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Prosegue ancora
con talune...:
Simmetrie (4)
11 DICEMBRE: GIORNATA INTERNAZIONALE
L’arco
alpino rappresenta un complesso di importanza vitale dal punto di vista
naturale, storico, culturale e sociale. Punto di passaggio obbligato per le
genti che dal nord volevano scendere al sud e viceversa, ha costituito per i
popoli confinanti luogo d’incontro di interessi economici e culturali favorendo
una vera e propria cultura alpina. L’ambiente alpino immobile per tanti secoli,
ha subito in questi anni un deciso attacco da parte delle infrastrutture
importate dall’uomo della pianura.
L’industrializzazione
e la meccanizzazione hanno reso preoccupante l’equilibrio fra uomo e natura in
ogni ambiente; ma sulle Alpi, più che altrove, il problema è assai drammatico.
Infatti, ogni aggressione contro la natura, si ritorce immediatamente contro l’uomo,
così come ogni modificazione delle condizioni di vita dell’uomo hanno un’immediata
ripercussione sulla natura che lo circonda. Le Alpi che vengono giustamente considerate
per l’Europa, l’ultima oasi di cui può usufruire l’uomo per ritemprarsi della vita
stressante delle grandi città, devono essere difese con estrema decisione per
evitare il loro completo degradamento.
La
regione alpina ha un’alta densità di popolazione: 42 ab. per km2 nel 1971
contro i 33 del 1871; questo dato potrebbe far pensare a un aumento della
popolazione nelle zone di montagna, quando invece sappiamo che avviene un
continuo abbandono da parte dell’uomo. Si tratta in effetti di un aumento nelle
zone di collina al di sotto dei 500 metri di altitudine, dovuto all’estendersi di
centri abitati ed economici.
In montagna, infatti, fino a 1500 metri, si è registrato un costante calo della popolazione. Interessante è il numero delle persone impiegate nell’industria che è salito dal 35% nel '51 al 42% nel '71; nella zona altitudinale compresa fra i 1700 e i 2000 metri questo aumento è arrivato al 242% e quasi tutti lavorano nell’industria edile.
Per
gli impiegati del settore industriale si riscontrano due tendenze: a Bolzano si
è verificato ulteriore aumento del 31%, mentre nella provincia di Vercelli vi è
una diminuzione del 21%.
Infine,
risulta chiaramente che il numero di coloro che lavoravano nell’agricoltura è
diminuito fortemente ad eccezione della provincia di Bolzano. Al termine delle
relazioni sul primo tema, il professor Franco Pedrotti, dell’Istituto di
Botanica dell’Università di Ferrara, ha presentato ufficialmente la Carta delle
regioni alpine da conservare.
Si
tratta di una mappa dell’intero arco alpino sulla quale sono delineate le zone
da proteggere e le cui proposte sono state studiate dai sei paesi interessati. Ne
è risultato un progetto di proposta che, pur non volendo essere una sintesi
della pianificazione del territorio alpino, è tuttavia la rappresentazione grafica
di alcuni elementi fondamentali che possono servire per ulteriori studi e
ricerche.
La
costante tutela vede al lavoro sei gruppi di studio divisi nelle seguenti materie:
parchi nazionali, riserve, aree protette; conservazione delle specie; attività
agro-silvo-pastorali; sviluppo socio-economico delle popolazioni alpine;
turismo; utilizzazione del territorio e delle sue risorse.
Una riunione ristretta di esperti ha poi lavorato giorno e notte per condensare i sei lavori presentati dai singoli gruppi e per redigere il documento finale a cui è stato dato il nome di piano d’azione.
Sono
venute fuori 99 proposte, che non sono poche.
Citiamo
alcune parti dei punti che ci paiono più significativi: una pianificazione coordinata
delle Alpi, considerate come un insieme ecologico unitario, è essenziale per la
loro conservazione.
Le
Alpi devono essere considerate come una delle zone principali per la fruizione
del tempo libero in Europa. Occorre stabilire e rispettare una corretta
proporzione fra il numero dei turisti e quello degli abitanti autoctoni, così come
è necessario evitare il gigantismo delle attrezzature turistiche.
Ogni
tipo di sviluppo deve essere deciso con la partecipazione delle comunità
locali.
La
costruzione di residenze secondarie deve essere scoraggiata con misure fiscali
adeguate;
l’impianto
di nuove industrie dovrà seguire ad uno studio ecologico della regione.
