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Il papa,
cortese in volto, incuorò il signor d’Estissac allo studio e alla virtù, e il signor de Montaigne a volersi
mantenere nella devozione che sempre aveva dimostrata per la Chiesa e per il
servizio del re cristianissimo, assicurando che, ove potesse, li avrebbe
serviti volentieri: si tratta di modi di dire italiani. Non gli risposero
parola; e, avendo ricevuta un’altra benedizione prima di levarsi, che è il
segno del congedo, rifecero lo stesso percorso. Ognuno si regola come gli pare,
tuttavia il modo più consueto, in questo caso, si è di tornare indietro
rinculando o almeno di ritirarsi di fianco, in modo d’aver sempre lo sguardo al
papa. A metà del percorso, come nell’andata, si riposero in ginocchio e
ricevettero un’altra benedizione, e alla soglia, ancora su un ginocchio, vi fu
l’ultima benedizione.
Il papa
parla un italiano misto all’originario dialetto bolognese, che è il peggiore
d’Italia, e poi – per natura – ha la parola poco facile. Al presente è un
bellissimo vecchio, di media statura ed eretto, il viso pieno di maestà, una
lunga barba bianca, d’età di oltre ottant’anni, ma tuttavia sanissimo e
vigoroso quanto si può desiderare, senza gotta, senza disturbi intestinali,
senza mal di stomaco e senza nessuna infermità: dolce di natura, poco curante
delle cose di questo mondo, gran costruttore, per cui lascerà di sé in Roma e
altrove un ricordo eccezionalmente onorato; gran benefattore, oltre ogni dire.
Le sue
risposte sono brevi e risolute, e si perderebbe tempo a ribattere con nuovi
argomenti, ché si giudica infallibile in quel che gli sembra giusto, e perfino
col figlio, che pure ama ardentemente non si diparte da tale senso di
giustizia. Favorisce i parenti, ma senza alcun discapito pei diritti della
Chiesa, ch’egli rispetta scrupolosamente; è munifico in opere pubbliche e nel
rifare le strade di questa città; e, pervero, si attiene a un modo di vita e a
costumi che nor presentano nulla di straordinario, sia in un senso sia
nell’altro, tuttavia più inclini al bene.
L’ultimo di dicembre loro due pranzarono dal signor cardinale de Sans, che osserva il cerimoniale romano più di ogni altro francese. In casa sua vennero recitati benedicite e Deo gratias a non finire da due cappellani che si rispondevano l’un l’altro come durante l’officio in chiesa; e nel corso del pranzo si leggeva una parafrasi in italiano del Vangelo di quel giorno.
Prima e
dopo il pranzo si lavarono le mani con lui: fu presentata a ciascuno una
salvietta per asciugarsi; e, dinanzi a coloro ai quali si intendeva di
riserbare un onore speciale e che occupavano il posto di fronte o a lato del
padron di casa, vennero posti gran vassoi quadrati d’argento, simili a quelli
che si porgono ai grandi in Francia. Sopra si trovava un tovagliuolo piegato in
quattro, e – sopra ancora – il pane, il coltello, la forchetta e il cucchiaio;
il tutto era ricoperto da un altro tovagliuolo, di cui ci si serve lasciando il
primo al posto dov’è; e, appena sedete a tavola, vi si pone – accanto a questo
vassoio – un piatto d’argento o di ceramica del quale fate uso.
Dopo i Deo
gratias la mensa venne tolta, e subito – lungo un lato della sala – si
disposero alcune sedie dove il signor cardinale li fece accomodare dopo di lui.
Sopraggiunsero frattanto due ecclesiastici ben vestiti, con certi strumenti in
mano, che gli s’inginocchiarono dinanzi per porlo al corrente di non so che
funzione in corso in qualche chiesa; non rispose affatto; ma, appena si
alzarono dopo aver parlato e stavano per andarsene, accennò a scoprirsi al loro
indirizzo.
Poco dopo li accompagnò con la propria vettura alla sala del concistoro, dove i cardinali si riunirono per andare a pararsi. Sopraggiunse anche il papa, che si rivestì per andarvi a sua volta: i cardinali non s’inginocchiarono, come fa il popolo, per riceverne la benedizione, ma l’accolsero con un profondo inchino del capo.
Il terzo
giorno di gennaio del 1581 il papa
ci passò davanti alle finestre: lo precedevano a cavallo intorno a duecento
persone della sua corte fra ecclesiastici e laici: vicino gli si trovava il
cardinale de’ Medici che l’intratteneva sottovoce mentre lo conduceva a pranzo
da lui. Il papa portava un cappello rosso, l’abito bianco, il cappuccio di
velluto rosso, come d’ordinario, e montava una chinea bianca, bardata con
velluto rosso, frange e passamanerie d’oro: egli sale a cavallo senza l’aiuto
di scudiero, eppure ha ottantun anno d’età. Ogni quindici passi impartiva la
benedizione; dopo di lui venivano tre cardinali, e poi un centinaio di
armigeri, lancia alla coscia e armati di tutto punto, salvo la testa. C’erano
pure un’altra chinea, bardata come la prima, un mulo, bell’animale di pelo
bianco, e una lettiga che lo seguivano, e due porta-bagagli con alcune valige
all’arcione della sella.
Quello
stesso giorno il signor de Montaigne
ingerì un po’ di trementina, senz’altro motivo se non che si sentiva depresso;
dopo di che espulse molta sabbia.
La mattina dell’11 gennaio, mentre il signor de Montaigne usciva dall’albergo a cavallo per recarsi in Banchi, capitò nel momento in cui si conduceva fuori di prigione il Catena, un ladro famigerato e capo di banditi che aveva sparso il terrore in tutta Italia e del quale si riferivano delitti orribili, specie quello consumato su due cappuccini, cui aveva fatto rinnegare
Dio, promettendo salva la vita a una tal condizione, e massacrandoli poi senza motivi né d’interesse né di rancore. Egli si fermò per assistere allo spettacolo.
Diversamente
che in Francia, qui si fa precedere il condannato da un gran crocefisso,
ricoperto con un velo nero, e da una numerosa schiera di persone a piedi
vestite e incappate di tela, che dicono essere gentiluomini e altri eminenti
cittadini di Roma, votatisi all’ufficio di accompagnare i criminali condotti al
patibolo e le salme dei defunti, e a tale scopo riuniti in confraternita.
Due di essi, o confratelli che siano, così vestiti e coperti in viso, assistono il condannato stando sulla carretta e pregando per lui, mentre un altro gli presenta di continuo davanti alla bocca, facendoglielo baciare senza posa, un quadro con l’effigie di nostro Signore; e ciò fa sì che, dalla strada, non si può scorgere il viso del condannato.
E sulla
forca, che è costituita di una trave sorretta da due appoggi, gli ressero
sempre quest’immagine dinanzi al viso fin quando fu impiccato.
Il signor de Montaigne rilevò a questo proposito ciò che asserisce altrove, quanto cioè la gente si spaventi per le crudeltà perpetrate sui cadaveri; e quelle stesse persone che nulla avevano sofferto nel vederlo impiccare, a ogni colpo che s’inferiva per squartarlo gettavano pietose grida.
Non appena l’esecuzione è avvenuta, uno o più gesuiti, o chi per essi, salgono in un posto sopraelevato e, predicando ad alta voce, chi di qua chi di là, incitano la gente a vagliare l’esempio ricevuto.
(Viaggio... in Italia...)
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