giuliano

venerdì 9 ottobre 2015

RUDOLF OTTO (4)


















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Il linguaggio religioso chiama queste prove reali, queste manifestazioni del Sacro in autorivelazioni evidenti, ‘segni’. Come segno, dall’epoca della crepuscolare religiosità primitiva in poi, è stato sempre designato ciò che era in grado di suscitare il sentimento del Sacro nell’uomo, di eccitarlo e di farlo erompere, ossia tutti quei momenti e tutte quelle circostanze di cui si è parlato – il terribile, il sublime, il sovrapotente, lo sconcertante ed in grado altissimo l’incompreso, e il misterioso, che divenne ‘portentum’ e ‘miraculum’. Ma, come abbiamo visto, tutte queste circostanze non furono segni nell’autentico significato del termine, ma solamente occasioni per l’erompere spontaneo del sentimento religioso. E il fattore veramente decisivo parve consistere nella semplice affinità esistente fra tutte queste circostanze e il Sacro. Che fossero scambiate per effettive manifestazioni del Sacro, fu dovuto a una confusione della categoria del Sacro con qualcosa di somigliante esteriormente ad esso, ma non fu una genuina ‘anamnesis’, un vero riconoscimento del Sacro nella sua apparizione. Per cui, in stadi di più elevato sviluppo o secondo un più puro giudizio religioso, furono ripudiate in tutto o in parte, come inadeguate.
La facoltà di ‘conoscere’ e di ‘riconoscere’ genuinamente il Sacro nella sua fenomenologia, noi lo chiamiamo divinazione. Ma esiste effettivamente, e qual è la sua Natura? Per la teoria ‘soprannaturalistica’ la questione è del tutto semplice. Per essa la divinazione consiste nel fatto che ci si imbatte in un evento che non è naturale, vale a dire che non può essere spiegato secondo le leggi ‘naturali’. Poiché si è verificato, ma senza una causa naturale, deve averne una soprannaturale di cui esso è il ‘linguaggio’. Una simile concezione della divinazione e del suo ‘linguaggio’ è una vera e propria teoria,  fondata su salde nozioni, in ‘forma strettamente dimostrativa’. Ma è un procedimento in gran parte razionalistico. E l’intelligenza, le possibilità riflessive in concetti e in prove, sono qui accampate come pretese di una possibilità di divinazione. Il soprannaturale viene così ‘provato’ con la stessa forza e lo stesso vigore cogente di quando da premesse si ricavano logicamente conseguenze.
Contro una simile concezione è del tutto superfluo osservare che noi… non siamo in grado di giudicare e di affermare che un evento non deriva da cause naturali, vale a dire che è contro le leggi naturali. Il sentimento religioso si leva vivamente contro un simile disseccamento, una simile ‘materializzazione’ di ciò che è l’ambito più delicato della religione: il disvelamento e il rinvenimento di Dio stesso. Poiché se in qualche modo e in qualche luogo deve essere assolutamente ripudiata la concezione attraverso la prova e la fallace applicazione dei procedimenti logici o giuridici, se mai la libertà di intuizione e il conoscimento intimo sgorgano dalle più segrete profondità dell’Anima, questo accade quando un individuo, con esperienze proprie o estranee, attraverso la natura o la storia, entra nel dominio del sacro.
…Non la ‘scienza naturale’, non la ‘metafisica’, ma lo stesso sentimento religioso maturo respinge simili ponderose congetture, le quali, sorte dal razionalismo, lo generano a loro volta e non solamente vanificano la vera divinazione, ma la rendono sospetta come un ‘emozionalismo’, un ‘misticismo’ o un ‘romanticismo’ stravaganti…




(…A codesto punto mi permetto breve riflessione giacché questa enunciazione premette ‘paradossi’ storici  notevoli nonché costruttivi ripensamenti, i quali diamo per sottointesi, i quali evidenziamo contraddittori e pongono più che certa domanda. Quando nate ‘teologica-filosofia’ infallibile principio al pari di ugual opposta e non diversa materia Scienza esatta, le quali nei secoli, Tempo composto incidere ‘lineare’ progressivo sentiero disquisendo sulla Natura del Mistero? Giacché indistinto e medesimo intento (nonché certa bestemmia) l’esclusiva pretesa e terrena dimensione della perenne certezza e comprensione. Non mi pare fuori luogo neppure minare con ‘volgare’ parlare ma non certo ‘ciarlare’ codeste affermazioni, spunti e linfa per una futura e matura ‘psicologia’ (junghiana o freudiana che sia…), ma parmi retta valutazione l’Eretico (e gnostico) pensiero presto detto il quale dando ‘favore’ a codesto ‘insegnare’ e ‘filosofare’ Ragione e con essa retta comprensione, inciampa (non visto) nella teologica (e ‘filosofica’) Storia d’ambedue i ‘credi’ annunciati quale stupore o geologico tremore e timore di un confine da lontano scorto, 




