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L'intervista (5/1)
Prosegue nel...
Nome del doblone (7)
CLRJ: È
raccolto, in particolare in quelle due opere, Michelangelo, e l’intero mondo
può essere visto nei due dipinti: e così in Guernica e nelle statue di Olimpia,
poiché oltre all’Apollo all’inizio, ce n’è un’altra, l’altro frontone dove c’è
il re con sua moglie e il giovane uomo che desidera sua figlia, e alla fine ci
sono alcune persone, gente comune che sta in basso, e così via. In altre
parole, l’intera immagine è lì. E dopo passi a Guernica dove hai un assoluto e
incredibile capolavoro. Picasso ti rappresenta prima di tutto una donna che
viene bruciata. Questa è il solito tipo di cosa che i pittori dipingeranno. Ma
poi le cose si complicano: c’è un po’ di luce. Le persone non se ne accorgono:
è ciò che ha fatto sì che il mondo moderno sia com’è. Un qualche potere elettrico
di un qualche tipo. E da questo lato c’è una figura con cui Picasso ha giocato
per anni, il toro. Ha piazzato sotto il toro la donna con il bambino. E il toro
è lì, ha una grande potenza. Ha istinti sessuali molto forti – è chiaro. È
preoccupato, e la donna che è lì glielo sta dicendo, sei l’unico che mi può
salvare. Lui non lo sa. Ma Picasso ha detto che l’intero mondo è finito. L’unica
cosa che può venire da esso è la potenza sessuale del toro, la sua forza fisica
e la donna col bambino. Così questo quadro va in tale direzione. E sono sicuro
che se tu guardi le statue di Olimpia, e poi guardi i due affreschi di
Michelangelo e poi guardi Guernica, ottieni l’immagine degli eventi storici del
tempo. Ma devi conoscere la storia. Non ho dubbi – permettimi una parola.
SH:
Permettimi una parola…
CLRJ: Sì
certo…
SH: Non
ho dubbi che le persone per cui quelle statue e quelle opere sono state create
le capiscano. Non ho dubbi su questo. Sono sicuro che posso portare Guernica a
Trinidad domani e non ci sarebbero fraintendimenti. Sono i tuoi critici
artistici che, confrontandolo con Corot e confrontandolo con Michelangelo e
Goya, fanno confusione. Ma se tu comprendi che l’immagine è creata per le
persone comuni, com’è lo stesso artista; altrimenti egli non potrebbe vedere le
cose in modo così chiaro, come tu puoi vederle.
SH:
Voglio dire, quello che stai facendo non è affatto accettare una distinzione
tra un momento storico importante di cambiamento o di lotta e il modo in cui
questo viene rappresentato attraverso l’opera di un singolo artista. Stai
dissolvendo queste categorie. Le stai vedendo come in un continuum; intendo la
pratica storica.
CLRJ: Non
direi che è un continuum. Ma dico...
SH: Qual
è la differenza? In che cosa sta?
CLRJ: Il
punto è che il grande artista con una nuova visione e con una presentazione
così forte sorge solo quando la società l’ha già acquisita o l’ha già superata.
Questo produce l’artista. Non abbiamo in Gran Bretagna un Solzenicyn? È perché
in Gran Bretagna non c’è niente in questo momento che possa darci un uomo di
quel tipo. Non abbiamo un grande scrittore in Gran Bretagna da D.H. Lawrence.
Per tutto il ventesimo secolo non ne abbiamo avuto alcuno poiché le cose –
ebbene, le cose politiche, il Partito Laburista e...
SH:
Quindi tu vedi davvero l’artista in senso marxista, come un individuo
storico...
CLRJ: Un
artista è un individuo storico, ma hai sostanzialmente ragione, è un individuo storico.
La storia è in lui. Ma è una rappresentazione individuale.
SH: Sì,
ma questo vale allora per quello che hai scritto di Melville.
CLRJ: Sì.
SH: Vale
per quello che hai scritto di Shakespeare.
CLRJ: Sì.
SH: Vale
per quello che dici di Michelangelo.
CLRJ:
Sono tutti individui.
SH: E
Picasso.
CLRJ: Sì.
SH: Ma è
anche come parli di Sobers.
CLRJ: Di
Sobers, sì, ma...
SH: O di
Warrell o di Walcott.
CLRJ: Ma
rispetto a quando essi emersero e rispetto a come essi giocavano, sai da chi
l’ho imparato? L’ho imparato da Learie Constantine, che mi diceva nel 1928, mi
ricordo questa frase, ‘loro non sono migliori di noi’. Constantine me lo
raccontava, diceva, noi siamo bravi tanto quanto loro; il che è dire, in quanto
singoli giocatori, ma in un qualche modo noi non siamo capaci di..
