giuliano

giovedì 2 giugno 2022

UNA ELEVATA CONDIZIONE SPIRITUALE (il secondo bicchierino della mattina...)

 










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In un’altra troviamo le medesime quantità, ma con il brandy al posto della vodka. Era vagamente possibile. Pietro era molto robusto e superava i due metri d’altezza, il che doveva avergli permesso di reggere l’alcol più di quanto rientrasse nelle normali capacità umane (e dovrebbe anche spiegarci la sua ossessione per i nani). 

 

Se Stalin era riuscito a trasformare effettivamente il governo russo in un club di bevitori, Pietro era riuscito a trasformarlo ufficialmente. Per prima cosa aveva creato l’Allegra compagnia, una specie di parodia alcolica della corte imperiale. Per diventarne membri bisognava bere tenendo il passo di Pietro, il che non era una faccenda semplice. Aveva una specie di salotto che poteva ospitare fino a 1500 persone e una scimmietta addomesticata, e ogni festa cominciava con una sequela di brindisi a base di vodka, tanto per essere sicuri che tutti fossero completamente asfaltati prima dell’arrivo delle pietanze.




L’Allegra compagnia si trasformò poi nel Sinodo dei burloni e dei giullari sempre allegri e ubriachi, che era una parodia della chiesa russa. Ma quei debosciati erano il governo, oltre a essere una parodia alcolica del governo. Romodanovskij, il capo della polizia segreta di Pietro, ne faceva parte. Come Berija, era un bevitore e un promotore del bere. Romodanovskij aveva un orso ammaestrato che offriva agli ospiti dei bicchieri di vodka al peperoncino ed era stato addestrato ad attaccarli se si rifiutavano.

 

Pietro stesso aveva escogitato una punizione speciale per chi veniva sorpreso a non bere: la Grande aquila. Era una coppa gigantesca che conteneva un litro e mezzo di vino. Chi si tirava indietro e veniva scoperto era costretto a berla in un colpo solo. E la cosa valeva per tutti, non solo per i membri del Sinodo dei burloni. Pietro conosceva il valore dell’ubriachezza, il potere che derivava dalla sua imposizione e il potere che derivava dal ridurre la propria controparte a un relitto rigurgitante.




L’ambasciatore danese, una volta, si ritrovò in barca con Pietro il Grande e si rese ben presto conto di non poter bere ancora. Cercò dunque di scappare arrampicandosi sull’albero maestro per nascondersi tra le vele, ma Pietro se ne accorse e si arrampicò a sua volta con delle bottiglie di vino in tasca e la Grande aquila in bocca. L’ambasciatore fu costretto a bere. Pietro era sicuramente un grand’uomo, promulgò numerose riforme importanti – soprattutto contro le barbe – ma ciò non significa che fosse automaticamente una brava persona.

 

L’ambasciatore prussiano affermò di aver visto con i suoi occhi Pietro mentre ordinava che gli venissero portati venti prigionieri e venti bicchieri. A quel punto se li scolò tutti e celebrò ogni bicchiere vuoto sfoderando la spada e decapitando allegramente un prigioniero. Domandò poi all’ambasciatore se voleva provarci anche lui.




Stalin era anche un grande ammiratore di Ivan il Terribile (1530-1584), che era stato un pioniere nell’uso dell’ubriachezza come forma di controllo politico a corto raggio. Costringeva a bere i suoi sottoposti: e se non bevevano fino a perdere i sensi – o ancor meglio fino a raggiungere uno stato di frenesia, allora [gli amici di Ivan] aggiungevano un secondo e un terzo bicchiere; e quelli che non desideravano bere o abbandonarsi a tali trasgressioni venivano esortati a farlo con una vera lavata di capo, mentre urlavano allo zar: ‘Guardate questo e quest’altro (chiamandoli per nome), non vogliono mostrarsi gioviali alla vostra festa, come se condannassero e schernissero sia noi che voi bollandoci come ubriachi, fingendo ipocritamente di essere retti!’.

 

Ivan era ancor meno sottile in merito alle sue motivazioni. Molto spesso convocava degli scrivani alle sue feste, che annotavano tutto quello che la gente diceva da ubriaca. Quegli appunti venivano letti ad alta voce ai diretti interessati la mattina successiva, con l’assegnazione di una punizione consona. Le punizioni erano a dir poco fantasiose. Ivan aveva la maliziosa abitudine di stuprare e uccidere (e di sguinzagliare occasionalmente degli orsi affamati alle calcagna di monaci ignari, cosa che sembra piuttosto spassosa, in effetti).




Ma la sua azione più crudele, forse, consisteva nel mandare altra roba da bere a casa di chi aveva appena lasciato una delle sue feste. La faceva recapitare da soldati che dovevano restare lì ad assicurarsi che venisse tutto ingoiato all’istante. Ora, queste potrebbero essere soltanto storielle divertenti sulle manie di autocrati fradici di vodka, e non ci sarebbe nulla di strano. Si dice che il nordcoreano Kim Jong-il abbia speso un milione di dollari l’anno in Hennessy, e persino la regina Vittoria non disdegnava un bicchiere di whisky e chiaretto.

