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Un pazzo nascosto nel folto del bosco (3/1)
Prosegue da...
...Una migrazione all'altra... (5)
...Con i dati raccolti dal nostro elaboratore... (6)
(15) Nell’illusione
della vita debbo albergare chi cieco può appena vedere, io che dimoro come un
ospite di tutto riguardo da grande sovrano in questo rifugio (della vita)
avvolto da una infinita foresta nella vallata antica. Dimoro da tempo in questa
foresta tanto che ho perso la mia prima memoria, forse perché quel sasso mi ha
narrato una diversa storia, da allora tutto qui attorno si prende cura della
mia persona come fosse il grande e vero miracolo della vita.
Per questo devo
conservare il ricordo e servire chi disconosce la storia, chi disconosce e non
vede, chi non ode e non compone, chi solo riesce a scorgere la cornice e il
contorno nominata vita, perché… signori della morte in questa eresia….
Io li servo e li guido
e rimango in ascolto come quel lupo incontrato un giorno, mi seguì come un
lontano ricordo fu l’ombra della Prima Rima nominata vita. E’ parola non ancora
narrata e braccata, libera padrona della sua forza, vaga in cerca della rima,
lui di cui tutti conservano nobile paura. Perché la libertà è come un grande
fiume scende impetuoso alto da una cima, forse perché ode la prima strofa di un
Dio che così ha composto la sua rima. Poi si fece uomo ed in mezzo agli altri
volle albergare per comprendere le grandi distanze che dividono lo spirito di
un Dio e la sua materia… equazione di una sera, per poi all’alba di una mattina
sussurrare quello che a tutti appare come una Eresia.
Nominare ogni elemento
prima del Tempo.
Ad ogni sentiero creare
una nuova parola ed il suo pensiero divenire
Principio, come un quadro mai visto solo appena accennato… nominato
Creato.
(16) Padre, lei che
prega il suo Dio ogni mattina per questa vallata antica e che alberga come quel
sovrano cui sovente tiene e bacia la mano, qui dimora come fosse la parola di
un Papa, ogni volta che si affaccia dalla finestra intona una strana litania, è
ammirato dal suo Dio così pregato che si mostra come un Paradiso nel nuovo
Creato così ben edificato!
Lei prega e venera la
sua parola, luce e specchio di una Bibbia narrata e un Vangelo scritto da un
discepolo, lei per il vero ha braccato l’eretico perso nella fitta nebbia,
perché spesso ripeteva una diversa preghiera e la sua Chiesa un bosco era.
Perché nella sua strana pazzia predicava che non vi sono altari dove poveri
agnelli debbono essere sacrificati per i peccati degli altri, proprio come quel
giorno nel Tempio.
Dove un sol uomo deve
morire macellato ed inchiodato ad un legno, perché la sua parola non è di
questo regno. La sua parola ed il suo Verbo, per il vero, nessun Tempo o uomo
di Chiesa ha mai compreso, perché non è scritta nel Testamento di questa
materia. Si cela non vista ed è per sempre braccata, e mai dimora in ogni
Chiesa dove l’hanno di nuovo crocefissa.
Quell’Eretico perso nel
bosco come un lupo incontrato una mattina, caro professore, insegna una diversa
dottrina, perché Dio segue il suo Tempo e sempre si cela in ogni nuova
preghiera, è natura che crea. Cambia volto e nome, ora è un Dio in uno strano
Tempo dove l’incenso è una fitta nebbia ed un Buddha narra la sua eresia. Un
Tempo fu un Eretico sempre braccato dal Dio di una Chiesa, tanti nomi aveva con
il Tempo che crea il suo falso profeta. Fu perseguitato sempre come un pazzo e
poi sacrificato sull’altare di un altro Dio, chi fosse il Primo… io lo servo
perché sono oste ed ho poca dimestichezza con questa materia che nominano
Teologia, ma forse un Tempo fu solo Filosofia.
