giuliano

venerdì 10 settembre 2021

L'ESECUZIONE DER CATENA (27)

 










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Il papa, cortese in volto, incuorò il signor d’Estissac allo studio e alla virtù, e il signor de Montaigne a volersi mantenere nella devozione che sempre aveva dimostrata per la Chiesa e per il servizio del re cristianissimo, assicurando che, ove potesse, li avrebbe serviti volentieri: si tratta di modi di dire italiani. Non gli risposero parola; e, avendo ricevuta un’altra benedizione prima di levarsi, che è il segno del congedo, rifecero lo stesso percorso. Ognuno si regola come gli pare, tuttavia il modo più consueto, in questo caso, si è di tornare indietro rinculando o almeno di ritirarsi di fianco, in modo d’aver sempre lo sguardo al papa. A metà del percorso, come nell’andata, si riposero in ginocchio e ricevettero un’altra benedizione, e alla soglia, ancora su un ginocchio, vi fu l’ultima benedizione.

 

Il papa parla un italiano misto all’originario dialetto bolognese, che è il peggiore d’Italia, e poi – per natura – ha la parola poco facile. Al presente è un bellissimo vecchio, di media statura ed eretto, il viso pieno di maestà, una lunga barba bianca, d’età di oltre ottant’anni, ma tuttavia sanissimo e vigoroso quanto si può desiderare, senza gotta, senza disturbi intestinali, senza mal di stomaco e senza nessuna infermità: dolce di natura, poco curante delle cose di questo mondo, gran costruttore, per cui lascerà di sé in Roma e altrove un ricordo eccezionalmente onorato; gran benefattore, oltre ogni dire.




 Fra le altre prove di ciò basti dire che non si dà il caso di una sola ragazza da marito cui non presti aiuto per collocarla, se è di povera condizione, e la sua liberalità si manifesta in danaro contante. Inoltre ha fatto costruire collegi per greci, per inglesi, scozzesi e francesi, per tedeschi e polacchi, dotandoli di oltre diecimila scudi ciascuno di rendita perpetua, senza contare la spesa enorme per le costruzioni. Ha fatto questo per richiamare alla Chiesa i figli di quelle nazioni, corrotte da empie credenze a essa contrarie; e là i giovani vengono alloggiati, nutriti, vestiti, educati e soccorsi di tutto senza che abbiano a spendere di loro un quattrino in nulla. Riversa volentieri sulle spalle altrui le cariche pubbliche gravose, rifuggendo da ogni preoccupazione; e concede quante udienze si voglia.

 

Le sue risposte sono brevi e risolute, e si perderebbe tempo a ribattere con nuovi argomenti, ché si giudica infallibile in quel che gli sembra giusto, e perfino col figlio, che pure ama ardentemente non si diparte da tale senso di giustizia. Favorisce i parenti, ma senza alcun discapito pei diritti della Chiesa, ch’egli rispetta scrupolosamente; è munifico in opere pubbliche e nel rifare le strade di questa città; e, pervero, si attiene a un modo di vita e a costumi che nor presentano nulla di straordinario, sia in un senso sia nell’altro, tuttavia più inclini al bene.




L’ultimo di dicembre loro due pranzarono dal signor cardinale de Sans, che osserva il cerimoniale romano più di ogni altro francese. In casa sua vennero recitati benedicite e Deo gratias a non finire da due cappellani che si rispondevano l’un l’altro come durante l’officio in chiesa; e nel corso del pranzo si leggeva una parafrasi in italiano del Vangelo di quel giorno.

 

Prima e dopo il pranzo si lavarono le mani con lui: fu presentata a ciascuno una salvietta per asciugarsi; e, dinanzi a coloro ai quali si intendeva di riserbare un onore speciale e che occupavano il posto di fronte o a lato del padron di casa, vennero posti gran vassoi quadrati d’argento, simili a quelli che si porgono ai grandi in Francia. Sopra si trovava un tovagliuolo piegato in quattro, e – sopra ancora – il pane, il coltello, la forchetta e il cucchiaio; il tutto era ricoperto da un altro tovagliuolo, di cui ci si serve lasciando il primo al posto dov’è; e, appena sedete a tavola, vi si pone – accanto a questo vassoio – un piatto d’argento o di ceramica del quale fate uso.




 Di quanto viene servito a tavola, il trinciatore porge una parte a tutti coloro che siedono dal suo lato, di modo che essi non sono costretti a metter mano nel vassoio, così come non la si pone in quello per il padrone. Mentre mangiava, al signor de Montaigne fu servito da bere nello stesso modo che si tiene di solito dal signor ambasciatore, cioè così: gli venne presentato un bacile d’argento su cui stava un bicchiere con qualche po’ divino e una bottiglietta grande come quelle per l’inchiostro, colma d’acqua; prese il bicchiere con la destra e la bottiglietta con la sinistra, e si versò acqua a volontà nel bicchiere, per poi ricollocare essa bottiglia sul bacile; quando ebbe bevuto, il servitore gli pose il bacile sotto il mento, ed egli ve lo depose. Un tale trattamento si riserva soltanto a una o due persone inferiori al padron di casa.

