giuliano

venerdì 20 settembre 2019

UNA GIACCA SUPERBA (per le grandi occasioni) (2)



















Precedenti capitoli:

Mia nonna Giuseppina (2)

E' giunta...

L'Hora che pur ti scriva questa mia (3)

...Da codesto mare in burrasca...(4)













Ricordo: era una bella giornata d’autunno e io passeggiavo nel giardino pubblico della mia città natale. Il luogo era deserto e io contento perché mi sentivo giovane e magro, perché il cielo era azzurro, perché avevo superato felicemente certi fastidiosi esami. Ma, più che altro, ero felice perché inauguravo, proprio quella mattina, una superba giacca color nocciola, di ottimo taglio, di eccellente stoffa e di singolare leggerezza.

Una sola panchina era occupata: ben disposta su di essa, una giovane donna stava leggendo. Mi sedetti chiedendo scusa e mi accorsi allora, con lieto stupore, che la giovane donna era la stessa giovane donna che io, da tanto tempo, salutavo almeno venti volte al giorno e che, da tantissimo tempo, avevo stabilito di informare di certo mio progetto sentimentale.




Cominciammo a parlare cordialmente: ci conoscevamo e non c’era quindi niente di male. La giovane donna si mostrò molto cordiale e ben disposta a convenire con me che la giornata era veramente bella, che alla sera non si sa mai cosa fare, che l’anno prima la stagione era stata molto peggiore.  A un tratto, però, la giovane donna tacque e cominciò a considerare severamente la mia meravigliosa giacca. Mi fece cenno di alzarmi e di voltarmi, onde accertarsi se la parte posteriore dell’indumento corrispondesse alle promesse della parte anteriore. Alla fine la giovane donna scosse il capo:

– No, no, esclamò convinta, questa giacca è veramente eccezionale e voi mi farete il favore di non mettervela più, per ora. Sarebbe un peccato sciuparla senza nessun costrutto. Serbatela: andrà benissimo per quando noi saremo fidanzati e avremmo modo per la ‘grandi occasioni’… e voi mi porterete a spasso sul corso.




Io balbettai qualcosa mentre un certo putiferio accadeva nella parte della mia cassa toracica; poi salutai correttamente la giovane donna e tornai a casa saltellando. Dopo matura riflessione, favorita dalla notte fresca e profumata, io concludevo che, se avessi osato, forse i miei sogni si sarebbero avverati.

Due giorni dopo, incontrata la giovane donna in luogo poco frequentato, le balbettai qualcosa. Non ricordo cosa dissi, allora. Ricordo solo che mi fu risposto: ‘Anch’io’. Il primo convegno fu nel pomeriggio del giorno seguente, nello stesso giardino, e io indossai trionfalmente la mia superba giacca color nocciola.




Appena mi vide, la giovane donna disapprovò severamente il fatto:

– No, esclamò, Sarebbe un peccato sciupare questa magnifica giacca adesso. Mettila nell’armadio: andrà benissimo per quando saremo sposati e, d’estate, approfittando dei treni popolari, mi porterai a vedere Venezia oppure magari New York…

Io tralascio tutti gli altri mille fatti analoghi: voglio soltanto seguire la sorte di questa mia splendida giacca color nocciola.




Passarono parecchi anni da quel giorno e finalmente la giovane donna, con la scusa di tutelare il mio avvenire, mi indusse a confessare a un dignitoso signore in veste talare che io ero felice di condurla in matrimonio. Entrammo nella nostra casetta un pomeriggio d’estate: io aprii il mio vecchio baule, armeggiai attorno a un tessilsacco accuratamente chiuso e, di lì a poco, potevo cominciare ad infilare il braccio destro nella manica della mia antica, famosa e sempre stupenda giacca color nocciola.

La dolce signora che fu già la mia dolcissima signorina, la quale aveva seguito con interesse la mia azione di recupero, a questo punto ebbe uno scatto:




– No, no!!, esclamò severamente, sarebbe un peccato sciupare una giacca meravigliosa come questa. E poi ti è oramai maledettamente stretta. Rimettila pure nell’apposito alloggiamento e aggiungi naftalina. Andrà benissimo per il nostro bambino, il nostro futuro bambino. Ci caverò fuori un paltoncino delizioso.

Il fatto è che oggi come oggi, dopo tanti anni, la mia superba giacca è ancora nel tessilsacco. Adesso che c’è un Albertino avente diritto a un paltoncino color nocciola, la esimia signora di cui sopra ha scoperto che sarebbe un peccato sciupare una meravigliosa giacca per un marmocchietto alto venti centimetri. Quella giacca andrà benissimo per quando Albertino andrà alla Cresima.




Io ho citato il semplice fatto della giacca.

Ma tutto è come la giacca, nel mio quarto-piano.

Ho speso un patrimonio in tendaggi e tappeti: non c’è uno straccio alle finestre o per terra in casa mia.

 – Quelle tende e quei tappeti, ha detto la simpatica creatura che il Cielo sparse copiosamente sul mio cammino – andranno benissimo quando ci sarà una casa in ordine. Non esistono soprammobili, lampade da tavolo, posaterie, porcellane fini, coperte da letto, materassi di soffice lana, specchi, servizi da toletta.

O meglio: io l’ho comprati, ma essi sono chiusi, bene impacchettati, in grandi casse, nel guardaroba.




– Andranno benissimo quando ogni cosa sarà in ordine, ha stabilito la dolce conterranea. Adoperarli adesso sarebbe un delitto.

Io ho lavorato giorno e notte, per arredare la mia casetta. Ho comprato sedie, cassettoni, armadi, poltrone tavoli.

– Ma neanche per sogno, ha esclamato la delicata creatura dei miei sogni, appena ha visto le suppellettili.

– Andranno benissimo per quando…





E costruiti con le sue infernali manine di fata degli enormi sacchi con fettucce, ha coperto accuratamente tutti gli arnesi. Ma oggi, approfittando della giornata festiva, ho considerato con serenità la faccenda e ho concluso che la cosa aveva raggiunto i limiti.

– Signora, ho comunicato gravemente alla dolce amministratrice dei miei mali,

– Signora: voi avete chiuso nelle vostre dannate casse dell’avvenire tutte le mie giacche perché andranno bene per Albertino, avete incamerato tutti i miei soprabiti perché andranno bene per Albertino, avete incamerato tutti i miei soprabiti perché andranno bene, eccetera eccetera. Mi avete privato delle mie più decenti camicie, dei miei fazzoletti, dei miei pullover, delle mie scarpe migliori. Mi avete vietato tutto insomma perché tutto andrà benissimo quando… eccetera eccetera. Signora: la situazione è diventata in questo momento gravissima. O voi cacciate fuori un paio di calzoni o io sarò costretto a uscire di casa in mutande!





Ecco così! La dolce segretaria dei miei dispiaceri d’ufficio ha considerato attentamente lo spettacolo del suo amministrato in mutande.

Poi ha lanciato un grido:

– Ma neanche per sogno! Quelle mutande andranno benissimo per quando indosserai il vestito sportivo coi calzoni alla zuava.

– Levatele e mettile nella seconda cassa!

(Guareschi)













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