(17) Caro ingegnere,
lei cultore di un Dio perfetto scolpito nella materia che tutto crea, quel pazzo
forse un giorno ha visto parlare con il fiume, discutere con il vento,
accendere poi un fuoco la sera, e non per immolare una bestia o scrutare le
viscere o divorare le carni come insegna il mito, di cui la sera anche lei,
intorno ad ugual fuoco, conversa con il professore, come fosse il passo antico
dell’uomo. Per poi raccoglierne lo spirito sparso tutto intorno e parlare ai
suoi Dèi invisibili nella materia, scomporli per l’alba di una nuova mattina,
dove il suo sapere li ricompone come fosse lui il nuovo Creatore, l’Universo
per il vero li ha forgiati per il grande componimento del Primo Architetto, né
visto né udito… e forse neppure capito nell’ultimo versetto a cui tutti hanno
prestato il loro orecchio al sermone dal curato servito e predicato.
Io che raccolsi una
pietra antica una mattina per leggere tutta la (sua) Prima poesia, io che
parlai con un lupo e con lui rincorsi ogni sogno taciuto del Secondo venuto…,
io raccolsi la rima e la predica della vita per ogni Dio alla parola… muto…
(18) Signora non si
spaventi in questa nostra eterna compostezza se il vero Dio bracchiamo mentre
lei in quella Chiesa recita la sua strana preghiera. Lei lo ha visto, e
impaurita affida la sicura parola (come fosse una visione di terrore per lo
strano luogo di un bosco che crea) per sempre pregata al pastore della Chiesa,
la confessione è così ben pagata nel luogo dei custodi della sola ragione.
Lei lo ha appena
accennato al curato con il suo sorriso strano, come incerta nel confine di una
confusa geografia, come incerta nel luogo dove dimora la retta via e da
qualcuno narrata Pazzia, là dove vi è il confine fra l’eterna normalità
nominata ricchezza e il regno senza parola dove alberga la povertà e la pazzia
appena intravista.
Certo! Quell’uomo è
povero e solo, ma lui nella sua immensa pazzia o saggezza si ritiene il sovrano
più ricco di questa Terra. Perché è lui il principio di ciò di cui lei gode non
avendo mai nulla creato che non possa essere distrutto o conquistato. Lei e il
suo valente marito a cui servo un umile inchino, avete conquistato e regnato in
molte terre, ma nulla avete mai creato nel miracolo di un Primo Mattino.
(19) Quell’uomo, quel
pazzo, da voi appena annusato…, voi sacri e superiori animali nel fitto bosco
ora dominato, certo un pazzo un eretico un profeta un Dio senza più trono
né terra avete braccato. E’ il principio del bene e della parola, perché là
dove lui dimora ogni cosa crea e compone, dove il vostro sangue principio della
Sacra Stirpe con il fuoco uccide e cancella in nome di un Dio mai visto nella
sua Chiesa… perché è il bosco che crea…..
(20) Professore, mi
scusi, ho dimenticato in questo mio servire e riverire affaticato al suo bel
tavolo…, questa sera, il piatto di frutta con cui è solito concludere la
gradita cena. Lei ed il prete avete le stesse pretese dopo un secondo ricco e
nutriente, l’ingegnere gradisce anche del buon formaggio che aggrata il palato.
Questa sera sono un più stanco del solito, servo la frutta e se posso anche
quella di bosco, è una rarità nella vostra bella città o campagna che sia.
Voi che siete soliti
raccogliere frutti e pensieri di altri e poi interpretarli nella strana parola
del Tempo e il suo Dio che vi dimora, per lui avete eretto in ogni luogo una
grande Chiesa dopo aver conquistato in suo nome ogni Terra ed il segreto suo
frutto avete colto, e con quello saziato ogni vostro ingordo peccato
dell’appetito così ben coltivato nel nome di un Dio inchiodato su un legno,
anche lui senza più il suo Regno.
