giuliano

giovedì 23 settembre 2021

ALLA FARMACIA DELL'ELEFANTE (39)

 










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Un giorno d’autunno del 1702, la sala della farmacia “All’elefante” era piena di politici, chiasso, fumo di tabacco e aroma di caffè.

 

– Vogliate scusarmi – gridò al farmacista Zorn un grasso borghese dalle guance paffute, commerciante di stoffe e degno membro della comunità, dandogli una pacca sulle spalle – scusatemi, ma qui non abbiamo né voce né voto! Quanto incide sul vostro bilancio il fardello di tasse che grava su di noi, poveri cittadini e commercianti?

 

– E perché non dovrebbe incidere? – rispose il signor Zorn – O forse credete che le mie miscele e pillole vengan su dal nulla e si producano sul palmo della mano?




 Il gruppo di cittadini all’intorno scoppiò a ridere, ma il commerciante di stoffe non si intimorì. Scrutò con occhiate di sufficienza quelli che lo attorniavano e disse al farmacista:

 

– Sì, sì, le vostre miscele, caro amico, questo lo sappiamo tutti, costano una fortuna. Chi meglio di noi può dirlo che ci tocca pagarle? Quindi, a conti fatti, di queste entrate, per cospicue che siano, gran parte se ne vanno al fisco. Ma non è di questo che volevo parlare.

 

E mentre il saggio consigliere comunale si voltava con comica importanza in direzione dei presenti che lo attorniavano in cerchio, proseguì alzando il dito.

 

– Mi riferisco al fatto che il nostro erudito signore tiene nella farmacia un “puzzolente Heinz”, quel forno chimico scoppiettante di fuoco sotto un enorme mantice, da basso nel laboratorio! Da esso zampillano, come se fosse la sorgente di Mosè, fiotti d’oro e d’argento! E qui sopra lui invece sospira con noi poveri cittadini per il pesante onore che ci ha concesso la volontà reale, a noi, di pagare le imposte!




 – Non state a credergli – si difese il farmacista sorridendo amaramente e in visibile imbarazzo – la storia del “puzzolente Heinz” è tutta una balla! L’ho detto spesso e qui lo ripeto: la storia dell’alchimia è una truffa, un imbroglio, e nessuno dovrebbe sperperare inutilmente i suoi beni sopra voraci crogioli.

 

Ci fu un movimento nel gruppo dei cittadini che ascoltavano. Con riguardosa cortesia fecero largo a un uomo proveniente dall’ingresso del negozio che si stava dirigendo dritto verso il farmacista. Con voce bassa, abituata a dare ordini, disse al signor Zorn:

 

– In ciò, menti, maestro!

 

Gli sguardi intensi dei clienti si diressero verso un uomo il cui aspetto avrebbe richiamato l’attenzione anche nella Berlino di oggi, in cui gli stranieri che provengono da tutte le parti del mondo non fanno che aumentare di numero. Questo straniero era di media altezza, però la sua andatura impettita e orgogliosa gli conferiva una maggiore prestanza. La testa, dai capelli neri e folti, era priva di cipria e di treccia. Sotto una fronte chiara brillavano due occhi scuri di tipo mediterraneo. Il naso pronunciato, le labbra fini, il corpo ben formato con mani delicate e gambe snelle, tutto confermava l’impressione che doveva trattarsi di persona di nobili origini.




 Le parole schiette e sorprendenti con cui aveva appellato improvvisamente il farmacista, non erano state dette con tono offensivo o perlomeno, per strano che possa sembrare, non furono prese come tali da chi le aveva ascoltate. Furono però dette con solennità e fecero effetto sul gruppo di cittadini. Il signor Zorn, da parte sua, mascherò il suo disappunto con un rispettoso inchino. Nel frattempo lo straniero aveva abbozzato un gesto con la mano sia verso il farmacista che verso i presenti, quasi che volesse andare verso di loro, e proseguì parlando con tono meno compiacente:

 

– Non denigrate, caro maestro, la forza misteriosa per la cui indagine manca solo la chiave. La Chiesa, signori miei, è onnipresente ed eterna, come il mondo. Solo che non a ogni occhio né a ogni mano si apre la porta santa. Dipende dai vostri sforzi, signor farmacista, se non si debba aprire mai nonostante le sollecitazioni. Se i signori qui presenti, per quanti siano, vorranno essere qui anche domani, a questa stessa ora, potranno assistere a qualcosa di straordinario.




Lo straniero, dopo queste parole, per le quali non riteneva di dover dare alcuna spiegazione, passò a fianco al signor Zorn e si diresse alla porta che si trovava di fronte all’ingresso, dietro cui c’era il laboratorio della farmacia. Zorn si affrettò ad aprirla con un gesto di affettata esagerazione. Lo sconosciuto l’attraversò senza voltarsi e scomparve nei penetrali della farmacia. Gli occhi dei clienti seguirono perplessi e non senza un certo timore quella strana apparizione.

