giuliano

mercoledì 15 agosto 2018

TRA GLI ALBERI... COSA C'E'? (23)


































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Il figlio degli Dèi (22)

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Un cimitero Funerario (24) &

Relatività Spirituale (25) &

Il figlio dei Lupi (con il permesso della 'lupara') (26)














....Gli spettatori pensano che l’improvvisa deviazione sia dovuta a uno sparo, forse a una ferita; ma prendete questo binocolo e vi accorgerete che sta cavalcando verso una breccia nella parete e nella siepe. Ha intenzione, se non lo uccidono prima, di attraversarla e guardare dall’alto la campagna al di là.
Non dovete dimenticare la natura di questa azione solitaria; non vi è permesso di considerarla una bravata, né, d’altra parte, un inutile suicidio. Se il nemico non si è ritirato, dev’essere in forze su quel crinale.
L’esploratore s’imbatterà nientemeno che in uno schieramento di battaglia; non c’è bisogno di reparti avanzati, di vedette e soldati d’avanguardia, per annunciare il nostro avvicinamento; le nostre linee d’attacco saranno visibili, lampanti, esposte a un fuoco d’artiglieria che rasenterà il terreno non appena usciranno allo scoperto e, per un tratto lungo la metà del loro percorso, saranno sotto il tiro di una scarica di pallottole di fucile dalla quale nessuno potrà uscire vivo. In breve, se il nemico si trova lì, sarebbe una pazzia attaccarlo frontalmente; dev’essere raggirato con l’antichissimo espediente di minacciare le sue linee di comunicazione, indispensabili alla sua esistenza quanto il respiratore al palombaro in fondo al mare.
Ma come si può constatare se il nemico è davvero lì?




C’è un solo modo: qualcuno deve andare a vedere. La cosa più naturale e ovvia da fare è mandare in avanscoperta gli uomini delle prime file. Ma in questo caso risponderanno in modo affermativo con il sacrificio delle loro vite; il nemico, acquattato in doppia fila dietro la parete di pietra e nascosto dalla siepe, aspetterà finché non sarà in grado di contare i denti di ciascuno degli assalitori. Alla prima raffica verrà falciata metà della linea degli esploratori, l’altra metà verrà abbattuta prima di riuscire a portare a termine la ritirata prevista.
Com’è alto il prezzo da pagare per soddisfare una curiosità!
A quale costo un esercito deve, talvolta, procurarsi le informazioni!
‘Lasciatemi pagare per tutti’ dice questo soldato valoroso, questo Cristo dell’esercito!
Non c’è speranza, tranne quella nell’impossibile eventualità che non ci siano soldati sulla cima. È vero, potrebbe preferire la cattura alla morte. Finché avanzerà, la prima linea non farà fuoco… perché dovrebbe? Può giungere tranquillamente tra le fila dei nemici e diventare un prigioniero di guerra. Ma in questo modo verrebbe meno al suo scopo. Non risponderebbe alla nostra domanda; deve tornare incolume oppure farsi uccidere davanti ai nostri occhi. Solo così sapremo come agire. Se viene catturato… be’, avrebbero potuto farlo mezza dozzina di sbandati.
Adesso ha inizio uno straordinario scontro mentale tra un uomo e un esercito.




Il nostro soldato di cavalleria, ormai a mezzo chilometro dalla cima, improvvisamente svolta a sinistra e galoppa in direzione parallela rispetto alla cima. Ha scorto il nemico; sa tutto. Una posizione vantaggiosa gli permette di dominare dall’alto una parte del fronte. Se fosse qui, potrebbe raccontarcelo. Ma ormai questo è impossibile; deve sfruttare nel modo migliore quei pochi minuti che gli restano da vivere, costringendo il nemico a rivelarci quante più informazioni possibili nel modo più esplicito… cosa che, naturalmente, quell’esercito prudente non ha intenzione di fare. Non c’è tiratore in quelle schiere acquattate, non c’è cannoniere dietro quei cannoni mimetizzati e caricati, che ignori le esigenze della situazione e la necessità imprescindibile della pazienza. Per di più, c’è stato tempo a sufficienza per ordinare loro di non fare fuoco. È vero, un’unica fucilata potrebbe abbatterlo privandoci così di un’importante rivelazione. Ma sparare è contagioso… e guardate con quale rapidità incede il giovane ufficiale, senza mai fermarsi se non per far cambiare direzione al cavallo, mai all’indietro verso di noi, mai in avanti verso i suoi carnefici.




