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Croce, il miracolo
della vita, il nostro mangiare e sopravvivere , è opera di nostro fratello
Eraclio. Tutto, con il tempo, abbiamo imparato da lui dipendere. Nel segreto
della nostra cella vediamo e preghiamo nostro fratello – Eraclio - . L’uomo che
ora io vedo aver preso voce da quella fitta boscaglia dietro l’altare ….. e parlare ……domandare. E con lui i figli
d’altare, a cui spesso confuso nel fitto cerimoniale attorno ad esso , non
riusciamo più a dar un nome. Con lui i
suoi fratelli e sudditi, i dottori , da cui
– Eraclio - insegna ed apprende ,
nel lento fluire del tempo, immobile , di fronte all’assoluto della verità. Con lui Vescovi e Cardinali, i medici della
nostra anima, dei nostri dolori, custodi delle nostre celle, padroni dei nostri
pensieri, seminatori dei nostri sogni, raccoglitori della nostra semenza . Con lui il lento trasmutare della storia, il
lento progredire della scienza Teologica in seno alla verità scientifica. La
stagione di una verità scorre attraverso
la mutabilità apparente, apparenza del tempo. Questo deambulare in circolo per questo
giardino. Questo il nostro camminare, pregare….. e troppo spesso sperare. Nella
solitaria quiete dell’ Eremo le stagioni sono ricorrenze da calendario. Sono
Messe da celebrare, penitenza da rispettare, comunioni per i nostri visitatori
di tutto il feudo, di cui disconosciamo persino i confini. Sono cornici ed usanze, litanie ripetute fino
allo stordimento. Così incorniciamo lo scorrere lento del tempo e con esso la
vita che spesso vediamo e ammiriamo da lontano. La vita, per noi, dissidenti
cultori della biblioteca, si nasconde in cornici di quadri ammirati da lontano:
è profumo di Primavera, spensieratezza di neve, freddo e gelo, e poi i colori
assordanti dell’Estate. Quei quadri li possiamo ammirare e vedere… talvolta …..
Ma ben attenti a non essere visti. Non essere osservati nel nostro lento volare
verso altri luoghi. La nostra – anima -, così ci spiega Eraclio è la parola
donata di nostro Signore, è il mistero del – verbo- , il sacrificio a cui tutti
noi ci dobbiamo umiliare , per comprendere , capire …. e poi celebrare. Il nostro – Spirito – ci insegna, deve
perseguire la dura disciplina della penitenza, della severità , del castigo. La
nostra – Salvezza – il pregare
quell’anima, che un giorno incontrerà la gloria dei cieli. La penitenza della preghiera, e la paura del
potere Divino, che nostro Signore e Padrone possono su di noi. La vita, tramanda fratello – Eraclio –, può
conoscere solo questa umiliazione, questo castigo, questa eterna penitenza. La
luce della preghiera deve penetrare in noi, dall’alto di quella feritoia nella
Chiesa, come immagine manifesta di Dio. La
prima ed assoluta creazione, la prima sua manifestazione, la prima sostanza. Così nel buio della nostra anima, il corpo
deve prendere forma e spirito. Nel
nostro pregare nel buio dei nostri patimenti, possiamo sperare solo nella
salvezza di quella luce. La prima luce dell’ – Altissimo -. Il creatore di
tutte le cose. Quando fratello – Eraclio
– parla in codesto modo , ci illumina tutti. Apre ai nostri occhi chiusi la
comprensione vera del Mondo, del Creato, dell’Universo. Io, e tutti i miei confratelli, dai lontani
tempi del seminario, abbiamo compreso la verità tangibile del mondo attraverso
la parola di fratello – Eraclio - . Con
i fratelli più anziani abbiamo imparato che la luce della sostanza della
materia creata si deve riflettere su tutte le opere che leggiamo, sulle preghiere
che recitiamo, sulle pitture che componiamo. Sulle croci che fabbrichiamo.
Quelle e solo quelle sono le nostre stagioni, gli sguardi di un desiderio di
vita e salvezza. Panorami di verità.
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