Precedenti capitoli:
Sei sicuro...? (14/1)
Prosegue in:
Il viaggio della Speranza (16/7)
...Giacché è l'ultima a morire (18)
Sei
sicuro che
in fondo all’estremo nord o sud a fatica conquistato non regni una grande nube purpurea
di ingannevole materia artefatta?
Sei
sicuro di aver riposto la tua e altrui coscienza al riparo d’ogni prevedibile e
imprevedibile bufera e di non esserne in alcun modo coinvolto credendoti immune
o come disse il poeta… ‘assolto’?
Sei
sicuro dell’equipaggio della slitta da una nave approdata essere estranea da
qual si voglia antica tentazione avversa al sano elemento così (mal)conquistato?
Sei
sicuro di aver sconfitto l’invisibile Straniero come un nero pinguino animale
avvistato riaffiorare da un iceberg di storia o in realtà non sei altro che il
miope suo cacciatore proteso verso la più
cieca antica e nuova memoria braccata?
Sei
sicuro ‘molestator-molestato’ del libero arbitrio non essere su una antica rotta ove non regna
il calore della Terra?
Sei
sicuro della scelta e con essa della presunta antica potenza quale corsa della perenne
conquista ove molti e troppi seguiranno il fiero passo rubato a madre Natura
per ognun che viola il diritto e non solo alla Vita?
Sei
sicuro di aver acquisito nella marcia accompagnata passo dell’oca agognata il dovuto senso della disciplina e con essa
saggia coscienza?
Sei
sicuro che questa sia ‘rotta’ e giusto ‘mezzo’ per assicurare onore e gloria
donde la Terra se non fosse solo termometro bussola e barometro ove una nube di
insana natura misurare distanza e gelo dell’antica conquista e successivo
degrado fondato nella natura dell’inutile conquista?
Sei
sicuro con gli altri accompagnare la corsa non più cammino immuni nel compiere
medesimo strazio della caccia dovuta e non certo sopravvivenza?
Sei
sicuro che ciò che ai accumulato possa soddisfare le esigenze del ritorno della
difficile conquista tonnellata di materia imprevista?
Ma ciò di
cui prendere atto dopo il ritorno dalla base ‘Scott-Amundsen’ lo svolgere di
strani inequivocabili eventi estremi d’un tempo che pensavano superato: una ‘nube
purpurea’ avvolgere una fiorente chiesa per poi approdare al fitto d’un bosco
unita dalla costante minaccia di chi avverso al sano Elemento, fondare morte ed
invisibile silenzioso agguato per ciò che non può dirsi una strana (m)afa…
…SEI
SICURO IMMOBILE (se pur) PARTITO (ed anche tornato) AVVOLTO DA SIMMETRICO
PENSIERO QUAL NUBE PURPUREA AVVOLGERE L’INTELLETTO D’OGNUNO DALLA TERRA FINO
ALLA STROTESFERA PRECIPITATO IN ALIENO AVVERSO ELEMENTO… DECIFRARE LA MORTE
PREMATURA?
Per poi
avvolgere ancor più invisibile immobile morto pensiero per ogni cosa che si
muove in una Terra divenuta nuovo deserto ove la strana nube in odore acre e
pungente paralizzare ogni tentativo nell’insana conquista milioni d’ettari di
Terra ove giacciono morti supini privi di Vita e Idea su come in verità e per
il vero si può fondare la Vita e non trovare pace in Terra riversi dormienti
vivi ma pur morti nell’atto d’ogni giorno che li ha contraddistinti...