Si
dovranno favorire le attività artigianali che sfrutteranno le risorse locali.
Deve
essere favorito il restauro delle costruzioni tipiche o di interi villaggi.
La
gestione delle risorse naturali delle regioni alpine deve restare in mano alle
popolazioni locali.
Si
dovrà provvedere a migliorare la situazione finanziaria degli agricoltori di
montagna.
È necessaria una rete stradale forestale, ma sarà vietata ai turisti e riservata ai residenti; e ne potranno invece godere le comunità rurali isolate.
I
territori alpini di proprietà pubblica devono essere dichiarati inalienabili in
modo da evitare ogni tipo di speculazione.
La
raccolta di esemplari di flora, fauna, minerali e fossili, deve essere
regolamentata.
Infine,
riprendiamo per esteso il punto 99 che riunisce un po’ la politica da attuare
secondo i suggerimenti del convegno:
Affinché
i tentativi di pianificazione non vengano superati e resi inutili dal rapido
progredire di un’urbanizzazione irrazionale, un regolamento di salvaguardia
dovrebbe, per la durata di almeno due anni:
a)
sottoporre a blocco temporaneo ogni nuovo insediamento, come edifici d’abitazione,
installazioni idroelettriche e miniere ecc., nelle zone extraurbane, eccettuati
quelli necessari alle tradizionali attività agro-silvo-pastorali;
b)
promuovere al tempo stesso il restauro del patrimonio immobiliare sia all’interno,
sia all’esterno dei centri urbani.
Le Alpi, patrimonio dell’Europa, costituiscono un’unità di importanza vitale dal punto di vista naturale, storico, culturale e sociale. Esse hanno avuto un ruolo preponderante dividendo, filtrando e incanalando i grandi flussi delle varie civiltà. Malgrado le relazioni e i legami talvolta difficili, fra i popoli e i regimi politici, si è potuta creare una cultura alpina ben definita. Anche se le Alpi non hanno mai conosciuto un’unità politica, il genere di vita e le attività delle loro popolazioni presentano delle caratteristiche di affinità sconcertante.
Questa eredità è in pericolo.
1.
Una pianificazione coordinata delle Alpi, considerate come un insieme ecologico
unitario, è essenziale per la loro conservazione. Pertanto è necessaria la
cooperazione di tutte le autorità competenti dei sei paesi alpini.
2.
In ciascun paese è opportuno che siano messe in atto determinate procedure di
elaborazione e di applicazione di piani inerenti al territorio nel suo
complesso.
3.
E’ necessario che tutte le categorie della popolazione partecipino alla
pianificazione. Di conseguenza si deve prevedere la consultazione delle
popolazioni locali mediante appropriati meccanismi rappresentativi.
4.
Sia a livello della pianificazione generale che a quello dei piani dettagliati,
le esigenze ambientali delle regioni alpine devono costituire il fondamento
delle varie fasi della pianificazione stessa.
5. Il contributo degli esperti di problemi ambientali deve essere assicurato con la loro partecipazione ai lavori dei gruppi incaricati della pianificazione.
6.
A causa delle limitazioni obiettive e dei pericoli inerenti alla montagna,
prima di autorizzare progetti di qualsiasi tipo suscettibili di alterare l’ambiente
alpino - e in particolare qualsiasi progetto di grandi opere — deve essere
effettuata un’accurata valutazione delle relative conseguenze sull’ambiente, i
cui risultati debbono essere messi a disposizione di tutti. Gli organismi di
ricerca pubblici e privati interessati al problema devono presentare le loro
osservazioni a tali progetti ed un giudizio critico del loro impatto sull’ambiente.
L’ecologo deve essere obbligatoriamente consultato allo stesso titolo dell’architetto,
del sociologo e del geografo. Si auspica la possibilità da parte delle
associazioni naturalistiche di ricorrere contro le autorizzazioni relative a
questi progetti.
7.
La situazione attuale delle regioni alpine deve essere riportata su carte
specializzate, periodicamente aggiornate. Queste carte da realizzare dovrebbero rappresentare i grandi fatti la cui
conoscenza è necessaria per ogni pianificazione: — caratteri dell’ambiente
naturale; — aree pericolose (valanghe, erosioni); — ecosistemi reali e
potenziali; — demografia e migrazioni, ecc. è necessaria inoltre una carta di
sintesi (paragonabile a quella che è stata presentata a questo simposio) che
dovrebbe distinguere le aree: — protette o da proteggere; — destinate all’agricoltura
e alla silvicoltura; — destinate al tempo libero; — destinate agli insediamenti
residenziali o industriali o ad altre attività. Certe zone potranno essere
destinate a più utilizzazioni. Gli istituti specializzati che già lavorano a questi
problemi, come il Consiglio d’Europa, potrebbero coordinare le notazioni e la
simbologia per renderli omogenei in ciascun Paese.
