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L'invisibile e odierna danza della morte
Prosegue in:
I morti che tornano (3)
…Far fronte alla desta oculatezza dei cittadini da
sapere con rapida mano ordire trame impercettibili che pure ad un baleno si
stringano sì fortemente con mille nodi attorno al meglio esperto da torgli ogni
scampo — e se fallisce, quando tutto sta per naufragare sotto i colpi d’un
galantuomo che non vuole perire invendicato, da risospingerlo al largo dalle
secche, risoffiargli in poppa vento e fortuna in barba agli onesti?
No, questa non è la nostra tribù — a cui non
vorrete con dura parzialità negare l’istinto del progresso alla perfettibilità
umana, che asserite innato in ogni creatura.
No, questa non è la nostra tribù.
Il lezzo della società non fu mai la parte del
mondo che ne sia piaciuto di notomizzare, anzitutto per un certo istinto d’avversione
alle dissecazioni, d’orrore per la tabe; e poi perché sappiamo per durata
esperienza che gli è impossibile il compiacersi, come oggi si fa con tanto studio,
nel diguazzare in quanto ha di più sucido il maremagno del vizio, sia
brutalmente spudorato o sia inorpellato da larva di passione, senza
inzaccherarsi un tantino i sandali, quand’anche vi aggiriate nelle eleganti
sale ove non si balbetta motto a vanvera — ove, non come nel trivio, manca la
scusa della mal suadente fame e dell’ineducazione: perciò se mai solleticava le
papille della vostra curiosità brama di una storia terribile d’uno zingaro
dalla bruna tinta e dallo sguardo felino, che d’avventura in avventura, sulle
rotaje dell’adulterio e dell’omicidio, vi facesse correre per le vene il
diaccio dello spavento od il fuoco della voluttà, serbandovi a morale della
favola la bella soddisfazione di vederlo alfine fra le braccia dell’amata, riverginata
— scusate la parola impossibile — dall’amore puro, mentre 1’esoso marito sta in
fondo del quadro lungo, disteso, inchiodato da due righe di pugnale… per verità
vi siete ingannato!
Là non sarà così perché ne pare che tanta filza
di delitti non possa essere figlia della serenamente gioconda fantasia
italiana, e perché lo zingaro che vi fa invito a peregrinare con lui non
appartiene alla tribù antica, tradizionale, se non per la comunanza del peccato
originale.
L’antica s’è riabilitata, direbbe un drammaturgo,
e la nuova non è meno curiosa. Anche essa corre, senza meta, balenando qua e là
senz’altra guida che la bellezza della natura; — anch’essa ama le sagre, le
fiere, i mercati per cogliere sul fatto la scena animata dei mille popolani
dalle diverse foggie, dai diversi tipi; — anch’essa se può giuocare un bel
tiro, lo fa con tutta coscienza, e ruba a man salva ad un crocchio di ciarloni
il racconto che dice più d’un in-foglio su quella gente, un idilio d’amore ad
una bella ragazza, il secreto d’una lagrima come d’un sorriso. Alcuna volta,
quando il demone ruggente dell’arte non l’agita, e così gli è obbligato a
starsene a bocca asciutta innanzi alla festosa mostra di cento zane di saporite
frutta.... allora stende la mano ad una vezzosa fanciulla per averne un
grappolo d’uva ancora imperlato dalla rugiada, una pesca erubescente... e non
dubitate della sua riconoscenza, veh!
Allo zingaro non mancano modi di trarsi di impiccio:
quante volte pagò lo scotto della cena frugale, narrando alla bella ostessa una
fantastica leggenda, con sì strana eloquenza rappresentandole i casi amorosi di
fate, ondine e silfidi, di genii e di spiriti, che davvero parve alla curiosa
di vedere laggiù nell’ombre l’armante tradito fra paurosi fantasmi, e di
sentire sotto la scranna il rantolo del lupo che venne ad ingollarsi la
perfida!...
