogli le pene dell’animo, si riversò soave sopra di lui [….] ed ecco venne a lui l’anima (psyché) dell’infelice Patroclo, che gli somigliava in tutto, in grandezza, bellezza, occhi belli e voce, e sul corpo indossava identiche vesti. Si fermò accanto al suo capo e gli parlò: ‘Tu dormi, Achille, e ti sei scordato di me: mi amavi da vivo, ma mi trascuri ora che sono morto. Seppelliscimi, fa che io entri nelle case dell’Ade, da lì mi tengono lontani le anime (psychdi), fantasmi (éidola) dei morti, e non consentono che mi unisca loro oltre il fiume, ma devo vagare così, davanti alla dimora di Ade dalle ampie porte. Ora dammi la mano, non tornerò più dall’Ade dopo che sarò stato cremato’.




E rispondendo gli disse Achille dai piedi veloci:

 

Perché, cara testa, sei venuto sino qui e mi comandi queste cose? Certo, farò tutto quanto, compirò ciò che comandi, ma vienimi più vicino, che per un attimo ci abbracciamo e possiamo godere del pianto amaro l’uno con l’altro.

 

Con queste parole tese le braccia, ma non lo raggiunse: l’ombra (psyche) come fumo sotto la terra fuggì stridendo. Stupito Achille balzò in piedi, batté insieme le mani e disse una mesta parola: ‘Ah, esiste allora anche nelle case dell’Ade una vita (psyche) e un’ombra (éidolon) ma dentro non c’è più la mente (phrénes)! 

(Omero, Iliade, 23, 62- 104)

 

La psyché che appare in sogno a Achille è un’entità di natura intermedia, un fenomeno bifronte nello stesso tempo reale e immaginario: non è un’immagine elaborata dalla mente di chi dorme, dato che appare per sua iniziativa e dopo avere parlato fugge via stridendo per tornare là da dove era partita; non è nemmeno un’entità dotata di natura completamente autonoma poiché ha comunque bisogno di uno spazio subliminale in cui manifestarsi (il sogno) e si attiva solo nei momenti che si potrebbero definire marginali dell'esperienza psicologica, quando le attività percettive della veglia sono allentate.




In questo senso, l’apparizione della psyché di Patroclo appartiene allo screziato mondo visionario che costella le percezioni mentali dell’uomo omerico e corrisponde in modo antitetico -poiché proviene dal fondo del mondo infero e non dall’alto, dalla luminosa sfera degli dei - alle visioni e apparizioni che diventano percettibili agli eroi omerici sia nei sogni sia nell’esperienza cosciente.

 

Questa specie di Anima, o meglio anima-fantasma, possiede caratteristiche proprie: come dice Achille, la psyché di Patroclo ha un’esistenza, ma non più le phrénes che danno a un uomo la capacità di dirigere le sue azioni.

 

L’anima-fantasma è un doppio del corpo, che lo riproduce nella forma ma non nell’essenza, come un’immagine allo specchio. È definita éidolon, una ‘sembianza’: con questa parola la lingua greca raggruppava una serie di fenomeni dell’immaginario che, sebbene a noi sembrino disomogenei tra loro, erano percepiti in modo analogo; oltre all’immagine che visita i dormienti in forma di sogno, appartengono alla categoria dell’éidolon  l’ombra che si aggira nelle dimore sotterranee di Ade, la statua che veniva posta nelle tombe per sostituire la vita del defunto, quella speciale forma di raddoppiamento della persona che è l’immagine riflessa, il fantasma che vaga in prossimità delle tombe perseguitando i viventi con la sua presenza e persino le statue e le immagini che rappresentano una persona ancora viva.

 

Pur confinato nell’Ade, questo doppio può operare ancora sulla terra.




In questa descrizione dei fenomeni mentali, anche i conflitti e i disturbi psicologici, il disagio emotivo o altre forme di alterazione dei comportamenti sono concepiti e descritti in modo radicalmente diverso rispetto a quelli che, in seguito, porteranno medici e filosofi a sostenere che esiste una malattia chiamata follia o mania, e che questa consiste in un’alterazione dell’anima oppure del cervello.

 

Ciò che in termini moderni (ma in definitiva già platonici) è la vita psicologica collocata all’interno dell’uomo, in Omero è presentato il più delle volte come il prodotto di impulsi esterni e assume quindi un carattere oggettivo. I conflitti interiori prendono l’aspetto di un dialogo tra le parti dell’anima: le voci interiori, le visioni, le allucinazioni visive o uditive e fenomeni simili che si presentano improvvisamente nell’interno della mente di una persona, vengono rese oggettive e reali e proiettate all’esterno, divenendo una sorta di voce divina che parla e con la quale si può dialogare. Persino i sogni non sono descritti come fenomeni mentali, ma come un dialogo tra il soggetto dormiente e un’immagine che viene dall’esterno, parla con il dormiente disteso nel suo letto e poi si allontana per andare là da dove è venuta. I sogni escono dalle porte d'avorio e di corno, e lì rientrano.