8. Tutta la pianificazione deve tener conto del fatto che gli interessi economici che spingono allo sfruttamento dei territori di montagna provengono spesso dall’esterno; detti interessi riflettono le esigenze che si manifestano progressivamente in seno alle collettività caratterizzate da un livello di redditi e consumi molto elevato. Pertanto l’obiettivo da seguire è quello di mettere le popolazioni alpine in grado di gestire e amministrare in modo autonomo il loro patrimonio nel rispetto dell’equilibrio naturale e culturale di cui sono garanti.
9.
Si riconosce il turismo alpino come un’attività relativamente prioritaria per i
seguenti motivi: a) ha un carattere alpino per eccellenza (le industrie possono
d’altronde essere installate altrove); b) beneficia di ben due stagioni utili e
non d’una soltanto.
10.
Le Alpi inoltre devono essere considerate come una delle principali zone per la
fruizione del tempo libero in Europa. La sua pianificazione e il suo assetto
pertanto debbono essere effettuati tenendo conto di questa esigenza come di
quelle delle popolazioni locali.
11.
Occorre stabilire e rispettare una corretta proporzione fra il numero dei
turisti e quello degli abitanti autoctoni, così come è necessario evitare il
gigantismo delle attrezzature turistiche che pongono gravi problemi d’infrastrutture
e provocano il richiamo massiccio di mano d’opera estranea alla regione.
12. La pianificazione turistica deve tenere particolarmente conto in primo luogo, della conservazione delle risorse dell’ambiente ed anche dei fattori culturali, dopo aver preso in considerazione: — le priorità stabilite dai bisogni delle popolazioni locali e dell’economia tradizionale; — le esigenze di un turismo corretto; — la redditività socio-economica globale.
13.
Ogni tipo di sviluppo — e soprattutto quello turistico — deve possibilmente
essere deciso con la partecipazione maggioritaria delle comunità locali. In
caso contrario è necessario prevedere un controllo pubblico del flusso dei
capitali stranieri e degli investimenti privati.
14.
Ogni tipo di sviluppo — con particolare riguardo alle costruzioni per
abitazioni ed alberghi - non deve dar luogo a costi per infrastrutture gravanti
sulle comunità locali. Per realizzare una perequazione occorre prevedere delle misure
fiscali che coprano le spese necessarie per le infrastrutture ed i servizi
pubblici messi a disposizione.
15.
Ogni progetto di sviluppo turistico deve essere accompagnato da un’analisi
economica dettagliata che dimostri la sua attuabilità sul pino politico e
finanziario. In attesa di una pianificazione esauriente (soprattutto nel
periodo di transizione), l’interessato dovrà inoltre fornire la prova che il
progetto: — non superi il livello massimo sopportabile; — non metta in pericolo
gli ecosistemi; — sia compatibile con la realtà socio-economica locale.
16. La pianificazione dello sviluppo turistico deve prevedere in giusta misura delle zone esenti da ogni tipo di urbanizzazione, motorizzazione e meccanizzazione. In questo caso, ovviamente, si dovrebbe considerare l’opportunità di concedere un sussidio finanziario oppure attività alternative qualora ne risulti un danno per le collettività locali interessate a causa di questi provvedimenti o di un utilizzo del suolo diverso da quello previsto.
17.
La costruzione di residenze secondarie utilizzate dai singoli proprietari per
alcuni giorni dell’anno deve essere scoraggiata con misure fiscali adeguate e
ponendo a carico dei proprietari i costi delle infrastrutture che queste
residenze richiedono.
18.
Al fine di facilitare la cooperazione, ogni nazione dovrà creare un centro di
informazione e di documentazione relativo a tutti gli aspetti delle regioni
alpine.
19.
L’infrastruttura strade deve essere pianificata tenendo conto costantemente delle
possibilità alternative offerte dal trasporto ferroviario. Occorre in ogni caso
scoraggiare la proliferazione di strade destinate alla circolazione ordinaria al
di là del limite altimetrico delle abitazioni permanenti.