Chi osa rimprocciare la bella albergatrice se per
schermirsi dagli amanti morti e dai lupi vivi si allaccia strettamente allo
zingaro? Dirvi come la tribù nuova fiammante veneri come pura sorgente d’inspirazione
la bellezza variata della natura, culto da cui sorge necessariamente il
disprezzo per ogni affettazione; riassumere, anche per sommi capi, l’indole
bizzarra del suo umore; dirvene, fuggendo, vita e miracoli, sarebbe ad un tempo
noiosa cosa per voi e pericolosa per noi.
Ma se poi non isdegnate la compagnia di questi zingari
di buona pasta che intessendo alle descrizioni leggende e fantasie vi guida —
senza bagnarvi — negli antri muschiosi ove fra i canneti lacustri amoreggia l’avvenente
Verbania; nei casolari montani fra le usanze patriarcali; sulle diacciale
alpine a conversare colle nubi; sui nembosi picchi supremi a cantare un inno al
sole, alla libertà, ed a farvi considerare di lassù che bruco microscopico è il
cosiddetto re del mondo — accettate la mano e proverete che lo zingaro fra le
divagazioni della mente e le aspirazioni del cuore non dimentica il positivo della
vita, quella catena che ne rammenta ad ogni slancio che dessa è troppo corta e
che il senso governa più della ragione il mondo, guidandovi in alberghi d’ogni
fatta, quando il paese sia poco ospitale — e per giunta, se non pagherà lo
scotto, condirà colle sue novelle la refezione.
E poi chi sta a cà niente sa.
Via, smetti l’abito incomodo che t’insacca;
indossa la veste casalinga del viatore; allaccia calzari che sfidino le
mordenti scheggie e le acute punte delle roccie; armati di lungo bastone ferrato
ed uncinato che ti servirà d’appoggio e di spinta, di leva e di scala per
l'erte e per le diacciale — e quand’anche la tua borsa non sia sonante di molte
monete d’oro, vieni, lo zingaro insegnerà a te ancora a raccontare la storia
del lupo alle belle ostesse. Se mai l’aspetto di diverse genti, la disuguale misura
del bene e del bello col brutto, la lotta continua del debole col forte, l’armonia
sublime della natura non caccieranno la noia che ti prostra intelletto e corpo
nell’afa neghittosa del fannullare, lo zingaro con fratellevole cura ti guiderà
a quelle regioni — ove si slancia sì sovente e con tanto desiderio il pensiero
— che miseria di mente e di cuore fanno chiamare dell’impossibile...
Non rigenereremo l’umanità, ma non ci annoieremo,
forse. Intanto l’aurora festosa già piove le sue tinte onnicolori, la frescura
del mattino ne invita; partiamo... all’Alpi!
Un istante: anzitutto lo zingaro, secondo l’antica
usanza de’suoi, tolta nelle mani la vostra destra, dovrebbe spiattellarvi 1’avvenire
come il passato, farvi i più lusinghieri augurii che egli si sappia.... ma che
volete? Egli, visti fallire i più cordiali vaticinii, da buona pezza tiene seco
loro broncio, ed amico guai è degli antichi adagi, a chi lo richiede di
predizioni, risponde: Chi il tutto può sprezzare, possiede il mondo.
Così sia!
(VALENTINO
CARRERA)
Ed io a lui: Così sia!
…Bellissima
introduzione per un libro non solo d’avventura ma anche per illuminare lo
Spirito per un’alta cima che non sia solo conquista tecnica e destrezza e un
mare di cemento e rifiuti per una montagna divorata e violentata con troppo
fretta, così come osservo oggi medesima vetta, e come disse il buon Ruskin -
quand’anche non accetterete i nostri principi e ci caccerete e braccerete per
ogni dove, porteremo il nostro ed altrui fardello e principio divenuto il
vostro ‘peso’ nella misura del progresso sulle nostre spalle e come un tempo ci
avvieremo per l’antica mulattiera….
