giuliano

giovedì 21 febbraio 2019

BOCCONI BREVI




















Precedenti capitoli:

Poesie sciolte...

Prosegue nella...

Nausea...






                                      SERMONI PREDICATI

                                    POMODORI RACCOLTI



La somiglianza tra il francescanesimo primitivo e altri sodalizi pauperistici e penitenziali di origine o in parte laicale sono pertanto un dato innegabile; così come innegabile che tra quei sodalizi, i meccanismi che presiedevano alle scelte ortodosse di alcuni  ereticali di altri erano sottili e si basavano talora su ragioni impercettibili, talaltra su eventi addirittura casuali.

In effetti, la discriminante tra ortodossia ed eterodossia non stava affatto né sul piano del rigore con cui si guardava al modello evangelico, né su quello della durezza che s’imponeva alla propria forma di vita. Il problema era evidentemente disciplinare: consisteva tutto nell’accettazione dell’autorità gerarchica della Chiesa e – quindi – nella scelta fra una predicazione prevalentemente accusatoria (donde deriva anche una certa socialità rilevata…), a modo suo alternativo-istituzionale, e una tutta fondata sulla ‘metanoia’ e quindi sul perfezionamento interiore e personale, da perseguirsi con implacabile durezza verso se stessi ma da proporre agli altri soltanto attraverso l’offerta di modelli da seguire liberamente.

E qui risiede la chiave del fatto – d’una sconvolgente semplicità – che Francesco non ha mai criticato nulla e nessuno, non ha mai attaccato nulla e nessuno: neppure la corruzione della Chiesa, della quale senza dubbio si rendeva conto e che non poteva piacergli (all’attuale Francesco rendiamo il merito di quanto il proprio mandato ufficiato nello sforzo compiuto e ancor da compiere per medesimo passo accompagnato…); neppure gli Eretici, con i quali certo concordava quanto più potevano sembrare simili strade sentieri e passi (detti…)…; concordi in sostanza su taluni fini circa la corruzione ma distanti su vedute prossime al Creato Genesi di similar dottrina… 

Non essendo ancor il 24 (del prossimo antico Febbraio rimembrato)  rileviamo una nuova pazzia di Frate Francesco simmetricamente tratta negli odierni accadimenti e data a medesime ugual genti… e su ciò meditiamo…

Rivolta a Fiere non men che Bestie cogitanti sottratte alle bestiali genti divoranti!

Nel suo soggiorno romano, infatti, del 1209-10 nel qual vien annoverato il celebre Fioretto XVI, quello della predica alle vasti genti della Natura purtroppo senza - almeno così dicono - corretta parola neppur Pensiero anco questo in dialetto romanesco quanto celtico rinato!

Ci troviamo e dimoriamo tra Cannara e Bevagna, sulla strada che da Assisi conduce a Montefalco, in una data non facile a precisarsi ma che apparterrebbe al tempo nel quale la ‘fraternitas’ era consolidata. È una pagina limpida, trasparente: Francesco parla alle bestie volatili e non, li esorta – ricalcando così un noto passo evangelico – ad esser grati a Dio che li nutre, e quelle pazientemente e affettuosamente lo ascoltano (ciò più che vero: mentre tutti e nessuno ridono e ‘mirano’ cotal giullaresca pazzia, gli altri applaudono regal giullare ben pagato recitare diversa rima al teatro non più Colosseo d’una più nobile cucina); quindi li benedice e li congeda avvisandoli dell’ingordo cacciatore non meno del trovatore e non certo di saggia parola…

Dopo tutto quel che abbiam appreso dagli etologi non meno di ecologisti, ci guarderemo bene dal bollare quest’episodio come senza dubbio leggendario e dall’escluderlo dalle ipotesi di fattibilità, in quanto abbiamo sfamato e saziato la Natura e questa accompagnata dal buon Dio ci contraccambia giacché stanca afflitta perseguitata e anche pur senza Parola per esser ricordata ispirare Poesia rimata; e chi in cotal gesto proteso e pregato, additato perseguitato afflitto ‘pazzo’ ingiuriato non meno del Destino augurato ora come ieri apostrofato…

Qual Golgota comandato!

