giuliano

sabato 7 settembre 2019

PUNTE DI FRECCIA (6)



















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Ben altre armi (7)














(2) Tutta la nostra esistenza, vale a dire, tutta la parte ‘viva’ di essa, è un pertinace Sogno ad occhi aperti. Il fanciullo non si accamperà nel giardino paterno, perché ciò oltre ad non essere gradito non sarebbe abbastanza avventuroso, e troppe viste e troppi suoni turberebbero la sua illusione; e così lui se ne va venti o trenta miglia lontano e rizza la sua tenda là dove i civilizzati cittadini a lui sconosciuti dormono (sogni più tranquilli e remunerativi giacché così lontano) nel loro letto i loro sogni di gloria, come sta facendo a casa suo padre; forse accamparsi nei loro giardini non gli piace. Infatti solo così lui può sognare senza interruzione di trovarsi chissà mai dove, in un posto qualsiasi, purché non in quello in cui effettivamente si trova. Ciò che spesso si dice povertà, ma che è invero solo un rapporto più semplice e sincero con la Natura, conferisce alla Vita una particolare attrattiva, proprio come l’astinenza ci dà il desiderio del cibo. Ho fatto il mio apprendistato nel campo dei mirtilli (non meno della selva-ggia liquirizia), e da allora ho anche compiuto un buon lavoro, anche se non ho mai pagato le tasse scolastiche né mi sono mai vestito (ora di nero ora di rosso giorno nel tempo rimpianto ma non certo morto) con quel guadagno. Del resto è un lavoro che mi offre costantemente per me medesimo la migliore scuola ch’io abbia mai avuto, e che si è pagato da solo. Talvolta, in certi calmi mattini d’estate, quando, per esempio, dovendosi ospitare a pranzo una lavandaia oppure una sarta (la fontana non meno del giusto elegante abito in genere fanno dell’uomo lo straccio del futuro manichino), si decide di fare una torta di frutti di boschi per l’estate, di medesimi frutti (o muffoidi) in autunno. Io, oggi come allora fanciullo vengo spedito tutto solo sulle colline a cogliere indistintamente mirtilli come funghi. Di porcini ve ne sono non alcuni ma tutti in libero profitto & profumo! In questo modo enunciato si può ben interferire nella dovuta e mancata carriera scolastica che fa’ di ogni futuro uomo civilizzato. Loro, il resto dell’incorrotta umanità sfogano la dolce vita mangiando la torta oppure l’autunnale quanto stagionale piatto di frutti così poveramente raccolti alla taverna senza più neppure la contadina (mai sia detta caverna). La più elegante con il Servizio del migliore e più pagato cuoco-macellaio della innominata Compagnia giacché sembra non gradire diversa ricetta nella dolce vita per ogni scuola fondata e asservita. 




