giuliano

martedì 12 aprile 2022

L'UOMO & LA NATURA (7)

 










 

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Circa il cimitero di guerra (5/1) 


& Il capitolo completo... 


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un appello (8) 







Così l’inesprimibile ma intelligibile e praticabile significato del mondo è trasmesso all’uomo l’immortale allievo in ogni oggetto di senso. Tutte le parti della natura cospirano a questo esito della Disciplina. Un nobile dubbio perpetuamente si presenta se questo esito non sia la Causa Finale dell’Universo, e se la natura esista esternamente. E attraverso una sufficiente porzione di quell’Apparenza che chiamiamo il Mondo che Dio istruirà una mente umana trasformandola nel destinatario di un certo numero di sensazioni congruenti che chiamiamo sole e luna uomo e donna casa e commercio. Nella mia totale impotenza a verificate l’autenticità dei referti dei miei sensi a conoscere se l’impressione che essi fanno su di me corrisponda a oggetti esteriori quale differenza fase Orione è lassù nel cielo o qualche dio ne dipinge l’immagine nel firmamento dell’anima?




Poiché le relazioni delle parti e l’esito del tutto rimangono uguali qual è la differenza che la terra e il mare interagiscano e i mondi ruotino e si mescolino senza numero e senza fine abissi spalancati sotto altri abissi e galassie che bilanciano galassie attraverso lo spazio assoluto o che senza relazioni di tempo e di spazio le stesse apparenze siano inscritte nella costante fede dell'uomo?

 

Che la natura goda di un esistenza sostanziale all’esterno o che esista solo nella rivelazione della mente è cosa ugualmente utile e venerabile per me. Qualunque cosa è ideale per me fino al punto in cui non posso verificare la precisione dei miei sensi.

 

Le persone superficiali scherzano sulla teoria Idealista come se le sue conseguenze fossero grottesche; come se essa mettesse in discussione la stabilità della natura. Certamente no.




Dio non scherza mai con noi e non comprometterà il fine della natura permettendo una qualsiasi incongruenza nel suo processo.

 

Ogni mancanza di fiducia nella permanenza delle leggi paralizzerebbe le facoltà umane. La loro permanenza è rispettata in modo sacro e la fede in ciò è perfetta. Le ruote e i meccanismi dell’uomo sono predisposti sulla base dell’ipotesi della permanenza della natura. Non siamo costruiti come una nave per essere scossi dalle onde ma come una casa per rimanere saldi. E’ naturale conseguenza di questa struttura che fino a quando i poteri attivi predominano su quelli riflessivi ci opponiamo con indignazione a ogni accenno che la natura sia destinata a durare meno o sia più mutevole dello spirito. Il mediatore il carraio il falegname il doganiere sono costernati di fronte a una dichiarazione di questo genere.




Ma mentre accettiamo interamente la permanenza delle leggi naturali la questione dell’assoluta esistenza della natura rimane ancora aperta. E un effetto uniforme della cultura sulla mente umana quello di non indebolire la nostra fede nella stabilità di fenomeni particolari come il calore l’acqua l’azoto ma di condurci a considerare la natura come un fenomeno non come una sostanza; ad attribuire esistenza necessaria allo spirito; a stimare la natura come un accidente e un effetto. Ai sensi e a una intelligenza non rinnovata appartiene una sorta di istintiva credenza nell’assoluta esistenza della natura.

 

Nella loro prospettiva l’uomo e la natura sono indissolubilmente legati. Le cose sono definitive ed esse non vedono mai oltre la propria sfera. La presenza della ragione distrugge questa fede. Il primo sforzo del pensiero tende ad allentare questo dispotismo dei sensi che ci vincola alla natura come distante e in qualche modo sospesa.




Fino a quando questa più alta influenza non intervenga l’occhio degli animali vede con straordinaria precisione lineamenti molto precisi e superfici colorate. Quando l’occhio della Ragione si apre ai lineamenti esterni e alle superfici si aggiungono improvvisamente grazia ed espressione. Queste procedono dall’immaginazione e dall’affetto e diminuiscono in qualche modo l’angolare precisione degli oggetti. Se la Ragione è stimolata a una visione più rigorosa i lineamenti e le superfici diventano trasparenti e non si scorgono più; le cause e gli spiriti attraverso di essi divengono visibili. I migliori più felici momenti della vita sono questi deliziosi risvegli dei più alti poteri e il reverente ritrarsi della natura davanti al suo Dio.