20.
Sarà comunque opportuno scegliere un
limitato numero di assi transalpini destinati ai trasporti internazionali;
saranno questi gli unici per i quali, senza compromettere l’equilibrio
ambientale, potranno essere tollerate delle infrastrutture di tipo
autostradale.
21. Studi interdisciplinari sulle conseguenze socio-economiche ed ecologiche dovranno essere effettuati preventivamente alla costruzione di nuove strade. Prioritario dovrà essere invece il miglioramento delle strade esistenti e ciò, ovviamente, comporta la sospensione della costruzione di nuove strade turistiche. Le strade a servizio di imprese industriali devono essere rigidamente limitate ai bisogni reali delle industrie.
22.
L’impianto di nuove industrie dovrà sempre conseguire ad uno studio ecologico
della regione. Particolare attenzione dovrà essere riservata al fine di prevenire
ogni tipo di inquinamento.
23.
Si dovranno favorire le attività artigianali o di piccole e medie industrie che
utilizzano le risorse locali e le capacità manuali e artigianali della
popolazione locale.
24. Per favorire l’impiego della popolazione
residente e quindi per evitarne l’emigrazione, è necessario creare delle
strutture per la formazione di quadri adatti al livello delle zone interessate
e pertanto suscettibili di dirigere le forze di lavoro verso questo tipo di
attività produttive e rafforzare la coscienza professionale dei montanari.
25.
Nell’ambito della pianificazione devono essere favorite le costruzioni in stile
e realizzate con materiali tipici della zona per evitare grossolani contrasti
con l’ambiente alpino e gravi mancanze di gusto. Deve essere evitata in linea di
principio e comunque tollerata soltanto dopo un controllo delle densità
ammissibili e in armonia con l’ambiente, la costruzione di edifici in altezza o
eccessivamente larghi.
26. Deve essere favorito il restauro delle vecchie costruzioni e così pure la conservazione di gruppi di costruzioni, di villaggi e di città caratteristici della regione.
27.
In ogni caso, questo tipo di restauro non dovrà mai costituire un ostacolo al
miglioramento dell’interno degli edifici.
28.
Nel caso di progetti di sviluppo che comportino l’utilizzazione di risorse
idriche, dovrà essere perseguito un equilibrio fra valori ecologici e
paesaggistici e fabbisogni di energia; ciò in particolare per le cascate e i
torrenti che hanno un particolare interesse paesaggistico. La continuità
biologica dell’ecosistema deve essere assicurata in ogni caso.
29.
Bisogna abbandonare l’attuale modello di sfruttamento turistico basato sulle
grandi concentrazioni immobiliari, strettamente collegate agli impianti di
risalita. Ciò provoca la degradazione irreversibile dell’ambiente dell’alta
montagna riducendone il godimento ad un servizio monotono e meccanico, scoraggiando
il turismo fondato sull’escursionismo, l’alpinismo e la cultura e procurando
profitti solo ai promotori privati senza apportare alcun vantaggio alle
popolazioni cali.
Assetto e utilizzazione delle risorse:
31.
Ogni forma di gestione e di utilizzazione delle risorse dovrà essere effettuata
tenendo conto dei vincoli ambientali.
32.
La gestione delle risorse naturali delle regioni alpine deve restare in mano
alle popolazioni locali a cui spetta il compito di prendere coscienza delle
loro responsabilità internazionali.
33.
Un’attenzione particolare deve essere rivolta alla conservazione dei suoli, al
ripristino delle zone degradate e alla lotta contro le valanghe.
34.
Per quanto possibile dovranno essere adottati sistemi di gestione che
permettano un’utilizzazione mista dei terreni.
35.
La protezione delle sorgenti d’acqua potabile e delle riserve idriche
costituite dai ghiacciai dovrà essere effettuata in maniera tale da assicurare
alle popolazioni acque di elevata potabilità. Un controllo di qualità dovrà
essere effettuato secondo norme comuni.
36.
Particolari cautele dovranno essere adottate nella misura in cui agricoltura,
allevamento e silvicoltura debbano continuare ad avere un ruolo essenziale per
il mantenimento di quel particolare tipo di ecosistema che sono le Alpi,
mirando sia alla prevenzione delle calamità naturali, sia all’ottenimento di
prodotti di qualità.
