Precedenti capitoli:
Giro giro tondo...(9)
Prosegue nell'...
Dialogo con lo Straniero (11) &
Identità della Natura (ovvero: simboli nuovi) (29)
…Prenota un Albergo ad hore con il permesso del
min(i)atore scava profondo incide l’araldo del sudato breviario, e dicono, alla
Madonna dedicato non men del tatuaggio con cui distinguerne il numero dal
prefisso, ogni monastero conserva il suo Mistero non men del recluso… pagato ad
hore per ogni abuso…
Con annessa e connessa Eva: nel pacchetto del
curatore è compresa piscina con Vista in ciò in cui una volta l’antico piano
regolatore rimembrava antica pietra incisa ed alla Finestra digitata… una
stalla (giacché proprio da lì nacque in un invisibile Tempo interdetto un
diverso detto e da Giovanni tradotto, se solo avessero compreso la PAROLA
oppure password decifrata…)…
Non vuol essere inferiore della devota, non men
che dovuta Genesi, da cui la trama dell’intera intricata Storia raccolta tutta
giù riunita alla Stiva.
E dicono trattenuta da una diga dalla quale
vera energia.
S’agita con la clava in divisa e da tutti
condivisa nessuno escluso, neppur secolari esclusi reclusi della ditta braccare
la Parabola.
Compimento della devota Materia!
Si ricompone nella Prima Parola dedotta e
suggerita neppur ben cogitata.
Un pazzo Straniero alla Terra non men che alla
dovuta Stiva celebrata bisogna apostrofare ed animare…
Ripetere reclamare braccare in nome della
dovuta dottrina divenuta Legge facendo distinguo specifica ed ammenda al
direttore dell’Albergo.
...Ripetere al passo unito e disgiunto. Retto
non più oca ma lombardo acclamato…
Così come è Stato e sarà ancora ugual Terra
condivisa ed inchiodata fra il Figlio il Padre e il Dio pregato al Tempio
convenuto ed unito - eppur diviso - al Teschio della Cima.
Lo vedono!
Lo scorgono!
L’incrociano!
Gli ridono in faccia!
I più virtuosi l’insultano poi esultano per
il coraggio riunito.
E se fossero Due!?
E non Uno!?
Il dilemma diviene arcano!?
Qualcuno timoreggia…
Qualcun altro tinteggia…
Ma il coraggio dell’Impresa li unisce…
Lassù fin sulla Cima ove il sonno tormenta la
Ragione…
La Patria (con)divisa prometta e vigila!
Gente venuta dal Nord in attesa di fare della
Terra il grande fiordo nodo dell’alleanza suggellata, la nuova Arca. Patto
sottoscritto sangue nazionale in più elevata arrampicata e conquista… ma non
certo da Madre Natura del tutto compresa.
Beatrice fuggita!
Qualcuno dice (‘il’ ‘la’ ‘le’) Seraphita…
…Comunque s’è ita o rapita…
Questione di accenti! Accompagnati dagli
articoli (e non solo di Stampa).
Questione di musica…
Lei, immacolata, ed ancora non del tutto
corrotta ‘quanto’ la scimmia futuro uomo della stiva… approdato alla conquista
della Cima, vaga da un mare ad una Terra, da una Terra ad un Oceano, nell’eterno
moto specchio e motore dell’Universo: costante Girotondo nella Stagione persa
ma nessuno ne ha preso ‘dotta’ coscienza!
S’aggrappano ad un sogno dismesso e suggerito,
almeno così dicono, da miglior architetto della Gnosi divenuta nuovo elemento
con la dovuta ‘dottrina’ afferrare e decifrare il male della Terra e digerirlo nella
‘materia’.
Lo Spirito d’un Tempo troppo antico per essere
dalla ‘materia’ appena intuito (o suggerito) dalla Parabola preposta, per venir
successivamente fagocitato e restituito nel male di cui la Terra al ‘capro’,
mito coltivato e da ognuno assaporato, qual frutto migliore del Creato per ciò
che sacrificato in nome del proprio peccato consumato e così respirato non men
che espiato e restituito.
Regna differenza fra materia e Spirito.
Fra l’uomo della riva e quello giù della stiva.