 

Procediamo a indicare gli effetti della cultura.




1. La nostra prima introduzione alla filosofia ideale è un suggerimento che viene dalla Natura stessa.

 

La natura è fatta per collaborare con lo spirito per la nostra emancipazione. Certi cambiamenti meccanici una piccola alterazione nella nostra posizione locale ci avvertono dell’esistenza di un dualismo. Noi siamo stranamente colpiti dal vedere la spiaggia da una nave in movimento da una mongolfiera o attraverso i colori di un cielo insolito. Il più piccolo cambiamento nel nostro punto di vista dà all’intero mondo un aspetto pittorico. Un uomo che cavalca di rado ha solo bisogno di entrare in una carrozza e di attraversare la sua stessa città per trasformare le strade in un teatrino di burattini.




Gli uomini le donne che parlano corrono trafficano combattono il solerte artigiano il fannullon e il mendicante i ragazzi i cani subito perdono la loro consistenza o almeno sono interamente staccati da tutte le relazioni con l’osservatore e visti come esseri apparenti non sostanziali.

 

Quali nuovi pensieri sono suggeriti dal vedere l’aspetto del tutto familiare della campagna da una carrozza della ferrovia in rapido movimento!

 

Ecco gli oggetti più comuni dopo un lievissimo cambiamento di punto di vista ci piacciono di più. In una camera oscura ci divertono il carro del macellaio e la figura di uno della nostra famiglia. Allo stesso modo il ritratto di un volto ben noto in qualche modo ci gratifica. Guarda di sotto in su il paesaggio attraverso le gambe: come diventa gradevole quell’immagine anche se l’hai osservata ogni giorno negli ultimi vent’anni!




In questi casi attraverso mezzi meccani ci vien suggerita la differenza tra l’osservatore e lo spettacolo tra l’uomo e la natura. Di qui sorge un piacere mescolato con il timore; direi che si percepisce un basso grado di sublime dal fatto probabilmente che qui l’uomo avverte che mentre il mondo è uno spettacolo qualcosa in lui è stabile.

 

2. In un modo più alto il poeta comunica lo stesso piacere. Attraverso pochi segni egli delinea come nell’aria il sole la montagna il campo la città l’eroe la fanciulla in modo non diverso da come li conosciamo ma solamente sollevati da terra e sospesi davanti all’occhio. Egli libera la terra e il mare e li fa girare attorno all’asse del suo pensiero primario e li ridispone. Posseduto da un’eroica passione egli usa la materia come simbolo di questa. L’uomo sensuale conforma i pensieri alle cose; il poeta conforma le cose ai suoi pensieri. L’uno stima la natura nelle sue radici e nella sua fissità; l’altro come un fluido e vi imprime il suo essere. Per lui il mondo refrattario è duttile e flessibile; egli investe di umanità la polvere e le pietre e li trasforma in parole della Ragione. L’Immaginazione può essere definita come l’uso che la Ragione fa del mondo materiale.




Shakespeare possiede il potere di subordinare la natura agli scopi dell’espressione più di tutti i poeti. La sua imperiale musa fa rimbalzare la creazione da una mano all’altra come un gingillo e la usa per incarnare ogni ombra di pensiero che gli si affacci alla mente. I più remoti spazi della natura sono visitati e le cose più lontane e divise sono tenute insieme da una sottile connessione spirituale. Diveniamo consapevoli che la grandiosità delle cose materiali è relativa e che tutti gli oggetti si contraggono o si espandono per servire la passione del poeta. Perciò nei suoi sonetti egli scopre che i nidi degli uccelli i profumi e i colori dei fiori non sono che ombra della sua amata; il tempo che la mantiene lontana da lui è il suo scrigno; il sospetto che essa si sia risvegliata è il suo ornamento;




 "Ornamento di bellezza è Sospetto

 

Nell’aria più dolce del cielo un corvo che vola

 

Il suo sentimento non è il frutto del caso; essa si dilata

 

appena lui parla a una città o a uno stato.

