giuliano

lunedì 13 maggio 2019

LA MOLTITUDINE (13)













































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Aristotele, lo riconosco, nel suo acuto singolare libro sulla fisionomia non ha fatto cenno alcuno alla chiromanzia; pure io credo che gli Egizi, i quali più si avvicinarono allo studio di quelle mistiche e astruse scienze, ne avessero una qualche conoscenza; quella di cui più tardi si vantarono quei finti Egizi vagabondi (o meglio ciarlatani anche se dotati di nuove palle di cristallo con cui coniugare medesima ciarlatana scienza), i quali forse ne conservarono alcuni principi corrotti, che talvolta potrebbero o vorrebbero far corrispondere al vero i loro prognostici.

….Essere riservati, in quanto non studio unicamente in tal modo, per amor di me stesso, ma per amore di coloro che non studiano per proprio conto.

Non invidio alcun uomo che sia più dotto di me, ma commisero quanti lo siano di meno.




Non istruisco per  tenere in esercizio il mio sapere, o per alimentarlo magari e tenermelo vivo nella mente, anziché allo scopo di produrlo e diffonderlo nella sua; in mezzo a tutti i miei sforzi, uno solo è il pensiero che mi avvilisce: che la capacità da me acquisite debbano perire insieme a me, e che io non posso farne un lascito da dividersi fra i miei amici onorati.

Non posso litigare con un uomo o disprezzarlo a causa di un errore, né concepisco come una divergenza di opinioni debba dividere il nostro affetto: poiché le controversie, le dispute e le discussioni, in Filosofia come pure in Teologia, se si imbattono in temperamenti prudenti e pacifici non vengono meno alle leggi della Carità.

In tutte le dispute, l’effetto raggiunto si manifesta negativo in proporzione alla passione che in esse si mette, poiché in tal caso la Ragione, come un cattivo segugio, si esaurisce e seguendo una falsa traccia abbandona il problema iniziale. E questa è una delle ragioni per cui le controversie non sono mai portate ad una conclusione; poiché, pur essendo ampiamente enunciate, esse vengono a malapena trattate, tanto si gonfiano di disgressioni inutili; e la parentesi aperta a proposito di un dettaglio è spesso non meno estesa della dissertazione vera e propria sul soggetto.




Le basi della Religione sono già stabilite, e i principi in essa della salvazione sottoscritti da tutti; non restano molte controversie per cui valga la pena di eccitarsi, benché nessuna sia mai stata svolta diversamente, e non solo in Teologia, ma non meno che nelle arti inferiori o superiori.

È triste vedere i grammatici menare colpi a destra e a manca per il caso genitivo in Jupiter?

Quanti sinodi non sono stati convocati, per sciogliersi poi irosamente a causa di un verso in Propria quae Maribus?

E come non si rompono la testa di salvare quella di Prisciano?

Si foret in terris, rideret Democritus.

Sì, anche fra i militanti più saggi, quante ferite non sono state inflitte, quante reputazioni macchiate per la meschina vittoria di un’opinione o la misera conquista di una distinzione?




Gli studiosi sono gente pacifica, non portano armi, ma le loro lingue sono più taglienti del rasoio di Azio, le loro penne hanno una maggiore portata, e rintronano più forte del tuono; meglio quindi essere esposti alla scossa provocata da un basilisco che alla furia di una penna spietata.

Non è per semplice zelo per la cultura, o devozione per le Muse, che i principi più saggi proteggono le arti e considerano con spirito indulgente gli studiosi; ma perché desiderano che questi eternino il loro nome inserendolo nei loro scritti, e per tema della penna vendicatrice delle successive età: poiché sono questi gli uomini che, allorché essi avranno rappresentato la loro parte e saranno giunti al loro exit, dovranno farsi avanti a pronunziare la morale delle loro scene, e a tramandare ai posteri un inventario dei loro vizi divenuti le loro virtù.

E indubbiamente ci vuole una buona dose di coscienza per compilare una Storia: non vi è censura per lo scandalo di una Storia; questa è un tipo di falsità talmente autentico che diffama autorevolmente il nostro buon nome presso tutte le nazioni e presso i posteri…

(T. Browne)



















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