giuliano

venerdì 23 agosto 2013

HAI GUARDATO PROPRIO BENE? (5)











Precedente capitolo:

Forma e immagine: vera e falsa (4) &

Fu nostra terra









- E' una figura come un quadro....
Annuii. Lui doveva credermi in grado di seguire i suoi discorsi, a tutti
i costi.
- Hai occhi molto grandi,
disse allora lui.




Avvampai in volto.
- Lo dicono tutti, signore.
- Vuoi guardare di nuovo là dentro? (ma sei sicura di capire la simmetria
che intercorre fra l'immagine vista, colta, rubata, osservata, ...e il con-
tenuto con cui la vera forma si mostra....)
Non avrei voluto, ma capivo che non potevo dirlo (forse è vero quello che
cercava di dirmi, l'immagine contiene una forma non visibile, antica, un....
Dio o un Signore...uno spirito antico, un'anima ....)




Rimasi incerta per un po' (come se la terra tremasse...).
- Guarderò di nuovo, signore, ma solo se rimango qui da sola.
Si mostrò sorpreso, poi divertito.
- Va bene.
Mi porse la vestaglia.
- Tornerò tra pochi minuti e busserò alla porta prima di entrare.




Se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.
Afferrai la vestaglia, con le mani che mi tremavano (quale segreto mi na-
scondeva, cosa voleva dirmi, cosa voleva che in realtà guardassi?....)
Per un momento pensai che avrei solo finito di guardare, e poi avrei detto
di aver guardato (ma avevo visto?). Ma lui avrebbe capito che stavo men-
tendo. Inoltre ero incuriosita.




Fu più facile ragionarci sopra senza il suo sguardo puntato su di me (eppu-
re ero io che dovevo guardare, o forse lui attraverso....il dubbio mi colse
come un terremoto...).
Trassi un profondo respiro e guardai nella cassetta.
Sul vetro vedevo una sagoma confusa di quell'angolo della stanza.




Quando mi tirai la vestaglia sulla testa, l'immagine, come lui la chiamava,
divenne sempre più chiara (tutto il percepito era inerente alla realtà vista
ogni giorno....ma il suo sguardo quasi da filosofo mi lasciava un profondo
dubbio...): il tavolo, le sedie, la tenda gialla nell'angolo, la parete dello
sfondo con la carta geografica appesa, il vaso di ceramica scintillante sul
tavolo, la coppa di peltro, il piumino, la lettera....




Era tutto là, raccolti davanti ai miei occhi (tutti oggetti materiali, tutto co-
me ieri, e forse come domani, tutto in ordine...composto, solo lui mi sem-
brava diverso....), raccolti davanti ai miei occhi su una superficie piatta,
un quadro che non era un quadro (una realtà che non era ...questa realtà,
uno spirito invisibile ed una materia altrettanto visibile e sindacabile...un
contrasto strano....).




Con molta cautela toccai il vetro, era liscio e freddo, senza traccia di pit-
tura.
Mi liberai della vestaglia e l'immagine tornò a essere vaga, sebbene rima-
nesse dov'era. Tornai a tirarmi addosso ancora una volta la vestaglia, cre-
ando il buio, e rimirai i colori splendenti che erano tornati a mostrarsi.
Sul vetro sembravano più luminosi e più vivi di quanto non fossero nella
realtà, lì nell'angolo (più vivi, sì come se qualcosa o l'anima di ....).




Smettere di guardare nella cassetta fu difficile come lo era stato distogliere
gli occhi dal quadro della donna con la collana di perle la prima volta che
lo avevo visto.
Quando udii bussare alla porta feci appena in tempo a raddrizzarmi e a
lasciarmi scivolare la vestaglia dalle spalle prima che lui entrasse.




- Hai guardato ancora, Griet? ...Hai guardato proprio bene? (hai visto qual-
cosa Griet...oltre a quello che pensi aver studiato....?).
(T. Chevalier, La ragazza con l'orecchino di perla)













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