 

No non fu creato come accidente;

Non soffre le lusinghe dello sfarzo né cade

Sotto il cipiglio di un servile malcontento;

Non teme la politica quell’eretico

Che opera per spazi di brevi ore contate

Ma tutto solo sta altamente politico

 

Nella forza di questa fermezza le Piramidi gli sembrano un fatto recente e transitorio. La freschezza della giovinezza e dell’amore lo abbaglia per la sua somiglianza al mattino.

 

Allontana queste labbra

Che sì dolci hanno mentito;

E gli occhi alba del giorno

Luci che ingannano il mattino.




La selvaggia bellezza di questa iperbole posso dire di passaggio non trova facilmente paragoni in letteratura.

 

Questa trasfigurazione che tutti gli oggetti materiali subiscono attraverso la passione del poeta questo potere che egli esercita in ogni momento di magnificare ciò che è piccolo e di sminuire ciò che è grande può essere illustrato da migliaia di esempi dalle sue opere. Ho davanti a me la Tempesta e citerò solamente questi pochi versi.

 

Il promontorio dalle forti basi

ho scosso e con i colpi ho sradicato

Il pino e il cedro.

 

Prospero invoca una musica per calmare il frenetico Alonzo e i suoi compagni:

 

Una solenne aria è il miglior conforto

Per una fantasia turbata. Possa guarire il tuo cervello

Ora inutile gonfiore nel tuo cranio.

 

Ancora:

 

L’incanto dissolve rapidamente

E come il mattino subentra furtivo alla notte

Diradando le tenebre così i loro sensi che si svegliano

Cominciano a scacciare le nebbie dell’ignoranza che avvolgono

La loro ragione più chiara.

La loro comprensione

comincia ad espandersi: e la marea montante

nempira’ in breve le spiagge della ragione

che ora giacciono sporche e fangose



La percezione di reali affinità tra gli eventi (cioè a diredi ideali affinità poiché solamente quelle sono reali) mette dunque il poeta nella condizione di liberarsi dalle forme e dai fenomeni più imponenti del mondo e di asserire la preminenza dell’anima.

 

3. Perciò il poeta mentre ci rallegra animando la natura con i propri pensieri come un creatore differisce dal filosofo solamente in questo che l’uno propone la Bellezza come suo scopo principale l’altro la Verità. Ma il filosofo non meno del poeta pospone l’apparente ordine e le relazioni delle cose al dominio del pensiero ‘Il problema della filosofia - secondo Platone - è quello di trovare un terreno incondizionato e assoluto per tutto ciò che esiste condizionatamente’. Essa procede sulla base della fede che una legge determina tutti i fenomeni: conoscendola tutti i fenomeni possono essere predetti. Quella legge quando si trova nella mente è un’idea. La sua bellezza è infinita. Il vero filosofo e il vero poeta sono un’unica persona e una bellezza che è verità e una verità che è bellezza sono lo scopo di entrambi. Il fascino di una definizione di Platone o di Aristotele non è forse rigorosamente prossimo a quello dell’Antigone di Sofocle?




Si tratta in entrambi i casi del fatto che una vita spirituale è stata impartita alla natura; che l’apparentemente solido blocco di materia è stato pervaso e dissolto da un pensiero; che questo debole essere umano ha penetrato le vaste masse della natura con un’anima che le informa e ha riconosciuto se stesso nella loro armonia cioè ha colto la loro legge. Nella fisica quando ciò si realizzala memoria si scarica dei suoi ingombranti cataloghi di particolari e riduce secoli di osservazioni a una singolare forma.

 

Perciò perfino nella fisica ciò che è materiale è sempre degradato di fronte allo spirituale. L’astronomo il geometra fanno affidamento sulla loro inconfutabile analisi e disdegnano i risultati dell’osservazione. La sublime osservazione di Eulero a proposito della sua legge degli archi: ‘Si scoprirà che questo è contrario all’esperienza eppure vero’ ha già trasferito la natura nella mente e lasciato la materia come un cadavere reietto.