SH: Solo
qualcosa di più a proposito di Moby Dick, va bene? Perché si tratta di un
romanzo la cui grandezza è riconosciuta da tutti i critici americani. Per
quanto non so se loro avrebbero potuto scorgervi il significato che tu vi hai
visto elaborato nei termini di come il romanzo è strutturato. Intendo Achab e
la Balena, e Ismaele come l’intellettuale, tu dici, attratto dall’uomo
d’azione. Perché concepisci tutto questo come una sorta di microcosmo
dell’America?
CLRJ:
Perché è nel libro. Mi spiace, sono molto militante e, in effetti, posso essere
molto aggressivo rispetto a questo. Le cose che affermo su Moby Dick non sono i sentimenti che provo, un uomo è
legittimato a scrivere a proposito dei suoi sentimenti in riferimento al gioco
del cricket. Neville Cardus scrisse molto a proposito delle sue personali
risposte al gioco. E con risultati molto brillanti. Nondimeno, insisto a
scrivere sul cricket, guardo quel che fanno. E se ho una sensazione rispetto a
ciò, essa è strettamente condizionata da ciò che sta avvenendo. E nella mia
analisi di Moby Dick, dico, per esempio,
quando la Balena è vicina alla fine, prima che Achab si metta in caccia, gli
uomini a bordo del vascello che la sta inseguendo all’improvviso gridano
insieme e io considero quelle due o tre pagine tra le più pregevoli del libro.
Il che significa per me che Melville, nel momento in cui gli uomini vedono [la
balena] e prendono parte [alla caccia], non stanno semplicemente seguendo
Achab, che questo lo ispira a scrivere meglio e in modo maggiormente impetuoso
di quanto non faccia in altri momenti. Questo è quello su cui mi fermo. Mi
fermo su questo. E dico, se tu vuoi essere contro di me, non devi essere contro
di me ma mi devi criticare, devi dirmi che quel passo non ha quel significato
che io gli do. Ma dico, è lì. Questo è quello su cui mi soffermo. È il vigore e
la violenza, la forza del passo che mi fa sentire che Melville sta dicendo,
be’, lì sta quello che conta. Achab non conta perché Achab viene ucciso. Queste
persone affonderanno, ma prima che affondino, Melville li innalzerà dall’essere
membri comuni dell’equipaggio e li renderà protagonisti di uno dei passaggi più
illustri del libro.
SH: Tu
hai scritto molto, a più riprese, e hai prestato particolare attenzione agli
scrittori delle Indie Occidentali.
CLRJ: Sì.
SH: I
romanzieri delle Indie Occidentali e la situazione dell’artista nei Caraibi.
Non c’è alcun Melville là, ma, voglio dire, ci sono persone, ci sono opere là,
che tu credi stiano iniziando a mettersi in relazione, come quella di Melville,
con l’intera situazione storica?
CLRJ:
Credo che gli scrittori delle Indie Occidentali abbiano iniziato veramente a
scrivere dopo le rivolte del 1937-38. Ho discusso di questo con George Lamming.
Quella fu l’atmosfera in cui crebbero. E tu hai Lamming, V.S. Naipaul e Wilson
Harris e non credo vi sia alcun paese oggi in cui le persone scrivono in
inglese che possa produrre tre scrittori che si possa dire siano più
significativi di questi. E Lamming è molto importante, perché Lamming si stancò
di scrivere in Inghilterra sui Caraibi per un pubblico inglese e per dieci anni
non produsse nulla. È un periodo enorme per un uomo ai suoi primordi. E alla
fine andò a scrivere Natives of My Person
che analizza non tanto gli schiavi
quanto gli schiavisti. In altre parole, egli ha spostato l’ottica e i critici
non sanno come prendere questa cosa. Si aspettano da Lamming un buon libro sui
neri.
SH:
Schiavi, sì.
CLRJ: Ma
Lamming non lo fece. E questo è il risultato del vivere all’estero. E il libro
successivo che Lamming scriverà, credo, sarà sulla popolazione delle Indie Occidentali
nelle Indie Occidentali, scritto per colui che vive nelle Indie Occidentali –
gli ho parlato. Sai, è un uomo straordinario, e Wilson Harris è ancora più
straordinario. Wilson Harris ha capito che c’è qualcosa di americano che è
differente dalla vita stanziale e organizzata che le persone hanno vissuto in
Europa e che persino gli asiatici hanno vissuto. Che in America c’è qualcosa
nel clima, c’è qualcosa nella struttura che si imprime e deriva le proprie
caratteristiche dagli amerindi e dalle persone che vi andarono e dalle persone
che vivono là oggi. La metà di esso, egli dice in modo abbastanza esplicito,
sta nel prendere pezzi di storia e utilizzare l’immaginazione storica. Ma egli
non ha paura di farlo ed è uno scrittore sconvolgente. Oltre a questo, è
veramente una persona deliziosa.
(C.L.R. James, Marinai, rinnegati e reietti)
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