giuliano

martedì 24 dicembre 2013

'GIOCONDA' VERITA': due ambasciatori di passaggio (89)




































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'Gioconda' verità: due ambasciatori di passaggio (88)

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Questo il motivo della scelta del dipinto, una sua lettura è principio di suggestione e riflessione, sia per il ruolo dei personaggi chiamati in causa, ambasciatori e spie di principi che debbono difendere nel ruolo loro conferito, sia i messaggi estetici nascosti nel dipinto, che attribuiscono al ritratto degli illustri un aspetto molto più profondo di quanto si può dedurre dal solo fattore estetico delle forme ritratte, di quanto il dipinto in realtà nasconda nel suo contenuto più profondo, e di cui, gli illustri… ambasciatori, pur in primo piano, sono in realtà una cornice esterna di significati più complessi e non facilmente ricavabili…
La ‘psicologia’ degli illustri ambasciatori è nelle pose e nelle forme subordinate ad un paesaggio culturale molto più complesso di cui loro sembrano essere semplici spettatori, più che artefici…





Ombra e verità:


(Follia) ‘Qual è la differenza, a tuo giudizio, tra coloro che nella platonica caverna possono solo ammirare le ombre e le immagini degli oggetti, purché soddisfatti, e inconsapevoli di ciò che perdono, e il filosofo che è uscito dalla caverna e vede le cose reali?’.




Di tutti i miti di Platone, quello della caverna del VII libro della ‘Repubblica’ è il più noto. In esso il filosofo racconta di uomini che, percependo solo le ombre che le cose proiettano sulle parete di una grotta, le scambiano per la realtà.
Erasmo citava spesso quel mito, e al tempo di Holbein era difficile incontrare un umanista degno di nota che non l’avesse mai menzionato. E’ anche un brano particolarmente adatto agli ‘Ambasciatori’. Il giorno è il Venerdì Santo del 1533. Il teschio proietta la sua ombra secondo un angolo innaturale, almeno rispetto al resto del quadro, ma è l’angolo che rappresenta correttamente l’ora del giorno al quale esso rinvia in molti modi.
Chiunque sia nella posizione giusta per decifrare quel simbolo deformato può guardare in alto secondo lo stesso suggestivo angolo, corrispondente all’altezza del Sole a quell’ora e in quel giorno, e scorgere il volto del crocefisso seminascosto dal tendaggio.




Sofferenza e morte non sono la vera realtà; quella realtà da cui l’uomo si fa invece guidare come dal Sole, secondo l’insegnamento del versetto originale di Matteo 17,2, o di uno degli innumerevoli passi che a esso si ispirano. Per coloro che nel 1533 conoscevano il tema della crocifissione celato negli ‘Ambasciatori’, quello che per la maggior parte degli ammiratori moderni è solo un enigma prospettico era un pensoso invito  a rammentare il momento più tragico del racconto biblico. Ma era anche alcune varie cose, perché la prospettiva del quadro racchiude altre promesse.
Guardando in alto, verso il crocefisso, l’osservatore ha la possibilità di porsi su un piano spirituale diverso da quello dei due diplomatici e degli strumenti mondani del ‘quadrivium’ e la sfera della vita quotidiana diventa per lui meno che pienamente reale. E’ questo il vero messaggio della fondamentale organizzazione prospettica del dipinto; quello a cui tutti gli altri finiscono col rinviare.




Un messaggio di fede e speranza che conferma le tante allusioni alla promessa cristiana di salvezza. Un messaggio ribadito più volte e in molti modi. Ma non stiamo facendo troppo credito a Holbein, e a coloro che lo aiutarono a progettare ‘Gli ambasciatori’? A questo riguardo, è bene ricordare quanto fosse sofisticata la concezione medievale e rinascimentale dello scopo delle arti figurative, della letteratura e dell’esegesi; una concezione che nasceva dagli sforzi dei Padri della Chiesa nel campo del chiarimento e insegnamento della dottrina cristiana.
Nella Scrittura, che della dottrina era il fondamento, essi riconoscevano quattro diversi livelli di senso.  Il primo era il livello letterale, spesso consistente nel racconto puro e semplice di un evento. Si pensava inoltre che un testo avesse un senso allegorico o metaforico – un’ipotesi preziosa soprattutto quando il commentatore cercava, in un passo dell’Antico Testamento, un’allusione a Cristo e alla sua divina missione.




C’era poi il senso morale, cioè quanto si poteva ricavare dal testo circa il modo in cui un cristiano dovrebbe comportarsi. Il quarto senso, quello anagogico (o mistico) riguardava in sostanza il rapporto tra esistenza terrena e vita esterna. Holbein, artista di grande intelligenza e vissuto, pur non essendo un erudito, a stretto contatto con ogni genere di uomini di cultura, poteva avere una certa confidenza con questa quadruplice, e spesso citata, classificazione. Da rilevare, per cui, che l’opera pittorica qui rappresentata, probabilmente riguardò non tanto il Tempo in sé, quanto le eterne verità della fede, verità che, a loro volta, sono lo sfondo spirituale del dipinto, ma non ciò che lo rende unico.
Per comprendere la sua unicità dobbiamo rivolgere lo sguardo a ciò che è in primo piano, dove colori e forme trasmettono insegnamenti cristiani e forse anche altro…
Il luogo del cranio: ‘Giunti a un luogo detto Golgota, che significa il luogo del cranio, gli diedero da bere vino mescolato con fiele… dopo averlo quindi crocifisso…’.


(J. North, Il segreto degli ambasciatori)













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