chi camminando chi
lavorando chi in chiesa pregando chi pranzando o chi invece cenando e chi fumando una sigaretta chi attraversava la
terra chi curando un bambino e chi un paziente nell’ultimo difficile respiro
chi faceva benzina non riuscendo a capire bene nell’atto finale da dove il gas
proveniva chi seduto per catturare l’ultimo sole d’autunno mentre lo sguardo
fisso immobile al cielo e la radio rimasta a vegliare l’ultimo alito di veleno fagocitato
chi sfornava un po’ di pane bevendo vino riverso supino in questo strano
imprevisto cammino divenuto futura cenere del camino la nube approdata dalla
finestra ha apparecchiato anch’essa la propria mensa quando hai pensato di nutrirla
chi invece lento lungo la via pensando di esser mamma e riparare al giardino il
bianco fanciullo da qualsiasi calamità la nube li ha lasciati uniti nell’ultimo
passeggino privati del respiro chi nella scuola esponeva l’ultima teoria sul
diritto l’hanno trovato dritto con lo sguardo fisso rivolto al cielo chi nello
stesso tempo si trovava al magazzino a fronte dell’ultimo acquisto l’hanno trovato
sdraiato al bancone come fosse carne da macello un foulard appeso ad uno strano
sorriso come fosse un uncino d’una nube transitata sogno seta-purpureo ultimo
modello chi invece studiava l’ultima strategica linea di difesa accasciato alla
cartina non riuscendo a scorgere da dove lo strano odore in vero proveniva chi in
attesa alla stazione chi in piedi e chi seduto sull’aereo collassato fors’anche
mai decollato offuscare la rotta del treno su cui precipitato quando entrambe
pensavano all’intero carico trasportato ma ad una prima nuvola d’autunno approdato uniti nell’ultimo sogno purpureo d’un incompreso
sguardo sulfureo avvolgere lo strazio senza passeggero alcuno ad ammirarne l’attesa
chi alla corsa del primo mattino l’ultimo jogging travestito riverso ed anche
lui supino vicino ad una siepe frugare nel purpureo sogno accresciuto non
scorgendo alta la nube avvolgere l’ultima corsa verso il traguardo chi alla
manovra convenuta manovrato dalla nuvola nell’ultimo gesto disperato l’hanno
trovato ucciso dalla stessa sua arma nell'ultimo tentativo d’intuire
da dove provenisse la nuvola dello strano unanime destino…
….L’idea
di orientarmi in terra con gli stessi mezzi che mi erano serviti per orientarmi
in mare, per quanto naturale, non mi era ancora venuta in mente; ma non appena vidi una bussola in mostra in un negozio vicino al fiume, tutte le mie
difficoltà scomparvero: perché una carta o una mappa, una bussola, un compasso
e, trattandosi di lunghe distanze, anche un quadrante, erano tutto quel che occorreva per mutare la locomotiva in nave terrestre: bastava
sce-gliere quelle linee il cui tracciato passasse più vicino alla rotta
prestabilita,anche se non la seguivano esattamente. Così attrezzato, lasciai
Reading verso sera, prima che si facesse buio.
A un angolo vicino alla fabbrica di biscotti vidi un ragazzo, che mi
sembrò fosse cieco: stava, come incastrato, in piedi, aveva una catena al
polso, e legato alla catena un cane, e il ragazzo si trovava in una posizione
tanto arbitraria da farmi pensare fosse stato sollevato, con catena e cane, e
piantato lì dalla tempesta del giorno; ma la cosa più strana era il suo
braccio, rimasto proteso sopra il cane, così che nell’attimo in cui lo scorsi
mi sembrò un ubriaco che stesse aizzando contro di me il suo cane; infatti, tutti i
cadaveri che vidi erano molto malconci, svestiti e stravolti dalla tempesta; si
sarebbe detto che la terra facesse ogni sorta di vani sforzi per ripulire le
sue strade.
Non molto lontano da Reading scorsi il vivaio di un floricultore:
alcune aiuole sembravano morte, altre fiorivano con rigogliosa esuberanza; e
qui, di nuovo vidi aleggiare intorno alla locomotiva nell’aria della sera, tre
farfalline appena uscite dalla crisalide; poi passai accanto a una quantità di
treni, pieni zeppi di gente, tutti sull’altro binario, due dei quali distrutti
in uno scontro e una locomotiva esplosa; perfino i campi e i terrapieni ai due
lati della ferrovia apparivano insolitamente popolati, come se i
viaggiatori,non potendo più fidarsi di treni né di altri veicoli, avessero
deciso di raggiungere la costa occidentale a piedi, schierati in colonne e
carovane.