4. E stato osservato che la ricerca speculativa genera invariabilmente un dubbio sull’esistenza della materia. Turgot dice: ‘E certo che chi non ha mai dubitato dell’esistenza della materia non ha attitudine alle ricerche metafisiche’. La ricerca fissa l’attenzione sulle nature immortali necessariamente increate cioè sulle Idee; e alla loro magnifica e maestosa presenza sentiamo che il nostro essere esterno è un sogno e un’ombra. Mentre aspettiamo in questo Olimpo di dei pensiamo alla natura come a un’appendice dell’anima. Ascendiamo alla loro regione e riconosciamo che queste idee sono i pensieri dell’Essere Supremo. ‘Esse furono costituite dall’eternità dall’inizio o prima che la terra fosse. Quando egli preparò i cieli erano là; quando stabili le nuvole in alto quando fissò le sorgenti degli abissi. Allora esse erano con lui come cresciute con lui. Egli trasse da loro consiglio’. 




La loro influenza è proporzionata. Come oggetti di scienza esse sono accessibili a pochi uomini. Pure tutti gli uomini possono innalzarsi alla loro regione attraverso la pietà o la passione. E nessun uomo tocca queste divine nature senza diventare in qualche grado egli stesso divino. Come una nuova anima esse rinnovano il corpo. Diventiamo fisicamente sottili e leggeri; camminiamo sull’aria; la vita non è più un fardello e pensiamo che non lo sarà mai. Nella loro serena compagnia nessuno teme l’età la sfortuna o la morte poiché viene sottratto alla regione del cambiamento. Quando contempliamo senza veli la natura della Giustizia e della Verità impariamo la differenza tra l’assoluto e il condizionato o relativo. Apprendiamo l’assoluto. Come se fosse la prima volta esistiamo. Diventiamo immortali perché impariamo che il tempo e lo spazio non sono che relazioni della materia che non hanno alcuna affinità con una percezione della verità o con una volontà virtuosa. 




5.  Infine la religione e l’etica che possono opportunamente essere chiamate la pratica delle idee e l’introduzione delle idee nella vita hanno un analogo effetto rispetto a tutta la cultura più bassa nel degradare la natura e nel suggerire la sua dipendenza dallo spirito. Etica e religione differiscono in ciò che una rappresenta il sistema dei doveri umani a partire dall’uomo l’altra da Dio. La Religione include la personalità di Dio l’etica no. Esse nel nostro presente disegno sono una cosa sola. Entrambe mettono la natura sotto i piedi. La prima e l’ultima lezione della religione è: ‘Le cose visibili sono temporali; le cose invisibili sono eterne’. Questo è un oltraggio nei confronti della natura. Negli incolti opera quello che la filosofia opera in Berkeley e Vyasa. 



Il linguaggio uniforme che si può udire nelle chiese delle sette più rozze è: ‘Disprezzale apparenze non sostanziali del mondo: sono vanità sogni ombre irrealtà; cerca le realtà della religione’. Il devoto si fa beffe della natura. Alcuni teosofi sono arrivati a una certa ostilità e indignazione nei confronti della materia come i Manichei e Plotino. Essi diffidano di ogni nostalgia per queste pentole piene di carne dell’Egitto. Plotino provava vergogna del suo corpo. In breve tutti questi possono dire della materia quello che Michelangelo ha detto della bellezza eterna: ‘Stoppia fragile e consunta con cui Dio veste l’anima che egli ha chiamato nel tempo’. E chiaro così che il movimento la poesia la scienza fisica e speculativa e la religione toccano tutte le nostre convinzioni sul mondo esterno. Ma riconosco che c’è una certa mancanza di riconoscenza nell’espandere con eccessiva curiosità i particolari della proposizione generale secondo cui tutta la cultura ci imbeve di idealismo. 