limite imposto identità in tutto e per tutto rilevata nella materia scrutata quale breve passaggio dello Spirito al Sentiero della Storia raccolto (…e quindi da Otto forse risolto?). Per chi avvezzo alla comprensione negli archivi conservata nei processi disquisita nelle condanne sentenziata nella pretesa dei Tempi e Templi maturata nella socialità seminata nel Terrore coltivata ed infine dall’Inquisizione costretta come dittatura ugualmente perseguita ed incontrata pur nel Sacro cresciuta e nutrita; la paradossale condizione enunciata conserva un limite: involontario lapidario araldo tracciato quale invisibile frontiera avvistata. Combattuta fra l’intento della grandezza espositiva ‘numerato’ dalla filosofica certezza e conoscenza ed opposta ‘oracolare’ e ‘gnostica’ consapevolezza, la quale, però, frantumata nei limiti ‘celle’ cui il Sé rivelato e conseguentemente relegato e circoscritto, intento nella regione e ragione geografia del suo principio così ugualmente tradito. Cosicché il Divino ed il Sacro propriamente ed argutamente svelato, o ancor meglio, al profano rivelato, si pone nel ‘doppio’ limite (e monolitico intento) invisibile e velato, per quanto 




futuro ‘psicologico contesto’, quale certa  ed antica pretesa come fu quella del dottore di chiesa, condivisa e apparentemente frapposta fra retta e teologica via e Scienza ancora non del tutto matura al soglio di ogni ‘umana’ e nobile ‘possessione’ così razionalizzata non certo più torturata, ma ugualmente scientificamente ed umanamente accertata e confinata. Come quel Neutrino invisibile all’occhio della superficie della materia rivelato al nucleo legato dalla scienza indagato, narrare svelare Disegno e intento, pur scoprendo nobile traguardo Dio torturato nel Perfetto suo ingegno, in quanto ogni principio (ed equilibrio) così rettamente spiegato e paradossalmente indagato, tradito dallo stesso suo ‘credo’ nel Creato così rivelato ed ugualmente torturato per ogni (catastrofico al nucleo dell’…) evento cui ugual teologo o scienziato prestare materiale stupore nobile scoperta e futura (ma vana) promessa. Questa bestemmia parmi della stessa natura del Sacro intento raccolto. Così il tutto, a noi Stranieri del terreno Creato, giammai miracolo  concesso per ogni mondo pensato, ancorati al 




limite della ‘filosofica’, per quanto a tratti vera percezione della via maestra, ma circoscritta e costretta al vincolo del ‘Verbo’ il quale in-scrive certezza e notarile concretezza di paradossale ‘(romana) cattolica et evangelica (luterana)’ ristrettezza. Giacché vero nessun miracolo o altro evento può essere spiegato con il linguaggio limitato per quanto arguto di codesto nobile creato…, in quanto il miracolo o il Dèmone narrato (Dio Spirito invisibile ed inspiegabile alla dimensione della ‘materia’ al Tempo ed allo Spazio da Lui nato), indistintamente al limite della Parola (psicologica o teologica dottrina) per sempre esiliato. Questa non vuol essere pretenziosa o teutonica certezza, ma al contrario, umile Rima la quale pur scorgendo affermazioni ed intenti reali, certamente non infallibili nella (ri)costruzione di ciò cui diamo nome, ciò cui disquisiamo da quando il mondo Sacro nella materia citato, ma sempre con il vincolo e retto intento di palesare ogni ingannevole manifestazione, nel cui - il detto - criptico nel - non detto - cela ogni possibile via o peggio giustificazione e sentiero di ciò che nutre opposto intento. L’ingegno il lume la conoscenza impone certa 




per quanto vera attinenza con i fatti della Storia, e questa narra e svela un eterno limite del Sacro nel Sacro disquisito, come chi, non compreso, ma Sacro nell’intento (Divino braccato dal Tempio) vuol narrare il Dio (infinito assente al Tempo rivelato o peggio spiegato…) in ogni gene nato ed al mistero (dello Spazio ed al Tempo e alla materia) ogni qual volta (ri)nato composto ed in ultimo indistintamente perseguitato (quale condizione non confacente alla materia di codesto  Creato) tutte le volte che vuol solo svelare… Verità non certificata… Ed un teologo filosofo o chiunque altro (futuro dottore di ugual corte) imporre monolitico e diverso ingegno scritto o solo pensato quale infallibile verbo rivelato… Questo parmi il ‘limite qui enunciato’… L’enunciato non il limite è pur sempre braccato! – il curatore del blog -)





…L’autentica divinazione non ha nulla a che fare con la legge naturale, non ha nessun rapporto – o mancanza di rapporto – con essa. Non si cura affatto di sapere in quale modo un fenomeno, un evento, una persona, una cosa, sia giunto all’esistenza, ma aspira solo a conoscere quale sia il suo significato; vale a dire in quale senso sia un ‘linguaggio’ del Sacro.
La capacità della divinazione si cela nel linguaggio edificativo e dogmatico con il fine qualificativo del ‘testimonium spiritus sancti internum’ (che qui viene circoscritto dal riconoscimento della Scrittura come sede del Sacro). Un simile appellativo è l’unico legittimo, non solamente in senso figurativo, quando la capacità stessa della divinazione viene considerata e giudicata mediante la divinazione, vale a dire in base alle idee religiose della stessa verità eterna (a chi la pretesa della verità eterna rimane Mistero più del Mistero nel Sacro enunciato…). Ma noi parliamo qui piuttosto in termini di indagine spirituale di una ‘capacità’ e dobbiamo studiarla psicologicamente…
(R. Otto, Il Sacro)














         

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