 

In Russia, però, tutto questo è importante, non solo per l’andamento e la continuità che superano i 500 anni, ma perché quello che i governanti russi facevano al loro gabinetto finiva per somigliare a quello che facevano ai loro sudditi. E la colpa è tutta di Ivan. Nel 1522 Ivan il Terribile assediò e conquistò la città tartara di Kazan. Mentre trucidava gioiosamente gli abitanti, si fermò abbastanza a lungo da essere positivamente impressionato dalle taverne statali, o ‘kabak’, come venivano chiamate.




I tartari non si limitavano a tassare l’alcol, incameravano la totalità dei profitti. Ivan tornò in fretta a Mosca e costruì la cattedrale di San Basilio per festeggiare. E nazionalizzò tutti i bar russi. Venne dunque creato un curioso sistema di consumo alcolico gestito dallo stato. I ‘kabak’ erano amministrati da autentici pubblici ufficiali, in fin dei conti. Non esisteva la figura del ‘pacioso gestore della taverna di quartiere, cuore pulsante della comunità’. L’oste era un impiegato governativo che aveva il compito di spremere la maggior quantità possibile di denaro da una qualsiasi cittadina o villaggio. Ogni genere di variazione legislativa che avrebbe potuto aiutarlo a smerciare vodka ai civili sarebbe stata promulgata.

 

E qualsiasi benintenzionato che consigliasse la moderazione o una serata tranquilla sarebbe stato arrestato.




Un viaggiatore inglese descrisse così il funzionamento del nuovo sistema di Ivan: ‘In ogni grande città del suo regno ha un ‘kabak’ o un locale adibito al bere dove vengono venduti acquavite (che chiamano vino russo), idromele, birra ecc. Da questi riceve una rendita che ammonta a somme ingenti di denaro. Alcuni producono 800, altri 900, altri 1000, altri 2000 o 3000 rubli l’anno. Qui, a parte le modalità spregevoli e disonorevoli di rimpolpare la propria tesoreria, molti crimini scellerati vengono commessi. I manovali e gli artigiani poveri spesso spendono tutto a discapito di mogli e figli. Alcuni sono soliti lasciare venti, trenta, quaranta rubli o più al kabak, e votano se stessi al boccale finché non li hanno spesi tutti. E questo (come direbbero loro) è per onorare l’ospodare o l’imperatore. Ne troverete tanti lì che si sono bevuti anche i panni che indossano e che quindi si allontanano nudi (‘nagd’, li chiamano). Mentre si trovano nel ‘kabak’ nessuno ha la facoltà di richiamarli per un qualsiasi motivo, perché si intralcerebbe il guadagno dell’imperatore.

 

Lo stato era diventato dipendente dai ricavi legati agli alcolici.

 

Il che significava che lo stato fosse dipendente dalla dipendenza dall’alcol della popolazione.




La maggior parte dei paesi, in un modo o nell’altro, aveva cercato di limitare l’ubriachezza del suo popolo. Si preoccupavano del crimine, delle rivolte, della sclerotizzazione dei nuclei familiari e dei fegati spappolati. Per lo stato russo, tutto questo era sempre stato controbilanciato dai guadagni. Il che ci riporta dritto dritto da Nicola II che, nel 1914, doveva scegliere tra sobrietà e profitto e, spezzando una tradizione vecchia di 400 anni, determinò il crollo di una monarchia dipendente dalla vodka.

 

Non c’è nulla di fortuito o accidentale nell’onnipresenza della vodka.

 

La vodka spazzava via da sempre i suoi rivali più leggeri.




La storia del bere in Russia è la mania londinese per il gin al contrario: la pressante preoccupazione delle classi governative era che il popolo potesse riconquistare la sobrietà. Le uniche due campagne serie in favore della moderazione nella storia russa sono state quelle di Mikhail Gorbačëv e di Nicola Romanov.

 

Oggi, ovviamente, tutto è cambiato e la Russia è stretta nel saldo abbraccio di una ritrovata e felice sobrietà e di un governo amabile e premuroso. Il maschio russo medio consuma solo mezza bottiglia di vodka al giorno e, nel 2010, il ministro delle Finanze Aleksej Kudrin ha dichiarato che il modo migliore per risolvere i problemi delle finanze pubbliche è fumare più sigarette e bere parecchia vodka in più.

 

‘Quelli che bevono’

 

…ha affermato

 

‘sono anche quelli che ci aiutano di più a risolvere i problemi della società, come l’espansione demografica, lo sviluppo di altri servizi sociali e il sostegno al tasso di natalità’.

 

(M. Forsyth)








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