Non ho ostilità nei confronti della natura ma l’amo come un bambino. Mi muovo e vivo nel caldo giorno come il frumento e i meloni. Parliamo di lei in modo equo. Non vorrei tirare pietre sulla mia bellissima madre né sporcare il mio nido gentile. Vorrei solo indicare la vera posizione della natura rispetto all’uomo giacché ogni corretta educazione mira a questo scopo: raggiungere questo risultato la connessione dell’uomo con la natura – è l’oggetto della vita umana. La cultura inverte le visioni ordinarie della natura e spinge la mente a chiamare apparente ciò che si suole chiamare reale e reale ciò che si è soliti chiamare visionario. I bambini è vero credono nel mondo esterno. Il pensiero che esso sia pura apparenza è successivo ma con la cultura questa fede sorgerà sicuramente alla mente come la prima volta. 




Il vantaggio dell’idealismo sulla fede popolare è questo che presenta il mondo proprio nel modo in cui è più desiderabile per la mente. Esso rappresenta infatti il punto di vista assunto dalla Ragione sia speculativa che pratica cioè come filosofia e come virtù. Giacché visto alla luce del pensiero il mondo è sempre fenomenico e la virtù lo subordina alla mente. L’idealismo vede il mondo in Dio. Contempla l’intera cerchia delle persone e delle cose delle azioni e degli eventi dei paesi e delle religioni non come un qualcosa che è accumulato faticosamente atomo dopo atomo atto dopo atto nel lento avanzare delle età ma come un vasto quadro che Dio dipinge nell’immediata eternità per la contemplazione dell’anima. Perciò l’anima si trattiene da troppo ordinari e microscopici studi del quadro universale.



 

Essa rispetta troppo il fine per perdersi nei mezzi; vede nel cristianesimo qualcosa di più importante degli scandali della storia ecclesiastica o delle sottigliezze della critica; e nient’affatto curiosa riguardo a persone o a miracoli senza farsi problema delle prove storiche accetta da Dio il fenomeno come lo trova come pura e impressionante forma di religione nel mondo. Non si scalda non si appassiona intorno all’apparenza di ciò che chiama buona o cattiva sorte intorno al favore o al contrasto di questa o quella persona. Nessun uomo e suo nemico. Essa accetta qualunque cosa le possa accadere come parte della sua lezione. Osserva piuttosto che fare e fa solo per poter meglio osservare. 


E’ essenziale che una vera teoria della natura e dell’uomo sia in qualche modo progressiva. Usi che sono esauriti o che possono esserlo e fatti che si esauriscono in parole non possono essere tutto ciò che è vero a proposito di questo bel soggiorno in cui l’uomo è ospitato e in cui tutte le sue facoltà trovano un appropriato e infinito esercizio. E tutti gli usi della natura ammettono di essere sommati in un solo che si apre come sfera infinita all’attività umana. Attraverso tutti i suoi regni fino agli elementi esterni e alla periferia delle cose essa rimane fedele alla causa da cui ha avuto origine. Essa sempre parla di Spirito. Suggerisce l’assoluto. E un perpetuo effetto. E una grande ombra che indica sempre il sole alle nostre spalle. 




L’aspetto della natura è devoto. Come la figura di Cristo essa sta con il capo piegato e le mani raccolte sul petto. L’uomo più felice è colui che apprende dalla natura la lezione dell'adorazione. 


Colui che pensa di più dirà il minimo di quell’ineffabile essenza che chiamiamo Spirito. Possiamo intravvedere Dio nei fenomeni grezzi e in qualche modo distanti della materia; ma quando tentiamo di descriverlo e di definirlo sia il linguaggio che il pensiero ci abbandonano e restiamo impotenti come stolti e selvaggi. Quell’essenza rifiuta di essere tradotta in proposizioni ma quando l’uomo l’ha adorata intellettualmente il più nobile ministero della natura è quello di presentarsi come apparizione di Dio. E l’organo attraverso cui lo spirito universale parla a quello individuale e cerca con forza di ricondurre ad esso lo spirito individuale. 


Quando consideriamo lo Spirito vediamo che le opinioni già presentate non includono l’uomo nella sua interezza. Dobbiamo a questo proposito aggiungere qualche riflessione. 