 In definitiva, tutto ciò che per noi si svolge ‘dentro’ la mente (conflitti, impulsi, emozioni) è portato ‘fuori’ di essa e diventa in qualche modo oggettivo e rappresentabile.

 

I disordini della mente, ma in generale gli impulsi e le idee improvvise, sono attribuiti generalmente all’azione di operatori esterni, divini o demonici, che intervengono sul soggetto. Gli dei possono aumentare l’energia psicologica e fisica, donare forza, illuminare oppure offuscare la mente, toglierla, o più esattamente, ‘farla deviare’, allo stesso modo con cui, con un soffio o un lieve tocco della mano, possono deviare una freccia. Questo non significa che gli dei prendono possesso della mente di un uomo: anzi la categoria della possessione è generalmente ignorata da Omero (con alcune eccezioni, di cui diremo dopo).

 

(G. Guidorizzi)




 

 

DOCUMENTO IN APPENDICE




* Hora, però, bisogna saper ben distinguere fra un Dèmone del tutto naturale, quindi creato ‘nel ed in’ vasto mondo della divina Natura, e con Lei eternamente ‘connesso’ qual gene della propria specie per conto della parabola da cui medesima Anima-Mundi e Vita preservarne la morte in eterna Vita; successivamente approdato ad una ‘delirante’, quanto limitata diagnosi (occidentale) nell’esorcizzare un male del tutto pagano, ovvero, il Sacro cordone ombelicale, o meglio la ‘corda’ che ancor, grazie a suddetto Dèmone ci congiunge sino alle più elevate vette della Stratosfera, così come il nucleo incompreso della crosta. Ed ove, purtroppo, cotal morbo ‘diagnosticato’ e ‘curato’ qual irrimediabile pazzia, sarà inquisito secondo schemi e pratiche conformi e immutate, immuni al nuovo tempo dato, o meglio che dico, mal interpretato. Restituito, e irrimediabilmente avvelenato (e non solo da vermi o batteri vari). Solo il Tempo, infatti, ne risulterà guasto così come avariato.





E se una impropria forma di ‘dotta sapienza’ ad uso e consumo d’un diverso e più pericoloso dèmone al servizio di una malsana pratica medica nel costante ‘esercizio’ della materiale economica (o peggio, ufficiale ‘dottrina’), abdicato ad una limitata vista su ugual medesimo panorama di vita, dedotta, o peggio decifrata, da un’altrettanta malsana limitata orwelliana psicologia, come simmetrica ‘banca’ ove il capitale ben ‘curato’ a spese della circoscritta pazzia; tenterà di illuderci circa ogni più valida o bassa ragione del progresso potrà risolvere cotal nominata pazzia, avremmo perso totale nesso circa la Natura così incarnata o mal interpretata, tutte le volte che fuggiamo  secolare inquisizione (a vari soggetti, alternativamente incaricata e distribuita in nuove connesse dottrine economiche frutto di eterno materiale interesse più che naturale intelligenza…) d’una diversa aliena società (pre)costituita. Così, per al meglio risolvere le varie connessioni di banchieri congiunti e uniti nella volontà di adeguare la propria ed altrui ben seminata aliena pazzia (circa i veri interessi della Terra) ad ognun prescritto rimedio della nuova ‘ricetta’.




Illudendoci circa la sana ridistribuzione del globale progresso da codesti interpretato curare con ugual efficacia il male seminato. Dobbiamo risolvere il nodo posto sin dall’inizio dei tempi, con una scelta una morale di Vita, un Idealismo che fugga il Pensiero così fondato, nonché, da più elevati invisibili interessi irrimediabilmente presidiato, ovvero fuggire così come Ulisse! E se il Viaggio lungo e il cammino difficile, è bene affrontare l’omerico incerto Tempo, ma non certo amletico destino offerto al banco del tempio. Così se pur nominati pazzi e presidiati come creati dal morbo mal curato della Natura, se pur perseguitati ancor prima di streghe e benandanti, con il carroccio di turno, vigile attento fido cane del proprio padrone, è giunta l’hora di (ri)fondare i miti al Tempio d’ogni Elemento violentato, posseduto, manipolato, corrotto, perseguitato, deriso, umiliato, processato, inquisito, ed in ultimo, come codesti luoghi insegnano, posto al rogo della falsa ragion di stato incarnata da chi ancor più falso. 




Per disfarsi della dismessa morale la quale legittima superiore dominio, senza aver cognizione di ciò che solitamente dispensa e dispenserà ancora, per tutto ciò che non viene più pensato, bensì suggerito dalla sala della regia. A lei preferiamo diverso teatro e destino, mio caro amico! * [*la corretta forma caratteriale del ‘posseduto’ sarà corrisposta in appendice al testo, ci scusino loro Signori per il momentaneo, seppur tele-paticamente, almeno così dicono dalla regia, momentaneo controllato stato di epilessia. Grazie!]

 

(Giuliano)




 







Nessun commento:

Posta un commento