In nome Suo avete
fondato terre e ricchezze poi vi siete nominati Sovrani, avete posto leggi e
confini convinti di essere signori del grande banchetto a voi offerto nel rito
del Tempo e della Parola cui pensate di averne carpito il segreto Pensiero, un Dio scritto e costretto
tutto entro un libro ed anche uno strano versetto. Ed alla Prima portata essere
serviti del pasto sovrano che il Secondo non è ancora ben macellato, Agnello
che toglie ogni peccato, lo divorate come un nobile e segreto miracolo, perché
nel libro è narrato il rimedio dell’ingordo peccato e poi su una croce
immolato. Perché da quel pasto raccogliete ogni ricchezza e comandamento
convinti di essere fedeli servitori della sua Parola, mentre divorate le
budella di ogni nemico del vostro secondo (piatto) preferito. Mentre divorate
l’agnello mito antico avverso ad ogni vero Dio.
(21) Ora la frutta vi è
cosa gradita in questa lieta e bella tavola per voi così ben imbandita, ed io
umile oste e vostro eterno servo, a voi porgo questi poveri frutti di bosco. E’
il pasto rubato ad un povero pazzo, perché agnello non divora, nemmeno il lupo
suo amico, che con lui, si racconta, alberga in una grotta segreta come fosse
un agnello per la vostra strana preghiera, così da poter allietare il saputo
ciarlare e parlare di lui come un animale, tenero e ben cotto è un ottimo argomento
cui ridere e professare il mito antico…, fra una risata ed un bicchiere di
vino, ma forse è solo il sangue suo che sgorga dalla strana vostra parola,
mentre pensate di servire Dio: uccidere il Primo Straniero pazzo così ben visto
al nobile tavolino e di cui non è gradito lo strano martirio, per voi è solo
pazzia…, e il demonio gli fa eterna compagnia nel rogo di questa Storia a voi
servita…
Quelli li divorate voi
con il sorriso grasso e unto fra le mani scorticando le ossa come fossero rami
secchi di un bosco a cui avete privato ogni sogno o ricordo che sia, dell’anima
ne fate diletto per la nuova rima della
vita che non è certo poesia…
(22) Il lupo vi aspetta
nel sentiero solo per dare tormento alla parola del gregge nell’ovile della
storia così ben nutrita, e se ogni tanto qualche fanciullo o putto divora…, non
datevene pena, forse avrà scorto un futuro tiranno taciuto nella seconda natura
cresciuto, in nome di un Dio benedetto da noi giammai nominato e tantomeno
pregato.
Forse per questo
pensiero celato di un Primo Dio eretico braccato e anche esiliato, privato
della Terra e del Libro Grande della
vera memoria, è meglio scannarlo per il bene del Creato e di ogni altro peccato
nella gnosi tramandato o solo appena sussurrato.
La forza nascosta della
grande foresta… coscienza prima della parola.
Certo questo non è
pensiero che allieta, divorare le teneri carni di un agnello come un secondo
ricco e gustoso su cui banchettare in onore di un Imperatore, ha creato
l’Inferno sulla Terra da lui nominata Regno Sovrano di codesto Creato… Impero
fatto dalla santa sua mano.
E noi che dimoriamo nel
Paradiso del Primo Creato (peccato nella gnosi coltivato), possiamo solo
giudicare ogni antico e nuovo misfatto quando il Tempo ci sfugge di mano, quasi
un inutile e ripetitivo dettaglio, ed allora per il bene che vi dimora, reso al
giudizio della Prima Parola braccata dalla Storia, concediamo l’ultimo ululato
primo evento della vita narrato. Giammai può dirsi parola o rima di una immonda
poesia così per sempre insegna la storia nell’ovile della Sacra dottrina. Ma
gentile sofisticata nonché arguta ed ingannevole eresia, ultima strofa di una
tormentata e silenziosa tortura che anche l’anima divora entro una litania che
vuol esser vita; condita poi nel dolore di una smorfia di dolore confuso per
pazzia, è tutta la verità umiliata entro una piaga di una guerra così ben
venduta…, ed ogni sogno ruba e divora ma non è bestia che mangia e divora nella
nobile e celebrata pagina… della Storia. Non è lupo o foresta che sia, non è
certo la vita di una lunga rima nell’eterna sua poesia, ma solo l’inganno nato
nel peccato e un grasso putto futuro sovrano, mentre l’anima di codesto Creato
così ben pregato…, è braccata e bruciata dall’ingorda e nobile parola: lo cerca
e divora nel Paradiso di un peccato giammai consumato.