S’aggrappano ad un ricordo naufragato ad un
mare morto agitato, e se pur l’iceberg affiora ciò che rimane una donna adulta
con il volto invecchiato da bambina…
Ogni Natura reclama ed abbraccia la nuova
sposa…
…Ma la scimmia evoluta s’accosta accarezza la
Visione reclama l’eterna conquista batte il suono della sua venuta…
Una
scimmia domestica che aveva imparato a fare dei giuochi, e si lascia prendere
in braccio tanto è buona, viene messa sotto la campana alle ore 2,5 pom.
Dopo 10
minuti la pressione interna è solo più 430 mm. A questa rarefazione dell’aria,
che corrisponde all’altezza del Monte Bianco, la scimmia sta attenta e si
diverte colla coda. Si nota però che è meno vispa del solito.
Quando la
pressione interna è 394 mm. la frequenza del respiro è diminuita. Fa solo 48
respirazioni al minuto, mentre alla pressione ordinaria di 734 mm. ne faceva
circa 60.
La
scimmia sta seduta senza muoversi più, e guarda in terra distratta. Quando la
pressione è 320 mm. (corrispondente all’altitudine di 4837 metri), la scimmia
chiude gli occhi e sonnecchia. Respira 42 volte al minuto.
Di quando
in quando apre gli occhi, ma le palpebre sembrano essersi fatte pesanti. Sta
seduta colle mani fra le gambe e la testa bassa, nella posizione naturale del
sonno. La respirazione è un po’ irregolare, qualche volta si contano 50
respirazioni al minuto, altre volte solo 40.
Di giorno
non l’avevamo mai vista dormire.
Toccando colla
nocca delle dita la campana alza la testa, guarda istupidita e subito socchiude
gli occhi e il capo torna a ciondolare fra le gambe.
Per
essere sicuri che la corrente dell’aria era sufficiente al respiro, avevamo
messo un contatore che misurava la quantità d’aria la quale penetrava nella
campana. Nel tempo che era maggiore la rarefazione dell’aria passavano 16 litri
di aria al minuto; ciò vuol dire che la razione di ossigeno sarebbe stata
sufficiente non solo per una scimmia, ma per un uomo.
Questa
precauzione l’avemmo anche nelle esperienze seguenti.
Alle ore
2,35, vedendo che dorme sempre, mentre la pressione rimane costante a 4800
metri, sospendiamo la rarefazione dell’aria. Aprii un poco di più il robinetto
che dava accesso all’aria, e la pressione dell’aria cominciò a crescere, ma il
manometro non era ancora sceso di un centimetro, che già la scimmia,
svegliatasi, si mostrava irrequieta e come spaventata.
Levata
dalla campana, continuava ad agitarsi come incosciente; messa in terra fuggì, ma
i suoi movimenti erano incoordinati e sembrava fosse ubbriaca. La medesima
scimmia, essendosi abituata rapidamente alla rarefazione dell’aria, dobbiamo
portarla pochi giorni dopo ad una pressione corrispondente a 6470 metri perché
si addormenti.
La
maggior parte degli uomini che sottopongonsi alla rarefazione dell’aria nelle
camere pneumatiche, od entrano nei cassoni dove si comprime l’aria, quando si
lavora sott’acqua, sono molestati da un dolore forte negli orecchi. Tale dolore
dipende dalla pressione che fa esternamente l’aria sopra la membrana del
timpano, quando non vi è una contropressione alla superficie interna dentro l’orecchio
medio.
Nelle
tempeste succedono cambiamenti tanto rapidi e forti nella pressione
barometrica, che alcuni si lamentano di un rumore negli orecchi. Anche nelle
ascensioni vi sono degli alpinisti i quali si accorgono di sentire meno bene; per
evitare tali incomodi basta chiudere il naso e la bocca e fare una espirazione
forte, oppure deglutire la saliva, o bere.
Nelle
scimmie l’aria esce facilmente dall’orecchio medio, quando viene rarefatta l’aria
esterna, e per questo non soffrono nel salire. Ma quando scendono, cioè quando
tornasi a comprimere l’aria, la tromba di Eustachio pare così fatta che non
permette con eguale facilità all'aria di penetrare nell'orecchio medio.
Di qui la
pressione sulla membrana del timpano che viene spinta all’interno producendo
gravi dolori, vertigini, ed accessi convulsivi. Basta scendere molto lentamente
perché anche nelle scimmie non vi siano fenomeni nervosi gravi alla
decompressione.
(Da un Angelo Mosso...)
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