…E lungo
questa ho incontrato in uno strano giorno di rabbia contro l’intero Tempio
eretto, un altro inaspettato avventuriero anche lui mosso da medesimo desiderio
di conquista, solamente, come (indirettamente) ci narra, la sua ed altrui vetta
alimentata dalla volontà al contrario della potenza cui sovente assiste ogni
Anima quantunque sempre benedetta; e lungo la discesa con cui sono solito
parlare e conversare con medesimo Dio, penso allo sforzo di coniugare il Tempo:
fulmini e tuoni dèi di un diverso Olimpo da cui provengo e a cui debbo
l’ecologia del saggio pensiero per (ri)fondare l’improprio Secolo chiuso nel
circolo del Tempo.
E’ uno sforzo
non solo Eretico ma inizio del Tempo!
…Potrei evitare
precipizi ghiaccio nebbia neve e quantunque tutti gli imprevisti di questo inaspettato
e calcolato improprio tempo disturbato nel singolo e globale Elemento
dell’infausto progresso riversare i rintocchi d’un diverso principio offuscare
memoria e Secolo… calcolato secondo il barometro del profitto…
…Kurtz da
medesima terra insegna ed invoca, ed allora che i solerti impiegati della
rispettabile Compagnia non me ne vogliano per siffatta Rima, quando sdraiato
lungo questo fiume penso all’antica andata Filosofia precipitate a cascata e
costretta nei flutti d’incompresa e similare volontà Genesi di potenza senza
alcuna Dottrina, generare quella energia e materia priva di Anima non meno
dello Spirito così come dovrebbe essere la Terra…
Così voi ‘potenti’
per quanto inferiori dèi eletti in questa pensate uniti a coloro senza patria e
sorriso vittime di un antico business ancorato per ogni libero mare…
….Pensate solo
il semplice rimedio e rinunziate ad ogni guerra cui il debole vittima della
vostra ingordigia in nome d’una impropria e malsana globale economia… (breve
predica)
…Parto dal lontano 1944, il mese di ottobre della
Giornata Missionaria Mondiale. C’era presente, nella Parrocchia di Valbondione,
un missionario dei Padri Bianchi. Partecipai con mio fratello Rocco alla Mèsa Grànde celebrata dal Padre Missionario. Col freddo che faceva, mi strinsi a mio
fratello e dormii durante tutta la predica.
Terminata la messa, mi avviai all’uscita, ma mio
fratello mi disse: ‘Devi fermarti, perché il Missionario vuol parlare a tutti i
ragazzi’. Mi fermai con gli altri presenti. Evidentemente non ricordo quello
che ci disse, ma alla fine ci consegnò un biglietto sul quale c’era una sola
domanda alla quale dovevamo rispondere: ‘Che cosa farai, quando sarai grande?’
Andai a casa, cercai una penna e scrissi sotto
gli occhi di mia mamma e di mio fratello Luigi: ‘Voglio farmi Missionario!’.
Ricordo ancora il sorriso di mia madre, ma anche le minacce di mio fratello che
voleva scrivessi come lui: ‘Voglio farmi frate cappuccino’. Non conoscevo
ancora la risposta di Pilato, ma in realtà fu la medesima che diedi a mio
fratello: ‘Ciò che ho scritto rimarrà per sempre’.
Una volta adulti, sia io che mio fratello siamo
divenuti Sacerdoti ed il nostro sogno si è coronato con una comune destinazione
per una missione del Congo.
Era il mese di aprile del 1968.
Così ebbe inizio la storia dei (ba)Lega…
V’è conquista
e conquista per similar vetta e questa breve predica non certo per evidenziare
una falsa coscienza, ma solo meditare chi nel coraggio d’una difficile scelta accettare medesima rinunzia per gli errori di cui colma la Storia, ed in nome
mio so bene quel che dico non meno del falso prete che sbarcando assieme al suo
re ed in nome d’un Dio tradito tradusse la missione in insana conquista…
…Uniti e
giammai divisi dall’errore non meno dell’orrore conquistiamo medesima vetta (inizio
d’un trascorso precipizio barattato per ugual cima) e che il buon Dio ci guidi
lungo il ‘nuovo’ Sentiero giacché nel Tempo le insegne confuse e barattate
nella difficile salita con cui fondare il vero Tempo della Storia….
(Padre Giulio
Simoncelli)
(Direttore della fotografia: Alfredo Corti)
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