37. Le condizioni di base necessarie per la determinazione di provvedimenti adeguati ad una conduzione razionale dell’agricoltura di montagna sono le seguenti: — dati statistici sulle variazioni nel tempo delle strutture demografiche e finanziarie e sulla vocazione dei suoli (vanno studiati con particolare attenzione l'invecchiamento della popolazione e tutte le sue conseguenze): — studi scientifici sulle modificazioni ecologiche provocate dal cambiamento di destinazione dei suoli, sulle tecniche di sfruttamento e sul conseguimento di rese elevate.
38.
Tali provvedimenti debbono avere come fine il miglioramento: — delle condizioni
di vita delle comunità rurali; — della struttura fondiaria attraverso l’accorpamento;
— della fornitura di energia e della distribuzione dell’acqua; — della rete
viaria per garantire la mobilità delle popolazioni residenti; — degli edifici e
delle condizioni di abitazione.
39.
Si dovrà altresì provvedere a degli interventi miranti a migliorare la
situazione finanziaria degli agricoltori di montagna, mediante misure di
incentivazione, quali esenzioni fiscali e sovvenzioni per l’edificazione, la
ricomposizione fondiaria, la meccanizzazione agricola, nonché mediante l’istituzione
di cooperative e aiuti per la commercializzazione dei prodotti.
40.
Tali provvedimenti dovranno essere accompagnati da una migliore formazione
generale e tecnica. Dovranno essere organizzate campagne d’informazione che
abbiano lo scopo di far meglio conoscere i problemi specifici degli agricoltori
di montagna e il loro contributo alla vita nazionale.
41. E necessario che il legislatore rivolga particolare attenzione a tali problemi tenendo nel dovuto conto i bisogni e i valori peculiari dell’agricoltore alpino, prevedendo altresì idonee forme di indennizzo allargando le esigenze conservative e l’interesse collettivo anche se richiedano limitazioni all’attività agricola.
42.
Per assicurare la continuità e la stabilità delle foreste e per aumentare la
loro produzione, le foreste di montagna saranno sistemate e trattate come
foreste naturali. Si dovrà assicurare un giusto equilibrio fra le funzioni di protezione
e di produzione, nel rispetto dell’ecosistema.
43.
Nel caso di foreste con preminente funzione di protezione, che sono spesso
troppo vecchie, saranno applicati trattamenti intensivi al fine di assicurarne
il rinnovamento.
44.
Nelle zone esposte a rischi naturali come erosioni e valanghe, in modo
particolare nella parte superiore delle foreste, si procederà a una campagna di
rimboschimento, ivi compresi gli alpeggi abbandonati.
45. L’impiego di prodotti chimici, concimi,
pesticidi ed erbicidi nella silvicoltura deve essere strettamente controllato.
46.
La meccanizzazione nella utilizzazione dei boschi potrà essere effettuata solo
tenendo conto della protezione dell’ambiente.
47.
Le attrezzature necessarie alla lotta contro gli incendi dei boschi devono
essere migliorate. Le sanzioni penali che puniscono gli atti incendiari dolosi
o colposi devono essere rese più rigide.
48. Una rete stradale forestale è necessaria ad uno sviluppo razionale dei boschi. La stessa potrà pure servire a raggiungere alpeggi o comunità rurali isolate. Dovrà essere utilizzata esclusivamente a questi scopi, al fine di evitare una utilizzazione turistica e motorizzata abusiva. Questa rete deve essere realizzata alterando il meno possibile l’ecosistema.
49.
La costruzione di strade, di infrastrutture sciistiche di ogni genere, di linee
elettriche e di ogni infrastruttura similare non deve determinare danni negli
ecosistemi forestali.
50.
Un equilibrio razionale deve essere stabilito fra la foresta e il pascolo.
51.
Occorre incoraggiare una gestione della selvaggina su basi ecologiche razionali
nella misura in cui le economie forestali ed agricole vengono spesso
danneggiate da un eccesso di selvaggina.
52.
Essendo limitata, nell’ambiente alpino,
la necessità di introduzioni di specie di interesse venatorio, la
regolamentazione della caccia deve tendere a limitare la pressione sulle specie
autoctone al fine di mantenere le popolazioni di poco al di sopra del livello
di capacità del territorio. Pertanto si debbono elaborare dei programmi di
abbattimento, previe indagini sugli effettivi presenti e potenziali di ciascun territorio.
53.
Tutta la fauna selvatica - ivi compresa quella oggetto di caccia — deve essere
considerata come un patrimonio collettivo e la sua gestione deve ispirarsi a
questo principio.