Quel di certo conosciamo dai testi medievali non meno dalle odierne parabole parole sconnesse senza Rima e Memoria alcuna, ci possono far render conto come nel fatto narrato si celi una intera allegoria e non solo potremo a Ragione (o torto) indicare e sostenere una intera civiltà progredita…

Cotal nobili creature della Terra quanto dell’aria non men del mare da altri così mal navigato conservano uno statuto simbologico molto complesso: possono esser presi a simbolo talora delle Anime – e la moderna psicanalisi ce l’ha ricordato, rileggendo in questa chiave anche molti antichi miti -, talaltra degli angeli e dei dèmoni. Nella letteratura medievale gli animali che affollavano i bestiari erano frequentemente utilizzati a simboleggiare vizi e virtù umane. Anzi, era cosa comune rammentarli per caratteristiche che in loro erano naturali ma che nell’uomo sarebbero state peccaminose: e allora se ne sottolineavano l’ingordigia, la lussuria, l’orgoglio, la vanità. Oggi come ieri abbiamo rovesciato taluni schemi e abbiam scoperto diversi intenti e patimenti, doti e prodigi ma sempre conditi alla cucina dell’uomo non comprendendo bene come Ragione e Simmetrico Superiore Intendimento talvolta e come un Tempo vien concesso (Aristotele permettendo…)…  

Scorgendo e confondendo uomini e bestie!

Ruggero di Wendover narra che subito dopo aver ottenuto dal papa il permesso (ma non dal giullare di Stato tantomeno dai suoi pretoriani comandati… in ciò che stato e mai nato…) di seguire il suo programma di Vita, Francesco si costruì un oratorio in Roma e cominciò da lì la sua missione: ma il popolo romano non men del celtico nato preferisce - come fu e sempre Stato - accompagnarsi al Barabba d’un giullare acclamato imperator… di Stato…

Per giunta nemico di tutto ciò che buono, lo coprì di disprezzo e restò incurante dinanzi alle sue esortazioni continuando a perseguitarlo.

Francesco dichiarò allora che quella durezza di cuore come di sano Intelletto sonava offesa non a lui, ma all’Onnipotente (più potente ed accorto di pria basta leggerlo nelle parole di Saramonda non meglio degli occhi afflitti e preoccupati per ugual sorte alla valanga precipitata non più acqua neve a cui la Grotta per sempre affollata…); egli da parte sua – secondo il precetto del Cristo: scuotersi dai calzari la polvere delle case dove gli annunziatori della Parola non fossero stati ben accolti – se ne sarebbe andato dalla città per annunziare Cristo agli animali bruti della terra del cielo e dello mare intero; essi ascolteranno queste parole di salvezza e obbediranno a Dio con tutto il cuore dal momento che le italiche romane celtiche genti non disposto ad ascoltarlo.

Ciò detto si avviò verso la campagna e lì, appena fora le mura ove ogni Comunale intento affigge suddetta pazzia vide uno stormo di cervi accompagnato da corvi merli e passeri non men che lupi raccoglierne predica, e Francesco comandò loro in nome di Cristo di venire a lui, contrariamente come avevano scelto di fare non solo i romani ma l’intero impero dall’Alpe alle Piramidi comandato come un tempo non troppo remoto et anco rimato et contraccambiato…

Frate Francesco tornò da quella predica giullaresca zoppicante con il piede gonfio con una stimmate nuova ed ulcerosa digiuno per altrui proprio volere gli altri quelli della sua terra seduti alla preziosa cucina non meno d’innominata osteria ove ogni buon piatto ben condito in medesima preghiera all’altare di ugual opposto Dio…

Scusate fors’anche antico diverbio fra il Primo e Secondo (e non certo un piatto assaporato…).

(F. Cardini & Associati) 















Nessun commento:

Posta un commento