Vediamo tutto ciò con il binocolo; sembra succedere a un tiro di schioppo; vediamo tutto fuorché il nemico, di cui possiamo solo intuire la presenza, i pensieri, gli scopi. A occhio nudo non si vede nient’altro che una sagoma nera in groppa a un cavallo bianco, che si muove lenta a zigzag lungo il pendio di una collina lontana… così lenta che sembra quasi strisciare.
Ora… osservando di nuovo con il binocolo… appare seccato per il fallimento, o si è accorto dell’errore, oppure è impazzito; si sta lanciando verso la parete, come se volesse superare con un salto la siepe e tutto il resto! Un attimo dopo eccolo voltarsi nella direzione opposta e scagliarsi a tutta velocità giù per il pendio… verso gli amici… verso la morte!
Immediatamente la parete viene sormontata da una cortina di fumo denso che si estende per un centinaio di metri a destra e a manca e viene dissipata quasi subito dal vento; prima che il rombo dei fucili ci raggiunga, il soldato di cavalleria è smontato di sella. No, ritorna al suo posto; ha solo fatto acquattare il cavallo. Si rialzano e riprendono la marcia!
Tra le nostre fila si leva un fragoroso urlo di gioia che dà sfogo all’insopportabile tensione cui sono stati sottoposti i nostri sentimenti. E che fine hanno fatto il cavallo e il cavaliere? Già, si rialzano e riprendono la marcia. Hanno davvero ripreso la marcia: si stanno dirigendo alla nostra sinistra, in senso parallelo rispetto alla parete ormai del tutto in fiamme e avvolta dal fumo.




I moschetti continuano a rombare e il bersaglio di ogni pallottola è quel cuore coraggioso. A un tratto, una grossa nuvola di fumo bianco s’innalza da dietro la parete. Un’altra e un’altra ancora, una dozzina di nuvole salgono verso il cielo prima che il rimbombo delle esplosioni e il sibilo dei proiettili raggiunga le nostre orecchie e che i proiettili stessi rimbalzino attraverso la cappa di fumo sopra il nostro nascondiglio, colpendo un uomo qua e là e provocando una confusione momentanea, un fugace pensiero egocentrico.
La polvere si disperde.
Incredibile!
Il cavallo e il cavaliere fatati hanno superato un burrone e si stanno inerpicando su un altro pendio per smascherare un’altra cospirazione silenziosa, per contrastare la volontà di un’altra schiera armata. Un attimo dopo s’infiamma anche quella cima. Il cavallo s’impenna e agita le zampe anteriori nel vuoto. Alla fine sono caduti.
Ma osservate di nuovo: l’uomo si è allontanato dall’animale morto. È dritto in piedi, immobile, e brandisce la spada con la mano destra proprio sopra il capo. È rivolto verso di noi. Adesso abbassa la mano all’altezza del viso e la protende verso l’esterno, descrivendo una curva verso il basso con la lama della spada. È un segnale indirizzato a noi, al mondo e ai posteri.
È il saluto che un eroe rivolge alla morte e alla storia.




L’incantesimo è di nuovo spezzato; i nostri uomini cercano di acclamarlo, ma l’emozione li soffoca; lanciano grida dissonanti e roche; stringono le armi e si accalcano con foga verso lo spiazzo aperto. I soldati delle prime file, senza attendere gli ordini, sfidando gli ordini, avanzano a un’andatura forsennata, come segugi sguinzagliati. I nostri cannoni parlano e quelli dei nemici rispondono in coro; a destra e a sinistra, fin dove riusciamo a vedere, la cima lontana, che adesso sembra così vicina, innalza le sue torri di fumo mentre la gragnola di proiettili si riversa scrosciando sulle nostre schiere in movimento. Le nostre bandiere emergono una dopo l’altra dalla foresta; le nostre linee incedono una dopo l’altra, attirando la luce del sole sulle armi lucenti. I battaglioni della retroguardia sono gli unici a obbedire agli ordini: mantengono la distanza opportuna dal fronte ribelle.
Il comandante non si è mosso.
Ora allontana il binocolo dagli occhi e guarda verso destra e verso sinistra.
Vede la marea umana riversarsi tutt’intorno a lui e alla scorta stretta al suo fianco, come onde che si infrangono su uno scoglio.




Dal suo volto non traspare alcuna emozione: sta pensando. Guarda di nuovo davanti a sé: i suoi occhi si voltano lentamente verso quella cima fatale e tremenda. Con calma rivolge poche parole al trombettiere. Trallalà! Trallalà! L’ordine si fa valere in virtù della propria autorità. Viene ripetuto dalle trombe di tutti i comandanti subalterni; le stridule note metalliche s’impongono sul rumore sordo e continuo dell’avanzata e si insinuano nel rombo dei cannoni.
Fermarsi equivale a ritirarsi.
Le bandiere indietreggiano lentamente; le linee fanno dietrofront e le seguono con aria cupa, reggendo i feriti; i soldati dell’avanguardia fanno ritorno, raccogliendo i morti.

Ah, quante perdite inutili!

A quell’anima nobile il cui bel corpo giace lassù, così ben visibile contro l’arido fianco della collina, non poteva essere risparmiata almeno l’amara consapevolezza di una vana devozione?

Un’unica eccezione avrebbe guastato troppo la perfezione spietata dell’eterno piano divino?

(A. Bierce)
















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