 

Friedrich, il commesso, si affrettò a seguire il nobile ospite; attraverso la porta trasparente di vetro, poterono vedere come costui si affannasse per venire incontro ai desiderata di quel nobile sconosciuto e assecondarlo con la massima celerità.




Fuori, in sala, il commerciante di stoffe riprese a dire:

 

– Eh, che strano personaggio! Dall’aspetto e dall’accento sembra uno straniero. È un nobile polacco?

 

– Non lo so – rispose il farmacista con sconcerto appena trattenuto –. Non è polacco, viene dalla Grecia, per quel che ho potuto sapere. Sembra che abbia viaggiato molto. Quando lo conobbi, molti anni fa, portava il saio da monaco. Pare che ami le trasformazioni.

 

Un cittadino commentò sghignazzando:

 

– Come un frate alchimista!




E un terzo, che aveva estratto il suo orologio d’argento dal taschino del pantalone, commentò:

 

– Manca poco alle sei in punto; domani, a questa stessa ora, conosceremo il segreto.

 

Mentre si dicevano queste cose, l’attenzione di tutti era sempre concentrata su ciò che succedeva dietro il vetro della porta. Si poteva intravedere qualcosa di ciò che avveniva, ma chiaramente solo l’andirivieni del commesso Friedrich: lo straniero era seduto in un angolo della stanza e solo le sue mani sembrava che dessero ordini. Dopo un po’ il greco uscì dal laboratorio, andò dal signor Zorn e gli disse in tono apparentemente casuale ma che non sembrava ammettere alcuna replica:

 

– Vi prego, maestro caro, di farmi trovare per domattina presto un crogiolo con la necessaria quantità di metallo. Lascio scegliere a voi. Domani tornerò alla stessa ora per presentare a voi e a lor signori la veridicità del procedimento ermetico, anche solo per avere soddisfazione delle battute e dei rimproveri che ho sentito.




Chiunque sia capace di percepire lo spirito di quei tempi, avrà capito che il giorno dopo il negozio del farmacista sarebbe stato talmente zeppo di clienti che non vi sarebbe passato un chiodo e lo stesso maestro Zorn e il suo assistente avrebbero avuto le mani occupate a soddisfare le richieste di caffè e liquori di quella chiassosa e confusa massa di cittadini.

 

L’unico che non si fece vedere in farmacia quando suonarono le sei, al contrario di quel che si sperava, fu proprio lo straniero. Ogni minuto che passava la gente si faceva sempre più impaziente, poiché a casa le mogli avevano preparato la cena. Pareva che l’arrogante sconosciuto del giorno prima non avrebbe mantenuto la promessa e già i degni cittadini fremevano per l’irritante disappunto che suole colpire gli animi dei curiosi quando la loro esigenza non viene soddisfatta. Tanto più si stizzirono, di conseguenza, quando capirono che non avrebbero potuto raccontare alle mogli alcunché di tutto quel che avevano discusso durante il giorno sul misterioso millantatore.

 

Alle sette un sorridente Friedrich si accostò al maestro e gli sussurrò all’orecchio della crescente insoddisfazione che serpeggiava tra gli ospiti. Il signor Zorn scosse la testa, allora l’assistente gli parlò con maggior chiarezza, quasi volesse convincerlo a fare una dichiarazione.




Alla fine il farmacista proruppe con un sospiro di malumore:

 

– Va bene, in nome di Dio, farò come consigli. Però lascia che ti dica una cosa, non dare la colpa a me quando ti accorgerai della maledizione che sembra sovrastare su tutti quelli che hanno qualcosa a che spartire con le arti ermetiche.

 

Rivolgendosi agli ospiti sorpresi, continuò:

 

– Fatevi da un lato, se potete. Lo aspettiamo già da un po’ quel greco, che, se ben lo conosco, a quest’ora sarà alquanto lontano da Berlino. È questo il tipico comportamento degli adepti itineranti. Gente strana che si dà arie di mistero. A mezzogiorno un corriere mi ha consegnato questo pacchetto sigillato. Il greco, che si chiama Laskaris, vuole che io abbia ciò che ha promesso grazie al suo contenuto, il che prescinde dal fatto che sia presente o meno. Così lo consegno al mio assistente insieme alla virtù della polvere che sento contenuta in questa piccola borsa.

 

Mentre parlava il signor Zorn ruppe il sigillo ed estrasse dai vari involti una piccola busta, una di quelle in uso tra i farmacisti, che lacerò da un lato, mostrando ai presenti che lo attorniavano, dentro a una carta, una piccola dose di una sostanza grigia e granulosa.




