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Brutte
notizie per l’economia italiana: nelle prospettive delineate oggi dall’Istat
«nel 2019 il prodotto interno lordo (Pil) è previsto crescere dello 0,3% in
termini reali, in deciso rallentamento rispetto all’anno precedente. I consumi
delle famiglie, seppure in marginale rallentamento rispetto all’anno
precedente, costituiranno la principale componente a sostegno della crescita
mentre la spesa per gli investimenti segnerà una decisa decelerazione».
Neanche
il reddito di cittadinanza sarà di grande aiuto sotto questo profilo, in quanto
l’Istat prevede che questa misura sosterrà i consumi delle famiglie solo «in
misura limitata»; in compenso «l’attuale fase di incertezza porterebbe le
famiglie ad assumere comportamenti precauzionali, determinando un aumento della
propensione al risparmio».
La
debolezza dell’economia nazionale, dei consumi e degli investimenti non potrà
dunque che riflettersi anche sul mercato del lavoro: «Nel 2019 – osserva
l’Istat – si prevede che l’occupazione rimanga sui livelli dell’anno precedente
(+0,1%) mentre si registrerebbe un lieve aumento del tasso di disoccupazione
(10,8%)».
Se questo
è il quadro fornito dall’Istat a un anno dall’insediamento del “Governo del
cambiamento” è importante osservare che incrociando le criticità economiche con
quelle ambientali la situazione non migliora.
Intervenendo
al lancio del Festival dello sviluppo sostenibile organizzato dall’ASviS, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco
ha posto l’accento sul fatto che in «Europa gli effetti attesi dei cambiamenti
climatici interessano soprattutto i paesi collocati nella fascia meridionale
come l’Italia», e che «questi mutamenti pongono nuovi rischi per l’economia
reale e per la stabilità del settore finanziario». Non si tratta in questo caso
di previsioni, ma di dati di fatto: «In Italia lo scorso anno è stato quello
più caldo da due secoli, ma già il 2017 si era caratterizzato per un forte
inasprimento delle condizioni climatiche, con significativi fenomeni di siccità
su gran parte del territorio nazionale e gravi ripercussioni sulle risorse
idriche»; ad esempio, secondo «tutti i principali scenari climatologici,
l’Italia sarà la nazione europea più esposta ai danni legati all’esondazione
dei fiumi».
Tutto
questo significa che l’avanzata dei cambiamenti climatici espone l’economia
italiana a molteplici rischi. Visco osserva che si tratta di fenomeni in grado
di «causare gravissimi costi in termini di vite umane e di distruzione di
infrastrutture pubbliche e private», fino a «influire in modo permanente sulle
capacità produttive del Paese». Inoltre «gli effetti dei cambiamenti climatici
sull’economia reale possono propagarsi al settore finanziario», in molti modi:
ad esempio restrizioni al credito nei confronti dei soggetti localizzati nelle
aree più a rischio (già oggi il 20% dei prestiti al settore produttivo viene
erogato a residenti di aree ad elevato rischio alluvionale), o rischi di
transizione dati dalla «possibilità che il necessario passaggio verso
un’economia a bassa emissione di carbonio (low carbon) avvenga in modo
disordinato». Complessivamente, «qualora la scala di questi effetti divenisse
rilevante, potrebbe risentirne la stessa stabilità del sistema finanziario».
Per
evitare scenari apocalittici è dunque indispensabile mettere da subito in campo
adeguate politiche di sviluppo sostenibile. E se «una crescita economica
stabile, equa e inclusiva, che non comprometta gli equilibri ambientali non può
essere solo responsabilità del settore pubblico», a quest’ultimo spetta
comunque il compito «di creare una cornice regolamentare stabile e moderna, di
definire e attuare interventi efficaci – di natura economica, ambientale,
energetica e sociale – mirati anche a fornire incentivi appropriati per
stimolare nuovi investimenti».
Una
necessità che è stata sottolineata oggi anche dal Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria,
nel corso dell’assemblea annuale della confederazione: «Accettiamo la sfida
della sostenibilità, investendo ancora di più sull’economia circolare e
sull’efficienza energetica, mobilitando risorse pubbliche e private e puntando
su una tassazione premiale a sostegno di questi investimenti. Per realizzare
una crescita soddisfacente, servono politiche economiche decise, coerenti e
lungimiranti. E, soprattutto, serve continuità di azione e il rispetto di un
fattore troppe volte ignorato e invece cruciale: il tempo di realizzazione
delle cose che decidiamo di fare».
(Luca
Aterini; Green Report)
E per concludere in ciò in cui non detto:
investiamo su detta crescita saggiamente giacché ancora ne abbiamo le
possibilità manifeste.
Un domani potrebbe essere tardi!
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