(23) Certo non è
Universo visibile ogni mattina, non è Tempo da contare per i lumi della futura
storia, ma Primo Dio senza storia, Straniero alla sua Terra con una falsa
memoria. Per questo in quella e nella valle antica di codesta eresia volli
albergare e servire ogni viandante, l’unico modo per giudicare e governare il
suo vasto Creato in eterno odore di peccato, così da poterlo dividere dal male
e dal suo Dio pensato. Rispondere ad
ogni misfatto in nome Suo per sempre arrecato è pregare il Primo Dio…
dimenticato. Cucito in araldo e su un soffitto ben dipinto, un grasso putto nel
trono del Paradiso così ben custodito, specchio di un Sovrano che mangia
ingordo il suo nuovo misfatto.
(24) Generale stasera
lei digiuna, beve solo del bianco vino, per lei a quest’ora è come una
medicina, allontana ogni triste ricordo dell’eterna guerra nominata vita… Le ho
mandato ieri pomeriggio un mio figliolo, perché qualche voce pettegola mi aveva
detto che il senno aveva smarrito vicino ad un vecchio pino. Vicino ad un letto
di fiume dove parla con schiere di anime cadute, le tolgono il sonno, ma in
cuor suo, come l’eretico pazzo nel bosco, ha solo difeso i confini di un Regno:
quelli invisibili da ogni popolo custoditi nella segreta preghiera, cella inquisita dalla
‘retta’ parola. Ha donato loro la libertà privata da un vecchio tiranno con cui
ha costruito il diabolico pasto della Storia. Di quelli, generale, ne ho piene
le sale e le biblioteche, in ogni Tempo e in ogni sasso e fossile di questa
terra vi è narrata la loro infamia come sola e unica certezza confusa nella
ricchezza, donando a noi quanto mai ci aspetta: dolore e tristezza seppellite
di fretta dopo una vita intera in compagnia della falsità concime del ricco
orto… Regno mai morto e visibile da ogni schiera, per il Tempo padrone della
guerra…
La lotta fra il male
che divora e il bene che crea e difende la Terra non è Eresia ma principio di
Vita. Per questo generale da quel letame sono nati alberi rigogliosi con cui
lei divide come un pazzo il vero Tempo di questa eretica rima, sono le sue
schiere a cui implora il perdono per un urlo… una bestemmia morta vicino ad una
nebbia… di un’ultima o Prima mattina….
Ma io sono solo un
umile oste, a me è dato l’onore e il piacere di servire ogni forestiero, dal
più povero al più ricco (di questo inpervio sentiero) della terra. Questo il
mio compito Sovrano di un invisibile regno. Vi debbo servire e riverire come il
vostro Dio vi ha creato ma certo giammai pensato come invece fu’ il sospiro del
Primo, scrutare poi il vostro profilo e il ritratto appeso in ogni museo e
dipinto dal fiero e ricco pittore di corte nel Paradiso così ben creato.
Noi invece dimoriamo
senza parola esclusi dal libro della storia.
Il vostro comandamento
privato della legge del Primo Dio, con cui scannate e uccidete per conto del
Secondo Dio, appartengono ad un pazzo eretico senza parola uscito all’alba di
una strana mattina, Straniero al suo popolo che nel Tempo di un falso mito ne
tradisce e confonde per sempre… la vera
memoria.
Il Tempo compose ad
ogni parola… ad ogni poesia.
Noi siamo solo la sua
invisibile…. Rima….
(G. Lazzari, Lo Straniero)
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