(3) Io mi stupisco, di conseguenza (per ciò che abbiamo appena detto), ogni volta di più quando debbo notare la distanza che passa, nella cosiddetta vita civile, tra il guscio e colui che lo abita, - quale sproporzione tra la vita dell’uomo e i mezzi e i lussi di cui si circonda. La casa ben dipinta con molti appartamenti, venite introdotti nel salotto, dove vi sono un divano, un tappeto, uno specchio, una Bibbia splendidamente rilegata, dagherrotipi e fotografie di tutta la famiglia schierati sul camino. È certo che qui si potrebbe condurre una vita ben più gradevole, e si potrebbero, assai meglio che in una grotta, sviluppare i nostri (mai sia detto altrui) doni materiali non meno di quelli spirituali. Sicuramente, colui che vive nel salone splendente e ricchissimo, non muore di fame, né di freddo, né lotta con gli insetti (di tutti i generi una volta, infatti, al tempo della presente esistevano ancora, ora dimorano formiche elettriche dietro i vetri sopra e sotto tetti e pavimenti), ma mediterà su un canto divino o un’azione eroica (lo abbiamo detto nella non-gradita nota introduttiva la qual ingombra di miei scritti l’intera biblioteca se non erro una carrettata intera di mie opere… qual fitta selva non ancora consumata, o peggio, posta al rogo per il giusto calore della Storia), o profumerà l’atmosfera del respiro stesso di un’esistenza naturale e sana (giacché per il civilizzato siamo noi i malsani ed innaturali). Se il salotto è dunque preferibile alla grotta, la vita di chi vi abita sarà certo più simile a quella degli dei di quella dell’abitante delle caverne. Mi sono recato in una casa di questo genere, oggi pomeriggio, la casa di un tale che in Europa verrebbe definito un  vero genuino attivo. La donna non era al settimo cielo, ma nella settima cucina (dacché ve ne sono di iconoclastici ultimi modelli quali sale operatorie ove una volta risaltava, oltre l’usuale natura morta di prede vive o decedute causa freddo e sete al polo congelato(re), il già citato mirtillo o il fungo porcino masticati in profumo di liquirizia per la dolce attesa così nutrita… dalla liquirizia (e mai sia detta avarizia), intendiamo, non certo dal frutto innominato colto per l’altrui palato; ma ora l’ex moglie ex cameriera ex cuoca ex e basta! Vestita come la sartoria del primo ultimo grido alla moda (e da medesima Foresta udito) comanda qual nuovo ‘bianco primario’ per quella che possiamo definire ‘sala operatoria’ ove vien sfornato, nel dovuto nuovo tempo digitalizzato ex cottura accompagnata da sguardo perso verso la finestra sempre aggiornata, quantunque negli intervalli di sorseggiata cultura non ancora masticata dal primo Dionisio ultimo Cristo in ex calici ora graal di cristallo di Transilvania ex Boemia, là ove il conte dimorava; nell’identico medesimo ugual sventurato fuoco e fumo consumare fastidiosa selva maneggiata e attaccata alla fornace ex padella reclamare l’ex mirtillo e fungo sopravvissuto dall’amazzone: ex serva ex cameriera compagna diletta amante trans-genica fumare mostrando il sigaro preferito ben vestita senza per altro comprendere e far tesoro del dono ove il frutto e a chi sottratto o dicono coltivato, provenga, nella difficile ‘operazione’ chirurgica derivata o se preferite… Natura innestata..), vicina quanto più aveva istintivamente potuto, alla scorza, all’aria aperta, alla caverna, - vile sguattera e serva, non superiore d’un pollice, ma anzi inferiore, alla squaw sotto la tenda, - e il padrone di casa, dov’era? Era ubriaco in qualche posto, sdraiato su un covone, o nascosto dietro un pagliaio ed io non l’ho visto. Aveva fatto bisboccia. Ma anche fosse stato sobrio come forse potrà essere donai, le cose non sarebbero state molto diverse, perché la rifinitura non è in lui ma solo nella sua casa, - nell’arredamento che lui non ha inventato né disegnato né costruito. 




(4) E lo stesso è nella Quinta Strada e in tutto il mondo civile. C’è confusione nella vita del nostro New England. In salotto ci stanno i porci. Quest’uomo e sua moglie – e quanti come loro! – avrebbero dovuto rintanarsi in qualche buco di una caverna a succhiare le proprie clave, o avrebbero dovuto sostare come zingari ai margini d’una razza superiore. Sono capitati nella scatola sbagliata, sono piovuti in queste case per errore,  così come si dice che piovono i rospi. Portano questi loro vantaggi con indifferenza, e senza apprezzarli veramente, ovvero lo fanno per soddisfare un loro gusto volgare, così come i selvaggi si divertono ad indossare le vesti degli uomini civili per le strade di New Orleans coperto solo da una sgargiante giacca militare che gli aveva dato il suo grande Padre. 

(5) Qualche filantropo si illude che alla fine le case civilizzeranno gli abitanti, ma la gran massa degli uomini proprio come selvaggi, rincorre solo l’esteriorità, le vesti e le raffinatezze di una vita civile, le perline e gli orpelli e i centri da tavola. È da meravigliarsi che si riesca a smuovere alcunché dato che gli uomini son così pronti a mettere il carro avanti ai buoi. 

(6) Facciamo tutto seguendo la moda, proprio come i Capi-piatti schiacciano le teste dei loro bambini. Ci conformiamo in mille modi e con pene infinite alle mode del nostro tempo. Piangiamo i nostri cari secondo la moda, e come ci sono i popoli che usano servirsi di lamentatori di professione, così noi prendiamo in affitto a mese degli scalpellini che incidano e battano per dimostrare il nostro dolore.

(Prosegue)















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