Tre problemi sono posti alla mente dalla natura: che cos'è la materia? Da dove viene? e dove va? L’idealismo risponde solamente alla prima di queste domande. L’idealismo dice: la materia è un fenomeno non una sostanza. L’idealismo ci avverte della totale disparità tra l’evidenza del nostro essere e l’evidenza dell’essere del mondo. L’uno è perfetto; l’altro incapace di ogni certezza; la mente è una parte della natura delle cose; il mondo è un sogno divino da cui possiamo subito svegliarci alle glorie e alle sicurezze del giorno. L’idealismo è l'ipotesi di considerare la natura attraverso principi diversi da quelli della carpenteria e della chimica. Pure se si limitasse a negare l’esistenza della materia non soddisfa le domande dello spirito. Lascia Dio esterno a me. Mi lascia nello splendido labirinto delle mie percezioni a vagare senza fine. Quindi il cuore resiste a questo tipo di idealismo perché negando consistenza effettiva a uomini e donne non considera gli affetti. La natura è così pervasa dalla vita umana che c’è qualcosa di umano nel tutto e in ogni particolare. Ma questa teoria mi rende straniera la natura e non tiene conto di quella consanguineità che le riconosciamo. 


Manteniamola dunque nella presente condizione della nostra conoscenza semplicemente come un’utile ipotesi introduttiva che ci serve a farci apprezzare l’eterna distinzione tra l’anima e il mondo. 




Ma quando seguendo gli invisibili passi del pensiero giungiamo a domandarci: da dove viene la materia? 


dove si dirige? 


Molte verità sorgono per noi dai recessi della coscienza. Apprendiamo che ciò che è più nobile è presente all’anima dell’uomo; che la terribile essenza universale che non è sapienza o amore o bellezza o potenza ma tutto in uno e ciascuna di queste interamente è ciò per cui tutte le cose esistono e grazie a cui sono; apprendiamo che lo spirito crea; che lo spirito è presente dietro la natura attraverso la natura; che uno e non composto agisce su di noi non dall’esterno cioè nello spazio e nel tempo ma spiritualmente o attraverso noi stessi: perciò quello spirito cioè l’Essere Supremo non costruisce la natura attorno a noi ma la produce attraverso di noi come la vita dell’albero mette nuovi rami e nuove foglie attraverso i pori delle vecchie. 




Come una pianta sulla terra così un uomo riposa sul petto di Dio; è nutrito da inesauribili sorgenti e dispone di un potere inesauribile in risposta al suo bisogno. Chi può mettere limiti alle possibilità dell’uomo? 


Quando ci nutriamo di nobili ideali e siamo ammessi a contemplare le assolute nature della giustizia e della verità apprendiamo che l’uomo ha accesso all’intera mente del Creatore è egli stesso creatore nel finito. Questo pensiero che mi indica dove si trovano le fonti in cui giacciono la sapienza e il potere e indica nella virtù 


La chiave d’oro 


Che apre il palazzo dell’eternità 




...porta sul suo volto la più alta attestazione di verità perché esso mi spinge a creare il mio mondo attraverso la purificazione della mia anima. Il mondo procede dallo stesso spirito da cui procede il corpo umano. E un’incarnazione di Dio più remota e inferiore una proiezione di Dio nell’inconscio. Ma differisce dal corpo in un importante aspetto. Non è come quello soggetto alla volontà umana. Il suo sereno ordine è inviolabile da parte nostra. Perciò è per noi ciò che illustra nel presente la mente divina. E un punto fermo attraverso cui possiamo misurare il nostro distacco. Appena degeneriamo il contrasto tra noi e la nostra dimora diviene più evidente. Diventiamo tanto estranei alla natura quanto siamo alieni da Dio. Non comprendiamo il canto degli uccelli. La volpe e il cervo fuggono da noi; l’orso e la tigre ci sbranano. Non conosciamo che l’utilità di poche piante come il frumento il melo le patate e la vite. Non è forse il paesaggio ogni parte del quale appare grandiosa alla vista un volto di lui? Pure questo può mostrarci quale discordanza esista tra l’uomo e la natura poiché non si può ammirare liberamente un nobile paesaggio se dei coloni stanno lavorando duramente nel campo con la vanga. Il poeta trova qualcosa di ridicolo nel suo piacere fino a quando non viene a trovarsi fuori dalla vista degli uomini.

 

(Emerson)

[Prosegue con il capitolo completo]








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