 

Dopo i Deo gratias la mensa venne tolta, e subito – lungo un lato della sala – si disposero alcune sedie dove il signor cardinale li fece accomodare dopo di lui. Sopraggiunsero frattanto due ecclesiastici ben vestiti, con certi strumenti in mano, che gli s’inginocchiarono dinanzi per porlo al corrente di non so che funzione in corso in qualche chiesa; non rispose affatto; ma, appena si alzarono dopo aver parlato e stavano per andarsene, accennò a scoprirsi al loro indirizzo.




Poco dopo li accompagnò con la propria vettura alla sala del concistoro, dove i cardinali si riunirono per andare a pararsi. Sopraggiunse anche il papa, che si rivestì per andarvi a sua volta: i cardinali non s’inginocchiarono, come fa il popolo, per riceverne la benedizione, ma l’accolsero con un profondo inchino del capo.

 

Il terzo giorno di gennaio del 1581 il papa ci passò davanti alle finestre: lo precedevano a cavallo intorno a duecento persone della sua corte fra ecclesiastici e laici: vicino gli si trovava il cardinale de’ Medici che l’intratteneva sottovoce mentre lo conduceva a pranzo da lui. Il papa portava un cappello rosso, l’abito bianco, il cappuccio di velluto rosso, come d’ordinario, e montava una chinea bianca, bardata con velluto rosso, frange e passamanerie d’oro: egli sale a cavallo senza l’aiuto di scudiero, eppure ha ottantun anno d’età. Ogni quindici passi impartiva la benedizione; dopo di lui venivano tre cardinali, e poi un centinaio di armigeri, lancia alla coscia e armati di tutto punto, salvo la testa. C’erano pure un’altra chinea, bardata come la prima, un mulo, bell’animale di pelo bianco, e una lettiga che lo seguivano, e due porta-bagagli con alcune valige all’arcione della sella.

 

Quello stesso giorno il signor de Montaigne ingerì un po’ di trementina, senz’altro motivo se non che si sentiva depresso; dopo di che espulse molta sabbia.




La mattina dell’11 gennaio, mentre il signor de Montaigne usciva dall’albergo a cavallo per recarsi in Banchi, capitò nel momento in cui si conduceva fuori di prigione il Catena, un ladro famigerato e capo di banditi che aveva sparso il terrore in tutta Italia e del quale si riferivano delitti orribili, specie quello consumato su due cappuccini, cui aveva fatto rinnegare

 

Dio, promettendo salva la vita a una tal condizione, e massacrandoli poi senza motivi né d’interesse né di rancore. Egli si fermò per assistere allo spettacolo.

 

Diversamente che in Francia, qui si fa precedere il condannato da un gran crocefisso, ricoperto con un velo nero, e da una numerosa schiera di persone a piedi vestite e incappate di tela, che dicono essere gentiluomini e altri eminenti cittadini di Roma, votatisi all’ufficio di accompagnare i criminali condotti al patibolo e le salme dei defunti, e a tale scopo riuniti in confraternita.




Due di essi, o confratelli che siano, così vestiti e coperti in viso, assistono il condannato stando sulla carretta e pregando per lui, mentre un altro gli presenta di continuo davanti alla bocca, facendoglielo baciare senza posa, un quadro con l’effigie di nostro Signore; e ciò fa sì che, dalla strada, non si può scorgere il viso del condannato.

 

E sulla forca, che è costituita di una trave sorretta da due appoggi, gli ressero sempre quest’immagine dinanzi al viso fin quando fu impiccato.




 Fece una morte tranquilla, senza moti né parole: era un uomo assai scuro, sui trent’anni. Una volta impiccato, lo si squartò; così, riserbano ai condannati una morte semplice, per sfogare dopo il rigore.

 

Il signor de Montaigne rilevò a questo proposito ciò che asserisce altrove, quanto cioè la gente si spaventi per le crudeltà perpetrate sui cadaveri; e quelle stesse persone che nulla avevano sofferto nel vederlo impiccare, a ogni colpo che s’inferiva per squartarlo gettavano pietose grida.


Non appena l’esecuzione è avvenuta, uno o più gesuiti, o chi per essi, salgono in un posto sopraelevato e, predicando ad alta voce, chi di qua chi di là, incitano la gente a vagliare l’esempio ricevuto.

(Viaggio... in Italia...)









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