Prima di arrivare a Slough, stavo per entrare in una galleria, quando
osservai sotto l’arco di ingresso una quantità di legni spezzati; mentre
percorrevo il tunnel, mi allarmarono i salti che faceva la locomotiva, per via
dei cadaveri che ingombravano le rotaie; all’uscita, un altro ammasso di legni
rotti. Immaginai che un gruppo di disperati avesse deciso di chiudere ermeticamente
le due uscite della galleria dopo essersi introdotti, con varie provviste,
nella speranza di poter sopravvivere, finché il giorno del giudizio fosse
passato; a un certo punto un treno diretto a Londra aveva infranto le
barricate, probabilmente schiacciandoli; oppure altre folle, pazzamente
desiderose di condividere il loro rifugio cavernicolo, avevano forse buttato
giù le palizzate; essendo questi incidenti, come poi scoprii, divenuti
quotidiani.
Non mi mancava molto per arrivare a Londra, ormai, ma la cattiva sorte
volle farmi trovare sul mio stesso binario un treno, anch’esso diretto alla
capitale, completamente vuoto: altro non potevo fare che trasferirmi con tutte
le mie cose sulla locomotiva di questo treno, che trovai in buone condizioni,
fornita perfino di carbone e di acqua; dovetti però farla partire, una fatica
abominevole: ormai ero nero dalla testa ai piedi. Verso le dieci e mezzo un altro treno mi
sbarrò la strada; ma mi trovavo a 400 metri soltanto da Paddington. Scesi e mi avviai a piedi verso la
stazione,tre carrozze piene di cadaveri che si reggevano ancora in piedi, per
via della calca, sopra rotaie dove i cadaveri erano così abbondanti e
trascurabili quanto le onde nel mare o i rami nel bosco: perché intere moltitudini avevano inseguito
i treni in movimento, cercando di raggiungerli, oppure li avevano preceduti, di corsa, nella folle speranza di poterli fermare.
Arrivai a quel gran capannone di vetri e travature che è la stazione;
la notte era perfettamente silenziosa, senza luna, senza stelle; erano quasi le
undici; impossibile non accorgersi che a un certo punto i treni, per potersi
muovere, si erano dovuti per forza aprire la strada sguazzando sopra un pantano
di corpi, spingendoli da dietro, e questi avevano formato una massa compatta
sulle rotaie; certamente lo avevano fatto, si vedeva, e lo stesso dovevo fare
io adesso, dovevo decidermi a guadare quel pantano, perché carne umana ce n’era
dappertutto, sui tetti delle carrozze, negli spazi tra un vagone e l’altro,
sulle piattaforme, spruzzata sulle colonne di sostegno come una schiuma
ammucchiata sui vagoni merci aperti; una palude di carne, e la stessa sostanza,
davanti alla stazione, riempiva gli interstizi lasciati dal vero e proprio
esercito di veicoli che copriva a tappeto quel quartiere.
E tutto quel profumo di fiori, che in nessun luogo, tranne quella
nauseante nave, era mai mancato, qui veniva finalmente e completamente
sopraffatto da un altro odore; e mi venne in mente il pensiero, santo cielo,
che se l’anima degli uomini aveva ruttato al cielo lo stesso odore che adesso i
loro corpi mi offrivano, non era da stupirsi, no, che le cose stessero come
stavano. Uscii dalla stazione; i miei orecchi, ne è testimone il cielo, si
aspettavano ancora il solito rumore cittadino, per quanto fossi abituato ormai
a quel muto e assente vuoto del silenzio; e fui sopraffatto da un nuovo
terrore, e mi smarrii in una nuova disperazione ancor più sconfinata, quando
invece di lampioni e di ruote in movimento, vidi davanti a me la lunga strada
che conoscevo bene, immersa in un mutismo lugubre, come fossi in una Babilonia
secolare invasa dall’erba; quando invece della consueta confusione, non udii
che un silenzio sconvolgente, un silenzio che si innalzava al cielo, fino ad
altezze dame finora mai sentite, per congiungersi lassù al silenzio di
quelle luci di... eternità...
(Socialmente ispirato dalla Nube Purpurea)
Nessun commento:
Posta un commento