Si fece subito un silenzio profondo e solenne. Friedrich aprì la porta del laboratorio e silenziosamente in fila indiana gli spettabili cittadini entrarono nella camera di lavoro della farmacia. Sopra una specie di braciere si poteva vedere già il crogiolo col mercurio caldo. Il giovane assistente si mosse con grande abilità e fece tutto il necessario acciocché il mercurio bollisse.

 

– Un po’ di questa sostanza avvolta da un rivestimento di cera – spiegò il farmacista Zorn – basterà, a quanto mi ha detto Laskaris, per trasformare questo metallo in oro puro.

 

Mentre parlava, e mentre Friedrich metteva in atto le sue parole, gli sguardi dei presenti si erano fissati sulla massa traslucida, che si liquefece producendo un lieve sibilo. All’occhio dei presenti il processo verificatosi in quel mentre risultò del tutto incomprensibile, nonostante possedessero già dei rudimenti di chimica.




Allo stesso tempo successe ciò che molte cronache e testimonianze avevano già confermato nel passato: il mercurio assunse una colorazione rossa e scura. Il metallo cominciò a borbottare. Una successione di colori, dal viola all’azzurro, da quest’ultimo al verde e poi al giallo avvolse il crogiolo e il suo contenuto. Poco dopo si vide come la massa incandescente passasse dal color rosso a un giallo brillante. Quando Friedrich versò il contenuto del crogiolo nell’abituale mortaio della farmacia, il metallo risultò di color giallo oro e quando poi lo immerse nell’acqua facendogli emettere un sibilo, lo testò con la pietra di paragone, con l’acido cloridrico, l’acido solforico e l’acqua regia. Tutte le prove dimostrarono che il metallo ottenuto non era altro, e non poteva essere altro, che oro della migliore qualità.

 

Non appena tutti si furono capacitati della verità e della correttezza del procedimento, la masnada di obesi cittadini, soddisfatti di quel che avevano visto, si precipitò di colpo, come massa compatta, fuori del negozio disperdendosi in ogni direzione. Ognuno voleva essere il primo a riportare a casa la notizia dell’incredibile esperimento, cosicché la novità della stupefacente trasmutazione aurea nella farmacia “All’elefante” si propagò istantaneamente per tutte le strade e i vicoli di Berlino.

 

Poco più tardi, quando la notizia si era diffusa in tutti i sobborghi della prospera città, arrivò anche nelle stanze del palazzo del re.




Il farmacista era intanto rimasto solo con l’aiutante. Con le braccia appoggiate alla poltrona, il signor Zorn stava seduto con i suoi pensieri e di tanto in tanto gettava uno sguardo al metallo luccicante, mentre gli occhi del giovane brillavano tutti d’inesprimibile contentezza.

 

– Stupido di un Johann Friedrich, caro e inesperto collega! – disse alla fine il farmacista, allontanando con forza i pensieri poco piacevoli che un momento prima sembravano precipitarsi su di lui – Credi davvero che alla fine la spunteremo con questa vittoria della scienza segreta?

 

Credi che la mia vanità sia sufficiente a ricevere una qualche soddisfazione per il chiasso che stanno facendo là fuori i nostri degni vicini?

 

La cosa non mi piace per niente. Credo che non ci porterà nulla di buono. Forse che non ho fatto questa stessa cosa già da molti anni, non ho sperperato buona parte del mio patrimonio per realizzare ciò che abbiamo sotto gli occhi, secondo la legge rigorosa della natura e delle regole dell’arte?




Hai visto un qualche risultato, per insignificante che esso sia? Caro e giovane amico, ti ho ripetuto spesso che sulla mia tomba si dovrà leggere la stessa cosa che si può leggere sull’epitaffio del signor von der Salzburg, di Norimberga, or sono più di quattrocento anni: “Dedicò molto tempo all’alchimia e molto dilapidò!”. Oggi io proseguo affermando: quello che hai visto non è autentico. Non è altro che una pia illusione. I metalli non si trasformano. È solo uno spirito maligno che si mescola a essi e assume le false apparenze ai nostri occhi.

 

L’alchimia è un’arte che non va d’accordo con la conoscenza!

 

L’aiutante guardò il maestro con occhi increduli. Era tanto felice e orgoglioso per aver avuto l’onore di assistere e partecipare all’Opus. Con un fondo di delusione e un leggero tono arrogante che celava un certo disprezzo, si rivolse torvo al padrone e rispose:

 

– Quello che hanno visto i miei occhi e che hanno confermato la pietra di paragone e gli acidi, è più autentico di tutta la scienza aritmetica e di qualunque conoscenza indimostrabile. Venerato maestro, la verità ce l’abbiamo davanti!

 

Come posso condannare con invidioso egoismo quello che non siamo capaci di fare?

 

(Gustav Meyrink)








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