Protezione della natura e delle sue risorse:
61.
Lavori d’indagine e inventari dettagliati delle risorse debbono formare la base
delle carte di zonizzazione delle zone alpine.
62.
Tali zonizzazioni debbono prevedere l’istituzione di riserve integrali, di
parchi nazionali e di altre riserve naturali.
63.
Il sistema attuale dei parchi non tiene sufficientemente conto dei diversi
ecosistemi alpini. Si auspica che nuovi parchi e riserve vengano creati in base
a studi ecologici ed accurate valutazioni nel quadro della gestione del
territorio.
64.
La carta presentata in occasione di questo simposio dovrà essere rettificata e completata al fine di
essere utilizzata per determinare la creazione di nuovi parchi e riserve finché
nuovi accurati studi ecologici non siano stati effettuati. Nella individuazione
delle aree da proteggere dovranno essere comprese le prealpi e le zone
pedemontane.
65.
I territori alpini in proprietà pubblica debbono essere dichiarati inalienabili,
in modo da evitare ogni speculazione e da costituire un demanio naturale di
interesse collettivo.
66.
Si auspica l’adozione di strumenti legislativi e regolamentari più ampi.
Preliminarmente, debbono essere definiti i diversi livelli di competenza per
quanto attiene alle aree protette e alla protezione della natura e al tempo
stesso debbono essere aumentate le dotazioni di mezzi finanziari.
67. La localizzazione dei parchi nazionali deve essere compresa nella pianificazione generale, in modo da tener conto degli interessi delle popolazioni. La creazione di nuovi parchi deve essere realizzata in modo da associare la popolazione nel processo di creazione e durante la sua gestione. Una zonizzazione appropriata deve distinguere le zone di protezione integrale e quelle in cui alcune attività umane saranno ammesse.
68.
Per migliorare la gestione dei parchi si auspica una loro maggiore autonomia
amministrativa. Nel caso in cui la limitata superficie del parco non consenta
una sufficiente autonomia, si dovranno comunque evitare al massimo le complicazioni
burocratiche.
69.
La protezione non deve limitarsi solo alle
zone in cui non c’è presenza umana.
70.
Quando due parchi sono vicini, si deve cercare di renderli contigui. Nel caso
in cui due parchi confinino fra loro, appartenendo a paesi diversi, degli
accordi internazionali devono raggiungere lo scopo di creare un meccanismo di
gestione in comune ed un’armonizzazione della normativa. Questo dovrebbe essere
il caso dei parchi della Vanoise e del Gran Paradiso e di quelli di
Fusine-Triglav, nonché del parco nazionale svizzero e di quello dello Stelvio.
Soluzioni simili devono essere ricercate allorché si tratti di parchi
importanti dello stesso paese, ma appartenenti a circoscrizioni amministrative
differenti.
71.
Occorre assicurare la protezione delle specie nell’ambito dei rispettivi
ecosistemi; sia gli ecosistemi naturali che semi-naturali debbono essere
protetti.
72.
E’ auspicabile la predisposizione di misure di protezione delle siepi, dei
sottoboschi, delle torbiere e della vegetazione riparia dei fiumi e dei laghi,
così come degli alberi più vecchi nella misura in cui costituiscono una nicchia
ecologica.
73. Le grandi opere e gli interventi di sviluppo non devono né frammentare gli ecosistemi, né limitare i movimenti degli animali.
74.
Una particolare attenzione deve essere dedicata alle specie viventi nelle
grotte e nelle caverne nonché ai pipistrelli. L’accesso del pubblico alle
grotte ed alle caverne deve essere regolamentato.
75.
Qualsiasi opera di gestione dei corpi idrici e qualsiasi mutamento dell’ambiente
acquatico non può essere intrapreso prima che uno studio preliminare non sia
stato effettuato e prima che delle misure di protezione delle biocenosi non
siano state prese.
76.
Le varietà di piante coltivate e le specie animali allevate, la cui
utilizzazione è in via di regresso, così come le specie animali e vegetali in
pericolo di scomparire, debbono essere conservate mediante la creazione di
banche del patrimonio genetico.
77.
La raccolta di esemplari di flora, della fauna, di minerali e di fossili deve
essere regolamentata senza tuttavia ostacolare la raccolta a fini scientifici
ed educativi giustificati.
78.
Ogni commercio, ivi compresa l’importazione e l’esportazione, di specie
protette e loro prodotti deve essere interdetto.
