Precedenti capitoli:
Siam Poeti non politici! (41)
Prosegue con:
L'intervento dell'On. Dante alla Camera, ovvero: dall'Erotico al Drammatico (43)
....Questo stato come lo maneggiate, e dirvene il
parer nostro e farlo valere (reiterati applausi).
So che uomini venerandi, e da me venerati, tengono
altra opinione, e credono che taluni indipendenti non possano entrare in
parlamento senza perdere l’integrità loro, pur non conferendo nulla al
vantaggio della patria. Io non intendo di lasciare la mia fede indipendente su
la porta della Camera dei deputati e neppure al Senato, e dentro la Camera come
al Senato spero di non dimezzarmi (bravissimo, viva Carducci!). Ma se anche
dovessi nella pericolosa prova soccombere, se anche la mia Fede avesse a
respingermi o rinnegarmi nel giorno della vittoria, io saluto ancora, con l’Anima
piena di maggior Fede, il nostro ideale:
— Ave, respublica,
morituri te salutant! (prolungati applausi).
Dissi onde vengo: dirò a che vado!
Non starò a dirvi che in parlamento io non sarò
mai per sanare co’l mio voto a qualsiasi ministero enormezze come quelle di
Villa assommata al Pontida! (bene! applausi).
Voi potreste rispondermi:
— Sciagurato!
‘Chi ti ha dato il diritto di tenere noi e te in
così picciol conto da proclamarci in faccia che tu non sarai un cortigiano di
tirannidi?’. (benissimo)
— E neppure vi farò un’esposizione di tesi
economiche e finanziarie: sono troppo recente di Poesia accompagnato dalla
melanconia che il nuovo progresso aspira; e voi non mi credereste: ma certe
questioni vi prometto di studiarle e criticarle da poeta, prima di dare il mio
voto indipendente a qualsivoglia tiranno
mascherato da democratico. La Tragedia rappresentata è di maggior
portata rispetto il consenso - breve consenso – d’un facile applauso
accompagnata per la futura Commedia ancor non replicata!
Le riforme tributarie; amministrative, politiche,
enunciate nel discorso di Stradella
come di altri del suo movimento… in piloni e strade sconnesse, mi paiono serie
ed oneste, anche se i problemi di codesti ‘sanpietrini’ comporre futuro asfalto
d’un regno più vasto ove la strada quanto la carrozza detengono il monopolio,
ma, un errato principio dal cavallo trainato defecare e inquinare ogni angolo e
via ben edificata e cementata, Stradella
vuol industrioso consenso ma questo un vicolo non certo Strada maestra!
E tanto più con le esplicazioni che un autorevole
capo della sinistra intende - a passo di somaro – criticare premesse ed
epiloghi…
Ma non sono, come lo stesso onorevole Depretis riconosceva,
le colonne d’Ercole: le colonne d’Ercole oramai sono men che un mito, una
metafora. Io voterò le riforme come oppormi a loro se queste un profondo danno, ed anche, se queste stesse possono apportare i veri benefici di cui il Tempo al
pari del vicolo di Stradella ed i
suoi ‘sanpietrini’, miope però, verso più duraturi vicoli strade e confini nei
decenni futuri mai edificati e veicolati giacché onesti Principi e non certo
apparenti virtuali piccioli ‘sanpietrini’ e carrozze poterne decidere sorte economica velocità o sicurezza nella partenza quanto più certa mèta; e se pur
comodamente riparate e adeguate per il facile cammino, giacché le riforme comportano libertà così come il principio della stessa confuso e vilipeso, sia, per il viandante quanto il ricco viaggiatore indistintamente frequentate - perché edificate su un falso ingannevole principio in cui l’intera popolo
quanto l’Italia difetta - e le quali mi rendono eretico montanaro per codesto paese
senza carrozza e riparo.
Senza neppure quella Villa detta assommata al
Pontida giacché signori senatori riuniti qui regna l’inganno e Stradella di tal
enunciato…
Libertà, libertà anzitutto: l’Italia non conosce
in taluni luoghi tal parola anzi si associa ad un’idea e ideale confuso ed
annebbiato trasmutato; libertà in cui ha da svolgersi la vera sua vita,
economica, industriale, comunale, regionale politica, intellettuale assente
dalla continua corruzione a cui costretta; libertà, per cui, tanto combattemmo;
libertà, che tante volte ci fu promessa e non ancora la conseguimmo intera e
sincera: libertà, di cui siamo degni (frenetici applausi).
E tanto più alzo la voce per la libertà quanto
più della libertà si fece in talune anime iniquo strazio (applausi).
Non men di ingannevole partito! Loro possono
partire ed arrivare da Riace fino all’alta sponda della Svizzera senza Anima e
suola aver mai consumato ma in nome del raggiro per il condono preferito…
Io vi prometto che, se sarà il caso, reclamerò
dal governo tra noi eguale trattamento per tutte le persone, per tutte le
opinioni, per tutte le associazioni che si affermano e si dimostrano
onestamente e legalmente (applausi). Riforme dunque, in quanto le riforme ci devono
portare maggior libertà, e nella libertà ha da svolgersi il progresso. Ma il
progresso per me è illimitato e non misurato dal futuro modello motorizzato
dalla carrozza derivato. Giacché la linfa di questo risiede nella duratura
strada percorsa e non certo dalla velocità così come pensato. Ed ognuno venga a
dirmi: si avanzerà fin qui. Che ne sa egli? che ne so io? Nessuno risponderò in
patetico poetico ispirato principio e tono!
Io solamente auguro che il nostro progresso sia
degno delle tradizioni e dei fati d’Italia
passati e futuri! (fragorosi applausi).
L’ITALIA?
Mi hanno accusato di averla chiamata vile!
E forse qualcuno così la crea e pensa!
E non ricordarono (se non fosse troppo innocente ed
ingenuo appellarsi alla memoria degli avversari) e neppure ricordarono, per un
verso solo, le molte pagine di prosa nelle quali vendicai le ingiustizie di Stranieri
accompagnati da veri Eretici riparati al di là dell’Alpe ed anche lì
perseguitati giammai protetti giacché come vi dicevo - onorevoli presenti -
regna falso marcio principio in questa patria o terra che sia!
L’Italia che io salutavo cara e santa patria
(applausi vivissimi) in realtà mai lo fu’!
Quando un governo italiano lasciò operare su’ petti
di cittadini italiani le calunnie sugli esiliati in nome della medesima ed
ugual Libertà negata; quando delle zolle insanguinate delle fosse dei nostri martiri
certi moderati non seppero farne altro che tanti banchi di barattieri
(applausi), allora io chiamai vile la patria: ma non la patria di Dante, di
Mazzini, di Garibaldi; non la patria dei gloriosi, non la patria dei martiri;
si la patria di quei signori (vivi e prolungati applausi).
Oh, non è da cercare nella parte nostra chi
disami la patria.
Noi possiamo giurare che mai diremo:
Perisca o s’avvilisca la patria, purché trionfi
la parte peggiore affossando e calunniando la migliore!
All’Italia, dunque, alla immortale, alla gloriosa
Italia, o elettori, io v’invito di bere: all’Italia!
(applausi prolungatissimi)
(discorso per il Senato della repubblica scritto
con l’On. Carducci)
Nessun commento:
Posta un commento