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Favola di Natale
L’alba della Primavera, poi
il caldo del misero pasto nell’Estate del loro delirio, poi ancora il primo pomeriggio come fosse Autunno…,
poi la sera con l’Inverno che aspetta…,
ed i primi fiocchi di neve imbiancano il Sogno con le orme dei loro amici
pronti a dividere ogni Pensiero: fare
la guardia ad il Tempo così concepito. Un merlo quale sentinella per l’intera
stagione, un lupo per ululare la gioia e far da compagnia alla pecora smarrita
che mai fu l’agnello della loro Dimora così arredata… e concepita.
I Secoli passavano… e nessuno mai li ha contati, così come si
contano i denari, quelli li numerava e nominava un ricco signore che passò di
lì un giorno: cercava la terra del suo avvenire, cercava la dimora del suo
ingegno, cercava la ricchezza nominata Materia,
e ciò che gli apparve nella sua nobile Storia,
passo veloce di un cavallo imbizzarrito, fu uno spettacolo miserevole più
adatto per un Pazzo non certo per un nobile cavaliere che per di lì galoppa,
padrone dell’araldo nominato Memoria per ogni confine libero come il Vento del
ricco suo ardire, pecunia da seminare e ogni sera contare.
Povera cosa vedeva lo stolto o il ricco signore, misera storia senza
alcuna stoffa o ricchezza o parola che non fosse e sia un’ingiuria per la
pecunia del suo eterno avvenire. Nella capanna e nella mangiatoia della misera
stalla, lui che proviene da un ricco maniero, un fuoco ordina al suo scudiero,
quale crociato della Parola (o Verbo
che sia…), milite di Cristo comandato
in questa povera ora. Il fuoco di un
diverso pensiero dovrà incenerire e arrostire il suo appetito… duro a morire.
L’agnello del peccato condì in maniera saporita, poi aprì la danza della vita
in nome di una caccia mai estinta. Lui proviene, qual uomo ricco e devoto…,
proprio da quella (poi evoluta in eterna guerra… pecunia e fortuna condimento
del sangue della vita) e del Dio della sua ricca Chiesa condividere una strana
ricchezza divenuta pretesa.
Il fuoco del mondo donde lui proviene abbisogna di legna…, rubò così al
povero Bambino le pagine del Libro
che leggeva ogni mattino fin alla sera (nella stagione o strofa della sua
Nobile Vita) in compagnia del Tempo
divenuto Profeta, muto ora nella sua
biblioteca (la loro dimora è così ricca che solo a narrarla o numerarla non
basta una sola vita…). Il ricco signore pensava in tal modo di scacciare ogni
miseria…, perché ha compassione di quel Bambino visto o spiato dal suo breve
mattino: un Bambino solo e muto… certo dalla povera ed idiota favella.
Spezzò i rami uno ad uno come quei libri che era solito bruciare in
nome del suo ricco avvenire, scudiero di un monarca senza più Dio, se pur lo
nomina (lo uccide ed umilia ogni mattino fino alla sera del nostro martirio) è
per sua ricchezza e per la Madonna che orna la mensa non certo in verginale
attesa: Cibele l’hanno sepolta sotto un trono di vino ora banchettano con il
sangue di Cristo. Scudiero di un monarca senza più Dio, se pur lo nomina è per
sua ‘pecunia’ non per chi dimora avvolto dalla nebbia di un Regno che ancora
dovrà venire nel Paradiso di una Natura
così umiliata nel Secondo che tutto brucia nel cieco divenire.
La casa del Bambino…, il ricco castello senza una stanza, un tetto, un
altare dove gridare allo scempio bruciava nell’Invisibile Universo, il pazzo
impaurito da quel fumo… quasi fosse l’Inferno disceso sulla Terra quale nuovo AntiCristo vedeva tutta la sua ricchezza
prendere una strana forma calco di una moneta mai coniata nel suo delirio… o
Materia che sia. Ogni Stagione ed amico su quella Via sparirono all’improvviso
come una morte annunciata sul Teschio della Terra, come un sisma che scuote la
Vita. Qualcuno li aveva destati dalla pazzia, ora non c’è neve né vento né
primavera…, neppure il Merlo della loro Eresia che ripeteva la Rima ad ogni
stagione del pendolo di quella eterna e Prima ora nominata Vita. Tutto non è
più come prima, solo il vomito della Parola rivenduta e barattata ad ogni ora, precipita
all’improvviso ad affogare la nuova stagione della vita: il Silenzio uccide in
nome della pecunia nominata Dottrina.
Il Bambino si destò vicino ad un faggio con i rami tutti di cemento
come alberi piantati a rovescio nel fuoco dello strano cammino, ora non c’è Sogno nel martirio del nuovo evento: non
un nido ritrovato ad ogni stagione della vita dopo il lungo volo di un’anima
che annuncia una Storia Antica: il ritorno alla Terra è sempre
cosa lieta! Vide e scrutò come uno Straniero
al mondo tante ricche dimore specchi del ricco signore. In quella strana Natura capovolta ogni donzella indica ed
urla la sua rima, non certo una Poesia, addita al pazzo lungo la Via protetta e
custodita nella sua reggia all’ombra della ricchezza e splendore che impera in
codesta strana discesa della terra: uomini sorridono al nuovo sogno o
divertimento, scivolano come bestie impazzite, urlano come lupi addomesticati
ripetono frasi come merli indiani: salgono e scendono da strane poltrone al
posto degli Alberi…
Il vecchio Profeta è mutato
in ricca dimora…, ed il Bambino ora se
pur cresciuto,… più misero muto… e idiota di prima: nulla del Regno donde
proviene, conquistato ed edificato su un Sogno poi su una Terra, scolpito come
Pazza Rima… rimaneva…, neppure la neve del loro Inverno… là dove un matto si
destò nel Regno del loro Avvenire: il ricco Castello di un Dio. Ora neppure la
Primavera semina il ventre di quell’ora, neppure la bufera annuncia il futuro
cammino della Stagione senza Tempo… per questa Favola Parabola o Preghiera che
sia.
Il vecchio Profeta è morto
nella certezza di questo misero Tempo…,
forse non del tutto, perché io che son passato per ugual cammino mi sono
appoggiato al suo alito smarrito…. e Lui mi ha narrato tutta la Storia…. fuoco del Secondo della breve Memoria.
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