79.
La produzione, la vendita e l’impiego dei prodotti tossici devono essere
disciplinati e la loro utilizzazione ridotta in tutti i modi possibili. L’impiego
di veleni nella lotta contro i predatori deve essere vietato.
80.
A causa del pericolo d’estinzione che minaccia la maggior parte dei predatori,
siano essi mammiferi o di uccelli, si richiedono misure efficaci di protezione.
81. La reintroduzione o l’introduzione di specie non deve essere effettuata se non sotto controllo e dopo studi preliminari sulle conseguenze che esse potrebbero determinare. Dovrà altresì essere vietata l’introduzione delle specie che non hanno predatori naturali.
82.
Misure efficaci di protezione degli orsi devono essere attuate dagli stati
interessati al fine d’evitare la loro scomparsa e favorire il ripopolamento
naturale di questa specie lungo l’arco alpino.
83.
Il commercio, l’esportazione e l’importazione degli uccelli migratori e di loro
componenti deve essere vietato, come misura sussidiaria di protezione
ecologica. Inoltre l’impiego dei piccoli uccelli come richiami deve essere
proibito.
Attuazione del piano:
91.
L’educazione a tutti i livelli in tema di conservazione e le campagne d’informazione
del pubblico sono un elemento essenziale per l’attuazione concreta delle misure
fin qui indicate. Pertanto, è indispensabile che tutte le autorità interessate predispongano
opportune misure volte a stimolare a tutti i livelli della scuola l’educazione
in tema di conservazione e la comprensione delle interrelazioni esistenti fra
tutti gli elementi dell’ecosistema. Bisognerebbe anche stampare testi
scolastici comuni, tradotti nelle diverse lingue delle regioni alpine.
92. In modo analogo si richiede lo sviluppo su larga scala della ricerca scientifica relativa ai problemi specifici della regione alpina; inoltre, tutte le autorità interessate debbono predisporre opportune misure per dare un forte sostegno alla ricerca stessa. Il coordinamento potrebbe essere assicurato da organizzazioni internazionali come l’UNESCO.
93.
Occorre inoltre fare sforzi notevoli per adottare nomenclature e procedure
comuni per tutte le attività di cui si tratta nel piano d’azione, ivi compresa
la standardizzazione dei simboli cartografici.
94.
I Paesi delle regioni alpine debbono armonizzare in tutti i modi possibili la
propria legislazione e le proprie regolamentazioni amministrative interessanti
le regioni stesse. Inoltre, sarebbe augurabile prevedere, in certi casi, una
perequazione finanziaria a livello internazionale.
95.
Questo piano d’azione richiede la stretta collaborazione dei Paesi dell’arco
alpino e tutti i Governi sono vivamente pregati di riunire le loro forze per
attuarlo concretamente.
96.
Tutti i Paesi delle Alpi da dovrebbero prendere i provvedimenti necessari per
aderire alle convenzioni internazionali esistenti per la conservazione delle
risorse naturali.
97.
L’attuabilità di questo piano d’azione dipende anche dalla collaborazione di
tutti gli strati sociali delle popolazioni interessate. L’azione governativa
potrà essere facilitata dal rafforzamento della cooperazione interparlamentare
in un quadro europeo appropriato. A ciò va aggiunto che è necessaria la
collaborazione dei numerosi organismi governativi inter-alpini esistenti.
98. Tutte le organizzazioni non governative nazionali interessate alla conservazione della natura e dell’ambiente dovrebbero costituire dei comitati nazionali al fine di promuovere e seguire nel suo sviluppo la realizzazione di questo piano d’azione. Questi comitati nazionali da dovrebbero essere coordinati a livello internazionale dalla CIPRA e per suo tramite dovrebbero aver luogo consultazioni periodiche.
99. Affinché i tentativi di pianificazione non vengano superati e resi inutili dal rapido progredire di un’urbanizzazione irrazionale, un regolamento di salvaguardia dovrebbe, per la durata di almeno due anni: a) sottoporre a blocco temporaneo ogni nuovo insediamento, come edifici d’abitazione, installazioni idroelettriche e miniere o qualsiasi altra infrastruttura nelle zone extraurbane, eccettuati quelli necessari alle tradizionali attività agra silvo-pastorali; b) promuovere al tempo stesso il restauro del patrimonio immobiliare esistente sia all’interno che all’esterno dei centri urbani.
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